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Le bimbe sono le principesse dei papà e i bimbi gli eroi delle mamme?

Ti presento 6 punti critici di questa credenza per allenare il tuo spirito critico.



“Si dice sempre che le bambine sono le principesse di papà ed i bambini gli eroi della mamma”

L’altro giorno ho letto questa frase sotto ad un post su Instagram.


Il mio cervello si aspettava di leggere poco sotto perché quella frase andrebbe evitata.


Ho trovato solo degli hashtag:


#love#cute#fashion#beautiful#disney#babygirl#family#newborn#babyphotography#mommyandkids#happy#photooftheday#instagood#friends#instalike#girl#nature#selfie#smile#kids#baby#food#fun#igers#life#picoftheday#repost#photography#instagram

Ups, che ingenua.


La didascalia finiva lì.


Questa foto ha ricevuto 2500 like e 80 commenti, 1 solo a contraddire il messaggio di fondo.


Questo articolo non ti spiegherà come impedire a tua figlia di amare le principesse.


Ma ti farà ragionare su un modo di dire e di pensare che rafforza la disparità tra i generi.



 

Cosa trovi in questo articolo

 


Cos’è il doppio standard e cosa c’entra


Una premessa prima di analizzare la frase incriminata.


Mi chiedevo: ma la stessa foto con una mamma e una bimba o un bimbo addormentato sulle sue gambe, avrebbe suscitato la stessa acclamazione?


Io penso di no.


Il motivo è la meraviglia che ancora suscita l’immagine di un papà che fa il papà.


Fotografia di papà che accudisce neonato in braccio
Un papà che fa il papà

Il famoso doppio standard.


Non pensi?


Secondo me l’ipotetica mamma sotto la foto si sarebbe beccata anche un sacco di consigli non richiesti:

  • Ma come, la fai addormentare davanti alla tele?

  • Non dovresti guardare la tele mentre la tua bambina dorme, dovresti fare…

  • Guarda che quella posizione non è ergonomica!

Avere una reazione diversa di fronte ad una situazione simile vissuta da due persone diverse è un doppio standard.


Una mamma e un papà che fanno la stessa cosa ma vengono giudicati in maniera diversa.


La prima incontrerà anche indifferenza o critica, il secondo perlopiù lodi e conferme.


Le parole contano


Le parole hanno un peso che spesso viene sottovalutato.


La maniera in cui ci esprimiamo può modellare empatia, rispetto, spirito critico.


Usare i femminili professionali aiuta a diminuire la segregazione formativa.


I modi di dire e i proverbi rafforzano stereotipi e pregiudizi e sono la cartina di tornasole della nostra cultura, come dice bene Vera Gheno in Femminili singolari:

“Come è noto, i proverbi e i modi di dire non nascono dal nulla, ma rappresentano una sorta di ‘precipitato’, di sedimentazione della saggezza popolare. Spesso sono così interiorizzati nella nostra cultura che non facciamo davvero caso a quanto enunciano”

Dalle nostre parti esistono almeno un paio di detti riguardo alle persone con i capelli rossi.


Proprio ieri una signora ha fatto questo commento a me, davanti a mio figlio:


“Poi è rosso di capelli, sarà tremendo”.


Queste credenze popolari sono del tutto insensate eppure continuiamo a sentirle.


Io, sbagliando, sono rimasta allibita e non sono riuscita a controbattere.


La prossima volta mi piacerebbe dire qualcosa come:


“il comportamento di mio figlio non c’entra nulla con il colore dei suoi capelli”

Mannaggia a me di non essere riuscita a rispondere sul momento 🤦‍♀️



Si dice sempre che le bambine sono le principesse dei papà e i bimbi gli eroi delle mamma: 6 punti critici



1. Il binarismo di genere


Sono stufa di questa divisione in schiere tra figli maschi e figlie femmine, eroi e principesse, mamme e papà. Tutti i sostantivi di questa frase entrano in un binario: tre di qua e tre di là.

Maschio e femmina sono etichette a cui dovremmo dare meno peso. Concentriamoci sul fatto che siamo persone.


Lo so che pensare che uomini e donne vengono da due pianeti diversi sembra divertente.


Ma pensarlo è davvero limitante, azzera la costruttività a suon di “siam fattə così” [1].


O, per dirla con le parole della psicologa sociale Pacilli:

“I discorsi attorno alle differenze fra uomini e donne […] ci attraggono e ci affascinano, li facciamo nostri senza porci troppe domande in quanto semplificano e rassicurano”



2. Cosa vuol dire essere una principessa?


Se hai una figlia che ama vestirsi da principessa, tutta rosa e a balze: non preoccuparti. È vero che anche nei media per l’infanzia troviamo sempre più principesse intraprendenti. Ma gli stereotipi sono duri a morire e la rappresentazione libera da stereotipi ancora di più.


