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Critiche nella coppia: come affrontarle?

Aggiornamento: 31 dic 2022

Ti svelo 5 buoni motivi per ridurre le critiche nella coppia e 3 strategie per criticare meno e meglio.



“Devo sempre dirti cosa c’è da fare”


“Non ti rilassi mai”


“Smettila di paragonare i bimbi”


Suonano famigliari?


Quali sono le critiche che rivolgi più spesso alla persona con cui stai?


E quelle che ti vengono rivolte?


Con questo articolo ragiono sul perché critichiamo, come mai dovremmo ridurre le critiche al minimo e come fare.


Come criticare meno e meglio fa bene anche alla causa della parità:

  1. Per raggiungere la parità, in casa e nella società, è necessario fare squadra. La critica continua non aiuta a remare verso questo obiettivo.

  2. Per educare i nostri bimbi alla parità dobbiamo modellare rispetto e empatia. Criticare continuamente non è esattamente una forma di rispetto ed empatia.

  3. Le critiche possono essere degli indizi riguardo a ruoli di genere, che magari ci vanno stretti. Analizzando le nostre critiche vedremo le nostre fatiche. Vedremo il carico mentale familiare. Un carico pesante, invisibile e non retribuito portato soprattutto dalle donne.

 

Cosa trovi in questo articolo:

 



Per raggiungere la parità di genere dobbiamo fare squadra


Parità di genere non significa che uomini e donne devono essere uguali, ma che devono avere pari diritti e opportunità.


Al giorno d’oggi questa parità non c’è ancora.


Pensa solo alla carriera lavorativa: a che genere appartiene solitamente la persona che mette da parte la carriera una volta diventata genitore?


Esatto: solitamente si tratta della donna.


Per raggiungere la parità sono chiaramente necessarie delle misure concrete, a partire dalle quote dei congedi parentali riservate ai papà, come succede in Norvegia o in Finlandia.


O carriere pensate per essere svolte part-time per esempio seguendo il concetto di top-sharing [1].


Ma cosa possiamo fare noi nel nostro piccolo a partire da oggi?


La parità di genere si può anche porre come obiettivo in casa.


Dove parità non significa per forza io lavoro fuori casa 34.5 ore e tu pure.


No.


Parità significa che se lo volessimo, entrambi potremmo:


  • lavorare e perseguire le nostre carriere

  • conciliare vita lavorativa e privata

  • continuare a mantenere le nostre amicizie o hobby

  • prenderci del tempo esclusivo per noi

  • fare sport

  • ...


Chiaro, non dobbiamo dimenticare i privilegi che alcune famiglie hanno su altre.


Per certe famiglie non c’è scelta ed entrambi i genitori devono lavorare fuori casa al 100%.


Altre si vedono obbligate a far sì che un genitore, solitamente la mamma, stia a casa perché il nido costa troppo.


L'obiettivo è il massimo del benessere di ogni componente della famiglia, al netto delle condizioni al contorno e dei valori.


Per fare ciò dobbiamo riuscire a fare squadra.


Vederci come un team a me serve molto per superare le fatiche e qualche volta anche la voglia di gettare le mie frustrazioni addosso a mio marito.


Uno dei segnali più evidenti di malessere nella nostra coppia è quando comincio a entrare in un loop di critiche.


In quel momento mi rendo conto che c’è qualcosa che non va e cerco di correggere il tiro.



Perché critichiamo l’altra componente della coppia


Hai in mente la fase dell'innamoramento in cui vedi tutto bello e fantastico e perfetto?


Ecco.


È un periodo di durata determinata in cui il tuo cervello è inondato di ormoni di amore e felicità e vedi solo il bello nel mondo e soprattutto nella persona al tuo fianco.


Dopo un po’, questo effetto sparisce e vediamo le cose come stanno: due persone con pregi e difetti che convivono sotto lo stesso tetto, magari con prole da accudire e un lavoro da mandare avanti.


A volte siamo così sopraffatti dalla vita quotidiana o frustrati da una nostra situazione che entriamo in una spirale negativa.


Spesso sfoghiamo le nostre frustrazioni proprio sulla persona con cui abbiamo deciso di formare una famiglia.


Perché?


Inannzitutto per la confidenza, l’ambiente informale della famiglia e forse perché vediamo il o la partner come un essere meno vulnerabile di un bambino, in grado di incassare le nostre critiche.


