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  • Come affrontare in coppia il rientro al lavoro dopo la maternità

    Come ho minimizzato le mie ansie e le mie paure legate al rientro al lavoro dopo il congedo maternità assieme a mio marito. Quello che mi piace particolarmente di questo articolo è che a differenza di altri che ho letto sul tema dà consigli pratici e non banali. Perché è facile dire “stop al senso di colpa” ma… Come si fa? Nella vita vera, intendo. Facile dire “non aver paura di chiedere aiuto” o “impara a delegare”. È meno facile dare gli strumenti per sentirsi di farlo davvero. Inoltre, questo articolo cerca di portarti a pensare fuori dagli schemi. A volte prendi decisioni credendo di aver scelto per poi renderti conto che di scelta non ne avevi affatto. Questo articolo ti aiuta ad ampliare il ventaglio delle tue opzioni in fatto di rientro al lavoro dopo la maternità. In pratica sarà un esercizio di stretching mentale, che ne dici? Buona lettura! Cosa trovi in questo articolo: Rientro al lavoro dopo la maternità: apri la tua mente per accogliere ogni possibilità Come sarà il vostro assetto famigliare ideale dopo il congedo maternità Organizzazione familiare dopo la nascita di un figlio: metti in dubbio le tue decisioni Come sarà il vostro assetto famigliare reale dopo il congedo maternità A chi lasciare il bambino una volta chiarito l’assetto familiare dopo il congedo maternità Chicca numero uno: non lasciarti ingannare dal costo della cura del bimbo Chicca numero due: considera l’opzione di un/a giovane alla pari Chicca numero tre: baratta la cura dei figli con amici Come affrontare il momento del rientro al lavoro dopo la maternità 4 cose che mi hanno aiutato molto a vivere bene il mio rientro al lavoro dopo la maternità Cosa fare dopo aver ripreso a lavorare Riassumendo: i miei 10 consigli per un rientro sereno al lavoro dopo il congedo maternità Rientro al lavoro dopo la maternità: apri la tua mente per accogliere ogni possibilità Non lo ripeterò mai a sufficienza: ogni persona e situazione è così diversa che non esistono ricette universali. È però possibile che tu abbia a disposizione un numero di opzioni limitate a causa di gabbie mentali acquisite dalla società in cui vivi. Cosa è una gabbia mentale? Ti faccio un esempio. “Mi piacerebbe scrivere un libro ma non lo faccio perché è già stato scritto tutto.” Quante volte mi sono ripetuta questa frase! Ma sai che c’è? Se tutti la pensassero come me staremmo ancora qui a leggere la Divina Commedia. Ti faccio un altro esempio legato al tema che affrontiamo oggi: Prima di mettermi a scrivere questo articolo sono volutamente andata a leggere nei forum domande tipo: “non so se lasciare il lavoro, ho due figlie piccole e non ce la faccio a stare dietro a tutto e a tutti”. Domande che ricevono centinaia di risposte: i figli sono piccoli una volta sola e quindi sì, assolutamente lasciare il lavoro modificare l’orario di lavoro in modo che possa essere più favorevole non lasciare il lavoro con i tempi che corrono sfruttare l’home office chiedere un part-time … Tu cosa avresti consigliato, così su due piedi? A me la cosa che sciocca ogni volta è che nella stragrande maggioranza dei commenti, il marito è come se non esistesse. È come se, generalmente, l’opzione compagno non ci sia proprio: si dà per scontato che lui lavori al 100% e … Puff 💥 … sparisce dalla discussione. Ma dev’essere davvero così? No: discutere e affrontare il rientro al lavoro dopo un congedo maternità va fatto in due. Come sarà il vostro assetto famigliare ideale dopo il congedo maternità Sicuramente già prima di restare incinti o