top of page

24 idee per educare al consenso nel quotidiano

Aggiornamento: 15 ott 2023

Per crescere persone emotivamente intelligenti e liberare il mondo dalla violenza di genere.

piccola mano che forma la sagoma di un cuore

Siamo in tema consenso.


Ora immagina tuo figlio o tua figlia a 16-20-30 anni.


Come vorresti che fosse?


È probabile che quello che desideriamo per una figlia sia diverso da quello che desideriamo per un figlio.

Per il figlio magari desideri una persona che:

  • rispetti le persone

  • non le tocchi senza esplicito consenso

  • non agisca violenza di genere


Per la figlia invece potresti desiderare che:

  • venga rispettata

  • sappia fare valere la sua voce se non le va di fare qualcosa

  • nessuno agisca della violenza su di lei


I desideri possono essere diversi perché ad oggi uomini e donne sono anche il risultato di due diversi tipi di educazione.


Una differenza che porta ad un'asimmetria anche in ambito di violenza di genere.


I comportamenti prevaricanti sono solitamente agiti da uomini nei confronti delle donne.

Figli e figlie vanno sì educati con lo stesso obbiettivo come renderli individui liberi di essere sé stessi nel rispetto delle altre persone.


Ma può darsi che l'educazione di figli e figlie in questa società dovrà essere diversa per controbilanciare quello che la società tutta tende ancora a fare.


Con un figlio maschio starò più attenta ad educare alle emozioni, all'empatia e al rispetto.


Mentre con una figlia magari dovrò lavorare di più sul prendere spazio, dire di no, imporsi.


Non significa che avrò una figlia senza emozioni e un figlio che non sarà capace di imporsi.


Ma sapendo che la tendenza della società è quella di rendere più semplice ad un uomo di imporsi ed ad una donna di essere sensibile, io darò peso diverso a diverse aree anche in base al genere.


Chiaramente dipende anche dalla personalità ma questa sarà più o meno la tendenza generale.


 

Cosa trovi in questo articolo:

 



24 modi per educare al consenso


Ho individuato tre aree su cui lavoro per educare mio figlio al consenso.


Tra l'altro, io stessa devo educarmi al consenso perché a volte magari mi capita di dargli un bacio non richiesto, di prendergli delle cose di mano senza chiedere o di buttare via qualcosa di suo senza chiedergli.


Le tre aree che ho individuato sono:


  • Il corpo e la privacy

  • I sentimenti

  • La proprietà di oggetti e spazi

Il bello di questa lista, secondo me, è che contiene tanti gesti semplici.


Questo mostra che educare al consenso può essere meno complesso di quello che credi, anche se serve una grande consapevolezza.


Vediamo!



Il corpo e la privacy


1. Chiedo il permesso per togliergli il pannolino o svestirlo Mi rendo conto che c'è un età, attorno ai 2 anni, dove la persona ti dirà quasi sicuramente "no"😅 Io a volte ho lasciato mio figlio con il pannolino pieno fino a che la pipì arrivava ai pantaloni. Alla fine era lui a chiedermi di cambiarlo. Altre volte funzionava metterlo sul "Quando sei pronto a cambiare il pannolino, io ci sono". O passargli delle responsabilità, come chiedergli di andare a prendere lui stesso il pannolino. Ora che è più grande chiedo e quasi sempre la risposta è sì. Anzi, succede più spesso che va a prendersi il pannolino da solo e arriva da me con quello per farselo cambiare, non ci penso quasi più (e infatti lo sta lasciando pian piano). Idem per i vestiti: mi capita di lasciargli una maglietta, che io avrei tolto, se non vuole toglierla. Chiaramente questo funziona solo per un paio di volte, ad un certo la maglietta va tolta, ma sento di potergli lasciare un po' di margine per decidere del suo corpo.

2. Chiedo se vuole un bacio o un abbraccio prima di darglielo Qui ci sto ancora lavorando. Spesso mi capita di dargli un bacio senza permesso, quando mi rendo conto gli dico: "Scusa, ti ho dato un bacio senza chiederti se lo volevi". So che può sembrare esagerato. Ma è importante insegnare che per dare un bacio o un abbraccio serve il consenso. Sia per la sua sicurezza, del tipo "Il tuo corpo è tuo e non lo si tocca senza il tuo permesso" che per quella degli altri "Non puoi toccare il corpo altrui senza il consenso".

disegno di bambini che si danno la mano e si abbracciano
Una doppia pagina del libro "Il corpo è mio" di Claudia Pintore, che puoi acquistare su Amazon. Trovi invece Claudia in Instagram come @piccole_storie_quotidiane.

