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  • La mia critica costruttiva ai gender-reveal party

    Offro riflessioni e 4 alternative per chi vuole organizzare una festa che non rafforzi (troppo) gli stereotipi di genere. Okay, oggi scriverò di un tema che mai avrei pensato di voler affrontare. Le feste non sono il mio forte, parola di una al cui matrimonio si era in 19. Sposi compresi. Ho due obbiettivi: Approfondire concetti legati alla parità di genere basandoci su un esempio concreto Mostrarti come si può argomentare contro una tesi in maniera rispettosa. Ma andiamo con ordine. Cosa trovi in questo articolo: Cosa sono i gender-reveal party “Non capisco perché la gente è contro i gender-reveal party” Cosa sono gli stereotipi di genere Come i gender-reveal party nuocciono alla parità Creano confusione su temi importanti Rafforzano gli stereotipi di genere La potenza delle vie di mezzo 4 consigli pratici per dare una festa che non rafforzi (troppo) gli stereotipi di genere Riflessioni finali Cosa sono i gender-reveal party? Un gender-reveal party è una festa data durante la gravidanza con l’intento di rivelare il sesso biologico del feto. In italiano, una traduzione letterale sarebbe “festa della rivelazione del genere”... … quindi per semplicità continuerò ad utilizzare il termine inglese 😅 A detta di Wikipedia, è un usanza che si è diffusa a partire dagli Stati Uniti dal 2010 circa. Usanza che ha preso piede grazie ai social. La scenografia di queste feste è estremamente binarizzata e stereotipata. Questa modalità serve anche per rafforzare la suspense e rendere più immediato il messaggio al culmine dei festeggiamenti. Infatti il sesso viene rivelato ai futuri genitori e agli invitati attraverso il colore: di coriandoli all’interno di un palloncino che scoppia all’interno di una torta di fuochi d’artificio … Quindi se si scegliessero dei colori neutri… beh, capire il sesso biologico del nascituro o della nascitura sarebbe impossibile. Ti immagini la scena? Il palloncino scoppia e…. coriandoli gialli da tutte le parti🔸💥✨ La gente così 😳 Con il rosa e con il blu si va sul sicuro: tutti sapranno immediatamente se nella pancia c’è un bambino o una bambina. “Non capisco perché la gente è contro i gender-reveal party” Aspetta non chiudere la pagina! Non sono impazzita. Ora ti spiego. La frase sopra non è mia, è la tesi che voglio confutare in maniera rispettosa e costruttiva. La tesi di questa persona è: "non vedo perché qualcuno debba essere contro i gender-reveal party, a meno che sia una coppia con un approccio radicale". In che senso? Beh, per esempio una coppia che decide di crescere unə bambinə senza usare i pronomi finché non sia lui o lei a decidere in quale categoria piazzarsi (maschio, femmina o nessuna delle due) [1]. La persona con cui ho fatto questa discussione mi diceva anche: "la libertà dagli stereotipi è una cosa, l’educazione senza tenere conto del genere assegnato alla nascita è un altra; a meno che non si scelga quest’ultimo approccio non capisco perché si critichino i gender-reveal party". Come se si potessero slegare gli stereotipi di genere dai gender-reveal party. Credo che l’idea dietro a questo pensiero sia vedere una sorta di ipocrisia tra l’essere contro un gender-reveal party e poi crescere un bimbo “da maschio” o una bimba “da femmina”. Del tipo: perché sei contro a dare una festa per rivelare il sesso di tuo figlio ancora in utero se poi tanto al più tardi alla nascita lo rileverai comunque? Se poi lo crescerai usando il pronome LUI per un bimbo e LEI per una bimba? Se gli darai un nome da maschio o da femmina in base a quello che vedrai in mezzo alle sue gambe? Questo pensiero ha una certa logica, non pensi? Nonostante ciò non sono d’accordo e ti voglio spiegare perché. Ma facciamo un passo indietro. Cosa sono gli stereotipi di genere Se sei qui è perché ti interessa educare bambini liberi da stereotipi. In particolare, qui parliamo di stereotipi di genere, che sono il focus di questo progetto. Sono stereotipi tutte quelle credenze che riguardano una determinata categoria. Sono degli assunti che derivano da una generalizzazione più che da esperienza diretta. Sono tutte quelle lampadine nel cervello che ti si accendono se pensi alla parola “bambina”, che probabilmente sono differenti dalle lampadine che si accendono se pensi alla parola “bambino”. La sfida di educare alla parità di genere è proprio quella di crescere i bambini il più possibile liberi da stereotipi. Non andare per assunto. Non regalare una macchina ad un bambino perché crediamo che gli piacerà di più di una bambola. Non vogliamo contribuire a diffondere luoghi comuni come: le bambine sono più diligenti dei bambini i bambini oramai si sa che sono dei terremoti le bambine non sono portate per la matematica i bambini sono meno attenti alla cura del corpo rispetto alle bambine … Ok, ma cosa c’entra tutto questo con i gender-reveal party? Come i gender-reveal party nuocciono alla parità 1. Creano confusione su temi importanti Innanzitutto di sbagliato un gender-reveal party ha il nome. Perché tecnicamente quello che si va a rivelare è il sesso biologico e non il genere della persona in grembo. Il genere dipende da come questa persona si svilupperà fuori dalla pancia. Probabilmente il nome sex-reveal party sarebbe suonato male a livello di marketing e non oso immaginare cosa mi possa proporre google se cerco “sex reveal party” 😅 2. Rafforzano gli stereotipi di genere Okay, sarò meno diplomatica del solito. Ma tutto il business che gira attorno alle decorazioni per un gender-reveal party mi lascia sconcertata. Sono un tripudio di stereotipi di genere. Ho scandagliato un po’ il panorama e gli stereotipi che vengono rafforzati dalle decorazioni e sono molti. Ho setacciato le decorazioni sul mercato per un gender-reveal party e questi sono i simboli che sono saltati fuori: un tripudio di luoghi comuni 😬 Hai notato quante (seppur limitate) attività in più caratterizzano un bimbo rispetto ad una bimba? La potenza delle vie di mezzo Riprendiamo la tesi che voglio confutare: Non capisco perché qualcuno debba essere contro i gender-reveal party se prima o poi il sesso biologico del figlio lo rilvelerai comunque, al più tardi alla nascita. Il motivo principale del mio disaccordo è che se tutti ragionassimo per estremi non andremo da nessuna parte. Perché? Perché secondo me questa è la logica del “o tutto o niente”. O fai tutto alla perfezione o non lo fai. Quando si parla di educazione alla parità di genere vedo persone fare a gara per chi educa meglio alla parità, del tipo: "Guarda la Zaira, parla tanto di parità di genere e suo figlio è vestito di blu e tiene in mano un camion betoniera”. Calma. Ogni passo nella giusta direzione conta. Ogni piccolo gesto: Già solo leggere questo articolo O modificare una “E” con una “A” in un libro che stai leggendo ai bambini per usare i femminili professionali. Anche mettere un body rosa al tuo bimbo O lasciargli crescere i capelli se lo desidera Far cucinare una volta a settimana chi nella vostra coppia non è solito farlo Spiegare ai bimbi cos’è uno stereotipo, un pregiudizio, una discriminazione Quindi evitare di incentivare la logica binaria del maschio/femmina attraverso un gender-reveal party è estremamente utile, anche se non sei tra coloro che vogliono crescere figli senza pronomi. Perché gli stereotipi di genere sono i precursori di problemi molto più grandi come i ruoli di genere o la segregazione formativa. Segregazione che per esempio porta ad avere poche ingegnere e un mondo progettato da uomini per uomini. Segregazione che è tra i motivi per cui le donne guadagnano generalmente meno degli uomini a parità di ruolo. 4 consigli pratici per dare una festa che non rafforzi (troppo) gli stereotipi di genere Però magari tu sei una persona che adora le feste e le scenografie spettacolari. Come fare? Adoro trovare compromessi e soluzioni alternative. È troppo facile dire “i gender-reveal party sono sbagliati, discorso chiuso!” Dunque mi sono chiesta: ma se volessi fare una festa il più simile possibile ad un gender-reveal party, come farei per renderla il più inclusiva e rispettosa possibile? Ecco qui i miei 4 consigli pratici in ordine decrescente di efficacia: 1. Per prima cosa, non incentrare la festa sul genere del bambino, dai una festa per celebrare l’essere incinti e basta. Da una che è rimasta incinta solo dopo svariati tentativi di fecondazioni in laboratorio ti assicuro che già solo essere incinti è un ottimo motivo per dare una super festa 😅 Se invece ti piace proprio l’idea di rivelare il sesso biologico durante una festa, passa ai prossimi consigli. 2. Tramuta il gender-reveal party in un name-reveal party. Indirettamente riveli anche il sesso biologico ma al centro dei festeggiamenti c’è una persona e non un bimbo o una bimba. Le scommesse si possono fare anche in questo caso: ogni invitato pensa ad un possibile nome, o l’iniziale del nome, o il numero di lettere, … 3. Evita di incentrare le decorazioni sulla dicotomia rosa/blu. Se conosci il sesso biologico attraverso un test del DNA allora magari puoi usare XX o XY come tema della festa. Se conosci il sesso biologico attraverso la morfologia potresti semplicemente usare un pene o una vulva. In fondo è quello che stai rivelando a tutti: cosa ha in mezzo le gambe il feto 😅 4. Per le decorazioni, evita quelle che rafforzano stereotipi di genere legati all’aspetto fisico e attività “da maschio” o “da femmina”. Il consiglio pratico qui è: non googlare “decorazioni gender-reveal party” e magari optare per un “decorazioni party giallo” o “decorazioni party nature”. Riflessioni finali È vero che probabilmente non sarai tra quei genitori che scelgono la via più estrema del crescere un figlio libero da pronomi oltre che da stereotipi di genere. Dal fuori, mi sembra molto difficile scegliere e mantenere quella linea. Però, tra un estremo e l’altro ci sono infinite soluzioni intermedie perfette per la tua famiglia e la tua situazione. Non farti prendere dalla logica del “o tutto o niente”. Perché la tua soluzione sarà molto più sostenibile nel tempo. E molte più persone, guardando i tuoi piccoli gesti, semplici ma non banali, potrà esserne ispirata e pensare: “Ehi, ma posso farlo anche io!” E se tutti assieme remiamo nella stessa direzione, raggiungeremo un mondo migliore da lasciare alle future generazioni. Un mondo in cui tutte le persone hanno uguali diritti, non solo sulla carta, e dove ogni differenza sarà davvero un valore aggiunto. Grazie per ogni tua remata nella giusta direzione 🛶 Ah, e se hai letto fin qui e l’articolo ti è piaciuto mi aiuteresti molto anche solo cliccando sul cuoricino qui sotto. Te ne sono grata. Ciao e alla prossima, [1] Questo modo di crescere ə bambinə si chiama gender-creative parenting o gender-neutral parenting. Scrivimi o lascia un commento se l’argomento ti incuriosisce, potrei scriverne un articolo. ⇧