perlomeno durante la gravidanza avrai pensato a cosa fare con il tuo lavoro e a come sarà il vostro assetto familiare ideale dopo il congedo maternità. Alcune persone hanno in chiaro che vorranno smettere, altre che vorranno o dovranno assolutamente continuare a lavorare, altre pensano di rientrare part-time e così via. Noi per esempio sapevamo che entrambi avremmo voluto lavorare part-time. Prova a fare questo semplice esercizio pratico davvero efficace: Chiediti perché pensi di rientrare al lavoro o perché lavori o, al contrario, perché hai deciso di rimanere a casa al 100%. Per ogni risposta chiediti perché almeno altre 3 volte, o fino a che la risposta ti sembra convincente. Eh? Aspetta, ti faccio un esempio. Perché lavoro? Lavoro per molti altri motivi importanti: anche quello di dare un esempio di genitorialità paritaria a mio figlio, sapendo quanto presto cominciano a radicarsi i primi stereotipi nei bambini. Più è lunga la tua lista, tanto meglio. Una volta chiariti i tuoi perché, avrai più in chiaro quale sarebbe la tua percentuale di lavoro ideale. In pratica ti aiuterà a trovare il bilanciamento giusto per te tra: figli casa lavoro come fonte di guadagno lavoro come fonte di realizzazione personale Mi spiego meglio con due esempi: Se lavori esclusivamente per i soldi, il tuo ideale sarà quello di lavorare “quanto basta per sbarcare il lunario” ovvero il minimo indispensabile. Margari invece vuoi lavorare perché il tuo lavoro ti piace e ti realizza. Allora magari vorrai lavorare il più possibile e dovrai comunque trovare il giusto compromesso. Per quanto tu possa amare il tuo lavoro, la tua coscienza di genitore non ti permetterà di lavorare 12 ore al giorno 7/7 per passione, o mi sbaglio? Organizzazione familiare dopo la nascita di un figlio: metti in dubbio le tue decisioni Lo strumento dei perché ti può anche aiutare a trovare degli errori di ragionamento. Come? Ad esempio potresti chiederti: «Perché ho deciso di rimanere a casa fino a che il bimbo andrà a scuola?» Ci sono molte risposte possibili, vediamone una per vedere cosa potrebbe succedere: «Perché non ce la farei a fare tutto tra bimbi, casa e lavoro.» «Perché non ce la farei a fare tutto tra bimbi, casa e lavoro?» «Perché non ci starei dentro a livello di tempo, è umanamente impossibile! Se facessi tutto io vivrei una vita stressante con una crisi di nervi all’ora. Avrei bisogno di aiuto.» TA-DAAA! Ora devi ricominciare daccapo! Perché? Perché scusami se te lo dico ma “ho deciso di non lavorare perché senza aiuti non riuscirei a gestire casa famiglia e lavoro” non mi sembra un buon perché. Un perché che ti convince della tua scelta. Capisci quello che intendo? Bisognerebbe andare a snocciolare sul perché devi fare tutto senza aiuti e magari troveresti una soluzione. Ahhh il potere del brainstorming! Come sarà il vostro assetto famigliare reale dopo il congedo maternità Se avete deciso serenamente di non cambiare nulla lavorativamente parlando rispetto a prima della gravidanza allora passate pure al prossimo paragrafo. Mentre se vuoi cambiare qualcosa sul lavoro, dovrai discuterne al lavoro. Se già stai pensando a cose come: non accetterà mai il mio lavoro si può fare solo al 100% lavorerò al 100% ma sarò pagato all’80% …. Stop, smetti di pensare! È inutile preoccuparsi. Questi sono pensieri limitanti, le famose gabbie mentali. Prima chiedi, non è detto che ti venga detto no. Poi inizi a lavorare. Poi vedi come va. Se non va, ci sarà modo di trovare soluzioni. 