Personalmente critico quando:


  1. Un mio bisogno fondamentale non è soddisfatto

  2. Qualcosa a cui tengo particolarmente non viene preso altrettanto in considerazione dal mio compagno


Rientrano nel primo caso cose come:

  • non riuscire a dedicarsi ad un progetto a cui si tiene

  • non riuscire a prendersi del tempo per sé

  • non poter star soli se ci si sente nervosi

  • riposarsi se si sta male fisicamente

  • dormire bene la notte


In questo caso io non sono serena, sono nervosa e irritabile e quindi anche più esigente e propensa alla critica.


Rientrano nel secondo caso cose legate ai miei valori e alle mie priorità, che non sempre coincidono con quelle di mio marito:

  • alcuni aspetti sul modo di educare nostro figlio

  • l’ennesimo pasto fast food e/o senza verdure

  • la mancata areazione della casa

  • il risparmio energetico

  • ...


Come vedi in questa seconda lista ci sono argomenti superabili ma se i valori e le priorità della coppia sono troppo diverse, nascerebbe una bella sfida.


Foto di un piatto di zuppa di verdura guarnita con prezzemolo e decorazione di gamberetti.
Il mio standard prima di avere un figlio. Ho ricalibrato di molto le mie aspettative sull’aspetto e la sofisticatezza dei piatti ma non voglio lasciare andare sull’alimentazione sana. Il benessere fisico e mentale sono un mio valore e l’alimentazione li influenza.

Di solito fare un check dei valori prima di decidere di metter su famiglia non si fa ma ora è quello che consiglierei di fare 😉


Non hobby o interessi comuni: più valori in comune avete meglio è!



Il privilegio del nostro modello famigliare


Riconosco di avere un privilegio dato dal modello familiare che ci siamo scelti e potuti permettere.


Attualmente io lavoro al 70% distribuito su 4 giorni a settimana mentre mio marito al 50% distribuito su 3 giorni.


I due giorni che siamo scoperti abbiamo il privilegio di avere dei nonni e a volte anche uno zio a disposizione.


Per me, alcuni vantaggi di questo modello sono:


  • l’intercalare il lavoro con il ruolo di cura

  • entrambi i genitori che possono trascorrere del tempo esclusivo con il bimbo

  • il bimbo non è esposto in famiglia a ruoli di genere rigidi

  • il bambino può assorbire, volendo, modi di fare o passioni da entrambi i genitori


Ma c’è un altro enorme vantaggio che non balza all’occhio subito:


Passando entrambi delle giornate esclusive con il bimbo tutti e due vediamo entrambe le facce della medaglia.


Faccia positiva della medaglia:

  • l’andare lento e notare cose che non avevi mai notato prima

  • le avventure vissute assieme

  • le coccole con il bimbo

  • le frasi strampalate

  • le letture

  • i sorrisi

  • i giochi


Faccia negativa della medaglia:

  • la difficoltà di tenere la casa in ordine durante la giornata trascorsa col bimbo

  • la difficoltà di cucinare con un figlio piccino appresso

  • la noia all’ennesima proposta di un gioco di ruolo

  • le crisi, le strappate di capelli, i morsi

  • l'imprevedibilità delle tempistiche

  • le figuracce


Emmm… mi rendo conto che mi esce molto più facile trovare i lati negativi 😅


Ovvio che io ho dato i miei esempi basati sulla cura di un bimbo piccolo e la casa da mandare avanti.


Ma anche se i bimbi vanno al nido o a scuola, possono essere riconosciuti dei vantaggi e degli svantaggi sia nello stare a casa che nell’andare a lavorare, giusto?


Questo modello familiare può aiutare ma non è una garanzia.


In una società ancora molto maschilista anche in tante coppie in cui entrambi lavorano per un numero di ore simile, la donna è quella che finisce per lavorare di più perché da lei ci si aspetta che si annulli per casa e famiglia.


Nel nostro caso avere un bilanciamento simile tra ore di lavoro e cura del figlio ci ha permesso di comprendere una cosa importante: la fatica dell’altrə [2].


Non del tutto, ma una gran parte sì.


Ad esempio: mio marito passando alcuni giorni a settimana col bimbo sa che non è facile tenere la casa perfetta quando si è con lui e non mi recrimina il casino quando torna a casa la sera.


Io ammetto di fare un po’ più fatica a volte, perché in effetti tra i due credo di essere la genitrice che nonostante la cura del figlio cerca di portare avanti più cose utili alla vita famigliare: tipo fare una spesa o cucinare qualcosa.


Anche mio marito fa la sua parte, ma mi sembra che ha un approccio più rilassato: ad esempio riesce a passare una mattina intera giocando col bimbo perdendo la cognizione del tempo e quando rientro trovo il burro ancora sul tavolo dalla colazione.