  • Non voglio impedire a mia figlia di amare ballerine e principesse

    Ti racconto di questo malinteso e di come educare alla parità significhi educare alla libertà «Non posso e non voglio impedirle di amare ballerine e principesse» «Non vestirò mai mia figlia di rosa» «Vogliono educare alla parità, ma poi loro figlio è vestito di blu da capo a piedi» Hai mai sentito o detto frasi simili? Io diverse volte. Ci vedo soprattutto malinteso. Con questo articolo vorrei chiarire la faccenda. Ma prima di cominciare, fammi una promessa. Se leggi qualcosa che non ti piace, dimmi cosa non ti convince. È solo così che potremo iniziare delle conversazioni interessanti su questi temi. Cosa trovi in questo articolo: Educare alla parità significa educare alla libertà 7 modi in cui gli stereotipi di genere limitano la nostra libertà Ruoli di genere prestabiliti Professioni Emozioni Tratti del carattere Vestiti e accessori Interessi Sport Le forzature necessarie per raggiungere la parità Il caso delle quote di genere o quote rosa Come fare per sradicare stereotipi e raggiungere la parità? 5 consigli per prendere consapevolezza riguardo a stereotipi e pregiudizi Riflessioni finali Educare alla parità significa educare alla libertà Il grande malinteso riguardo all’educare i propri figli alla parità è questo: pensare che significhi non lasciare liberi i propri figli di seguire le loro inclinazioni. Perché magari tuo figlio è perfettamente in linea con lo stereotipo corrente, che tu vorresti tanto sradicare. Perché se vede una bicicletta rosa la addita e dice «bimba». E difatti alcune persone la interpretano così, la parità di genere. «Non vestirò mai mia figlia di rosa», dicono. Anche io ogni tanto mi chiedo se sto sbagliando qualcosa quando vedo mio figlio beato tra ruspe e betoniere. Poi mi fermo e mi ripeto il mantra: Educare alla parità significa educare alla libertà. Perché educando alla parità si rimuovono etichette, abbandonano scatole, scardinano gabbie. Il punto non è dunque «impedire di amare ballerine e principesse» alla tua bambina. Obbligare tuo figlio a lasciare vestiti blu in favore di quelli rosa. Sì, il mio nono di 20 consigli pratici per educare alla parità di genere riguarda proprio i colori e dice: Ma questo non significa che io obblighi mio figlio: semplicemente metto il rosa tra le sue opzioni. Il secondo malinteso è pensare che educare alla parità significhi voler annullare le differenze. Affermare che le donne sono uguali agli uomini. Perché non lo sono. Come non sono uguali nemmeno tuo fratello e il tuo capo, per dire. Educare alla parità è rendersi conto che al giorno d’oggi vi sono disparità di trattamento, che non hanno senso di esistere. Educare alla parità è anche valorizzare le differenze di ogni persona. Se ti interessano questi temi ti consiglio il racconto Principessa Fiordaliso nel rifugio dei fiori erranti di Valeria da Pozzo. Valeria si immagina un mondo in cui le bambine non possono più vestire di rosa, provare il desiderio di accudire il prossimo, immaginare di essere principesse. 7 modi in cui gli stereotipi di genere limitano la nostra libertà Quindi, se vuoi educare alla parità non parti dal principio di limitare la libertà del tuo bambino. È proprio il contrario. Perché educando alla parità sradichi stereotipi. E sono proprio gli stereotipi di genere che ci limitano, sia che siamo una bambina, un bambino, una donna, un uomo o una persona non binaria. Come? Ti faccio qualche esempio. 1. Ruoli di genere prestabiliti In base al nostro genere gli stereotipi correnti ci danno dei ruoli prestabiliti, limitando le nostre possibilità. Se sono una donna che lavora e ho dei figli, è molto più probabile che avrò una percentuale lavorativa più bassa di mio marito e che sarò la principale responsabile della cura dei figli e della casa. È meno probabile che diventerò una gestrice di progetto, una direttrice d’azienda. 2. Professioni Esistono delle professioni particolarmente segregate per genere. A causa degli stereotipi, in base al nostro genere alcune professioni non vengono nemmeno considerate. In alcuni casi si è addirittura scoraggiati a seguire determinati percorsi. Pensa a quante meccaniche d’auto o quanti estetisti conosci. 3. Emozioni Alcune emozioni sono più tollerate di altre in base al genere: una bambina può piangere, un bambino no. Una bambina può avere paura, un bambino no. Nel bambino la rabbia viene tollerata più che in una bambina. 4. Tratti del carattere Similmente, alcuni tratti del carattere sono più tollerati in un genere se in linea con lo stereotipo. Un bambino molto sensibile diventa facilmente additato come ipersensibile o, peggio, “una femminuccia”. Una bambina, ma direi anche una donna, che urla è isterica [1] o lunatica. O come si diceva a me, “tarantola” 🕷 Ora che ci penso, mio fratello non ha ricevuto soprannomi simili, anche se pure lui ha avuto le sue crisi. Decisamente a lui veniva fatto notare l’essere sensibile o timoroso. Gli si chiedeva “sei un uomo e una farfalla?” 😲 Ma solo da noi si usava questa frase? Googlando non ho trovato nulla 🤷‍♀️ Chiaramente, questo si è fatto in passato e si ripropone oggi non perché siamo pessimi genitori. È difficile staccarsi dall’educazione ricevuta, quindi ce la portiamo dietro da “altri tempi”. Ora però abbiamo i mezzi per informarci e studi che mostrano gli effetti che le parole hanno sull’educazione dei nostri figli. 5. Vestiti e accessori Devo davvero scrivere qualcosa qui? È chiaro che tutta la società e l’industria ha delle idee ben chiare su come io mi debba vestire in base al mio genere. I colori, gli accessori, i trucchi. Ricordo che qui a casa si era fieri del fatto che mia nonna, classe 1933, fosse una delle poche donne a portare i pantaloni da queste parti. Ho pensato tanto alla questione dei vestiti. Cerco di prepararmi al giorno in cui ipoteticamente mio figlio potrebbe chiedermi di uscire di casa indossando una gonna. Ma questo è materiale per un altro articolo. 6. Interessi Anche qui, vi sono interessi più o meno legittimati, più o meno incoraggiati in base al genere. Già solo il fatto che solitamente le bambine in regalo ricevono bambole anziché macchinine è significativo. Mio figlio essendo maschio in tre anni ha ricevuto in regalo una decina di macchine contro una sola bambola perché l’abbiamo chiesta noi. Che sia chiaro: non impedire alla tua bambina di giocare con le bambole, se è questo che vuole fare. Ma come dicevo in questo articolo, sarebbe interessante porsi alcune domande. Non è che questa predisposizione è data dall’osservare l’ambiente in cui vive? Le confezioni delle bambole che raffigurano bambine, le cugine più grandi che giocano alle bambole, la mamma con il fratellino, la pubblicità, le immagini nei libri. È la tua bimba che è naturalmente predisposta o da subito è stata messa in un ambiente da cui lei ha appreso quali debbono essere i suoi interessi? Che guarda caso coincidono con i ruoli di cui sopra 😅 7. Sport Come per le professioni, anche molti sport sono segregati per genere. Se dico calcio e ciclismo ti viene in mente un genere diverso che se ti dicessi danza e pallavolo. Pure a me da ragazza era stato impedito di andare a giocare a calcio. Ora ti chiedo: davvero questo mondo ti lascia la libertà di fare, sentire e essere ciò che vuoi? Oggi ci sono tratti del carattere professioni sentimenti scuole sport ruoli … più associati ad un genere che all’altro. Questa è una grandissima limitazione che bisogna sradicare per lasciare ai nostri figli un mondo migliore di come lo abbiamo trovato. Il cambio di mentalità che dobbiamo fare è questo: Le forzature necessarie per raggiungere la parità Non sono impazzita, giuro. Seguimi e capirai 😉 Ma scusa, educare alla parità significa educare alla libertà. Sì, l’ho detto. Rimuovere stereotipi per permettere ai nostri bimbi di seguire le loro inclinazioni. Sì, confermo. Quindi “vivi e lascia vivere, no?” NO. È questo il punto. La risposta corretta non è “vivi e lascia vivere”, questa tecnica funzionerà quando la parità sarà raggiunta. In questa fase di transizione dal mondo A (impari) al mondo B (paritario), bisogna sforzarsi per uscire dagli stereotipi. E mettere in atto delle forzature, appunto. Perché ti assicuro che qualche anno fa comprare il primo body rosa a mio figlio è stato decisamente una forzatura. Ho dovuto sforzarmi per uscire dallo stereotipo. Ora che è passato tanto tempo e mi ci sono abituata, la cosa non mi pare più una forzatura. Rimane un minimo di sforzo, come mettere il filtro “bimba” quando cerco vestiti online o quello di andare nella parte dedicata alle bambine del negozio. È come quando vai in bicicletta: lo sforzo per mettersi in moto è maggiore ma una volta che hai acquisito velocità va molto meglio! Il caso delle quote di genere o quote rosa Ecco, il caso delle quote di genere è utile per spiegare le forzature necessarie per raggiungere la parità. Le quote di genere, anche dette quote rosa, sono quelle misure che impongono un certo numero di presenze femminili in un’azienda, in una direzione, in un gruppo politico. Le quote di genere, diciamocelo, hanno quel retrogusto di ingiusto. Vien da dire: “Sono contro le quote rosa perché ritengo che per raggiungere la vera parità bisogna valutare per competenze e qualità” oppure “Sono per le pari opportunità non per la parità di genere” Ecco, questa sono io qualche anno fa 😁 Le quote di genere sembrano ingiuste perché in effetti in un certo senso lo sono. Di nuovo: non sono impazzita. Seguimi 👇 Se a parità di competenze devo scegliere una donna anziché un uomo, sto discriminando l’uomo, giusto? Ecco, se ci fermiamo al minuto in cui viene effettuata questa scelta sì, non si può negare che è una discriminazione. Oltretutto, c’è anche la donna scelta che si sente sminuita intuendo che è stata scelta “perché donna”. Mi è capitato tra l’altro 🙋‍♀️ Sarebbe più giusto tirare a sorte uno dei due nomi. Il problema è che le quote di genere non sono una soluzione ma una misura temporanea, una pezza. Sono esattamente una di quelle forzature di cui ti parlavo e che ci porteranno dal mondo A (impari) al mondo B (paritario). Non possiamo aspettare che la parità arrivi, così, dal nulla. Il bias di genere c’è. E se andiamo avanti come abbiamo sempre fatto basandoci su competenza e qualità, la parità di genere non sarà realtà ancora per molto tempo. Perché in questo mondo, a parità di competenze e qualità sceglierò un uomo anziché una donna. Per praticità: eventuali gravidanze e assenze una volta diventata madre, paura di casi di molestie o casini causati da una presenza femminile in un ambiente di soli uomini [2] A causa di pregiudizi più o meno inconsci sulle donne Questo è ancora più vero negli ambiti professionali segregati per genere, cioè quegli ambiti di dominanza maschile/femminile. In quel caso la discriminazione sarà ancora più forte perché inconsciamente si andrà a preferire il genere più usuale per l’ambito. Ci sono infatti studi che dimostrano come una persona che esercita un’attività o un mestiere considerato inusuale per il suo genere sarà probabilmente sottovalutata. Analogamente, se l’attività o la professione esercitata sono in linea con ciò che ci si aspetta da quel genere, la persona verrà probabilmente sopravvalutata. Le quote di genere servono a bilanciare questa situazione. Come fare per sradicare stereotipi e raggiungere la parità? Il primo passo è sicuramente informarsi per acquisire consapevolezza, perché: Le gabbie di genere sono spesso invisibili e ci condizionano in maniera più invasiva proprio quando non riusciamo a percepirle. Come scrive Irene Biemmi in Gabbie di genere. Il problema di stereotipi è pregiudizi è dunque che per la maggior parte sono invisibili o perlomeno ben mimetizzati nelle nostre vite. Passare da “non sapere di non sapere” a “sapere di non sapere” è un già un passo enorme. Come fare? 5 consigli per prendere consapevolezza riguardo a stereotipi e pregiudizi ⚠ Lo ammetto, i miei consigli sono un tantino autoreferenziali. Il motivo per cui lo sono è che tanti contenuti sul tema sono noiosi e difficili da leggere. Uno dei motivi per cui ho iniziato questo progetto è proprio quello di rendere questi argomenti più piacevoli da studiare. 1. Leggi i miei articoli, in particolare: 20 consigli pratici per educare alla parità di genere Gioco nei bambini: perché lasciarli liberi di esprimere la loro personalità Come leggere libri per bambini senza stereotipi e pregiudizi 2. Leggi parità in pillole di Irene Facheris. 3. Ascolta questi podcast: Stereotipi di genere: facciamo piccole rivoluzioni / Con Zaira su Educare con calma il podcast di Carlotta Cerri. Educare oltre gli stereotipi con Ylenia Parma su Cara, sei Maschilista il podcast di Karen Ricci. Educazione Emotiva, con Silvia Pasqualini su Crescere Con Tuo Figlio, il podcast di Giovanni Aricò. 4. Sui social, in particolare instagram, segui profili come: il mio 😁. @lateladicarlottablog, il focus di Carlotta non è la parità di genere ma il suo mindset è decisamente quello giusto ed è molto sensibile al tema. @educareoltre_dr.ssayleniaparma @insiemeperledonne 5. Parla di questi temi con altre persone e vedi dove vi portano le discussioni. Riflessioni finali Cambiare è difficile. Ma come disse Einstein: La follia sta nel fare sempre la stessa cosa aspettandosi risultati diversi. Si può deviare dal percorso prestabilito, io ne sono un esempio 😁 Ma farlo costa più fatica. Costa fatica nuotare contro corrente per uscire dagli stereotipi. Se hai letto fin qui, hai già fatto un ottimo lavoro! Se l’articolo ti è piaciuto mi aiuteresti molto anche solo cliccando sul cuoricino qui sotto. Te ne sono grata. Ciao e alla prossima, [1] Badiamo alle parole che utilizziamo. L’isteria è una malattia mentale, una forma di nevrosi che si manifesta con varie reazioni psicomotorie, sensoriali e vegetative, oggi meglio definita come disturbo da conversione. Ritenuta in passato esclusivamente femminile, in realtà è ugualmente diffusa nei due sessi. Fonte: dizionario Zanichelli. ⇧ [2] Quest’ultimo caso sembra assurdo ma l’ho sentito dire con le mie orecchie. ⇧

  • Come leggere libri per bambini senza stereotipi e pregiudizi

    Attraverso un caso studio ti aiuto a sviluppare il tuo spirito critico applicandolo alla letteratura per l’infanzia. Sono molto selettiva in fatto di libri per bambini. Quello che mi fa disperare è che nonostante l’enorme quantità di libri in circolazione solo pochi sopravvivono davvero alla mia selezione. Il risultato del mio lavoro di selezione è la sezione risorse del mio sito, in lento ma costante aggiornamento 🐌 In questo articolo ti voglio raccontare come scelgo un libro per decidere se proporlo al mio bambino. Ma inizio con un aneddoto: … questo aneddoto è troppo lungo per un’introduzione🤦‍♀️ Vuoi sapere come va a finire? Allora seguimi all’interno dell’articolo! Cosa trovi in questo articolo: C’è già un libro che parla di un’ingegnera Il mio processo di scelta di un libro in 3 semplici step Andare in una biblioteca o in una libreria Selezionare i libri che sembrano adatti Leggere i libri scelti con spirito critico Il caso studio di Eugenia l’ingegnosa Rafforza lo stereotipo per cui il fai-da-te sia un lavoro da uomini Non accoglie le emozioni Non usa i femminili professionali Ridicolizza le persone grasse Riflessioni finali C’è già un libro per bambini che parla di un’ingegnera Questa è stata la risposta della persona della casa editrice a cui ho raccontato la mia idea. È ovvio che non mi aspettavo di riuscire a trovare interesse al primo colpo ma questa risposta mi ha fatto davvero pensare ma soprattutto ridere 😂 Un libro. Un libro parla di un’ingegnera su quanti che parlano di Giuglio il coniglio? Della pimpa? Di principesse? Di pompieri? C’è bisogno di molti più libri che parlino di ingegnere, di muratrici, di surfiste. Le nostre bambine e i nostri bambini hanno bisogno di qualcosa di diverso dalle realtà standardizzate degli albi illustrati. Certo, ci sono sempre più libri validi. Ma la letteratura per l'infanzia tradizionale non si intacca con un libro qua e là. Il mio processo di scelta di un libro in 3 semplici step 1. Andare in una biblioteca o in una libreria Da quando nostro figlio è diventato un lettore seriale abbiamo cominciato a frequentare una biblioteca. Anzi due 😅 I motivi per cui ci servono due biblioteche sono tre: Evitiamo di spendere una fetta consistente del nostro salario in libri È più ecologico Partiamo da un set enorme di libri per l'infanzia, sono molto selettiva e faccio fatica a trovarne di idonei Anche le librerie vanno molto bene, eh! ⛔ Lo svantaggio è che in una libreria mi sento più a disagio a sfogliare 10-20 libri a volta e a far scorrazzare in giro un duenne. ✅ Il vantaggio di una libreria è che la proporzione di libri nuovi è molto più elevata e quindi anche la probabilità di trovare libri che rispecchino i miei criteri di selezione. 2. Selezionare i libri che sembrano adatti I miei criteri di selezione in realtà non sono molti: Niente discriminazioni Il minimo di stereotipi di genere Tanta realtà fino ai 5-6 anni Non devi seguirli alla lettera e puoi aggiungerne altri in base ai tuoi valori. Direi però che se sei qui dovresti prendere sul serio almeno le condizioni 1 e 2 😆 Ma come? Niente più principesse sul pisello? Niente più pompieri impavidi? È chiaro che puoi presentare anche i libri che rappresentano ruoli di genere stereotipati… Sì, l’ho scritto davvero 😅 L’importante è però intercalare con libri che presentino realtà diverse. Io stessa accetto i libri che “seleziona” il mio bambino… poi magari salto alcune parti se sono critiche o glieli leggo 1-3 volte anziché 10-30. Se la scelta è proprio scandalosa gli dico chiaramente che quel libro non mi piace e lo si riporta in biblioteca. 3. Leggere i libri scelti con spirito critico Devo ammettere che questa parte non è sempre banale, ma la maggior parte delle volte è semplice se: Sei presente mentre leggi Usi il tuo buon senso Hai uno spirito critico L’ideale sarebbe leggere i libri prima di presentarli a tua figlia. Ma se come me sei altamente carente di tempo libero, va bene anche se li leggi direttamente con lei. Riguardo all’essere presente, intendo non vagare con la mente mentre leggi. Tra l’altro… ... non trovi affascinante riuscire a leggere ad alta voce mentre si pensa a tutt’altro? O succede solo a me? 😳 Io cado spesso in questo tipo di multitasking ma cerco di migliorare. Ora uso la lettura di un libro a mio figlio anche come un esercizio di meditazione. Obbligo la mia mente a tornare sulla storia non appena mi accorgo che si è messa a vagare. Il buon senso ti aiuta a filtrare soprattutto i libri scandalosi, che per fortuna mi sembra siano sempre meno. A volte però il buon senso non basta, perché tante pratiche che discriminano sono davvero subdole e bisogna allenarsi per vederle. Qui l’unico antidoto è informarsi: ascoltare podcast leggere articoli, libri (magari puoi cominciare da Io dico no agli stereotipi) seguire sui social persone che parlano di questi temi guardare trasmissioni, film o serie TV che parlino di questi temi Lo scopo è aprire la mente e vedere queste discriminazioni che purtroppo sono ancora invisibili a tante persone, me compresa. Svilupperai sempre più il tuo spirito critico. Qui sotto ti do un esempio di come ho letto un libro che sembrava davvero perfetto. Il caso studio di Eugenia l’ingegnosa Lo leggo eh sì okay, rompe la mia condizione C. Tanta realtà fino ai 5-6 anni. Perché? Per via degli animali parlanti, ma perlomeno non sono vestiti. In casi come questo chiudo volentieri un occhio e continuo a leggere. La trama è davvero carina: una bimba che con il fratellino si mette in testa di voler raggiungere un’isola vicina, che per via della nebbia è quasi sempre invisibile. La protagonista è una bambina forte, proattiva, con spirito critico. Purtroppo però non posso consigliare questo libro nelle mie risorse 😢 Il libro sarebbe quasi perfetto, se non fosse per un paio di dettagli. Adesso ti racconto quali! Rafforza lo stereotipo per cui il fai-da-te sia un lavoro da uomini L’intento delle promotrici del libro è davvero ottimo perché il libro è pensato per combattere questo stereotipo. Ma lo fa ledendo il primo dei miei 20 consigli per educare alla parità: Senza spiegazioni da parte dell’autrice o dei genitori, è pericoloso scrivere in un libro per bambini cose come: ⛔ “Di solito il papà non presta mai i suoi attrezzi né a Nicola, perché troppo piccolo, e nemmeno a Eugenia, perché è una femmina!” Non importa se il papà alla fine cambia idea, una frase così rafforza un messaggio sbagliato. Quindi invece di leggere la frase sopra, potresti dire: ✅ “Di solito il papà non presta mai i suoi attrezzi né a Nicola né a Eugenia” Non accoglie le emozioni Lede così il sedicesimo dei miei 20 consigli per educare alla parità: Quando il fratellino si mette a piangere, Eugenia gli dice: ⛔ "Quando c’è un problema, non ci si mette a piangere: bisogna riflettere invece” Non sono d’accordo. Si può benissimo piangere e poi pensare ad una soluzione. Si va anche a rafforzare lo stereotipo per cui gli ingegneri siano delle persone sempre sul pezzo, razionali e senza emozioni. Quindi invece di leggere la frase alla lettera, potresti dire: ✅ “Quando c’è un problema bisogna riflettere” Non usa i femminili professionali È un libro su iniziativa di ingegnere e architette. Pensato proprio per mostrare che la loro professione è per tutte le persone. E non usa i femminili professionali? Ma così lede il mio quarto dei 20 consigli per educare alla parità! Eugenia nel libro dice infatti: ⛔ “Io pure ne ho uno, di segreto: voglio diventare ingegnere! [...]” Qui la modifica è fin troppo facile: ✅ “Io pure ne ho uno, di segreto: voglio diventare ingegnera! [...]” Purtroppo però l’ultimo punto che ti voglio citare non è facilmente censurabile… Ridicolizza le persone grasse Non ho ancora studiato abbastanza questo tema ma sono certa che presto farà parte della lista dei miei consigli per educare alla parità. Ho ancora molto da imparare e i miei articoli sono in costante aggiornamento. Okay, torniamo al personaggio del libro: Giangrosso “un tizio gigantesco”. Va bene, Giangrosso è un brillante inventore ed oltre che grasso è anche alto, una sorta di gigante intelligente. L’immagine qui sopra però somiglia pericolosamente ad una ridicolizzazione di un corpo grasso. A conferma di ciò che scrivono Chiara Meloni e Mara Mibelli in Belle di faccia. Tecniche per ribellarsi ad un mondo grassofobico: “Il corpo grasso, quando non viene cancellato completamente [...], è quasi sempre qualcosa di comico e ridicolo [...].” Ed è così vero. Facci caso. Che eroi grassi ti vengono in mente? Eroine poi, figuriamoci… Se fino a qui il libro con pochi accorgimenti era migliorabile, dall'apparizione di Giangrosso in avanti non c’è modo di salvare la situazione. Da un libro che tra i suoi obiettivi ha quello di far vedere che l’ingegneria e l’architettura sono dei mestieri bellissimi, che aiutano le persone ad incontrarsi… … beh, mi sarei aspettata di meglio. Puoi decidere di presentarlo comunque, il libro. Ma ti prego, da ora in avanti fai attenzione alla rappresentazione delle persone grasse nei media della tua bimba. La persona grassa c’è? È sempre quella cattiva o divertente? ... se vuoi aggiornarti riguardo alle storie per l'infanzia a cui sto lavorando! Riflessioni finali Il caso studio di Eugenia l’ingegnosa lo conferma: non è tutto oro ciò che luccica 🌟 Continua ad informarti su questi temi e coltiva il tuo spirito critico: hai la possibilità, oggi, di rendere il mondo un posto migliore da lasciare alla tua bimba. Un libro alla volta. Ah, e se hai letto fin qui e l’articolo ti è piaciuto mi aiuteresti molto anche solo cliccando sul cuoricino qui sotto. Te ne sono grata. Ciao e alla prossima,