7 argomenti utili quando devi chiedere un part-time: Se ti piace il lavoro, sottolinealo al momento della discussione. Se dall’inizio vige scetticismo, mettilo sul fare una prova: se le cose non funzionano, si torna al lavoro a tempo pieno (e tu cominci a guardarti in giro per posti di lavoro che permettano il part-time 😉). Dì che lavorare part-time ti renderà un/a dipendente migliore perché il senso di gratitudine e pace che proverai per poter conciliare al meglio famiglia e lavoro ti motiverà. Proponi soluzioni di job sharing. Se il part-time proprio non funziona a lungo termine, prova a vedere cosa succede proponendo di farlo solo per un periodo: un mese, sei mesi, un anno, … Magari ci si accorgerà che la ditta non è fallita e si sarà più aperti a concedertelo per più tempo. Se proprio il part-time è impossibile e se ti sembra applicabile: verti sul telelavoro, almeno parzialmente. Se anche il telelavoro non sembra applicabile prova a vedere, se applicabile, cosa succede se proponi di lavorare il sabato o la domenica, almeno per un periodo: ci hai mai pensato? Metti che il tuo sia un ambito in cui questo è possibile o addirittura necessario: potrebbe tornarvi comodo fintanto che i bimbi sono piccoli. Così un partner lavora in settimana, l’altro un po’ al weekend e un po’ in settimana e restate scoperti “solo” 3 giorni a settimana anziché 5. Poi però dovrete mettere in atto un piano serio per il vostro tempo libero in coppia 😉. Una volta chiarito chi lavora quanti giorni e quando, saprete quanti giorni sarete scoperti con la cura del bimbo. A chi lasciare il bambino una volta chiarito l’assetto familiare dopo il congedo maternità Ora, bisognerà vedere a chi lasciare il bambino durante la vostra assenza. Non mi soffermo sui consigli scandalosamente banali [1] tipo: scegliere con attenzione le persone cui delegare la cura del piccolo e/o di chiedere di conoscere le educatrici del nido Scusa, ma chi è che sceglierebbe a caso a chi lasciare il figlio? Cominciare con l’allontanarsi per poco tempo al giorno, prima del rientro vero e proprio al lavoro Direi che ci arrivi senza che qualcuno te lo debba dire. Giusto? Cominciamo a vedere a chi potresti lasciare i figli quando siete al lavoro: asilo nido baby sitter nonni o altri parenti amici con figli della stessa età un/a giovane alla pari Ora ti svelo qualche chicca 🍬 1. Non lasciarti ingannare dal costo della cura del bimbo Ovvero non lasciarti ingannare dal pensiero “vado a lavorare per pagare l’asilo nido”... … o per pagare baby sitter o giovani alla pari. Hai mai tirato in ballo questi argomento? Sì? Presta attenzione perché adesso te lo smonto 😉. ⚠︎ A chi lasciare i bimbi è una scelta personale che ogni famiglia deve affrontare per sé in base ai propri valori e possibilità. Ma se l’unico argomento per non tornare al lavoro è il costo della cura dei figli mentre siete via, allora ci potrebbe essere una falla di ragionamento. Mettiamo caso che avete deciso che solo un genitore lavora perché, in assenza di nonni o altri privilegi, delegare la cura del figlio costerebbe troppo. Quello che ti dici è che “non vale la pena di andare a lavorare per pagare il nido”. In questo caso, guadagnereste X. Ora, mettiamo invece che entrambi andate a lavorare e pagate per la cura dei bimbi. Il vostro guadagno sarà: A livello puramente finanziario, fino a che Y è più grande o uguale a X, sarà vantaggioso o indifferente che voi lasciate i figli al nido o a chi per esso. Ci sei? Ora pensa ai benefici di questo secondo caso. Entrambi avete la possibilità di: restare con un piede nel mondo del lavoro continuare a formarvi restare ai passi con i tempi uscire di casa e parlare con degli adulti prendere una pausa dai bimbi non passare lo stereotipo donna = casalinga ai bimbi … Senza che ciò incida sul vostro budget. Ripeto: questo se l’unico argomento è quello finanziario. Se invece, nonostante questi ragionamenti l’idea di lasciare i figli al nido ti mette a disagio, allora l’argomento alla base è un altro. Forse dai molto più valore al crescere di persona i tuoi figli rispetto ai benefici che ti ho elencato qui sopra. E va bene così, finché ogni componente della famiglia sia in pace con questa scelta. 