Potresti però verificare cosa intende la tua bambina con il termine “principessa”.


Credo che i valori che il termine “principessa” si porta dietro da molti anni non siano ancora del tutto sradicati.


Nuvola di parole creata a partire dai primi aggettivi che vengono in mente se si pensa alla parola “principessa”. Le parole più grandi sono quelle che appaiono con maggior frequenza.
Nuvola di parole creata a partire dai primi aggettivi che vengono in mente se si pensa alla parola “principessa”. Le parole più grandi sono quelle che appaiono con maggior frequenza.

Una principessa rimane strettamente legata a queste tre caratteristiche:

  • bellezza

  • eleganza

  • gentilezza

Sulla gentilezza non ho nulla da ridire, se non che vorrei che fosse un’etichetta sempre più associata anche al genere maschile.


Sulla bellezza ed eleganza dovremmo fare un discorso a parte.


Una bambina appassionata di principesse potrebbe pensare che essere belle e eleganti sia la cosa più importante.


Il che può essere già un problema, ma lo è ancora di più se per esempio la bambina, ragazza, donna non ha la fortuna di avere un corpo conforme agli standard di bellezza correnti.


Fotografia della copertina del libro Belle di faccia di Chiara Meloni e Mara Mibelli
La copertina del libro di Chiara Meloni e Mara Mibelli che parla delle origini del movimento della body positivity e di pressione estetica, con focus sulla grassofobia.

La pressione estetica incombe soprattutto sulle donne, a partire dall’infanzia.


Non è un caso se i disturbi del comportamento alimentare o gli interventi di chirurgia estetica riguardano soprattutto le donne.



3. Cosa vuol dire essere un eroe?


A “principessa” si contrappone il termine “eroe”.


Che, come raccontavo in questo già citato articolo sulle etichette, si porta dietro tutt’altro tipo di valori:

  • forza

  • coraggio

  • bellezza


Nuvola di parole creata a partire dai primi aggettivi che vengono in mente se si pensa alla parola “eroe”. Le parole più grandi sono quelle che appaiono con maggior frequenza.
Nuvola di parole creata a partire dai primi aggettivi che vengono in mente se si pensa alla parola “eroe”. Le parole più grandi sono quelle che appaiono con maggior frequenza.


Forza e coraggio sono sicuramente dei valori condivisibili.


Quello che mi spiace è che queste qualità siano viste come tipiche di un solo genere.


Inoltre, si tende a sottovalutare la pressione di doversi mostrare forti e coraggiosi sempre e comunque.


Questa mentalità che tramandiamo alle nuove generazioni ha delle ripercussioni non da poco.


Un semplice esempio è quello per cui gli uomini hanno la tendenza a chiedere meno aiuto, anche quando si tratta di andare dal medico per la propria salute.



Anche gli uomini sono sempre più sottoposti alla pressione estetica, vedi il termine “bello” che appare parecchie volte in relazione con il termine “eroe”.


La pressione è comunque minore e spesso di un altro tipo: la mascolinità correla con il volume dei muscoli.



4. Quella tra uomini e donne è una relazione gerarchica


Il binario maschile e quello femminile non sono complementari. Piuttosto, sono gerarchici con uomini e bambini che vengono valorizzati e hanno più potere di bambine e donne.

Quello che trovo assurdo nella frase che stiamo analizzando, è che addirittura la mamma è gerarchicamente inferiore al figlio.


Siamo d’accordo che la relazione genitori-figli è una relazione di potere.


Un potere che si può decidere di esercitare in diversi modi, ma pur sempre di potere si tratta.

Affermare che il figlio è l’eroe della mamma sovverte i ruoli di potere e mette il genere maschile sopra a quello femminile.



5. Mancanza di spirito critico dichiarato


Sono allergica ai “si dice sempre” pericolosamente simili ai “si è sempre fatto così” o ai “siam fattə così” di cui sopra.


Ci sono dei proverbi e modi di dire che sono molto saggi, ma tanti, che è meglio abbandonare subito.


Quando senti o leggi “si dice” prova a porti una semplice domanda:

“Chi lo dice?”


6. Il complesso di Edipo


Disclaimer grande come una casa: non sono del campo, non sono un’educatrice d’infanzia, non sono una psicologa.


Sono un ingegnera meccanica.


Quello che mi piace fare è mettere in dubbio lo status quo, basandomi sui miei ragionamenti e quello che leggo in fonti che ritengo plausibili.


Se ne sai più di me e noti che scrivo cose sbagliate non esitare a scrivermi.


Mi sorprende che spesso sia dato per scontato che i bimbi sono dei mammoni e le bimbe le cocche di papà.


Secondo me questo è un lascito delle teorie di Freud e del cosiddetto complesso di Edipo.


Riassumo: il complesso di Edipo è quell’idea per cui durante una certa fase dello sviluppo un figlio sarebbe più legato/attratto alla mamma e proverebbe astio nei confronti del papà.