  • Le donne non sono più portate degli uomini nel multitasking

    Ti aiuto a sradicare un altro stereotipo di genere e ti ripeto la regola numero uno per educarsi ed educare alla parità. L’altro giorno stavo seguendo un mini corso sulla gestione del tempo dove il relatore affermava: “Le donne in particolar modo, sono molto brave a fare multitasking perché riescono a fare più cose contemporaneamente. In realtà, non riescono a farle, semplicemente sono molto più brave di noi maschi a passare da un’attività all’altra.” Non so a te, ma a me una frase del genere non piace per più motivi, che ti racconterò in questo articolo. Era da tempo che pensavo di voler sfatare il mito delle donne come persone particolarmente predisposte al multitasking. Questo video mi ha spronato a farlo: ti va di smontare questo stereotipo assieme a me? Andiamo! Cosa trovi in questo articolo: Cosa vuol dire multitasking Che cosa si intende per multitasking quando si parla di gestione del tempo Perché le persone fanno del multitasking Perché non conviene fare del multitasking Il mito delle donne multitasker L’instaurarsi dei ruoli di genere La profezia che si autoavvera o effetto Pigmalione Una regola pratica per evitare di rafforzare gli stereotipi di genere quando si parla Riflessioni finali Cosa vuol dire multitasking Il termine informatico multitasking è traducibile in multiprocessualità. Okay, ricomincio. Il termine informatico multitasking significa “svolgere più attività contemporaneamente”. Va meglio? Quindi, il multitasking è l’apparente capacità dei computer di svolgere più processi contemporaneamente. Perché apparente? Perché sembra che il computer sia in grado di fare più cose contemporaneamente, in realtà le attività vengono svolte una alla volta. Il computer è capace di passare così velocemente da un'attività all’altra che sembra eseguire più attività contemporaneamente, come fare girare Word, Chrome e aggiornare la tua casella e-mail. Cosa c'entra tutto questo con la gestione del tempo e soprattutto con la parità di genere? Okay, facciamo un passo oltre. Che cosa si intende per multitasking quando si parla di gestione del tempo Una persona fa del multitasking quando fa più attività contemporaneamente. Chiudi un attimo gli occhi e immaginati qualcuno che fa multitasking. Io mi immagino una donna in cucina al telefono con un bebé in braccio… eh già nemmeno io sono immune agli stereotipi 😁 Beh, stereotipi o meno, quest’immagine si avvicina molto ad una scena che ho vissuto realmente: la mia amica del cuore che mentre mi parlava, allattava un neonato e imboccava un duenne. In quel frangente ho provato ammirazione per la mia amica; ho ammirato la scioltezza con cui stava gestendo quella situazione, che proprio io non ho. A pensarci bene, anche i miei picchi più elevati di multitasking sono stati raggiunti da neomamma, ma erano di un livello più base: tipo camminare mentre mio figlio dormiva ascoltando un audiolibro. Era un livello base perché il bimbo dormiva e camminare risulta abbastanza semplice anche se sto ascoltando un audiolibro 😅 Perché le persone fanno del multitasking In questo paragrafo ti racconto i due motivi principali per cui le persone tendono a fare del multitasking. 1. Si crede che facendo del multitasking si possa completare più cose nel tempo a disposizione. L’informazione dovrebbe essere finalmente arrivata a tanti: fare multitasking non è più produttivo. Se ti interessa sapere perché te ne parlo più giù. Si tratta comunque di una credenza dura a morire, ti racconto un breve aneddoto. 2. La tecnologia rende il multitasking più semplice e attraente. Questo punto è ancora più subdolo. Anche se sai che non dovresti fare del multitasking, hai la tentazione di farlo a causa della tecnologia. E allora capita che guardi Netflix controllando le E-mail. Lavori e ogni 7 min controlli il telefono. Oppure parli con tuo papà al telefono mentre svuoti la lavastoviglie o cucini. Se ci pensi già quest’ultimo esempio apparentemente innocuo non era possibile qualche decennio fa, quando i telefoni stavano in un posto fisso della casa e per giunta con la cornetta attaccata con un filo 😅 Io stessa qualche volta mi obbligo a lasciare il telefono o le cuffiette a casa quando vado a passeggio perché la tentazione di ascoltare un podcast mentre cammino è molto forte. Perché non conviene fare del multitasking Il motivo principale per cui dovresti cercare di ridurre al minimo i tuoi momenti di multitasking sono gli effetti negativi in termini di produttività e salute mentale. Siccome nessun cervello riesce a fare più cose alla volta, quando fai del multitasking in realtà stai continuamente passando da un’attività all’altra. Questo continuo saltare da un’attività all’altra ha un costo in termini di tempo e di energia mentale [1]. Mentre un computer riesce a ricominciare un’attività esattamente dove l’aveva lasciata senza perdere un secondo, noi esseri umani perdiamo sempre un po’ di tempo ed energia mentale per tornare a dove eravamo rimasti. Altri effetti negativi del multitasking te li lascio immaginare, lasciandoti questo aneddoto come spunto. Il mito delle donne multitasker Non è il primo uomo a sostenere che una donna è più capace nel multitasking. È una credenza davvero molto comune e la frase detta durante il corso dal formatore ne è una dimostrazione. Se te la fossi persa, te la riporto qui: “Le donne in particolar modo, sono molto brave a fare multitasking” Te la faccio breve. È stato dimostrato che le donne non sono più portate per il multitasking [2]. Ma allora perché generalmente crediamo che le donne siano meglio nel multitasking degli uomini? Secondo me, le ragioni principali sono due e te le racconto nei prossimi paragrafi. L’instaurarsi dei ruoli di genere Da sempre, le donne hanno generalmente avuto ruoli più diversificati rispetto agli uomini. Con l’entrare delle donne nel mondo del lavoro questa diversificazione è aumentata, aggiungendo il lavoro stipendiato al lavoro di cura di figli, di parenti bisognosi e della casa. Il compito degli uomini invece è sempre stato quello di “portatore di pagnotta”. Una grande responsabilità ma che per sua natura risulta essere più “uniforme”. La profezia che si autoavvera o effetto Pigmalione È difficile uscire dai ruoli di genere a causa del cosiddetto effetto Pigmalione. Pigma che? Aspetta, ti spiego. L’effetto Pigmalione è un meccanismo del nostro cervello per cui se io penso che tu abbia una certa caratteristica, ti tratterò secondo questa mia credenza e tu ti comporterai in maniera da soddisfarla. È un po’ contorto, lo so. Se ti interessi di genitorialità l’effetto Pigmalione è anche il motivo per cui è fortemente sconsigliato etichettare i propri bambini. È anche uno dei meccanismi per cui meno ragazze intraprendono percorsi scientifici. Le bambine spesso vengono meno stimolate su questo fronte perché si crede che non siano portate per le materie scientifiche. Quindi le bambine credono a loro volta di non essere brave e alla fine questo circolo vizioso le induce ad essere effettivamente meno forti. Quindi meno ragazze intraprendono percorsi scientifici. E il fatto che ci siano poche donne in certi ambiti rafforza lo stereotipo. Non se ne esce più 😱 Non è un caso se per esempio nei nostri politecnici ancora oggi le ingegnere meccaniche sono solo il 10-15%. È proprio a causa di questi meccanismi che gli stereotipi sono difficili da sradicare. Un po’ come quelle maledette erbacce che quando le strappi lasciano giù la radice 😣 Lo stereotipo della donna come un’eccellente multitasker non fa eccezione. Una regola pratica per evitare di rafforzare gli stereotipi di genere quando si parla Una frase come “Le donne in particolar modo, sono molto brave a fare multitasking” non va bene. Non va bene perché oltre che a sostenere il falso, va a rafforzare uno stereotipo di genere. Uno stereotipo che fa male alle donne aumentandone il carico mentale. È la prima di 20 regole che utilizzo per evitare di passare stereotipi a mio figlio: Sono pochissime le volte in cui è necessario usare queste parole. Vuoi un esempio fresco fresco? Ecco, a parte in casi come questo, evita frasi che attribuiscano delle caratteristiche ad un genere. Ti stai chiedendo se questa mia pratica sia una sorta di censura? Perché non puoi dire che il meccanico d’auto è un mestiere da uomini se questa è la verità? Perché non affermare che gli uomini non piangono se è vero che la maggior parte degli uomini non si vedono piangere? È vero, questa è la realtà in questo momento storico. Ma è la conseguenza di stereotipi di genere portati avanti di generazione in generazione. Se vuoi una società più libera e serena, se desideri il meglio per i tuoi figli, per favore, lasciali liberi di esprimere la loro personalità. Non inscatolarli appiccicandoci su delle etichette in base al loro genere. Non è facile, ma un passettino alla volta è fattibile. Riflessioni finali Se c’è qualcosa di fondamentale che devi ritenere da questo articolo è: Come ti sembra questa regola? Devi impegnarti molto per applicarla? Fammelo sapere con un commento o un messaggio 😊 Ah, e se hai letto fin qui e l’articolo ti è piaciuto mi aiuteresti molto anche solo cliccando sul cuoricino qui sotto. Te ne sono grata. Ciao e alla prossima, [1] Se vuoi saperne di più, nel libro Riconquista il tuo tempo Andrea Giuliodori dedica un intero capitolo al multitasking. Descrive il problema in maniera molto diretta e senza troppi giri di parole. ⇧ [2] Se vuoi saperne di più, lo studio di cui parlo è questo Hirsch P, Koch I, Karbach J (2019) Putting a stereotype to the test: The case of gender differences in multitasking costs in task-switching and dual-task situations. ⇧