Quando una componente della coppia lavora fuori casa e l’altra no


Il 22% delle coppie con figli in Italia si organizza in modo che solo uno dei due genitori lavori fuori casa [3]: nel 19.2% dei casi è l’uomo, nel 2.8% dei casi la donna.

In questo caso credo che la situazione abbia un altro livello di complessità.


La difficoltà sta nella mancanza del privilegio descritto sopra: quello per cui entrambi i partner vivono la situazione in casa con i figli.


In questo caso sbilanciato a livello di presenza in casa, si riesce meno ad empatizzare e capire le fatiche dell’altra persona.


In queste coppie possono nascere più discussioni sulle fatiche di gestire casa e figli:


  • non mi siedo dalla mattina alla sera ma non percepisci la mia fatica

  • io lavoro tutto il giorno almeno tu sei con la bambina e lavori solo 3 h

  • sei una persona pigra

  • che casino che c’è in casa (pronunciato al momento del rientro)


L’altra cosa che può capitare quando è perlopiù una persona a lavorare fuori casa, è che l’altra persona diventa l’esperta della casa.


E cosa succede se solo una persona è esperta della casa e dei figli?


Una delle due persone ha in mano la situazione e l’altra tende a fare solo ciò che gli vien detto.


Un po’ come quando sei in una situazione nuova che non è ancora di tua competenza e non sai bene cosa fare e aspetti solo che te lo si dica.


Addirittura magari hai paura di sbagliare o di prenderti delle responsabilità.


O anzi godi di questo privilegio per cui qualcun’altro ti deve dire cosa c’è da fare.


E quindi via di:


  • devo sempre dirti cosa fare

  • non sai dove stanno le cose

  • hai preparato i vestiti per i bimbi senza tener conto delle attività che sono programmate a scuola

  • sei stressante nel ripetere le cose necessarie alla gestione della casa


La persona che è principalmente in controllo di casa e famiglia può venir percepita come una persona:


  • pesante

  • esagerata

  • troppo apprensiva

  • incapace di lasciare il controllo

  • incapace di rilassarsi e prendersi del tempo per sé


Questa situazione può succedere anche se entrambe le persone lavorano un numero di ore simile fuori casa.


Trovo però che nel caso in cui solo uno dei due genitori lavori fuori casa è più facile incappare in questa situazione.



4 motivi per cui dovremmo criticare meno e meglio nella coppia


Non sto dicendo che devi subire ciecamente situazioni che ti vanno strette senza dire nulla.


No, no.


Le critiche sono segnali importanti di un qualche nostro bisogno o problema irrisolto, che bisogna ascoltare.


Ma dobbiamo affrontarlo in maniera costruttiva invece che entrare in un loop di critiche e lamentele verso il compagno o la compagna.


1. Criticare in maniera costruttiva è un esempio di rispetto ed empatia Rispetto ed empatia, che come descrivevo in questo articolo, sono tra gli elementi fondamentali se si vuole educare alla parità. Sarà già capitato anche a te di sentire la prole ripetere nel vostro stesso tono alcune critiche rivolte al o alla partner? Da noi quando capita è palese perché mio figlio inizia il rimprovero con un “Amooooreeee” rivolto a mio marito, che altrimenti non chiama “amore” 😅 La critica frequente e distruttiva non è un comportamento che voglio modellare per mio figlio. Se voglio educare al rispetto e all’empatia, non posso escludere mio marito dall’equazione.


Anche se a volte è dura, anche se a volte mi fa arrabbiare. Ricordo una scena di diversi anni fa che mi è sempre rimasta impressa:

C’erano due persone che sembravano un papà e una figlia attorno agli 8 anni, che aspettavano un treno.


La figlia era arrabbiata con il papà e ha cominciato a rimproverarlo con un tono “da adulta”:


“Smettila! Quante volte ti ho detto che non devi….”


Non ricordo esattamente il seguito, ma ricordo l’impressione che mi ha fatto sentire quelle parole e quel tono da una bambina. Ho anche pensato che probabilmente era una copia della mamma.


Sì, si tratta di uno stereotipo e di un pregiudizio, ma resta probabile che la bambina non abbia imparato da sé a rimproverare in quel modo.


2. Le critiche nella coppia sono uno dei predittori di separazione secondo lo psicologo John Gottman.


Okay, non è detto che stare insieme tutta la vita debba essere l'obbiettivo di tutti i genitori, ma se lo senti tuo puoi continuare a leggere questo paragrafo.

Traduco liberamente dal libro “I sette principi per far funzionare un matrimonio”[4]:


”Avrai sempre di cui lamentarti riguardo alla persona con cui vivi. Ma c’è una bella differenza tra esprimere il proprio disappunto e una critica distruttiva”

Le critiche distruttive [5] sono molto comuni nelle coppie.