3. Riformulo la richiesta quando qualcuno pretende un bacio o abbraccio Ovviamente capita che delle persone gli dicano "Dammi un bacio". Io in quelle situazioni semplicemente riformulo: "Vuoi dare un bacio a...?" a volte aggiungo un motivo "per ringraziare" o "per mostrare affetto". Se la risposta è "No" allora spesso, se mi va, dico: "Allora glielo do io!".

4. Gli dico che il mio corpo è mio e decido io chi, come e cosa può toccare Capita che a volte mi tocchi dove non mi va di essere toccata, almeno in un dato momento. Ad esempio, se siamo sul divano a leggere spesso mi infila la mano nella maglietta. Lo può fare solo se mi chiede e solo se mi va. A volte insite e la mia risposta è "No" oppure gli dico quale è il mio limite "Sì, però stai fermo" oppure "Puoi toccarmi solo il collo".

5. Se capita che mi tocca dove non voglio senza il mio consenso glielo ricordo Ammettiamo che cucinando mi tocchi il sedere. Gli dico con fermezza che può toccarmi il sedere solo con il mio consenso. Quasi sempre dopo lui mi chiede: "Posso?" e io rispondo "No". A volte insiste, e gli dico che "No è no". Ovviamente non intendo lo sfioramento casuale ma quando viene lì a toccarmi il sedere proprio per testare il limite sapendo che mi dà fastidio.

6. Gli insegno che "no è no" Spesso con mio figlio ho notato che funzionano molto bene "gli slogan". Una frase breve ad effetto. Ad esempio "non si commentano i corpi", ora lentamente trasformato in un "prima di commentare un corpo si chiede il permesso". Nel campo del consenso una frase che funziona molto bene è "No è no". Se io ti dico che non puoi toccarmi il corpo, tu non lo fai.

scritta "NO" in bianco su sfondo nero
Immagine tratta dal libro "Così come sono".

7. Dovrò lavorare anche sul "Solo sì è sì" Trovo che la frase "No è no" per persone piccole d'età è più facile da comprendere e da pronunciare. In realtà un concetto ancora più importante da passare è quello del "Solo sì è sì". Che differenza fa? In ambito della prevenzione della violenza di genere c'è una bella differenza. Ti riesci a immaginare quale? Con il "No è no" si presuppone che qualcuno possa fare qualcosa ad una persona anche se questa non dice nulla. Del tipo: "Io ho continuato a baciarla perché non dicendo nulla pensavo fosse d'accordo". In realtà ci sono molti motivi per cui una persona in una certa situazione non riesce dire "No":

  • paura

  • soggezione

  • timidezza

  • insicurezza

  • ...

In realtà dovremmo sforzarci di insegnare che solo con un consenso esplicito si possono fare determinate cose. Il consenso implicito non è consenso perché soggetto a malintesi. Figuriamoci poi crescere con quell'idea del "Dice no ma in realtà lo vuole". Pericolosissimo. In generale, evita le dinamiche dove dici qualcosa che non è in linea con il tuo pensiero. Ad esempio rispondendo "No" a chi chiede se sei arrabbiatə [1] quando lo sei.

8. Gli chiedo il permesso di pubblicare sue foto Questo punto è cruciale in questa epoca di social. Sembra una banalità ma non lo è affatto. Pubblicare foto e video dei nostri figli è diventata un'abitudine, lo fanno tutti. E le abitudini spesso spengono lo spirito critico, una delle qualità fondamentali per educare alla parità. Io non pubblico foto senza il consenso della persona riconoscibile in viso. Anche se la persona non è riconoscibile spesso chiedo il consenso. Per minimizzare il rischio di forme di bullismo o violenza agite dalla nostra prole, dobbiamo fungere da modello. Non possiamo pretendere che nostro figlio a 14 anni non pubblicherà la foto di un suo coetaneo in una posa ridicola se noi per una vita abbiamo postato video senza chiedergli il consenso di lui che fa la pipì nel vasino o che piange disperato. Quindi sempre più spesso ho cominciato a chiedere a mio figlio: "Tesoro, vorrei pubblicare questa tua foto su Instagram, la vedranno circa 1000 persone, ma c'è la possibilità che la vedano molte più persone. Ti va bene?". Ovviamente dovremo guidare le persone più piccole in questo processo. Mio figlio quattrenne mi ha detto ad esempio che non vuole che si veda il suo sedere e la sua pelle, però dice che va bene se pubblico il suo nome e il suo indirizzo 😅 Al momento quello che faccio è fargli scegliere tra 5-6 foto quella che si sentirebbe di pubblicare. E se non ce n'è nessuna aspetto o trovo alternative.