  • Senso di colpa nei genitori durante il tempo libero

    Godersi del tempo per sé è possibile: ti racconto le strategie che mi tengono libera dai sensi di colpa Facciamo che dopo aver letto il mio articolo sulla ripartizione equa del tempo libero nella coppia hai capito quanto è importante dedicarsi del tempo libero in modo equo. Il problema è che non riesci a goderti quel tempo libero a causa dei tuoi sensi di colpa. Anzi il problema è che tu ti senti in colpa ancora prima di prenderti del tempo libero: ti senti in colpa solo all’idea di farlo. Cosa ne dici di ragionare un attimo assieme a me così da arrivare al momento in cui tu ti prenderai del tempo libero e te lo gusterai? Ti assicuro che è possibile. Cerchiamo di sbrogliare un po’ la matassa assieme? Cosa trovi in questo articolo: Che cos’è il senso di colpa Cosa provi quando prendi del tempo per te? Puoi vivere senza sentirti costantemente in colpa 8 semplici azioni per ridurre il senso di colpa quando prendi del tempo per te Da dove vengono i tuoi sensi di colpa? Riflessioni finali Che cos’è il senso di colpa Il senso di colpa lo percepisci quando pensi di star causando sofferenza a qualcuno. La provi quando agisci contro i tuoi valori e pensi che un tuo pensiero o una tua azione siano sbagliati. Ti faccio due esempi, giusto per capirci. Qualcuno ti invita per una cena stasera, a cui proprio non hai voglia di partecipare perché già ti immaginavi una serata tranquilla sul divano. Inventi una scusa per non andare alla cena e poi ti senti in colpa perché uno dei tuoi valori è l’onestà. Oppure finalmente decidi di spalmarti sul divano inerme a guardarti un paio di episodi della tua serie preferita su Netflix e ti senti in colpa perché pensi a tutte le cose che hai da fare. È chiaro che a volte il senso di colpa può essere utile perché ti impedisce di ripetere alcuni errori o perlomeno di correggere il tiro. Nel primo esempio, il senso di colpa potrebbe anche avere un senso: credo che molte persone abbiano l’onestà tra i propri valori e il senso di colpa per aver mentito a persone amiche potrebbe aiutarci ad imparare a dire di no con sincerità la prossima volta. Nel secondo esempio, ti direi che non c’è nulla di male nel godersi un po’ di svago ogni tanto. Ma se questo senso di colpa affiora in questa situazione quotidianamente, potrebbe essere un indizio da ascoltare. Magari dentro di te sai che quello non è il modo più utile per ricaricarti? Personalmente, mi è stato utile il senso di colpa che ho provato quando mio figlio aveva imparato improvvisamente a rotolare sulla pancia. Aveva oltrepassato la barriera di cuscini che gli avevo preparato ed era caduto a faccia in giù dal letto. Mi è servito a fare meglio ed evitare che qualcosa del genere potesse ricapitare 😬 Quindi, una certa dose di senso di colpa in determinate situazioni è utile e devi imparare ad ascoltarlo. Ma cosa succede quando il senso di colpa è un sentimento costante nella tua genitorialità? Quando solo l’idea di prenderti del tempo per te ti dilania? Cosa provi quando prendi del tempo per te? Anzi, cosa provi all’idea di prendere tempo libero per te? Ecco le risposte tipiche che ottengo quando parlo di pareggiare il tempo libero in famiglia. ♀︎ Da parte di donne: “Ti sfido a trovare del tempo libero per me” “Non mi godo il tempo libero quando me lo prendo” “Non mi sento legittimata a prendere del tempo libero perché non ho hobby” ♂︎ Da parte di uomini: “Ma se vado a fare una corsa sulla pausa di mezzogiorno quando sono al lavoro conta come tempo libero?” “Magari anche uscire a correre o fare sport è un bisogno primario, perché distende a beneficio della coppia…” La vedi la differenza? Sto generalizzando, non vale per tutte le persone del mondo. Quello che noto nella mia esperienza però è che: le donne tendono ad avere dei pensieri limitanti riguardo a prendersi del tempo per sé gli uomini non mettono in dubbio il loro spazio e anzi lo giustificano Rileggetevi questo articolo perché è fondamentale, vi farà fare un cambio di mentalità: è nel vostro interesse avere la stessa quantità di tempo libero, indipendentemente dalle vostre percentuali lavorative o dai vostri hobby. Puoi vivere senza sentirti costantemente in colpa Perché ti parlo di queste cose? Cosa mi legittima a farlo? Dopotutto non sono una psicologa, sono un’ingegnera meccanica con una passione per la crescita personale e i temi legati alla parità. Ci tengo a condividere la mia esperienza perché la trovo diversa rispetto a quella di molte persone nella mia situazione. Mentre ci sono un sacco di mamme lavoratrici dilaniate dai sensi di colpa, io sono qui, lavoro e sono mamma, e non sento un briciolo di colpa. Nemmeno se devo lasciare figlio e marito per andare via qualche notte per lavoro. Nemmeno quel sabato ogni tanto in cui lascio mio figlio ai nonni “solo” per andare a farmi un giro in montagna con mio marito. Ho riflettuto su cosa mi aiuta a vivere così serenamente questa situazione e lo condivido con te. Non perché devi vivere facendo le mie stesse cose; i tuoi valori e la tua situazione sono sicuramente diversi dalla mia. Ma voglio mostrarti che un’altra realtà è possibile, perchè non è vero che l’essere genitore debba per forza essere accompagnato da sensi di colpa. Specialmente l’essere madre. Vivere il tempo libero da genitori senza sentirsi in colpa si può. Credimi, se ce l’ho fatta io… La mia situazione di partenza riguardo ai sensi di colpa non era delle migliori, sono migliorata negli anni 😅 Quindi come vedi c’è modo di uscirne 😀 8 passi per ridurre il senso di colpa quando prendi del tempo per te Okay, bello mi dirai. Ma ora? Nella vita vera? Come faccio? È facile dire “non sentirti in colpa, prendersi del tempo per se è un diritto fondamentale”... ma i sensi di colpa, mica spariscono così, eh! Ti capisco. È un processo, ma un micro-passettino alla volta nella giusta direzione ci arriverai. Prendi consapevolezza che statisticamente le donne hanno meno tempo libero degli uomini. Vai a leggere i numeri [1]. È nel vostro interesse di famiglia che mira alla serenità bilanciare il tempo libero. Interiorizza il concetto che il tempo libero fa bene sotto molti aspetti: lo scrivono ovunque. Leggi ascolta, ascolta, rileggi. A furia di sentirlo rafforzerai la connessione cerebrale tra “benessere” e “tempo per me”. Questo paper è più adatto se vuoi leggere qualcosa di scientifico [2] altrimenti puoi ascoltati alcuni podcast a tema [3]. Implementa il metodo di tracciamento del tempo libero che ti descrivo in questo articolo. Da quando tracciamo il nostro tempo libero faccio molto più spesso una passeggiatina serale nel bosco perché so che tanto la traccerò. Non mi sento in colpa nei confronti di mio marito che in quel momento magari sta lavorando, cucinando o giocando con il nostro bimbo. Lui recupererà un’altra volta. Come effetto collaterale positivo per entrambi, ho smesso di portare rancore se lui si prende una giornata per andare a fare canyoning. Il problema sorge però, quando mi dici che non puoi implementare il metodo perché ti senti in colpa già solo all’idea di prenderti del tempo per te. Mi dici che non ti godrai il tempo libero per via del senso di colpa verso i tuoi affetti e/o tutte le cose che hai da fare a casa. Allora, facciamo qualche passo indietro. Parlane in coppia. Poni questa semplice domanda: ma tu ti senti in colpa quando ti prendi del tempo libero? Già questo scambio potrebbe esorcizzare un po’ il senso di colpa. Se così non fosse… …programma comunque del tempo per te 😁 Una quantità sostenibile. Anche io che parlo di tempo libero come se fosse la soluzione a tutti i mali in questo periodo della mia vita riesco ad avere al massimo circa 10 ore a settimana, 1.5 ore al giorno. Quindi, non partire organizzando il weekend alla spa. Spesso falliamo quando gli obiettivi fissati sono irrealistici. Parti in piccolo. Quando dico “tempo libero” io magari penso ad una passeggiatina nel bosco di 30-45 minuti a fine giornata. Mentre tu ti stai già immaginando un weekend al mare. Se aspetti il momento in cui potrai prendere e andartene al mare non va bene. Tu devi pensare a te adesso, ma più in piccolo. Prendersi del tempo senza sensi di colpa parte da più lontano, ovvero dal godersi una passeggiata fuori casa. Perché se pensi troppo in grande rischi di invischiarti nella mentalità del tutto o niente, del tipo: “eh ma 30 minuti non mi cambiano la vita non mi vale nemmeno la pena cambiarmi e uscire di casa” Invece sì. Ogni 30 minuti spesi così contano e ti faranno un bene enorme. Se vuoi essere efficiente al massimo io ti consiglio di programmare 30-45 min per te 2-3 volte a settimana per i prossimi tre mesi. Consideralo un periodo di prova, un esperimento. Ora, mantieni la promessa e prenditi il tempo che hai programmato per te. È fondamentale passare all’azione. Non puoi più venirmi a dire “eh ma io non mi prendo il tempo libero perché mi sento in colpa” senza aver preso 60 minuti per te almeno una volta nell’ultima settimana, ok? Se invece hai agito, ma ti senti comunque in colpa, allora potremo riparlarne 😉. Potrebbe però essere che tu a questo punto ti senta benissimo, senza sensi di colpa perchè quelli li senti solo prima dell’azione. Come la paura di tuffarsi in acqua da un po’ in alto. Esiti. Esiti. Esiti. Poi finalmente raccimoli un po’ di coraggio e… vai! Ti accorgi che non era poi chissà cosa e lo rifai altre 10 volte senza un minimo di paura. Se te lo stai chiedendo, questa sono io all’inizio del mio primo canyon. Ammetto che in questo caso è anche stato l’ultimo, forse l’asticella l’avevo piazzata un po’ troppo in alto 🤣 I sensi di colpa potrebbero essere spariti per due motivi: La difficoltà stava nel salto nell’ignoto, ora che ci sei stai bene. I passi preparatori 1-5 ti aiutano a elaborare la cosa, a prepararti sbarazzandoti dei pensieri limitanti. 7. Se invece ti sembra di non stare bene ragiona su cosa senti Soffermati su quella sensazione sgradevole che senti: cos’è? A volte quello che sembra senso di colpa magari è stress, per le mille cose da fare. Allora questo è un indizio che ti porta a migliorare questo aspetto, a cercare una soluzione per ridurre il carico. Oppure magari è ansia, per esempio che capiti qualcosa di brutto a te o ai tuoi bimbi mentre sei via. Questo ti indicherebbe che c’è da lavorare sulla tua ansia. O invece quello che senti è proprio senso di colpa? “Per i bambini coi quali non stai passando del tempo per scelta” “Per tua moglie che poverina sta tutto il giorno in casa con i bambini” “Per tuo marito che a causa di questa passeggiata si deve smazzare i bimbi dopo la sua giornata di lavoro” “Nei confronti della tua famiglia per aver lasciato la casa incasinata prima di uscire” “Per non stare usando il tempo come dovresti” … La lista sarebbe lunghissima, condividi i tuoi sensi di colpa lasciando un commento qui sotto in fondo al post 👇 8. Complimenti! Hai speso del tempo per te. E hai scoperto che sì, quello che provi è proprio senso di colpa. Visto che sei un osso duro, per te c’è il prossimo livello, che ti svelo nel prossimo paragrafo. Da dove vengono i tuoi sensi di colpa? Allora, se hai fatto tutti gli 8 passi descritti nel paragrafo precedente, è possibile che tu ti senta già meno in colpa. In più come ti dicevo, un po’ di senso di colpa qui e là non è nocivo, anzi. Ma se questa sensazione emerge ogni volta che ti prendi del tempo per te potrebbe essere che devi cercare l’origine del tuo senso di colpa. Puoi farti aiutare da delle figure professionali in questo esercizio, ma mettiamo caso che a questo punto vuoi ancora provare a tirartene fuori per conto tuo. Io ti consiglio di prendere carta e penna e fare una lista dei sensi di colpa che affiorano prima o mentre ti stai svagando. Probabilmente dovrai usare i prossimi 30 minuti di tempo libero in programma per fare questo esercizio. Ora che hai la lista, per ogni senso di colpa chiediti perché almeno tre volte di seguito con tutta la sincerità di cui sei capace. Ecco un esempio reale che mi riguarda: Ed ecco i perché che potrei pormi: Vedi quello che succede? Cominciano ad affiorare i dovrei e quelle che sono le aspettative sociali: I genitori ideali dovrebbero stare con il loro figlio il giorno del suo compleanno I genitori dovrebbero festeggiare un giorno felice come quello del compleanno del loro figlio L’amore dei genitori è proporzionale al numero di decorazioni messe in scena quel giorno … Può essere che questa immagine di genitore ideale sia in linea con i tuoi valori. Ma nel mio caso no, non combaciavano. I valori erano quelli esterni imposti dalla società e inoltre non corrispondevano con i nostri bisogni del momento. Cosa è meglio per il bambino il giorno del suo compleanno? Due genitori esausti e nervosetti che gonfiano palloncini e applaudono ogni due per tre o due genitori felici per essersi dedicati del tempo con tanta voglia di riabbracciarlo in serata? Sia chiaro: era anche una situazione di emergenza. Necessitavamo proprio di avere un po’ di svago di coppia e non avevo scelto apposta il giorno del compleanno. Comunque ricordo che quel sabato non avevamo lasciato il bimbo con la suocera ma avevamo poi chiesto per la domenica ai miei genitori. Non per i sensi di colpa ma per evitare discussioni con la suocera 😉 Quindi, dalle mie risposte risulta chiaro che il senso di colpa era legato a delle motivazioni che non sentivo mie. Mettiamo invece che le tue risposte sono qualcosa come “un genitore dovrebbe voler passare il più tempo possibile con i propri cari”. Ci credi proprio in questa frase, perché è in linea con i tuoi valori e le tue priorità. Questo potrebbe essere un indizio che devi scendere a compromessi, abbassare l’asticella. La figura di genitore ideale che hai in testa non è sostenibile nel lungo periodo. Riflessioni finali Se hai letto fino qui io ti sono grata per il tempo che mi hai dedicato. Probabilmente si tratta di un argomento che risuona in te. Se c’è qualcosa di fondamentale che devi ritenere da questo articolo è: Magari ti stai chiedendo cosa c'entra tutto questo con l’educare alla parità di genere? Statisticamente le donne hanno meno tempo libero degli uomini. Inoltre, le donne provano più senso di colpa degli uomini. Non penso che sia un caso. Ha molto a che fare con le aspettative riposte nel ruolo della donna come madre accudente sempre disponibile per tutti e responsabile unica della cura della casa. Altrimenti perché sarebbero le donne a sacrificare di più il loro tempo e a sentirsi in colpa se lo fanno? Anche per un uomo è molto importante essere consapevole di queste dinamiche per evitare di prendersi troppo spazio calpestando i bisogni altrui. Il clima negativo in casa correla con i bisogni non soddisfatti dei suoi membri. L’hai notato? Educare alla parità di genere passa prima di tutto dall’educarsi alla parità di genere. È importante bilanciare la questione del tempo libero in casa, capire che i genitori sono una squadra che funziona al meglio solo se tutti stanno bene. Anche questo ti aiuta a sradicare stereotipi ed evitare che mettano radici nei tuoi bambini. Ah, e se hai letto fin qui e l’articolo ti è piaciuto mi aiuteresti molto anche solo cliccando sul cuoricino qui sotto. Te ne sono grata. Ciao e alla prossima, [1] Produzione editoriale Istat: i tempi della vita quotidiana. Lavoro, conciliazione, parità di genere e benessere soggettivo. Per dati in Svizzera leggi questo comunicato stampa dell’ufficio federale di statistica per quel che riguarda la realtà Svizzera. ⇧ [2] Having Too Little or Too Much Time Is Linked to Lower Subjective Well-Being con Marissa A. Sharif come prima autrice, Journal of Personality and Social Psychology, 2021. ⇧ [3] Podcast L’una e l’altra de Il Messaggero: Mamme liberatevi dai sensi di colpa, pensare a sé stesse fa bene. Podcast Healthy Busy Life di Francesca Dean: Ep.10 Ecco perché il self care non è egoista. Podcast Mamma Superhero di Silvia D’amico: Ep. 74 Mamma, non scordarti di te - intervista a Francesca Dean. ⇧

  • 6 buoni motivi per usare i femminili professionali quando parli con i tuoi bambini