2. considera l’opzione di un/a giovane alla pari Giovani alla pari: questa opzione non mi era mai passata per la testa visto che non avevamo l’urgenza di delegare la cura dei figli fuori dalla famiglia. Questo perché entrambi abbiamo scelto di lavorare part-time e abbiamo i nonni vicini. Di recente però abbiamo fatto uno scambio casa con una famiglia vicino a Parigi, che aveva ospitato una giovane alla pari e ho avuto subito un’illuminazione. Trovo che sia un’opzione ad alto potenziale. Non è sicuramente banale lasciare alcuni privilegi tipo la privacy, visto che la persona è ospitata in famiglia. Ma una giovane persona alla pari dà anche un colpo di mano in casa e può aiutare ad esporre i figli a lingue e culture diverse. Sempre che quest’ultimo punto sia una cosa a cui tu dai valore. Tu l’hai mai provato? Condividi la tua esperienza nei commenti qui sotto o scrivimi un messaggio, mi farebbe piacere! 3. baratta la cura dei figli con amici Mettiamo caso che non hai la fortuna di avere dei nonni vicino a casa e che ogni tipo di cura dei vostri figli incide negativamente sul vostro budget. Ciò non toglie però che magari vuoi restare con un piede nel mondo del lavoro, almeno parzialmente. Oppure, che hai bisogno un po’ di tempo per te o per la coppia. Hai mai pensato di metterti d’accordo con amici con figli con i tuoi stessi bisogni? Io la trovo un’idea fantastica! Prendendo un caso statisticamente più probabile: due mamme casalinghe potrebbero mettersi d’accordo così bene da poter lavorare al 50% senza nessun costo di cura dei bimbi. Ci avevi mai pensato? L’hai già provato? Fammi sapere nei commenti in fondo a questo post che sono curiosa! Ora che hai ricevuto abbastanza elementi per considerare a chi lasciare i figli mentre siete al lavoro, possiamo vedere come affrontare il momento del rientro vero e proprio. Come affrontare il momento del rientro al lavoro dopo il congedo maternità Ci sei. Se hai seguito tutti i passi precedenti ora avrai già una bella dose di ansia e sensi di colpa in meno perché avrai valutato tutte le opzioni e hai bene in mente i tuoi perché. Non trovi? Comunque, anche se rientrare al lavoro è stata una scelta consapevole, ora ti trovi alla vigilia di una situazione nuova. È dunque normale provare ancora un po’ quell’ansietta da “non so come andrà”. L’ansia a questo punto dovrebbe però essere legata a cose più pratiche, che sono anche quelle più facili da risolvere. Le mie tre paure più grandi per esempio erano: Mio figlio farà delle crisi di pianto lunghissime e non smetterà fino al mio rientro dal lavoro Sarò al lavoro in pena per mio figlio, non riuscirò a concentrarmi Mio figlio morirà di fame (ha rifiutato il biberon fino al giorno del mio rientro) Le tue quali sono? 4 cose che mi hanno aiutato molto a vivere bene il mio rientro al lavoro dopo la maternità: La presenza di mio marito Per un mese mio marito era a casa ad accudire il piccolo mentre io mi riabituavo alla vita lavorativa, lontana dal bimbo. Consideralo, che sia per una settimana, due o tre. È un aiuto pazzesco: sia per il genitore che rientra che per i piccoli. Il piccolo è in mani più che familiari e resta nel suo ambiente e il genitore che rientra va più tranquillo al