9. Gli insegno che le parti intime andrebbero toccate quando si è in intimità Combinando il fatto che i bimbi e le bimbe sono in continua esplorazione e scoperta del loro corpo con la novità del stare senza pannolino, spesso i bimbi si toccano e mostrano le parti intime senza alcun tipo di pudore. Qui bisogna evitare di creare un tabù e/o far provare vergogna ma con pazienza indicare loro che il momento migliore per scoprire il loro corpo è nell'intimità. Perché forse le altre persone sono meno affascinate del bimbo in questione nel vedere di che colore è il suo glande. Magari si può partire con l'insegnare a chiedere se la persona ha voglia di vedere questa cosa. E per cercare di soddisfare la loro curiosità riguardo al loro corpo e parti intime, possiamo guidarli nel processo. Spieghiamo bene come funziona il nostro corpo, senza omettere nulla. Rispondiamo con onestà alle loro domande. Diamo loro uno specchio per guardare anche le parti un po' più nascoste.

disegno di bambina che si esplora il corpo con uno specchio
Immagine tratta dal libro "Lina l'esploratrice" edito da settenove.

10. Chiedere il permesso di commentare il corpo altrui (se proprio non se ne può fare a meno) In generale, sto cercando di insegnare a mio figlio che spesso non è necessario commentare i corpi altrui. Non è facile:

  1. perché molte persone commentano il suo o altri corpi

  2. farlo in una maniera che non crei tabù.

Ad ogni modo al momento ho trovato un compromesso: se il bisogno di commentare il corpo di una persona è impellente, allora andrebbe chiesto prima il consenso. Un aneddoto recente:

​„Sei un maschio o una femmina?“, chiedono spesso a mio figlio.


Anzi, a volte lo chiedono a me e io guardo verso mio figlio dicendo di chiederlo direttamente a lui; o chiedo a mio figlio se ha voglia di rispondere.


Poi dico a mio figlio che le persone lo chiedono anche per abitudine.


In fondo molto spesso non é importante sapere se una persona in mezzo alle gambe ha un pene, una vulva o altro.


Per questo gli dico anche che é una domanda privata, alla quale può anche non rispondere.


L’altro ieri glielo hanno chiesto due volte, ieri ancora una.


Al punto che la sera mio figlio ha posto la stessa domanda a suo cugino.


Sono intervenuta, dicendo che era una domanda intima e che riguardava il corpo di suo cugino (nel porre la domanda gli ha chiesto se aveva il pene).


Quindi mio figlio corregge leggermente il tiro, chiedendo prima il permesso di “commentare il corpo”.


Figlio: „Posso commentarti il corpo?“


Cugino: „Sì”


Figlio: “Sei un maschio o una femmina?”


Cugino: “Un maschio”.

11. Gli chiedo di rispettare la mia privacy quando sono in bagno Questa è dura da far passare, almeno qui. Devo dire che al momento è così anche perché sì, glielo dico, ma spesso non mi dà fastidio se lui gironzola in bagno mentre faccio i miei bisogni. È però importante definire i propri limiti laddove comincia il disagio. Ad esempio, sono riuscita a fargli capire che se faccio la cacca pretendo che la porta del bagno sia chiusa. Senza se e senza ma.

Insegna WC di legno
Bagno non diviso per genere in quel di Helsinki, Finlandia. Luglio 2022.