    Cosa si intende per femminili professionali? Perché sarebbe una buona scelta usarli nel parlato? «Come si chiama una donna ingegnere?» «Ingegnera». Ti suona male, ti fa ridere? O addirittura pensi che «ingegnera» sia sbagliato, che «ingegnere» al femminile resta «ingegnere»? Perfino il correttore automatico mi chiede se son proprio sicura di voler scrivere «ingegnera» … Hai mai riflettuto su questa cosa? Se non lo hai mai fatto, non preoccuparti, io che sono un’ingegnera meccanica ho cominciato a rifletterci a 30 anni suonati 😁. E fino a quel punto mi dicevo un ingegnere meccanico senza troppi problemi. Di sicuro «ingegnere» mi suonava più rispettabile di «ingegnera». Se invece ci hai già riflettuto, probabilmente avrai un’opinione al riguardo. La cosa che mi sorprende, è che su questa cosa tutti abbiano un’opinione. In realtà, è solo questione di applicare la grammatica italiana. In quanti altri casi abbiamo un’opinione sulla grammatica italiana? In questo articolo ti racconto dei femminili professionali e ti darò 6 buoni motivi per cominciare ad usarli oggi. Cosa trovi in questo articolo: Cosa si intende per femminili professionali L’importanza nella lingua nell’educazione La mia transizione da ingegnere a ingegnera 6 buoni motivi per usare i femminili professionali con i tuoi bambini Come declinare le professioni al femminile Femminili professionali: le mie riflessioni finali Cosa si intende per femminili professionali Con l’espressione femminili professionali intendo la declinazione al femminile delle professioni. Per esempio: agricoltore che al femminile fa agricoltrice architetto che fa architetta fisioterapista che resta fisioterapista Il discorso si può estendere alle cariche: presidente che al femminile resta presidente sindaco che diventa sindaca deputato che fa deputata Ti è già venuto il nervoso a sentire questi termini? Se così fosse, ti prego di tenere duro, okay? C’è dell’altro. L’importanza nella lingua nell’educazione Il linguaggio influenza il nostro modo di: vedere il mondo pensare comportarci E non lo dico io, ma una schiera di persone che studiano il nesso tra linguaggio e psicologia come per esempio lo psicolinguista Pascal Gygax. La lingua è uno degli strumenti più potenti che abbiamo a disposizione per educarci ed educare alla parità. C’è gente là fuori che pensa che piccoli gesti non bastano per abbattere le disparità di genere. Anche tu magari stai pensando che non cambierà nulla mettere una “a” al posto di una “e” per declinare al femminile «ingegnere». Io penso invece che usare la lingua italiana in maniera consapevole per sradicare stereotipi è come mettere in moto tante gocce d’acqua che a lungo andare solcheranno la roccia. Ci vuole sicuramente più tempo e pazienza ma sarà qualcosa che funzionerà a lungo termine e coinvolgerà più persone. “Le parole che utilizziamo possono avere un impatto straordinario non solo sulle nostre vite individuali, ma anche su quelle collettive.” Gianrico Carofiglio La mia transizione da «ingegnere» a «ingegnera» Che sia chiaro: non parlo di queste cose in quanto esperta dell’argomento. Sono un essere umano perfettibile che sta facendo un viaggio per riconoscere e lavorare sui propri stereotipi, raccolti lungo una vita. Ti racconto come è iniziata la mia transizione da «ingegnere» a «ingegnera»: Il processo di metamorfosi era appena cominciato. Da lì in poi mi sono informata molto, leggendo libri come Femminili singolari della sociolinguista Vera Gheno. Non dico che sia stato facile, ancora di recente mi è capitato di rispondere «ingegnere meccanico» alla domanda «Qual è la tua professione?». Mi succede quando sono sotto stress o colta di sorpresa, quando devo rispondere in fretta. È una cosa super interessante se ci pensi. In psicologia, il tempo di risposta correla con la facilità che il cervello ha a dare una risposta: tanto più impieghi a rispondere, tanto più quella risposta ti è difficile. È un po’ come se ti chiedessi di dire «blu» tutte le volte che vedi qualcosa di rosso. Ce la puoi fare, ma il tuo cervello farà più fatica, e facendo più fatica impiegherà anche più tempo a rispondere. E se devi rispondere in fretta, è più probabile che “sbaglierai” dicendo «rosso» quando vedi qualcosa di rosso. Ancora adesso, nonostante la consapevolezza e alcuni anni di pratica, la risposta che mi viene più facile è «ingegnere». 6 buoni motivi per usare i femminili professionali con i tuoi bambini Ascoltando il mio bambino di 2.5 anni, ho notato quanto lui applichi la grammatica in maniera intuitiva. Nei giochi di ruolo mi chiama capacantiera, dice di essere entusiato e una volta l’ho anche sentito dire maschia, ovvero «femmina». Per i bambini non è difficile o strano sentire «ingegnera», «architetta», «minatrice» o «meccanica d’auto». Quindi la buona notizia è che ai bambini viene naturale e non dovrai fare nessuna opera di convincimento. 6 buoni motivi per usare i femminili professionali quando parli con i tuoi bambini: 1. È grammaticalmente corretto I tuoi figli eviteranno così di trovarsi a dover riprogrammare il loro cervello in età adulta come stiamo facendo noi ora. Se ti preoccupa la decadenza della lingua italiana ti assicuro, i femminili professionali non sono dei neologismi. Sono previsti dalla lingua italiana, suonano strano al tuo orecchio solo e soltanto perché forse in vita tua non avevi ancora mai incontrato o sentito parlare di una «minatrice» o di un’«ingegnera meccanica», ok? 2. Eviti di confonderli La lingua italiana è già abbastanza complessa. Che ne dici di aiutare i tuoi bimbi evitando di aggiungere eccezioni? Se dici «cassiere» e «cassiera» potresti dire anche «ingegnere» e «ingegnera». 3. Dai più possibilità di scelta ai tuoi figli fornendogli una rappresentazione più variegata dei mestieri. Immagino che ci tieni che i tuoi figli possano aspirare a diventare ciò che vogliono. Beh, sii consapevole che le tue figlie saranno meno portate a studiare ingegneria o i tuoi figli meno portati a diventare infermieri se vivono in una società che non declina al femminile o al maschile certe professioni. Ci sono studi scientifici che lo dimostrano descritti in questo libro. Dice bene Vera Gheno in Femminili singolari. “Succede che ciò che non viene nominato tende a essere meno visibile agli occhi delle persone.” Capisci? Non gli diciamo esplicitamente “non puoi fare l’ingegnera” ma trattando quella professione unicamente al maschile è come se non gli stessimo mettendo quella tra le possibili opzioni. Ad oggi, solo il 12-15% di chi studia ingegneria meccanica nei politecnici alle nostre latitudini è donna. Non è che le donne siano meno portate all'ingegneria meccanica, sono portate a crederlo. A partire dalla bambola regalata anziché la macchinina. 4. Aiuterai a rendere il mondo più prospero e sostenibile. Come? Aumentando la probabilità che i tuoi figli scelgano un percorso professionale senza seguire lo stereotipo professionale corrente. Così facendo si ridurrà la carenza di manodopera nei settori segregati per genere. 5. L’unico modo per rimuovere il senso ridicolo o ironico di certe parole è usarle Ho già sentito di architette che non vogliono farsi chiamare «architetta» perché fa pensare alla tetta… ma nessuno mette in dubbio l’utilizzo della parola «cazzuola». Devo citare di nuovo Vera Gheno in Potere alle Parole: “Le forme femminili [delle professioni] sono definite da molti «cacofoniche», «abomini»[...]. Io dico: e se fossero soprattutto insolite? Linguisticamente non sono certo errate o non previste dal sistema. E la bruttezza non è un concetto linguistico.” Ripeto: la bruttezza non è un concetto linguistico. D’accordo? Per il mio bimbo ho inventato storie che parlano di un’ingegnera e per lui «ingegnera» è una parola come un’altra. 6. Eviti che i tuoi figli da adulti sprechino tempo ed energia discutendo di questi temi Come declinare le professioni al femminile Allora, se ci pensi, tanti femminili professionali riusciresti a formarli applicando la grammatica in maniera intuitiva, come fanno i bambini. Un’altro strumento molto utile sono i dizionari, che riportano l’informazione riguardo alla declinazione femminile. Nel dubbio, ti lascio qui uno schema semplificato con il quale puoi cavartela nella maggior parte dei casi sostantivi di genere mobile ovvero quei nomi che al femminile cambiano attraverso una desinenza -o → -a: informatica, avvocata [1], architetta -aio → -aia: libraia, calzolaia, notaia -ario → -aria: bibliotecaria, segretaria, primaria -iere → -iera: cassiera, infermiera, ingegnera -sore → -sora: incisora, revisora, supervisora -tore → -trice: tatuatrice, agricoltrice, muratrice sostantivi di genere comune o epiceni ovvero quei nomi che al maschile e al femminile restano uguali, cambia solo l’articolo il docente → la docente il fisioterapista → la fisioterapista il presidente → la presidente Femminili professionali: le mie riflessioni finali Uao, se hai letto l’articolo fino qui volevo ringraziarti di cuore per l’impegno. Parliamoci chiaro, non è il tema più interessante del mondo. Ti ho mostrato come per mezza vita ho contribuito nel mio piccolo a rafforzare la disparità di genere. Il messaggio è che anche tu, da oggi, puoi contribuire a rendere più giusto questo mondo, evitando di rafforzare le differenze di genere a partire da quando i tuoi bimbi sono piccoli. Ogni piccolo passo nella giusta direzione conta, okay? La scelta è tua. Fammi sapere qui sotto in quale stadio della metamorfosi ti trovi, sono troppo curiosa di saperlo! Ah, e se hai letto fin qui e l’articolo ti è piaciuto mi aiuteresti molto anche solo cliccando sul cuoricino qui sotto. Te ne sono grata. Ciao e alla prossima, [1] Qui potrebbe venire il dubbio: «avvocata» o «avvocatessa»? In questo caso il consiglio è quello di mantenere in -essa le forme che si sono stabilite nel tempo, tipo «dottoressa» o «professoressa». Ma altrimenti di predilire la desinenza in -a anziché -essa, quindi meglio «l’avvocata» o «la presidente». ⇧

  • Come affrontare in coppia il rientro al lavoro dopo la maternità

    Come ho minimizzato le mie ansie e le mie paure legate al rientro al lavoro dopo il congedo maternità assieme a mio marito. Quello che mi piace particolarmente di questo articolo è che a differenza di altri che ho letto sul tema dà consigli pratici e non banali. Perché è facile dire “stop al senso di colpa” ma… Come si fa? Nella vita vera, intendo. Facile dire “non aver paura di chiedere aiuto” o “impara a delegare”. È meno facile dare gli strumenti per sentirsi di farlo davvero. Inoltre, questo articolo cerca di portarti a pensare fuori dagli schemi. A volte prendi decisioni credendo di aver scelto per poi renderti conto che di scelta non ne avevi affatto. Questo articolo ti aiuta ad ampliare il ventaglio delle tue opzioni in fatto di rientro al lavoro dopo la maternità. In pratica sarà un esercizio di stretching mentale, che ne dici? Buona lettura! Cosa trovi in questo articolo: Rientro al lavoro dopo la maternità: apri la tua mente per accogliere ogni possibilità Come sarà il vostro assetto famigliare ideale dopo il congedo maternità Organizzazione familiare dopo la nascita di un figlio: metti in dubbio le tue decisioni Come sarà il vostro assetto famigliare reale dopo il congedo maternità A chi lasciare il bambino una volta chiarito l’assetto familiare dopo il congedo maternità Chicca numero uno: non lasciarti ingannare dal costo della cura del bimbo Chicca numero due: considera l’opzione di un/a giovane alla pari Chicca numero tre: baratta la cura dei figli con amici Come affrontare il momento del rientro al lavoro dopo la maternità 4 cose che mi hanno aiutato molto a vivere bene il mio rientro al lavoro dopo la maternità Cosa fare dopo aver ripreso a lavorare Riassumendo: i miei 10 consigli per un rientro sereno al lavoro dopo il congedo maternità Rientro al lavoro dopo la maternità: apri la tua mente per accogliere ogni possibilità Non lo ripeterò mai a sufficienza: ogni persona e situazione è così diversa che non esistono ricette universali. È però possibile che tu abbia a disposizione un numero di opzioni limitate a causa di gabbie mentali acquisite dalla società in cui vivi. Cosa è una gabbia mentale? Ti faccio un esempio. “Mi piacerebbe scrivere un libro ma non lo faccio perché è già stato scritto tutto.” Quante volte mi sono ripetuta questa frase! Ma sai che c’è? Se tutti la pensassero come me staremmo ancora qui a leggere la Divina Commedia. Ti faccio un altro esempio legato al tema che affrontiamo oggi: Prima di mettermi a scrivere questo articolo sono volutamente andata a leggere nei forum domande tipo: “non so se lasciare il lavoro, ho due figlie piccole e non ce la faccio a stare dietro a tutto e a tutti”. Domande che ricevono centinaia di risposte: i figli sono piccoli una volta sola e quindi sì, assolutamente lasciare il lavoro modificare l’orario di lavoro in modo che possa essere più favorevole non lasciare il lavoro con i tempi che corrono sfruttare l’home office chiedere un part-time … Tu cosa avresti consigliato, così su due piedi? A me la cosa che sciocca ogni volta è che nella stragrande maggioranza dei commenti, il marito è come se non esistesse. È come se, generalmente, l’opzione compagno non ci sia proprio: si dà per scontato che lui lavori al 100% e … Puff 💥 … sparisce dalla discussione. Ma dev’essere davvero così? No: discutere e affrontare il rientro al lavoro dopo un congedo maternità va fatto in due. Come sarà il vostro assetto famigliare ideale dopo il congedo maternità Sicuramente già prima di restare incinti o perlomeno durante la gravidanza avrai pensato a cosa fare con il tuo lavoro e a come sarà il vostro assetto familiare ideale dopo il congedo maternità. Alcune persone hanno in chiaro che vorranno smettere, altre che vorranno o dovranno assolutamente continuare a lavorare, altre pensano di rientrare part-time e così via. Noi per esempio sapevamo che entrambi avremmo voluto lavorare part-time. Prova a fare questo semplice esercizio pratico davvero efficace: Chiediti perché pensi di rientrare al lavoro o perché lavori o, al contrario, perché hai deciso di rimanere a casa al 100%. Per ogni risposta chiediti perché almeno altre 3 volte, o fino a che la risposta ti sembra convincente. Eh? Aspetta, ti faccio un esempio. Perché lavoro? Lavoro per molti altri motivi importanti: anche quello di dare un esempio di genitorialità paritaria a mio figlio, sapendo quanto presto cominciano a radicarsi i primi stereotipi nei bambini. Più è lunga la tua lista, tanto meglio. Una volta chiariti i tuoi perché, avrai più in chiaro quale sarebbe la tua percentuale di lavoro ideale. In pratica ti aiuterà a trovare il bilanciamento giusto per te tra: figli casa lavoro come fonte di guadagno lavoro come fonte di realizzazione personale Mi spiego meglio con due esempi: Se lavori esclusivamente per i soldi, il tuo ideale sarà quello di lavorare “quanto basta per sbarcare il lunario” ovvero il minimo indispensabile. Margari invece vuoi lavorare perché il tuo lavoro ti piace e ti realizza. Allora magari vorrai lavorare il più possibile e dovrai comunque trovare il giusto compromesso. Per quanto tu possa amare il tuo lavoro, la tua coscienza di genitore non ti permetterà di lavorare 12 ore al giorno 7/7 per passione, o mi sbaglio? Organizzazione familiare dopo la nascita di un figlio: metti in dubbio le tue decisioni Lo strumento dei perché ti può anche aiutare a trovare degli errori di ragionamento. Come? Ad esempio potresti chiederti: «Perché ho deciso di rimanere a casa fino a che il bimbo andrà a scuola?» Ci sono molte risposte possibili, vediamone una per vedere cosa potrebbe succedere: «Perché non ce la farei a fare tutto tra bimbi, casa e lavoro.» «Perché non ce la farei a fare tutto tra bimbi, casa e lavoro?» «Perché non ci starei dentro a livello di tempo, è umanamente impossibile! Se facessi tutto io vivrei una vita stressante con una crisi di nervi all’ora. Avrei bisogno di aiuto.» TA-DAAA! Ora devi ricominciare daccapo! Perché? Perché scusami se te lo dico ma “ho deciso di non lavorare perché senza aiuti non riuscirei a gestire casa famiglia e lavoro” non mi sembra un buon perché. Un perché che ti convince della tua scelta. Capisci quello che intendo? Bisognerebbe andare a snocciolare sul perché devi fare tutto senza aiuti e magari troveresti una soluzione. Ahhh il potere del brainstorming! Come sarà il vostro assetto famigliare reale dopo il congedo maternità Se avete deciso serenamente di non cambiare nulla lavorativamente parlando rispetto a prima della gravidanza allora passate pure al prossimo paragrafo. Mentre se vuoi cambiare qualcosa sul lavoro, dovrai discuterne al lavoro. Se già stai pensando a cose come: non accetterà mai il mio lavoro si può fare solo al 100% lavorerò al 100% ma sarò pagato all’80% …. Stop, smetti di pensare! È inutile preoccuparsi. Questi sono pensieri limitanti, le famose gabbie mentali. Prima chiedi, non è detto che ti venga detto no. Poi inizi a lavorare. Poi vedi come va. Se non va, ci sarà modo di trovare soluzioni. 7 argomenti utili quando devi chiedere un part-time: Se ti piace il lavoro, sottolinealo al momento della discussione. Se dall’inizio vige scetticismo, mettilo sul fare una prova: se le cose non funzionano, si torna al lavoro a tempo pieno (e tu cominci a guardarti in giro per posti di lavoro che permettano il part-time 😉). Dì che lavorare part-time ti renderà un/a dipendente migliore perché il senso di gratitudine e pace che proverai per poter conciliare al meglio famiglia e lavoro ti motiverà. Proponi soluzioni di job sharing. Se il part-time proprio non funziona a lungo termine, prova a vedere cosa succede proponendo di farlo solo per un periodo: un mese, sei mesi, un anno, … Magari ci si accorgerà che la ditta non è fallita e si sarà più aperti a concedertelo per più tempo. Se proprio il part-time è impossibile e se ti sembra applicabile: verti sul telelavoro, almeno parzialmente. Se anche il telelavoro non sembra applicabile prova a vedere, se applicabile, cosa succede se proponi di lavorare il sabato o la domenica, almeno per un periodo: ci hai mai pensato? Metti che il tuo sia un ambito in cui questo è possibile o addirittura necessario: potrebbe tornarvi comodo fintanto che i bimbi sono piccoli. Così un partner lavora in settimana, l’altro un po’ al weekend e un po’ in settimana e restate scoperti “solo” 3 giorni a settimana anziché 5. Poi però dovrete mettere in atto un piano serio per il vostro tempo libero in coppia 😉. Una volta chiarito chi lavora quanti giorni e quando, saprete quanti giorni sarete scoperti con la cura del bimbo. A chi lasciare il bambino una volta chiarito l’assetto familiare dopo il congedo maternità Ora, bisognerà vedere a chi lasciare il bambino durante la vostra assenza. Non mi soffermo sui consigli scandalosamente banali [1] tipo: scegliere con attenzione le persone cui delegare la cura del piccolo e/o di chiedere di conoscere le educatrici del nido Scusa, ma chi è che sceglierebbe a caso a chi lasciare il figlio? Cominciare con l’allontanarsi per poco tempo al giorno, prima del rientro vero e proprio al lavoro Direi che ci arrivi senza che qualcuno te lo debba dire. Giusto? Cominciamo a vedere a chi potresti lasciare i figli quando siete al lavoro: asilo nido baby sitter nonni o altri parenti amici con figli della stessa età un/a giovane alla pari Ora ti svelo qualche chicca 🍬 1. Non lasciarti ingannare dal costo della cura del bimbo Ovvero non lasciarti ingannare dal pensiero “vado a lavorare per pagare l’asilo nido”... … o per pagare baby sitter o giovani alla pari. Hai mai tirato in ballo questi argomento? Sì? Presta attenzione perché adesso te lo smonto 😉. ⚠︎ A chi lasciare i bimbi è una scelta personale che ogni famiglia deve affrontare per sé in base ai propri valori e possibilità. Ma se l’unico argomento per non tornare al lavoro è il costo della cura dei figli mentre siete via, allora ci potrebbe essere una falla di ragionamento. Mettiamo caso che avete deciso che solo un genitore lavora perché, in assenza di nonni o altri privilegi, delegare la cura del figlio costerebbe troppo. Quello che ti dici è che “non vale la pena di andare a lavorare per pagare il nido”. In questo caso, guadagnereste X. Ora, mettiamo invece che entrambi andate a lavorare e pagate per la cura dei bimbi. Il vostro guadagno sarà: A livello puramente finanziario, fino a che Y è più grande o uguale a X, sarà vantaggioso o indifferente che voi lasciate i figli al nido o a chi per esso. Ci sei? Ora pensa ai benefici di questo secondo caso. Entrambi avete la possibilità di: restare con un piede nel mondo del lavoro continuare a formarvi restare ai passi con i tempi uscire di casa e parlare con degli adulti prendere una pausa dai bimbi non passare lo stereotipo donna = casalinga ai bimbi … Senza che ciò incida sul vostro budget. Ripeto: questo se l’unico argomento è quello finanziario. Se invece, nonostante questi ragionamenti l’idea di lasciare i figli al nido ti mette a disagio, allora l’argomento alla base è un altro. Forse dai molto più valore al crescere di persona i tuoi figli rispetto ai benefici che ti ho elencato qui sopra. E va bene così, finché ogni componente della famiglia sia in pace con questa scelta. 2. considera l’opzione di un/a giovane alla pari Giovani alla pari: questa opzione non mi era mai passata per la testa visto che non avevamo l’urgenza di delegare la cura dei figli fuori dalla famiglia. Questo perché entrambi abbiamo scelto di lavorare part-time e abbiamo i nonni vicini. Di recente però abbiamo fatto uno scambio casa con una famiglia vicino a Parigi, che aveva ospitato una giovane alla pari e ho avuto subito un’illuminazione. Trovo che sia un’opzione ad alto potenziale. Non è sicuramente banale lasciare alcuni privilegi tipo la privacy, visto che la persona è ospitata in famiglia. Ma una giovane persona alla pari dà anche un colpo di mano in casa e può aiutare ad esporre i figli a lingue e culture diverse. Sempre che quest’ultimo punto sia una cosa a cui tu dai valore. Tu l’hai mai provato? Condividi la tua esperienza nei commenti qui sotto o scrivimi un messaggio, mi farebbe piacere! 3. baratta la cura dei figli con amici Mettiamo caso che non hai la fortuna di avere dei nonni vicino a casa e che ogni tipo di cura dei vostri figli incide negativamente sul vostro budget. Ciò non toglie però che magari vuoi restare con un piede nel mondo del lavoro, almeno parzialmente. Oppure, che hai bisogno un po’ di tempo per te o per la coppia. Hai mai pensato di metterti d’accordo con amici con figli con i tuoi stessi bisogni? Io la trovo un’idea fantastica! Prendendo un caso statisticamente più probabile: due mamme casalinghe potrebbero mettersi d’accordo così bene da poter lavorare al 50% senza nessun costo di cura dei bimbi. Ci avevi mai pensato? L’hai già provato? Fammi sapere nei commenti in fondo a questo post che sono curiosa! Ora che hai ricevuto abbastanza elementi per considerare a chi lasciare i figli mentre siete al lavoro, possiamo vedere come affrontare il momento del rientro vero e proprio. Come affrontare il momento del rientro al lavoro dopo il congedo maternità Ci sei. Se hai seguito tutti i passi precedenti ora avrai già una bella dose di ansia e sensi di colpa in meno perché avrai valutato tutte le opzioni e hai bene in mente i tuoi perché. Non trovi? Comunque, anche se rientrare al lavoro è stata una scelta consapevole, ora ti trovi alla vigilia di una situazione nuova. È dunque normale provare ancora un po’ quell’ansietta da “non so come andrà”. L’ansia a questo punto dovrebbe però essere legata a cose più pratiche, che sono anche quelle più facili da risolvere. Le mie tre paure più grandi per esempio erano: Mio figlio farà delle crisi di pianto lunghissime e non smetterà fino al mio rientro dal lavoro Sarò al lavoro in pena per mio figlio, non riuscirò a concentrarmi Mio figlio morirà di fame (ha rifiutato il biberon fino al giorno del mio rientro) Le tue quali sono? 4 cose che mi hanno aiutato molto a vivere bene il mio rientro al lavoro dopo la maternità: La presenza di mio marito Per un mese mio marito era a casa ad accudire il piccolo mentre io mi riabituavo alla vita lavorativa, lontana dal bimbo. Consideralo, che sia per una settimana, due o tre. È un aiuto pazzesco: sia per il genitore che rientra che per i piccoli. Il piccolo è in mani più che familiari e resta nel suo ambiente e il genitore che rientra va più tranquillo al lavoro. Infatti, inaspettatamente, io mi sono sentita subito motivata e concentrata sul lavoro. Avevo un focus enorme. Sapevo di avere un tempo limitato a causa del part-time e del tempo per tirare il latte e questo mi ha resa una lavoratrice estremamente efficace. Se sai perché sei al lavoro e se hai modo di abituarti alla nuova vita lasciando il bimbo a casa sua con l’altro genitore, vedrai che non sarai al lavoro col pensiero costante del bambino. Come purtroppo si scrive in molti articoli su questo tema là fuori… La vicinanza geografica col luogo di cura del piccolo Inutile spendere troppe parole su questo punto così semplice: sapere di poter ritornare in fretta in caso di necessità ti lascia la mente libera da preoccupazioni e lavorerai con più concentrazione. Telelavoro Oltre alla questione della vicinanza geografica, che potrebbe essere maggiore in caso di telelavoro, l’altro vantaggio è il risparmio di tempo. In che senso? Nel senso che i 30-90 min che spendi per recarti al lavoro e rientrare saranno a disposizione per passare più tempo con il tuo bimbo o per fare qualcosa per te, tipo una passeggiata, leggere un libro o riposare. Recarmi al lavoro in bicicletta (elettrica) Sì, l’ho scritto davvero su un articolo che parla di rientro al lavoro dopo un congedo maternità 😅 Non chiudere la pagina! Non sono impazzita, tieni duro che siamo quasi alla fine. Ti scrivo perché mi ha aiutato e poi vedi se può applicarsi anche al tuo caso: A dipendenza di dove vivi, col traffico e col fatto che con la bici puoi passare in strade esclusive, potresti metterci più o meno lo stesso tempo per recarti al lavoro rispetto alla macchina o ai mezzi pubblici. Quello che mi ha aiutato è sapere di non dipendere da cause esterne come il traffico o i ritardi e le soppressioni di certi collegamenti dei mezzi pubblici. Perché? Perché avevo quest’ansia di dover rientrare in fretta nel caso fosse successo qualcosa… che tra l’altro non è mai successo, ma almeno io ero tranquilla. Sì: funziona anche se ti devi portare la pompa per estrarre il latte, vestiti di ricambio, laptop… esistono delle comode borse super spaziose da affrancare al portapacchi 😉 Quando rientri al lavoro passi del tempo lontano dal tuo bimbo. È possibile che non avrai voglia di spendere altro tempo lontano da lui per ritemprare spirito e mente con dell’attività sportiva in solitaria. Trovo che andare al lavoro in bici sia un buon compromesso in questa stagione della vita. Andare al lavoro in bici mi aiuta a organizzare mentalmente le idee e a fare una sorta di transizione da mamma a lavoratrice. Viceversa, rientrando, pedalata dopo pedalata libero la mente dai problemi lavorativi per rientrare nei panni di una mamma. Cosa fare dopo aver ripreso a lavorare Hai preparato il rientro al lavoro con grande consapevolezza. Ora considerati in prova. Dopo una fase di assestamento iniziale, ascoltati e metti in dubbio le tue scelte. Cosa sta andando bene? Cosa ti stressa, ti mette a disagio, ti fa sentire in colpa? E poi lavora alla questione per aggiustare il tiro. Noi per esempio ci siamo accorti abbastanza in fretta che se lui lavorava al 100% e io al 60% non stavamo vivendo secondo i nostri valori e bisogni. Alla prima occasione mio marito ha quindi cambiato lavoro per poter essere impiegato al 50%. È ben possibile che le cose siano diverse da come te le eri immaginate e va bene così. Riassumendo: i miei 10 consigli per un rientro sereno al lavoro dopo il congedo maternità Ricapitolando, i miei consigli per affrontare al meglio il rientro al lavoro dopo la maternità sono: Come organizzarsi dopo il congedo maternità va discusso in due Vai a fondo sul perché fai una determinata cosa, il modo più semplice per farlo è chiedersi perché 3-5 volte di fila Vai a fondo sul perché hai preso una decisione Entrambi i genitori possono cambiare qualcosa sul lavoro dopo la nascita di un figlio Bando ai pensieri limitanti riguardo ad un eventuale part-time Discuti al lavoro dei tuoi bisogni al rientro, punta in alto e tieni pronti molti piani B per arrivare ad un compromesso Non lasciarti ingannare dal costo della cura del bimbo: dipende dai tuoi bisogni e valori Il momento del rientro riguarda entrambi i genitori: chi avrà quale ruolo? Dopo una fase di assestamento, chiediti regolarmente cosa sta andando bene e cosa no. Agisci per migliorare ciò che non va bene e mantenere ciò che invece funziona I tuoi dubbi e le tue paure invece quali sono? Scrivimeli qua sotto nei commenti! Ah, e se hai letto fin qui e l’articolo ti è piaciuto mi aiuteresti molto anche solo cliccando sul cuoricino qui sotto. Te ne sono grata. Ciao e alla prossima, [1] Esempi veri tratti da articoli su come affrontare l’ansia da rientro al lavoro dopo la maternità. ⬆