lavoro. Infatti, inaspettatamente, io mi sono sentita subito motivata e concentrata sul lavoro. Avevo un focus enorme. Sapevo di avere un tempo limitato a causa del part-time e del tempo per tirare il latte e questo mi ha resa una lavoratrice estremamente efficace. Se sai perché sei al lavoro e se hai modo di abituarti alla nuova vita lasciando il bimbo a casa sua con l’altro genitore, vedrai che non sarai al lavoro col pensiero costante del bambino. Come purtroppo si scrive in molti articoli su questo tema là fuori… La vicinanza geografica col luogo di cura del piccolo Inutile spendere troppe parole su questo punto così semplice: sapere di poter ritornare in fretta in caso di necessità ti lascia la mente libera da preoccupazioni e lavorerai con più concentrazione. Telelavoro Oltre alla questione della vicinanza geografica, che potrebbe essere maggiore in caso di telelavoro, l’altro vantaggio è il risparmio di tempo. In che senso? Nel senso che i 30-90 min che spendi per recarti al lavoro e rientrare saranno a disposizione per passare più tempo con il tuo bimbo o per fare qualcosa per te, tipo una passeggiata, leggere un libro o riposare. Recarmi al lavoro in bicicletta (elettrica) Sì, l’ho scritto davvero su un articolo che parla di rientro al lavoro dopo un congedo maternità 😅 Non chiudere la pagina! Non sono impazzita, tieni duro che siamo quasi alla fine. Ti scrivo perché mi ha aiutato e poi vedi se può applicarsi anche al tuo caso: A dipendenza di dove vivi, col traffico e col fatto che con la bici puoi passare in strade esclusive, potresti metterci più o meno lo stesso tempo per recarti al lavoro rispetto alla macchina o ai mezzi pubblici. Quello che mi ha aiutato è sapere di non dipendere da cause esterne come il traffico o i ritardi e le soppressioni di certi collegamenti dei mezzi pubblici. Perché? Perché avevo quest’ansia di dover rientrare in fretta nel caso fosse successo qualcosa… che tra l’altro non è mai successo, ma almeno io ero tranquilla. Sì: funziona anche se ti devi portare la pompa per estrarre il latte, vestiti di ricambio, laptop… esistono delle comode borse super spaziose da affrancare al portapacchi 😉 Quando rientri al lavoro passi del tempo lontano dal tuo bimbo. È possibile che non avrai voglia di spendere altro tempo lontano da lui per ritemprare spirito e mente con dell’attività sportiva in solitaria. Trovo che andare al lavoro in bici sia un buon compromesso in questa stagione della vita. Andare al lavoro in bici mi aiuta a organizzare mentalmente le idee e a fare una sorta di transizione da mamma a lavoratrice. Viceversa, rientrando, pedalata dopo pedalata libero la mente dai problemi lavorativi per rientrare nei panni di una mamma. Cosa fare dopo aver ripreso a lavorare Hai preparato il rientro al lavoro con grande consapevolezza. Ora considerati in prova. Dopo una fase di assestamento iniziale, ascoltati e metti in dubbio le tue scelte. Cosa sta andando bene? Cosa ti stressa, ti mette a disagio, ti fa sentire in colpa? E poi lavora alla questione per aggiustare il tiro. Noi per esempio ci siamo accorti abbastanza in fretta che se lui lavorava al 100% e io al 60% non stavamo vivendo secondo i nostri valori e bisogni. Alla prima occasione mio marito ha quindi cambiato lavoro per poter essere impiegato al 50%. È ben possibile che le cose siano diverse da come te le eri immaginate e va bene così. Riassumendo: i miei 10 consigli per un rientro sereno al lavoro dopo il congedo maternità Ricapitolando, i miei consigli per affrontare al meglio il rientro al lavoro dopo la maternità sono: Come organizzarsi dopo il congedo maternità va discusso in due