I sentimenti


12. Chiedo prima di condividere aneddoti e fatiche di mio figlio Quando incontriamo una persona che gli chiede come mai non va ancora all'asilo, gli chiedo se gli va di raccontare il motivo. Generalmente, non condivido i suoi pensieri più intimi senza il suo consenso. Ad esempio in questo periodo ha tante paure. Abbiamo cominciato a scriverle su un foglietto per prenderne coscienza, per tirarle fuori. Saremo arrivati ad una cinquantina di paure e mi ha dato il permesso di condividerne 12 😅 Ho però deciso di non condividerle perché alla fine non l'ho trovato indispensabile e ho trovato un'alternativa:

puppazetto di stoffa
È un periodo in cui mio figlio ha molte paure e fa molti incubi. Ci sta tornando utile questo pupazzetto con taschino integrato che ci avevano regalato i miei genitori. Si scrive la paura nel foglietto e il pupazzo la custodisce/mangia/... L'esercizio di intelligenza emotiva che ci sta dietro qui è riconoscere ed ammettere le proprie paure, non tenersele dentro. Non ho fotografato integralmente il pupazzo perché mio figlio mi ha beccato mentre lo facevo e ha detto che non voleva che si vedesse la faccia del suo pupazzetto. Qui avrei anche pubblicato la foto senza consenso perché non lo reputo nulla di critico, ma non mi costa nulla assecondare il suo sentire.

13. Gli insegno l'empatia Dicevo in questo articolo che secondo me una delle tre qualità per educare alla parità è l'empatia e davo 3 esempi su come lavoriamo noi per praticarla. Perché in effetti l'empatia è una questione di pratica e non una qualità innata tipica del genere femminile. Traduco liberamente dal libro "Thrivers" di Michelle Borba. Un libro che presenta 7 caratteristiche da coltivare e promuovere per permettere alla prole di prosperare:

"[...] "Davvero si può insegnare l'empatia? La maggior parte dei genitori e educatori credono che l'empatia dei bambini sia rinchiusa in un qualche codice genetico inaccessibile e sono sorpresi di sapere che questo segno di umanità può venir coltivato. Genitori ed educatori assumono anche che le loro figlie saranno più empatiche dei loro figli; assumono che se i loro figli non piangono guardando La tela di Carlotta significa che non provano empatia e dopo una certa età (dicamo l'adolescenza), è troppo tardi per coltivare empatia. Ma la scienza smentisce queste credenze dei genitori."

Questo capitolo del libro di Borba è stato riassunto da Carlotta Cerri in questo suo episodio del podcast. L'empatia è utile in molti campi ma nel contesto del consenso serve ad esempio a leggere i sentimenti di una persona. Grazie a questa capacità si eviterebbero malintesi tipo "Credevo che le piacesse".

14. Spesso gli dico di fare qualcosa solo quando "Si sente pronto" Cerco di non forzarlo a fare le cose, se riesco a impostare la giornata in maniera da potermelo permettere. Altre volte è più una questione di rispettare le sue emozioni. Tipo una sua timidezza in una data situazione o la sua paura a fare qualcosa. Quindi in molti contesti uso la frase "Quando sei pronto". La cosa più bella è vedere lui usare questa frase con gli altri. Ad esempio capita che proponga un gioco che la persona con lui non ha voglia di fare. In alcune occasioni ho sentito mio figlio dire cose come "Quando sei pronto a giocare a prendersi, io sono qui". Mi immagino una situazione simile nella sua adolescenza detta ad una sua o un suo eventuale partner... Lo trovo davvero potente.

15. Rispetto le sue emozioni e gli dico di rispettare le sue e quelle degli altri Se ha paura di qualcosa lo rispetto e a volte gli ricordo di rispettare la sua paura. In che senso? Nel senso di insegnargli a ascoltarsi e se qualcosa gli fa paura, di affrontarla pian piano. Sapendo che poi le persone di genere maschile vengono educate al rischio, io preferisco controbilanciare. Forse con una bimba il mio approccio sarebbe leggermente diverso, sapendo che il mondo tenderà invece a tenerla al suo posto. Se mio figlio si arrabbia e non mi vuole vedere, lo rispetto.



La proprietà di oggetti e spazi


16. Gli chiedo prima di prestare le sue cose Prima di prestare le sue cose, gli chiedo. Di recente è successo con i suoi libri. Inizialmente mi ha detto di no e ho rispettato il suo sentire. Gli ho richiesto in un altro momento e ha accettato. A volte gli serve solo un po' di tempo per abituarsi all'idea.

libri per bambini su un pavimento
Foto dei libri di mio figlio che volevo prestare, alla fine ha accettato.