  • 21 consigli pratici per educare alla parità di genere

    Cosa significa educare all’uguaglianza di genere? Da dove iniziare? Come fare? Te lo racconto in questo articolo! Visualizza una persona che gioca a calcio. Eh certo… nella tua vita non avrai visto molte calciatrici. E se ti chiedo di visualizzare una persona che fa balletto? Una persona che pilota un drone? Ecco, ci siamo capiti. È tutto normale: abbiamo tanti stereotipi interiorizzati in base al nostro vissuto. Gli stereotipi fanno parte di noi perché sono basati su un meccanismo di sopravvivenza del cervello: se vedo una sagoma in mezzo a una radura voglio capire subito se si tratta di una casa, un albero o un orso bruno. O no? È importante cercare di sradicare gli stereotipi, soprattutto quando siamo in compagnia di bambini, che sono delle spugne e fanno presto ad interiorizzarli. Ed era a spasso con il suo papà. Anche se lui è abituato a stare 2 giorni su 5 settimanali con il papà, la domanda più spontanea che gli esce è questa. Mio figlio di 2.5 anni ha già interiorizzato lo stereotipo secondo cui un bimbo piccolo viene accudito perlopiù da una madre. Lo avrà assorbito: da me, che in situazioni simili potrei chiedere la stessa cosa senza rendermi conto del cliché che vado a rinforzare. dalla società, ovvero stando in questo mondo in cui al parcogiochi le mamme sono molte più dei papà, perlomeno 5 giorni su 7; in particolare dalla signora di cui parlo nel aneddoto iniziale in questo post 😉. dai libri in cui spesso la figura unica di riferimento dei cuccioli sono le mamme, i papà non esistono. Ci hai mai fatto caso? 😱 Scervellandomi ho individuato 4 aree in cui possiamo fare qualcosa da subito per migliorare il mondo in cui viviamo grazie all’educazione alla parità: Linguaggio Vita quotidiana Giochi e attività Emozioni ⚠︎ Parlando di stereotipi di genere parlerò spesso di “uomini”, “donne”, “maschi”, “femmine”, “mamme”, “papà”: non dimentichiamoci che sarebbe ancor meglio vivere al di là del binarismo di genere e ricordarci che non tutte le famiglie hanno una mamma e un papà. Cosa trovi in questo questo articolo: I miei 5 migliori consigli riguardo all’utilizzo di un linguaggio a supporto della parità Le 9 cose che sto applicando nella mia vita quotidiana per educarci alla parità Giochi e attività nei bambini: le mie 3 dritte per promuovere la parità di genere Le 4 cose che devi assolutamente sapere in fatto di emozioni e parità I miei 5 migliori consigli riguardo all’utilizzo di un linguaggio a supporto della parità Il linguaggio influenza il nostro modo di vedere il mondo, di pensare e di comportarci [1]. Ti rendi conto dunque del potenziale che abbiamo già solo controllando quello che ci esce dalla bocca? L'obiettivo principale è slegarci dall’idea che ci sono: attività professioni emozioni comportamenti … più adatti ad un genere che all’altro. I miei 5 consigli più efficaci in fatto di linguaggio paritario sono: Evita il più possibile le parole “maschio”, “femmina”, “uomo”, “donna”, “signore”, “signora”, “bambino”, “bambina”, “femminuccia”, “maschiaccio”. Eviterai automaticamente frasi tipo: ✖ Il calcio è uno sport da maschi ✖ Le femmine non〈attività o comportamento X〉 ✖ I maschi non〈attività o comportamento X〉 ✖ Sei un maschiaccio / femminuccia 2. Usa la parola “persona” anziché “uomo”, “donna” , “signore” o “signora” ✖ Guarda, un uomo che sta guidando una ruspa ✔ Guarda, una persona che sta guidando una ruspa 3. Usa la parola “persone” anziché il maschile sovraesteso ✖ Guarda, degli operai ✔ Guarda, delle persone che lavorano nel cantiere 4. Usa i femminili professionali (rispettando la grammatica italiana, basta controllare su un vocabolario online) ✖ Cecilia è un ingegnere ✔ Cecilia è un’ingegnera 5. Parla di “genitori” anziché di “mamma” o “papà” ✖ Un bimbo solo, chissà dov’è la sua mamma? ✔ Un bimbo solo, chissà dove sono i suoi genitori? Come va? Lo so che ti può sembrare faticoso ma ti assicuro che è un processo e che dal momento che sei consapevole potrai solo migliorare, un micro passettino alla volta. E se hai ancora voglia di dirmi che i problemi sono ben altri e che la parità di genere non si raggiungerà mettendo una “a” al posto di una “e”, io ti dico: da qualche parte bisogna pur cominciare. Sai perchè la maggior parte dei buoni propositi falliscono? Perché ne facciamo troppi tutti assieme Perché sono irrealistici Non puoi diventare una persona che corre regolarmente se il tuo obiettivo è quello di iniziare a correre tutti i giorni almeno 10 km. Giusto? E poi, come dice la sociolinguista Vera Gheno in Femminili Singolari: “[...] è ovvio a tutti che i problemi delle donne sono ben altri [...]; ciononostante, è bene ribadire che noi esseri umani siamo capaci di occuparci di più questioni contemporaneamente." Le 9 cose che sto applicando nella mia vita quotidiana per educarci alla parità Anche la nostra vita quotidiana è una palestra in cui allenarci a sradicare stereotipi. A questo proposito, prima di passare alla lista, ti racconto un fatto divertente che mi riguarda: Mi sono sentita scomoda e giudicata (dal marito)? Sì! È assurdo come per una cosa oggettivamente piccola possiamo già sentirci fuori dalla nostra zona di comfort, vero? Ecco 9 spunti interessanti: 1. Se la situazione ve lo permette e se vi va: considerate un modello familiare in cui entrambi i genitori abbiano un lavoro stipendiato, anche part-time. 2. In casa, almeno qualche volta, invertite i ruoli dei genitori: se di solito cucina la mamma, che cucini il papà se la partita di calcio la segue il papà, che ogni tanto la segua la mamma il papà si stiri le sue camicie la mamma costruisca la casetta in giardino 3. Tra fratelli e sorelle: cerca di non fare distinzioni in base al genere e segui il più possibile le loro inclinazioni. Se la sorella ha la maglietta rosa e anche il fratello la vuole, va bene Se il fratello può infangarsi dalla testa e i piedi, anche la sorella può Entrambi possono aiutare in cucina o a cambiare le gomme della neve alla macchina 4. Non commentare il tuo corpo e quello altrui davanti ai tuoi figli. Il passo successivo sarà quello di smettere del tutto, anche nella tua testa😅 La pressione estetica è un tema enorme che colpisce soprattutto le donne. Non è un caso che a soffrire di disturbi alimentari è soprattutto il genere femminile. Quindi bando a frasi come: ✖ Devo dimagrire ✖ Devo mettermi a dieta ✖ Chissà quanti kg prenderò in vacanza ✖ Guarda che rotoli di ciccia ✖Non mi posso permettere una maglia così attillata Dalle mie parti si usavano anche espressioni davvero crudeli per nominare delle persone, facendo riferimento ad un aspetto del loro corpo ritenuto culturalmente poco carino. Oso sperare che da te la situazione sia migliore di questa 😅 Se senti la necessità di passare messaggi che riguardano l’educazione alimentare e la salute puoi sostituire le frasi sopra così: ✔ Sento la necessità di mangiare più verdure per trattare bene il mio corpo ✔ Vorrei ridurre il mio consumo di zuccheri perché ho letto degli effetti negativi che ha sul mio corpo ✔ Mi piace cucinare i dolci in casa così so cosa ci metto dentro Se vuoi approfondire il tema della grassofobia un primo passo sarebbe leggere Belle di Faccia di Chiara Meloni e Mara Mibelli. 5. Educa i bambini alla cura per il pianeta Terra, tenendo conto che: In particolare: Ho citato da “Uomini duri”, libro della psicologa sociale Pacilli. Che interessante! Io questa cosa non l’avevo mai notata. Tu? Magari l’educazione ambientale ti viene più naturale del far indossare una giacca rosa al tuo bimbo. E grazie al tuo lavoro in questo ambito: Educhi il tuo bambino alla cura: un’azione non ancora molto associata al genere maschile. Attraverso il concetto di cura, educhi anche al rispetto e all’empatia, due qualità necessarie per chi vuole educare alla parità. Aiuti a contrastare la crisi climatica e quindi le disparità tra le varie categorie di persone, anche quelle tra i generi. 6. Proponi una gran varietà di colori. A meno che tu li adori, minimizza l'uso di colori stereotipati in casa e quando lo fai, invertili: spazzolino blu alla mamma, rosa al papà. 7. Se conosci persone con un mestiere particolare in base al genere come un’ingegnera, una meccanica d’auto, una chirurga, un infermiere o un estetista: parlane con i vostri bimbi, faglieli conoscere. 8. Similmente, se per strada vedi una giardiniera o una camionista indaffarata a scaricare un carico con la sua autogru: fermati, accertati che vedano queste immagini con i loro occhi (non c’è bisogno di fare notare il genere). 9. Se non ne hai l’abitudine: almeno ogni tanto segui le squadre femminili o le professioniste sportive per quegli sport stereotipicamente maschili e viceversa. Sono sicura che hai mille altre idee, più pertinenti alla tua situazione. Condividi le tue chicche nei commenti! Giochi e attività nei bambini: le mie 3 dritte per promuovere la parità di genere In questo paragrafo farò un best of di quanto già elencato in questo post. Vuoi conoscere i miei 3 migliori consigli? Eccoli qui: Giocattoli: osserva attentamente i tuoi bimbi tutte le volte che hanno a disposizione giochi non loro: nei negozi, nelle ludoteche, nei parchi, a casa d’altri, ... Cosa li attrae davvero? Giochi di ruolo: lasciali fare se tuo figlio vuole allattare una bambola se tua figlia dice che quel duplo con il rossetto e i capelli lunghi è un signore se tuo figlio vuole impersonare una bambina. D’altronde se lo lasci essere un gatto non puoi impedirgli di essere un bambino di un altro genere, giusto? Libri e cartoni animati: non è per niente facile con l’offerta odierna ma sforzati di trovarne e richiederne di non stereotipati. Da tenere d’occhio: Il mio libro stampabile “La grandinata Misteriosa”. EDT: collana Giralangolo - Sottosopra Una collana, che raccoglie storie per bambini dedicate alla parità di genere settenove Una casa editrice per la prevenzione della violenza di genere, con un’attenzione particolare alla narrativa per l'infanzia e l'adolescenza undercats pubblica libri che celebrano la diversità ed ispirano famiglie ad agire per la parità …e più in generale i libri di Francesca Cavallo. E se ne conosci altri fammi sapere assolutamente che sarò felice di estendere la lista! Le 4 cose che devi assolutamente sapere in fatto di emozioni e parità Questo paragrafo mi fa sorridere perché se penso al pianto durante la mia infanzia mi vengono in mente due immagini: Mio papà che granitico mi dice “Non piangere” Mia mamma che accogliente mi dice “Piangere fa bene agli occhi” Io ho preso il meglio da entrambi, meno parole possibile e messaggio accogliente: “Piangere fa bene”. Punto. I miei migliori 4 consigli pratici sono: Accogliere tutte le emozioni dei bambini indipendentemente dal genere Le bambine possono arrabbiarsi I bambini possono avere paura I bambini possono piangere 2. Nominare le proprie emozioni con i figli, soprattutto quelle stereotipate Il papà può dire «Mi sento triste» o «Ho paura» La mamma può dire «Mi sento furiosa» 3. Esercitatevi al parco o alla fermata del bus osservando assieme ai vostri bimbi le persone attorno a voi e cercando di indovinare le emozioni che provano «A me quella persona sembra insicura, a te?» accennando ad un uomo che davvero sembra insicuro «Cavoli, quella persona sembra davvero arrabbiata, chissà cosa è successo» accennando ad una donna che davvero sembra arrabbiata 4. Stare attenti ai media che consumano i bambini: per esempio, libri e cartoni animati spesso rinforzano lo stereotipo per cui un uomo non deve avere paura o piangere Quello che mi piace davvero degli spunti che ti ho dato in questo articolo è che la maggior parte sono applicabili da subito. Non significa che dovrai fare immediatamente tutto giusto. Ehi, cambiare abitudini radicate nel nostro cervello da decenni non è semplice! Abbi pazienza. Hai altri consigli? Scrivimeli qui sotto! E se hai letto fin qui e l’articolo ti è piaciuto mi aiuteresti molto anche solo cliccando sul cuoricino qui sotto. Te ne sono grata. Ciao e alla prossima, Tra l’altro ho parlato di questi temi anche con Carlotta Cerri sul suo podcast Educare con calma, se vuoi ascoltarlo: E in quest'altro episodio Carlotta legge proprio questo articolo: [1] Ci sono diversi studi che supportano questa affermazione, un esempio è Sizing Up Objects: The Effect of Diminutive Forms on Positive Mood, Value, and Size Judgments di M. Parzuchowski, K. Bocian and P. Gygax su Frontiers in Psychology. ⇧