Vai a fondo sul perché fai una determinata cosa, il modo più semplice per farlo è chiedersi perché 3-5 volte di fila Vai a fondo sul perché hai preso una decisione Entrambi i genitori possono cambiare qualcosa sul lavoro dopo la nascita di un figlio Bando ai pensieri limitanti riguardo ad un eventuale part-time Discuti al lavoro dei tuoi bisogni al rientro, punta in alto e tieni pronti molti piani B per arrivare ad un compromesso Non lasciarti ingannare dal costo della cura del bimbo: dipende dai tuoi bisogni e valori Il momento del rientro riguarda entrambi i genitori: chi avrà quale ruolo? Dopo una fase di assestamento, chiediti regolarmente cosa sta andando bene e cosa no. Agisci per migliorare ciò che non va bene e mantenere ciò che invece funziona I tuoi dubbi e le tue paure invece quali sono? Scrivimeli qua sotto nei commenti! Ah, e se hai letto fin qui e l’articolo ti è piaciuto mi aiuteresti molto anche solo cliccando sul cuoricino qui sotto. Te ne sono grata. Ciao e alla prossima, [1] Esempi veri tratti da articoli su come affrontare l’ansia da rientro al lavoro dopo la maternità. ⬆

  • Stereotipi di genere nei bambini: notarli è il primo passo

    Ti racconto dello shock nello scoprire che mio figlio nemmeno duenne già associava il rosa al femminile. Eravamo ad Amsterdam per un soggiorno di tre settimane; io, mio marito e nostro figlio che a breve avrebbe compiuto due anni. Per convincere mio figlio a tornare a casa camminando avevo inventato un gioco. Ti suonan famigliari questi stratagemmi per convincere un duenne a camminare, eh? Eravamo in una strada-giardino in mezzo a delle case a schiera nel quartiere di Houthaven, dove ogni casa aveva diverse biciclette parcheggiate all’entrata. D’altronde eravamo ad Amsterdam, una delle città più adatte alla bicicletta al mondo. Ad ogni bicicletta dicevamo “no” se non era la nostra e così fino alla porta di casa, con la nostra bicicletta. Hai notato la finezza? Così lasciavo pure che mio figlio si potesse sfogare dicendo quanti più “no” possibile 😉 Mio figlio stava al gioco e ha cominciato a differenziare tra le bici grandi e quelle piccole additando quest’ultime esclamando “bimbo”. Quindi immaginati tutta questa serie di “no”, “bimbo”, “no, “no”, “bimbo”, “bimbo”, ... … e il mio shock quando lo vedo additare una bicicletta rosa ed esclamare “bimba!”. Gulp. Ed ecco che i miei pensieri cominciano a galoppare a briglia sciolta. Sta imparando solo ora a nominare i colori, e spesso ancora sbaglia, ma sa già che quel colore secondo lo stereotipo corrente è da femmina. Abbiamo pure cercato di normalizzare l’utilizzo del rosa. Non ha nemmeno due anni. Lo abbiamo già inscatolato. È già inscatolato. Se va avanti così già me lo vedo: diciottenne a chiedere alla sua ragazza di portargli una birra mentre sta sul divano a guardare la TV. Ahi! Sconcertante ed affascinante allo stesso tempo, vero? Con questa storia voglio farti riflettere su quanto i bambini, fin da piccolissimi, assorbono un’incredibile quantità di informazioni dall’ambiente che li circondano: Da frammenti di discussioni tra adulti Da ciò che vedono Dai libri che guardano Dai negozi che frequentano Da frasi che gli diciamo con leggerezza tipo: «Guarda, un giardiniere che sta tagliando l’erba»... … quando magari dalla nostra posizione nemmeno si capisce se quello che stiamo vedendo è un uomo, una donna, o magari nemmeno una di queste due cose. Ed ecco che con una semplice frase stiamo passando ai nostri figli lo stereotipo “giardiniere = lavoro da uomo”. A chi puoi dare la colpa in questo caso? Al tuo cervello, che per non soccombere alla mole di informazioni che riceve in ogni istante va di categorizzazioni. Lo fa in automatico, per semplificare; per risparmiare energia e tempo. Credimi, è un processo molto utile in diverse circostanze. Ora ti spiego in che senso. Pensa se attraversando la strada vedessi un oggetto grande e grosso avvicinarsi ed il tuo cervello si fermasse a pensare “che cos’è? Mmm… Potrebbe essere un cavallo? Aspetta, è un cervo? O forse una macchina? Ah no! È un camion, come ho fatto a non accorgermene prima!”