17. Lo informo prima di regalare le sue cose Ti racconto un aneddoto:

​Un giorno vado da una persona a ritirare degli accessori per bambini che non usava più. Mi ricordo che sottovoce e di fretta questa persona mi disse: "Veloce, veloce portale via che se ti vede mio figlio poi va in crisi, non vuole lasciartele".

È capitato anche a me che mio figlio non volesse separarsi da delle cose, anche se non gli andavano più bene o non ci giocava più. Con pazienza e trasparenza ha però capito che le cose funzionano così e ora si è abituato all'idea che ciò che non usiamo più viene dato via.

18. Vorrei informarlo prima di eliminare le sue cose È vero che in passato mi è capitato di eliminare cose senza chiederglielo e a volte lo faccio ancora ad esempio con le tante cose che raccoglie in giro in natura o giochini di poco valore a volte persino mezzi rotti. Se si accorge chiedo scusa. Ora cerco di non farlo ma so che lui accumulerebbe molto più di quello che io mi sento di fare. Sto così tenendo da parte diverse cose e sto decidendo cosa fare: le elimino se non me le chiede per un anno o dovrei essere trasparente? Lui ora dice che vuole fare come Rosie Revere l'ingegnera, che tiene tutto per fare le sue invenzioni 😅 Forse lo asseconderò con una scatola in cui mettere queste cose...

disegno di bambina che prende oggetti da cestino
Immagine tratta dal libro di Rosie Revere l'ingegnera

19. Non lo obbligo a condividere le sue cose È difficile, perché come società riteniamo antipatico un bambino che non condivida subito le sue cose. Se ci pensi però persino noi persone adulte non siamo sempre così generose e pronte alla condivisione. Se qualcuno desidera un gioco di mio figlio, io lo aiuto a mediare dicendo cose come "Ora lo sta usando, ma puoi prendere quest'altra cosa se vuoi" oppure "Ora lo sta usando lui, ma quando ha finito te lo presta volentieri, vero?". Questo non significa che non educo all'empatia e alla generosità, ma lo faccio cercando di essere io empatica e generosa. Modello per lui i comportamenti che vorrei avesse, convinta che servano di più di tante parole.

​L'altro giorno fuori da un supermercato c'era una persona che suonava per qualche soldo. Mi ha riconosciuta dopo almeno un anno e abbiamo chiacchierato un attimo. Le ho detto che purtroppo non avevo soldi con me (era vero) ma che se aveva bisogno qualcosa le facevamo una spesa. Ci ha chiesto della frutta. Allora ho dato il compito a mio figlio di scegliere un po' di frutta per questa persona e la sua famiglia. La spesa era così abbondante, che serviva un sacchetto. Non volevo però comprare l'ennesimo sacchetto alla cassa, pensando che questa persona magari ne aveva uno. Non era così, ma la mia soluzione di backup era che le avrei regalato il mio sacchettino di stoffa riutilizzabile e così ho fatto. Sono sicura che mio figlio ha notato molto bene questa cosa perché lui fa ancora molta fatica a regalare delle cose, persino i disegni che fa.


20. Rispetto una persona che non voglia prestargli una cosa Allo stesso modo, insegno a mio figlio di rispettare una persona che non gli vuole prestare qualcosa. Gli dico "Ora lo sta usando" o "Ora non gli va ma magari più tardi se la sente". Questo è molto importante perché insegna a rispettare la proprietà e gli spazi di una persona. Se la persona dice no, è no. O ancora meglio, solo se dice sì, allora possiamo prender le sue cose.



Altre cose che aiutano ad educare al consenso


21. Scusarsi se si fa qualcosa senza consenso A volte mi capita di dargli un bacio senza chiedergli. Lui in verità non si accorge ma spesso se capita gli dico "Oh scusa, non ti ho chiesto se volevi un bacio!". Una mattina è stato lui a dirmi che gli avevo spostato i ciucci senza il suo consenso e che non potevo farlo. Anziché ridergli in faccia, gli ho detto in tono molto serio che aveva ragione e che non lo avrei più fatto.