  • Genitori e le mille cose da fare: il segreto è concentrarsi sul tempo libero

    Come tracciare il tempo libero e ripartirlo equamente nella coppia ti renderà più felice. Da quando è nato nostro figlio il tempo libero a nostra disposizione si è ridotto drasticamente. Ti suona famigliare? Lascia che ti racconti un aneddoto per farti rendere conto della situazione in cui ci trovavamo. Eravamo ad Amsterdam per un soggiorno ed eravamo senza i nonni che normalmente ci aiutano due giorni alla settimana. Così io e mio marito ci spartivamo la cura del bimbo duenne, della casa ed il lavoro da stipendiati. In quel periodo mio marito aveva meno da fare sul lavoro, così qualche pomeriggio riusciva a prenderselo per andare al mare del nord a volare col kite. E a me rodeva. Rodeva terribilmente. Mio marito si irritava del mio rosicamento e a me irritava la sua irritazione. Un circolo vizioso. Eravamo entrambi frustrati, ognuno con l’impressione che l’altro avesse più diritto ad avere tempo libero dell’altro. Cosa trovi in questo questo articolo: L’importanza del tempo libero per ognuno di noi Tempo libero: gli uomini ne hanno di più La nostra soluzione semplice ma non banale: tracciare il tempo libero e porselo come obiettivo I vantaggi di mettere al centro il tempo libero anziché le cose da fare Che cosa è tempo libero e cosa non lo è La migliore app per tracciare il tempo libero che abbiamo provato E le cose da fare? Essere d’accordo sulle priorità è il primo passo I 4 benefici più grandi che ho sperimentato tracciando il tempo libero Tempo libero: quanto ne abbiamo bisogno? L’importanza del tempo libero per ognuno di noi Avere tempo per sé è indispensabile. Lo è ancora di più per te, se hai bimbi piccini che per loro natura attingono costantemente al tuo bacino di forza di volontà e pazienza. La mancanza di tempo libero fra le altre cose è associato a maggiori livelli di: ansia stress infelicità esaurimento inattività fisica Che fare per uscire da questa situazione? Tra poco ti racconto come siamo arrivati ad una delle migliori idee che io abbia mai avuto! Ma prima diamo un’occhiatina alle statistiche. Tempo libero: gli uomini ne hanno di più A livello statistico, il fatto più rilevante è che le donne hanno meno tempo libero degli uomini a parità di condizioni. Te lo immaginavi? Addirittura circa un’ora in meno al giorno in Italia, come riportato in una pubblicazione del 2019 dell’Istat (dati 2013-2014) [1]. In Svizzera, dati del 2020 suggeriscono che le madri hanno circa 1.5 ore in meno alla settimana rispetto ai padri nella stessa situazione famigliare [2]. Se vuoi educare alla parità, prima devi educarti alla parità: “Non possiamo dare qualcosa che non abbiamo già in noi” come scrisse Maria Montessori. È quindi fondamentale cominciare a lavorare su di noi per appianare questa disparità di genere. La nostra soluzione semplice ma non banale: tracciare il tempo libero e porselo come obiettivo Ad un certo punto io e mio marito abbiamo discusso molto su come fare ad evitare problemi legati alla mancanza di tempo libero. Per me la strada era solo una: tracciarlo. Cosa intendo? Intendo dire che dobbiamo registrare il tempo libero: del genitore A del genitore B dei genitori A e B insieme L’ultimo punto elencato è fondamentale perché ho notato che in una coppia con figli piccoli è meno complicato ritagliarsi del tempo per sé che per la coppia: nei primi due casi si deve “solo” lasciare i figli all’altro genitore. Se si vuole avere del tempo libero di coppia ci vuole pianificazione e magari anche soldi per lasciare i figli con qualcuno che ce li guardi. Ti sembra una follia stare a contarsi le ore in coppia manco fossimo dei controllori delle finanze? Ti dico io cosa mi sembra assurdo: se la tua dolce metà avesse a disposizione anche solo un’ora in più di te alla settimana, questo risulterebbe in 54 ore in più all’anno che corrispondono a 7 giornate spese a fare ciò che vuole. Sette giornate a cui tu invece hai rinunciato. È un vantaggio competitivo enorme sulla sanità mentale e fisica che avrà in confronto a te! Viceversa, se sei tu che in genere riesci a prenderti quel tempo libero, ora potresti capire da dove arriva quel clima pesante in casa: la coppia è una squadra e funziona al meglio quando ognuno può prendersi i suoi spazi. Sono d’accordo che in tempi in cui la risorsa tempo libero abbonda contare le ore spese nel tempo libero non sia necessario ma finché non sarà così… I vantaggi di mettere al centro il tempo libero anziché le cose da fare Il primo vantaggio risulta già nell’affrontare il discorso con il tuo compagno o la tua compagna. Lascia che ti spieghi. Tante persone, per la maggioranza donne, hanno lo scomodo compito di dover dimostrare il valore del loro impiego principale: quello di mamma e casalinga altrimenti poco valorizzato. Ho usato il femminile per questioni statistiche, perdonami se sei un papà casalingo. Uno dei consigli che si danno in questo ambito è quello di una discussione a tavolino sul lavoro svolto in casa e con i figli. Il concetto sarebbe proprio quello di sedersi in coppia e discutere sulla base di liste infinite dei compiti svolti da chi è a casa per la maggior parte del tempo. Gli obiettivi sono principalmente due: veder riconosciuto il proprio lavoro a casa spartirsi i compiti più equamente Condivido gli obiettivi, ma questo non è il primo approccio che tenterei. Chi si trova dalla parte dell’imputato potrebbe percepire l’esercizio come: un far pesare la cosa un voler appioppare dei compiti che vanno ad aggiungersi alle molte ore di lavoro già svolte fuori casa Le discussioni non vanno molto lontano se una delle due parti si sente messa all’angolo. Ribaltare la discussione parlando di tempo libero anziché di cose da fare darà un tono molto più positivo alla discussione: siamo una squadra ed il nostro obiettivo è quello di massimizzare e parificare il nostro tempo libero. Gli altri vantaggi sono dati nella fase operativa. In primo luogo, avere il focus su un obiettivo positivo aiuta molto a rimanere motivati. La motivazione viene anche dal fatto che l’obiettivo risulta molto più specifico, misurabile e sfidante. Come? Beh, senti la differenza tra questi due obiettivi: Devo avere 4 ore di tempo libero alla settimana Devo lavorare 70 ore a settimana L’obiettivo 2 non ha senso per il fatto che l’obiettivo è banale e scontato: rappresenta il tuo lavoro quotidiano che devi fare in ogni caso (lavoro stipendiato, casa, figli). L’obiettivo “tempo libero” invece ti permette di ricordarti di prendere del tempo per te. È facile mettere in fondo alla lista delle cose da fare il tempo per te e per la coppia. Con questo approccio non succederà più, te lo garantisco. Io mi immagino un ruscello con delle rocce che affiorano: le rocce ben salde sono i nostri blocchi di tempo libero e l’acqua che trova spazio lì attorno è la nostra vita con mille mila cose da fare. Essendo poi il tempo libero più raro e prezioso delle cose da fare risulta davvero poco impegnativo tracciarlo 😅. Che cosa è tempo libero e cosa non lo è Il primo passo fondamentale è essere in chiaro su cosa sia tempo libero e cosa no. Una cosa che deve risultare assolutamente chiara a tutti è che lavoro stipendiato cura dei figli cura della casa sono lavoro. A questo punto potresti pensare: sì, ma non si può paragonare stare con i figli al parco con stare tutto il giorno in un ufficio a rispondere a chiamate di clienti arrabbiati. E invece sì. Seguimi, ancora per un attimo, che ti spiego meglio cosa intendo. Ecco la definizione di tempo libero: tempo a disposizione speso a fare ciò che si vuole. Okay? Tempo per fare ciò che faresti se magicamente per un giorno non avessi figli casa partner bollette … a cui dover pensare. Quindi sia il lavoro d’ufficio sia i figli al parco ti legano, non lasciandoti spendere il tempo esattamente come lo vorresti. Chiaro: avere un lavoro che ami e fare attività che ti piacciono con i figli potrebbe aiutarti a vivere bene anche gli obblighi e ad avere una vita appagante. Ciò non toglie che tutti hanno comunque bisogno del tempo da utilizzare a discrezione. La migliore app per tracciare il tempo libero che abbiamo provato Una volta che io e mio marito avevamo chiaro cosa fare abbiamo dovuto trovare un’applicazione che ci permettesse di registrare le ore con il minimo impegno. Noi abbiamo identificato l’app Toggl Track che uso per: registrare un’attività a posteriori visualizzare in un semplice grafico la situazione “tempo libero” in famiglia E le cose da fare? Essere d’accordo sulle priorità è il primo passo Se non si può fare affidamento sul buon senso bisognerà anche avere una discussione onesta sul tema delle priorità delle cose da fare. E in tutto questo cerchiamo di tenere conto di quanto scritto in questo rapporto Istat del 2019: nel lavoro domestico, le donne si fanno più carico degli uomini del lavoro routinario (cucinare, lavare, stirare, …), mentre gli uomini prediligono attività che si avvicinano molto al tempo libero (giardinaggio, bricolage, shopping, manutenzione veicoli, …). Per intenderci, pulire la macchina o curare il giardino nella nostra famiglia sono voci che rientrano sotto il cappello “cura della casa”. Sono attività che a qualcuno potrebbe piacere svolgere e va bene così. Non è che adesso fare giardinaggio debba essere catalogato come tempo libero ma le priorità devono essere chiare. Se c’è una casa da pulire, pasti da preparare e figli da scorrazzare in giro non passerò la mia giornata a piantare bulbi di tulipano o a lucidare la mia macchina. Chiaro? I 4 benefici più grandi che ho sperimentato tracciando il tempo libero Da quando io e mio marito abbiamo un sistema per tracciare il tempo libero, sono molto più serena perché: tutte le discussioni legate al tempo libero sono sparite. Da parte mia il cambio di mentalità è stato radicale: sono passata dal rinfacciare un pomeriggio speso a volare con il kite a dire frasi tipo “il giorno X potresti andare a sciare, devi recuperare”. Sicuramente la coppia ne giova: nonostante la consapevolezza dobbiamo ancora sforzarci per creare del tempo per la coppia senza bimbo. Ce lo ricorda la visualizzazione del tempo libero tracciato in Toggl. Il mio tempo libero è aumentato, non lo posso dire con certezza visto che in passato non lo tracciavo ma la sensazione è decisamente quella. Visto che gli stereotipi di genere nei bambini cominciano ad instaurarsi molto presto, in questo modo stiamo dando un messaggio molto chiaro a nostro figlio: il tempo di entrambi i genitori è prezioso allo stesso modo. Tempo libero: quanto ne abbiamo bisogno? Ognuno è diverso e avrà le sue soglie di sopportazione in base alle priorità del momento di vita in corso. La buona notizia è che studi dimostrano che anche troppo tempo libero fa male [3] 😅. In particolare nello studio citato, l’optimum sembra trovarsi tra le 2 e le 5 ore di tempo libero al giorno. Cosa?! Sì, anche a me sembra un’enormità di tempo che al momento non riesco ad avere ma ci sto lavorando. E comunque basterà meno tempo libero per ricaricarsi se lo si spenderà in maniera più utile per il corpo e per la mente. I miei numeri basati sui dati Toggl dell’anno scorso sono: in media circa 3 ore per me e 1.25 ore assieme a mio marito alla settimana per un totale di 4.25 ore a settimana senza figli o lavoro. A questo totale si aggiunge circa un’ora al giorno di “divano” che riesco a fare da che il mio bimbo si è addormentato a quando vado a letto… …se non la brucio addormentandomi a mia volta 😉. Quindi circa 11 ore alla settimana. Tanto o poco? È il massimo che riesco a fare in questo periodo di vita. Fammi sapere nei commenti qual'è la tua situazione in fatto di tempo libero, sono curiosa! Ah, e se hai letto fin qui e l’articolo ti è piaciuto mi aiuteresti molto anche solo cliccando sul cuoricino qui sotto. Te ne sono grata. Ciao e alla prossima, [1] I tempi della vita quotidiana. Lavoro, conciliazione, parità di genere e benessere soggettivo. ⇧ [2] Si veda questo comunicato stampa dell’ufficio federale di statistica. ⇧ [3] Having Too Little or Too Much Time Is Linked to Lower Subjective Well-Being con Marissa A. Sharif come prima autrice, Journal of Personality and Social Psychology, 2021. ⇧