La stessa cosa per le figlie femmine è legata al complesso di Elettra.


La cosa particolare è che in diversi siti che ho visitato si parla del complesso di Edipo come se fosse un dato di fatto.


Senza nominare che questa idea ha davvero poche evidenze scientifiche.


Quindi spesso finiamo per modellare le nostre relazioni su una teoria molto criticata e poco confermata.


Per me il punto più critico [2] del dare per scontato il complesso di Edipo è quello della profezia che si auto-avvera.


A furia di credere e ripetere che un figlio è più legato alla mamma e non al papà, convincerà tutti di questa cosa.

Non ci sono magari altre ragioni oltre che il sesso bigologico?

Magari il numero di ore trascorse dal bimbo con la mamma vs. le ore trascorse col papà?

Carattere?


Pensare che una cosa è “così per natura” è molto pericoloso perché poi si tende a pensare di non poterci fare niente.

Un bambino è “mammone”?


Risposta:


“Eh, oramai è così… che ci vuoi fare”.


Invece che lasciare che anche il papà abbia lo spazio di costruire una relazione con suo figlio.


Io mi sento di lasciare da parte questa credenza e pensare che il mio bambino possa essere più o meno attaccato a me e a mio marito in base a delle ragioni che prescindono dal nostro sesso biologico.



E se mia figlia ama le principesse?


La libertà di tua figlia di essere e amare chi e cosa vuole deve venir rispettato.


L’unico problemino, di cui ho scritto più approfonditamente in questo articolo, è:


tua figlia sembra aver avuto la libertà di amare le principesse.


Ok, ora le ama per davvero.


Ma chi può dire se avrebbe amato i dinosauri, qualora la nostra società vedesse questi animali come “da bimbe” e dunque femminilizzanti?


È un po’ come se ti portassero da mangiare sempre una crema di zucca e una di cavolfiore.


Tu scegli quasi sempre quella di zucca e dici di amare la crema di zucca.


Ma se sapessi che puoi anche mangiare altro, tipo pasta al ragù di lenticchie o sedano rapa impanato?


Le bambine e i bambini hanno la libertà di scegliere tra le opzioni che gli diamo come società.


Capisci?


Per questo faccio notare il binarismo di genere e la poca fantasia che si trovano nell’industria per l'infanzia: o blu o rosa, o dinosauri o unicorni, o macchinine o bambole.


Quindi, nel caso di una bambina-principessa quello che farei è:


  1. Informarsi, sempre e comunque. Ad esempio, sapere che ci sono studi che dimostrano che la passione per le principesse Disney può essere limitante specialmente per le bambine, che hanno una più alta probabilità di abbracciare stereotipi femminili tradizionali [3].

  2. Provare ad ampliare il panorama della bambina e le sue opzioni. Casa troviamo oltre alle principesse? Sempre nel rispetto per le sue inclinazioni e passioni.

  3. Fornire rappresentazioni di principesse con altri valori oltre a quello della bellezza e dell’eleganza nei libri, nei cartoni animati, nei giochi. Portare esempi di principesse attive e non passive.



Riflessioni finali


Spesso non pensiamo al vero significato dietro ad alcune espressioni e modi di dire.

Notarlo è il primo passo.


Metterli in dubbio il secondo.


Poi si prosegue sradicando l’espressione un pezzettino alla volta.


Se hai letto fin qui e l’articolo ti è piaciuto mi aiuteresti molto anche solo cliccando sul cuoricino qui sotto.


Te ne sono grata.


Ciao e alla prossima,










[1] Non capita spesso che nei miei articoli debba usare la lettera schwa “ə”, che si pronuncia tra una “a” e una “e”. Similmente alle altre soluzioni creative come l’asterisco, la chiocciolina o il 3, è un simbolo che va a togliere il genere da una parola, così che tutte le persone si possano sentire toccate dal mio discorso. Mi impegno ad utilizzare un linguaggio il più ampio possibile senza dover ricorrere a questo trucchetto. Non credo che ci avrai fatto caso, ma i miei articoli sono scritti in maniera che sia un uomo che una donna si possano sentire interpellati, nella maggior parte dei casi anche una persona non binaria.


[2] Ci sono poi diversi altri punti criticati delle teorie di Freud, come quello di dare per scontato che l’unico orientamento sessuale “normale” sia quello eterosessuale.

Oppure il fatto che si tratta di una teoria che vede nella presenza di un padre e di una madre nei ruoli tradizionali il presupposto per uno sviluppo regolare dei figli.


[3] Sarah M. Coyne et al., Pretty as a Princess: Longitudinal Effects of Engagement With Disney Princesses on Gender Stereotypes, Body Esteem, and Prosocial Behavior in Children, Child Development, November/December 2016, Volume 87, Number 6, Pages 1909–1925

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