Gottmann ci rassicura dicendo che se pensi che voi siete molto critici l’un l'altrə, non devi pensare che siete destinati alla separazione.

Il problema con la critica è che se diventa molto frequente, spiana la strada per un altro elemento che è presente con più frequenza nelle coppie che finiscono per separarsi: il disprezzo.


3. La persona criticata eccessivamente diventa più insicura, l’autostima peggiora e va sulla difensiva.

Si entra così in un circolo vizioso. Ti critico perché “non mi aiuti mai” e:

  1. con, l’ego ferito, non è che ti venga voglia di aiutarmi di più.

  2. se, anche solo tra le righe, ti do dell’incapace, avrai voglia di mostrare le tue debolezze, mettendoti al lavoro su ciò in cui ti senti insicurə?

  3. rispondi alla mia critica andando sulla difensiva, che in pratica significa che sposti la colpa da te a me, peggiorando la situazione. Magari rispondendo la tanto amata “bastava chiedere”. La vedi la trappola dell’andare sulla difensiva? Il problema non sei tu, che non aiuti, sono io che non ti chiedo di aiutarmi. Et voilà, escalation servita.

4. La critica continua può indicare una mentalità che tende a dare la colpa ad altri per il proprio malessere. Una mentalità che ti rende poco in controllo della tua vita perché la tua felicità dipende (troppo) da fattori esterni. Un’attitudine che non voglio per forza tramandare al mio bambino.



3 modi per criticare meno e meglio


1. Prima di criticare: chiediti qual è il reale motivo del fastidio che provi e se c’è qualcosa che puoi fare tu prima. Io mi sono evoluta negli anni su una critica che rivolgevo molto spesso a mio marito e che ora non gli rivolgo più.

Sono dovuta evolvere perché all’inizio anche se non lo criticavo più, la cosa mi rodeva comunque.


Ho continuato a chiedermi perché la cosa mi rodeva e alla fine ho cambiato la mia reazione invece di voler cambiare mio marito.


Oltretutto si trattava di una critica non strettamente necessaria.


Arrivo al dunque:

Mio marito molto spesso non gira le calze quando le mette da lavare.


All’inizio pensavo mi desse fastidio solo perché così poi le calze si lavano meno bene.


Poi mi sono resa conto che mi dava fastidio mettere la mano nelle calze sporche e doverle rivoltare al suo posto.


In quel momento glielo facevo notare.


Poi mi son detta:


Sai che c’è?


Non gliele rivolto e le metto a lavare al rovescio.


Poi però mi dava fastidio mettere la mano nelle calze bagnate al momento di stenderle.


Allora mi son detta:


Sai che c’è?


Gliele stendo al rovescio.


L’altra sera davanti al cesto dei panni da piegare mi sono trovata la calza al rovescio.


Di nuovo quella sensazione di fastidio.


Mi son detta:


Sai che c’è?


Gliele piego al rovescio.

Foto di un paio di calze al rovescio
Le famose calze al rovescio

In questo caso, oggettivamente, ho dovuto lasciare una mia fissa e mania del controllo e della perfezione.


Altre volte spesso le mie critiche sono date da una sorta di invidia.


Ad esempio: criticare mio marito perché quando è con mio figlio “fa la bella vita” uscendo tutto il giorno e mangiando cibo da asporto mentre io quando sono con mio figlio tendo di più a portare avanti le faccende e cucinare. Mi chiedo: prima di criticare, posso io magari lasciare un po’ del mio controllo e avvicinarmi un po’ al modo di fare di mio marito?


Posso concedermi una giornata fuori senza pensare a tutte le cose da fare?



2. Pensa alle critiche come ai “no” con i figli: devono essere pochi ma buoni. Quello che stai per criticare è paragonabile ad un “no fuoco” o “no rispetto” che rivolgeresti a tua figlia?


Un “no” che assolutamente va detto per tenerla fuori pericolo o educarla al rispetto?[6]


Riprendo l’esempio delle calze di mio marito: ha senso appesantire il clima nella coppia per un paio di calze al rovescio?


3. Passa dalla modalità “critica distruttiva” alla “critica costruttiva” Se vuoi esprimere il tuo dissenso riguardo ad un comportamento del o della partner, prova ad implementare poco a poco queste regole:


a. Evita di dire “mai” e “sempre” Io spesso smusso già di molto la critica sostituendo il “sempre” con il “spesso”.


Sembra poco ma già mi costa un bel po’ di fatica, segno che proprio non mi viene naturale.