22. Conoscere e rispettare i cartelli di divieto A mio figlio piace molto leggere i cartelli di divieto. Di conseguenza, poi ci impegnamo a rispettarli o notiamo le persone che non li rispettano dicendoci che o hanno "rotto una regola" o non hanno visto il cartello. Anche questo è un esercizio interessante per bambini e bambine utile a prendere coscienza dei limiti e rispettarli.

disegno di cartello di divieto fatto da un bambino
Uno dei primi disegni di mio figlio con senso compiuto: un cartello di divieto.

23. Coltivare la pazienza Attendere che una persona sia pronta, che ti dia il permesso di fare qualcosa, implica avere una certa dose di pazienza. Per questo trovo che coltivare la pazienza possa essere utile anche in questo senso. Esistono diversi articoli e podcast che ne parlano. Io coltivo la pazienza di mio figlio (e la mia😅) in diversi modi, ti lascio qualche esempio:

  • La modello cercando di non mettergli fretta quando stiamo camminando da un posto all'altro se non c'è un motivo reale. Lo lascio guardare 2 minuti la formica, osservare i sassolini nell'asfalto o raccogliere delle foglie.

  • Se in un negozio desidera un gioco, 90% delle volte dico no e gli dico che se vuole possiamo fare una foto. Se tra tanto tempo desidererà ancora quella cosa, allora potremo comprarla. Spesso se ne dimentica. A volte invece mi chiede una cosa per dei mesi e poi allora gliela compro, ma è raro.

  • Ci spostiamo a piedi, in bici, con i mezzi pubblici. Ci vuole più tempo ma impariamo a "stare".

  • Se vuole qualcosa per cui la coda è lunghissima e il tempo c'è, allora mi metto in coda con lui. Io ovviamente non lo farei mai di mia iniziativa ma così sia io che lui impariamo a pazientare (lui per qualcosa che desidera davvero, tipo un gelato o una giostra).

24. Spesso lo coinvolgiamo nelle decisioni famigliari Ad esempio riguardo al programma della giornata. Vogliamo fargli sapere che la sua voce conta e che la ascoltiamo. Se non vuole fare una cosa lo prendiamo in seria considerazione. Capita di rado di doverlo forzare a fare qualcosa. È un esercizio che lo aiuta a capire che ci sono diversi pareri anche contrastanti che vanno ascoltati e che a volte bisogna fare dei compromessi. Anche questo in ottica di consenso quando sarà più grande è molto importante. Immagina una persona che gli dica "Non me la sento di fare X, però se vuoi potremmo fare Y". Che potenza.



Riflessioni finali


Molte situazioni del quotidiano sono davvero utili per educare al consenso.


Ma è un processo e bisogna praticare un passo alla volta.


Io stessa magari ho scritto "Gli chiedo prima di condividere suoi aneddoti o fatiche" ma non lo faccio sempre. O perché non ci penso, o perché reputo che in certe situazioni (dove magari lui non è presente) è meglio condividerle anche senza un consenso. Penso ad esempio se dobbiamo riferire di alcune "sfide" ad una persona che si prende cura di lui. Se lui è presente cerco però di ricordarmi che magari lui non ha voglia di condividere le sue cose e gli chiedo il permesso.

Quello che mi aiuta a capire cosa è opportuno o meno è pensare se una cosa simile o uguale venisse fatta a me, mi andrebbe bene?

Sono sicura che una persona educata al consenso e al rispetto delle altre persone aiuterà questo mondo a liberarsi da certi comportamenti ingiusti e violenti.

Lavoriamo alla base per far sì che i nostri figli e figlie sappiano riconoscere la violenza di genere e agire di conseguenza.


Per un mondo migliore, un passo alla volta.


Ciao e alla prossima,







[1] La schwa, “ə”, è una lettera che si pronuncia tra una “a” e una “e” e che si può usare per evitare il maschile sovraesteso e per uscire dal binarismo di genere. Seppure venga usata già anche in alcuni libri, la uso con parsimonia dove davvero ci sta o non riesco a parafrasare. Essendo ancora sconosciuta a molte persone mi sembra di mettere un ostacolo in più tra chi legge e il contenuto del mio articolo.



2 commenti

Post correlati

Mostra tutti
bottom of page