. Ecco. In questo caso diciamo che ci sta che il tuo cervello lavori tirando conclusioni un po’ affrettate 😉 Però devi essere consapevole che in questo modo qualche volta il tuo cervello ti inganna. Il bello è andare a riconoscere quando lo fa. Ad esempio quando vedi un essere umano di tre anni con i capelli lunghi raccolti e il tuo cervello assume che si tratti di… Visualizzato? … una bambina. Il mio invito è quello di approcciare il tema con curiosità. Notare e stupirsi di quante volte tu stesso cadi nelle trappole degli stereotipi a colpi di d’oh! Accetta la sfida, senza fustigarti quando ti cogli in fallo. Rendersene conto è il primo enorme passo sulla via della parità di genere. Gli stereotipi che tengono in piedi il sistema vigente sono duri a morire. Devi riprogrammare il tuo cervello, non è roba da poco. Abbi pazienza. Io quando mi colgo in flagrante mi sento come se tutta fiera di aver raggiunto la cima di una montagna con tanta fatica, un attimo dopo vedessi qualcun altro scalare la montagna di fianco ancora più difficile con estrema facilità. Okay, va bene, il sistema corrente è più forte ma sono sulla strada giusta per raggiungerlo e superarlo. Esserne consapevole ed aggiustare il tiro quando ci puoi è un buon punto di partenza per il tuo viaggio in direzione di un mondo il più biodiverso e sostenibile possibile. Va bene, mi dirai, e adesso? Comincia a notarle, queste cose. Io stessa quella volta della bicicletta rosa non ho saputo reagire con prontezza. Sono stata colpita in silenzio da questo suo commento e ho cominciato a mettermi in dubbio e vedere quale fosse il mio contributo nel passargli certi stereotipi. Difatti poi, quella volta dellə giardinierə ero un filo più consapevole e ho saputo aggiungere con nonchalance: «O forse è una giardiniera? Chi lo sa…». Non è fantastico? Il notare una certa cosa mi sta permettendo di riprogrammare il mio cervello. Per concludere, voglio anticipare una tua possibile obiezione: Sì, okay, ma non mi sembra poi così grave se un bambino di malapena dueanni associa una bicicletta rosa ad una bambina, no? No. Viene facile minimizzare la questione “rosa versus blu” ma ti assicuro che è solo la punta di un iceberg particolarmente enorme. Credimi. E gioisci con me, perché c’è un vantaggio in tutto questo. Ora ti racconto quale. Non puoi cambiare il mondo da oggi a domani. Partire da queste cose che ti sembrano piccole, ti permetterà di aver davvero successo nell'instaurare nuove abitudini e contribuire al necessario cambiamento culturale. È facile dire: Eh ma va beh, che c’entra, non è così che si raggiungerà la parità. È più difficile, ma doveroso, dire: Ora mi rimbocco le maniche e comincio a riprogrammare il mio cervello per un mondo migliore. Un micro passettino alla volta. Gioisci delle tue minuscole conquiste quotidiane. È solo da lì che puoi partire. Sono curiosa di sapere se hai un qualche esempio di stereotipi che i tuoi bambini stanno assorbendo! Ah, e se hai letto fin qui e l’articolo ti è piaciuto mi aiuteresti molto anche solo cliccando sul cuoricino qui sotto. Te ne sono grata. Ciao e alla prossima,

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