Ad esempio invece di dire:

“Non ti rilassi mai”

prova con:


✔︎ “Mi sembra che spesso fai fatica a rilassarti”


b. Formula la frase in maniera tale che tu sia il soggetto


Anche se c’è chi dice che non sono le regole della buona comunicazione a salvare una coppia, penso che questo modo di comunicare ci aiuti un sacco.


Oltretutto modello questo modo di comunicare per nostro figlio, al quale risulterà più facile seguire le regole di una comunicazione pacifica.

Ad esempio invece di dire:

“Non sai mai dove stanno le cose”


prova con:

✔︎ “Non mi piace dover dirti dove stanno le cose”

c. Concentrati sul comportamento della persona e non sulla sua identità

Ad esempio invece di dire:

“Sei una persona disorganizzata”


prova con:

“Noto che spesso dimentichi gli appuntamenti”

d. Esprimi i tuoi bisogni, offri alternative o soluzioni


Ad esempio invece di dire:

“Non sei mai proattivə nelle faccende domestiche”

prova con:

“Avrei bisogno che tu mi aiutassi in casa senza che io te lo debba chiedere, che ne dici se ci distribuiamo alcuni compiti?”



Riflessioni finali

Quello che mi preme sottolineare è che non sto sottovalutando la tua urgenza di criticare il tuo compagno o la tua compagna.


Ti invito anzi ad accogliere questa urgenza e ad interrogarti sull’origine di questa tua insofferenza.


C’è qualcosa che puoi fare tu prima di criticare?


La critica nasconde un tuo bisogno inespresso?


Dietro ad un “non mi aiuti mai” molto spesso c’è un “ho bisogno di aiuto”.


La vedi la differenza incredibile di prospettiva?


Molto utile anche nel caso in cui sia tu, la persona a cui la critica è rivolta.


Le critiche nella coppia sono davvero un indizio importante per notare alcune situazioni sbilanciate.


Situazioni che potrebbero essere legate a ruoli di genere acquisiti per default e che magari sentiamo di non voler più interpretare.


Se hai letto fin qui: UAO, grazie per il tempo che hai dedicato a leggermi.


Sono curiosa di sentire la tua su questo tema ☺️


Ah, e se hai letto fin qui e l’articolo ti è piaciuto mi aiuteresti molto anche solo cliccando sul cuoricino qui sotto.


Te ne sono grata.


Ciao e alla prossima,










[1] Più in alto si va nella gerarchia aziendale, meno donne ci sono. Spesso perché le donne sono quelle che una volta avuti figli riducono il loro tempo di lavoro e si ha quest’idea che in posizioni alte si debba lavorare al 130%. Sono convinta che se tutti - uomini e donne - volessero ridurre il tempo lavorativo, le soluzioni alternative si troverebbero. Una di queste è il concetto di top-sharing. Ovvero una forma di job-sharing nelle posizioni alte. Job-sharing significa che due persone condividono la stessa posizione in un'azienda, a tempo parziale. Immaginati quindi una grande azienda guidata da due persone al 60% anziché da una sola al 120%. I vantaggi sono innumerevoli, io stessa sto co-gestendo un programma (un insieme di progetti) assieme ad un collega e devo dire che mi trovo molto bene.


[2] Non capita spesso che nei miei articoli debba usare la lettera schwa “ə”, che si pronuncia tra una “a” e una “e”. Similmente alle altre soluzioni creative come l’asterisco, la chiocciolina o il 3, è un simbolo che va a togliere il genere da una parola, così che tutte le persone si possano sentire toccate dal mio discorso. Mi impegno ad utilizzare un linguaggio il più ampio possibile senza dover ricorrere a questo trucchetto. Non credo che ci avrai fatto caso, ma i miei articoli sono scritti in maniera che sia un uomo che una donna si possano sentire interpellati, nella maggior parte dei casi anche una persona non binaria.


[3] Ho preso i dati questo rapporto Istat pubblicato nel 2019.


[4] Ho tradotto liberamente anche il titolo che in realtà sarebbe: “The seven principles for making marriage work”


[5] In realtà John Gottman parla di “criticism”, che è l’espressione di disapprovazione nei confronti di qualcuno sulla base dei difetti e degli errori percepiti. Una cosa molto simile al biasimo, direi. In italiano abbiamo la parola “criticismo” ma mi sembra che non viene usata nello stesso modo.


[6] I concetti di “no fuoco”, “no sofa” e “no rispetto” li ho ripresi dal corso Educare a lungo termine di Carlotta Cerri. Li trovo illuminanti nella loro semplicità.

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