  • Il nostro modello familiare: entrambi i genitori che lavorano part-time

    Ti racconto perché scegliamo questo modello e di alcune barriere culturali affrontate da quando entrambi siamo part-time. Immaginati questa scena osservata da un uomo sulla trentina. Questo fatto è realmente accaduto a mio marito. Io non c’ero perché al lavoro. E sì, signora mia! Ci sono anche donne che lasciano che i loro figli vengano accuditi dai mariti mentre lavorano… Magari anche tu, come noi, hai la reazione naturale di reagire con sgomento ma anche sdegno: Come può questa signora non aver pensato che l’uomo a pochi metri da lei potesse essere il padre del bimbo? In verità non bisogna prenderla sul personale e anzi dovremmo empatizzare con questa donna con delle convinzioni così forti da modificare la sua visione della realtà. A ben vedere è una cosa super affascinante, non pensi? La signora alla ricerca di una mamma percepiva la realtà in maniera selettiva, filtrando tutte le cose che non stava cercando. Lei voleva trovare una mamma e quindi mio marito proprio non lo vedeva a causa degli stereotipi sedimentati in anni e anni di vita vissuta nella nostra cultura. Una cultura in cui è considerato normale che un bimbo piccolo in settimana venga accudito da: una madre una baby sitter una maestra d’asilo una ragazza alla pari … Per aiutarti in questo esercizio di empatia verso questa signora: se ancora non lo conosci, ti invito a guardare il video che ti risulta googlando test attenzione selettiva; il video con diverse persone vestite di bianco e di nero, per intenderci. Cosa trovi in questo questo articolo: Il nostro modello famigliare: entrambi i partner che lavorano a tempo parziale Perché abbiamo scelto di lavorare entrambi part-time Le barriere culturali che dobbiamo affrontare Il nostro modello famigliare: entrambi i partner che lavorano a tempo parziale Ma torniamo a noi. Io e mio marito lavoriamo entrambi part time: io al 70% e lui al 50%. Sicuramente non è una soluzione ideale per tutte le famiglie. Mi stupisce comunque che poche famiglie scelgono un modello simile al nostro, visti i benefici che ci porta. Nel Canton Ticino, la regione svizzera in cui viviamo, entrambi i genitori lavorano part-time solo nel 3.4% dei casi; dati del 2021, per famiglie il cui figlio minore è tra i 0-3 anni [1]. In Italia scelgono questo modello meno del 2.7% delle coppie con figli [2]. I modelli in cui il padre lavora full-time sono scelti da: 82% delle coppie con i figli minori tra i 0 e i 12 anni nel Canton Ticino, Svizzera (2015-2019) [3] 83% delle coppie con figli in Italia (2018) [2] E il modello in cui lavora solo l'uomo full-time vien scelto da: 28% delle coppie con i figli minori tra i 0 e i 12 anni nel Canton Ticino, Svizzera (2015-2019) [3] 35% delle coppie con figli in Italia (2018) [2] Perché abbiamo scelto di lavorare entrambi part-time Già prima di avere figli ci era chiaro che non avremmo voluto lavorare al 100% ed il motivo principale è il valore che diamo al tempo libero. Alla vita vissuta stando a fare quello che ci va di fare, senza troppe costrizioni. Bada bene, mi rendo conto che questo sia un lusso che non tutti si possono permettere. È però importante dire che abbiamo impostato la nostra vita così da poter permetterci di poter lavorare un po’ meno (ma non meno di una famiglia in cui solo uno dei due partner è impiegato al 100%). Cosa intendo? Abbiamo adottato uno stile di vita minimalista/ambientalista. Con anche alcune “rinunce” dal punto di vista delle spese. Se vuoi avere alcuni esempi leggi la lista qui sotto, altrimenti saltala. Disclaimer: queste sono “rinunce” in linea con i nostri valori, non vanno bene per tutti, okay? Se tu avessi un interesse a proseguire su questa strada avrai bisogno di trovare le tue rinunce. Una sola macchina per la coppia (abbiamo due bici elettriche che rendono comodi tanti degli spostamenti che si farebbero in auto o con i mezzi pubblici) Pochi viaggi in aeroplano (per ora la media è di due in 7 anni) No televisione e quindi nessun abbonamento televisivo Poco hotel o AirBnB bensì scambi casa (homeexchange) Nessun abbonamento del telefono per me Biblioteca anziché libreria (per i bimbi) Kindle anziché libri cartacei (per noi) Il minimo di vestiti o scarpe Poche cene o pranzi al ristorante Pochissima carne No alcool … Può sembrare poco o banale ma sommati assieme tutti questi punti vanno sicuramente a regalarci un 10-20% a testa di riduzione del tempo di lavoro per persona. Poi è arrivato nostro figlio e… … BAM! Un altro super motivo per ridurre il nostro tempo lavorativo. Da un lato per poter stare con lui e dall’altro per farlo crescere con un modello famigliare in cui entrambi i genitori lavorano fuori e dentro casa. Sradichiamo così uno stereotipo che sappiamo metterebbe radici profonde in nostro figlio. Ora io lavoro al 70% e mio marito al 50%. Potremo andare avanti all’infinito così? Forse, al momento ci siamo stabilizzati e possiamo permetterci di andare avanti così per diversi anni. Le barriere culturali che dobbiamo affrontare Sono riuscita ad individuare due aree in cui ci sono delle difficoltà quando si vuole lavorare part-time: Fuori dal mondo del lavoro Nel mondo del lavoro Quindi sempre e comunque 😅 Riguardo al primo punto, ti racconto un ultimo aneddoto che riguarda le barriere culturali che soprattutto mio marito sta affrontando per essere un lavoratore part-time. Gulp. Fine della storia. Nel mondo del lavoro invece bisogna affrontare i pregiudizi di (potenziali) datori di lavoro, colleghi, capi. Se ti concedono il part-time, la pena più forte è la carriera mancata: meno lavori di gestione di squadre meno lavori di gestione di progetti meno responsabilità meno carriera Io ho un occhio aperto sui bandi di concorso e non ti dico la mia frustrazione nel vedere che ogni posto di lavoro libero è disponibile solo per chi è disposto a lavorare al 100%. Sono sicura che a me questo accade di più perché mi focalizzo su posti di lavoro nel campo dell'ingegneria meccanica. Di dominio maschile. Gli uomini lavorano al 100%. Un ultima cosa: sono fermamente convinta che tutti i lavori si possano svolgere part-time. Una soluzione si trova sempre. Tacciami pure di utopia. Sono pronta. Sono curiosissima di sentire le riflessioni che ti suscitano questi temi! Ah, e se hai letto fin qui e l’articolo ti è piaciuto mi aiuteresti molto anche solo cliccando sul cuoricino qui sotto. Te ne sono grata. Ciao e alla prossima, [1] Ho acceduto a questa pagina dell’Ufficio Federale di Statistica il 18.02.2023 ore 06:47. ⇧ [2] Mi riferisco a questo rapporto Istat consultato il 18.02.2023 ore 06:30. ⇧ [3] Ho acceduto a questa pagina dell’Ufficio Federale di Statistica il 18.02.2023 alle ore 06:38. ⇧

  • Gioco nei bambini: perché lasciarli liberi di esprimere la loro personalità

    Ti racconto di come la libertà ricevuta da bambina nel gioco sia una delle ragioni che mi hanno portata a diventare un’ingegnera. Credo fermamente di essere diventata un’ingegnera meccanica anche perché da bambina ho potuto svolgere diverse attività ritenute maschili: infinite arrampicate sul lauro ceraso da parte a casa lego, trenini di legno e cubetti a non finire capanne nei boschi pallacanestro skateboard snowboard judo … Calcio no, era troppo anche per mia mamma. Penso che occasionalmente i miei genitori mi abbiano dato del maschiaccio. E non solo loro. Ancora mi stupisce la frase che qualche anno fa, incinta, mi rivolse mio cugino riferendosi alla creatura che tenevo in grembo: «Se esce come te sarà un maschio.» Già. Per fortuna non mi sono fatta turbare troppo dalla cosa e sono andata avanti sulla mia strada. Quello che penso sia stato vincente da parte dei miei genitori è l’assecondare queste mie inclinazioni senza preoccuparsi (troppo) se queste fossero cose da maschio o meno. Sicuramente ha aiutato il fatto di avere un fratello, così se anche i miei genitori avessero fatto differenze tra me e lui nei tipi di giochi che avevamo a disposizione, io avevo comunque per casa giochi tipicamente maschili e ho avuto modo di esserne esposta. Questa cosa è davvero interessante se ci fai caso. L’esposizione è fondamentale. Non è che ora io a mio figlio compro solo bambole, passeggini in miniatura, coroncine, unicorni e set da trucco. Però lo porto in luoghi e situazioni dove ha la possibilità di vedere anche questo tipo di giochi restando in osservazione, curiosa di vedere dove andranno a posarsi i suoi occhi e/o le sue manine. Cosa trovi in questo questo articolo: Ma a mia figlia piace giocare con le bambole Le 6 domande che devi porti 7 idee per lasciar fiorire le inclinazioni dei bambini L'importanza di lasciare fare nei giochi di ruolo Uno spunto sui media per bambini Riflessioni finali Ma a mia figlia piace giocare con le bambole Quando parlo di queste cose con altri genitori spesso vedo che tendono a giustificarsi del fatto che alla loro bimba piace davvero giocare con: bambole e passeggini aspirapolvere set da trucco cucina … o che al loro bimbo piacciono davvero: schiacciasassi palloni ruspe gru … Anzi, te lo confesso. Anche io tendo a giustificare mio figlio che al momento sembra un aspirante capocantiere. Bene, abbiamo fatto questa osservazione. Ora interroghiamoci sul perché. Gli interessi dei tuoi bimbi sono tendenzialmente dovuti a: ❍ una sua inclinazione naturale ❍ alla cultura/ambiente in cui vive Sì, okay. Ammetto che non è per nulla facile crociare una delle due caselle qui sopra. Vi sono infinite sfumature lì in mezzo. Però tu comincia a farci caso. Per esempio, proprio mentre scrivo, ho ripensato ai regali ricevuti da mio figlio nel corso dell’ultimo anno da persone che ci conoscono ma non così bene da fare dei regali mirati: due macchine dei paw patrol (ovviamente le figure maschili) autocollanti a forma di dinosauro una macchina da formula uno un monster truck otto macchinine Non conoscendoci così bene, coloro che hanno fornito nostro figlio di un parco macchine di tale spessore hanno dovuto mettere in gioco, senza accorgersene, le categorizzazioni fornite dai loro cervelli: bambino = macchinine bambina = bambole Et voilà, mio figlio si ritrova ad essere esposto a molte più macchine che bambole. Molte più persone vedendolo giocare avranno modo di chiedergli: «Da grande farai il meccanico / pilota / ingegnere?» anziché «Da grande farai il papà / il baby sitter / il maestro d’asilo?» A onor del vero abbiamo ricevuto anche dei peluche non genderizzati e bolle di sapone. Ahhh i buoni vecchi giochi neutrali! Comunque, il succo è che: I bambini iniziano prestissimo ad essere influenzati dall’ambiente che li circonda e a interiorizzare stereotipi di genere. Accertati dunque che i tuoi bambini siano davvero esposti a tutti i tipi di giocattoli e attività, dall’inizio e senza distinzioni. Presta attenzione a questo concetto perché è davvero molto importante: È facile credere che la tua bambina giochi alle bambole per inclinazione naturale senza notare che è la cultura in cui vivi a ingigantire le differenze tra bambini e bambine da subito. A questo punto puoi mettere in dubbio lo status quo. Le 6 domande che devi porti Le domande che ti devi porre e a cui devi dare delle risposte sincere per una bambina sono (per bambino vedi sotto): La tua bambina gioca alle bambole, a fare le pulizie o a cucinare perché ha solo questo genere di opzioni nel suo ambiente? È lei che le ha chieste? O le sono state regalate assumendo che le sarebbero potute piacere? È la pubblicità che le ha fatto credere che sono per le bambine? Qualcuno le ha mai detto o fatto capire che le altre opzioni (ruspe, palla da calcio, lego) sono da maschio? Qualcuno le ha mai regalato ruspe, palla da calcio, lego o simili? analogamente per un bambino: Il tuo bambino gioca alle macchinine, alle costruzioni o a pallone perché ha solo questo genere di opzioni? È lui che le ha chieste? O gli sono state regalate assumendo che gli sarebbero potute piacere? È la pubblicità che gli ha fatto credere che sono per i bambini? Qualcuno gli ha mai detto o fatto capire che le altre opzioni (bambole, utensili da cucina, coroncine) sono da femmina? Qualcuno gli ha mai regalato bambole, passeggini, set per fare muffin o simili? A questo proposito ho un mini-aneddoto molto carino da raccontarti. C’era una bimba che stava giocando con il bastone da unihockey del fratello e la nonna le disse: «Che brava, stai pulendo per terra!» Ecco una futura giocatrice di unihockey rimessa al suo posto. Basta così poco. 7 idee per lasciar fiorire le inclinazioni dei bambini Quando vai in un negozio di giocattoli con loro, lasciali esplorare tutto, ogni angolo del negozio e osserva da cosa sono attratti. Per andare sul sicuro, quando sei in un negozio banna direttamente le parole “maschi, femmine, bambini, bambine, maschiaccio, femminuccia” 🤐. È il primo dei miei 20 consigli per educare alla parità 😉 Con ciò non voglio dire che devi comprargli tutto quello che desiderano, tieni a mente anche i tuoi valori in fatto di acquisto giocattoli. Se, per dire, tua figlia è attratta dalla sezione rosa e glitterata del negozio come un’ape da un fiore, soffermati con fare estremamente interessato nella sezione pensata per i maschi. Livello avanzato: se c’è una persona che lavora nel negozio a tiro, fai notare quanto sia dannosa questa divisione per genere. Se sei al parco e tuo figlio è di fianco a te in osservazione, descrivi con fare interessato le attività dei bambini di genere diverso dal suo. Se hai la fortuna di averne una vicino a casa, portali in una ludoteca o in un centro di socializzazione per bambini e osserva cosa li attrae, senza fare commenti giudicanti sulle loro scelte. Sfrutta anche le occasioni in cui ti trovi con i tuoi bambini a casa di altri, cugini o amici che siano. Regala il meno possibile di tua spontanea volontà, discutine con i tuoi bambini prima di fare acquisti compulsivi o perlomeno cerca di assecondare minuziosamente i loro interessi sulla base di un’attenta osservazione. A questo punto avrai capito la mia fissa per l’osservazione 🧐 L'importanza di lasciare fare nei giochi di ruolo Qui faccio solo un commento generale: lascia fare ai tuoi bambini! Se vogliono interpretare un personaggio di sesso opposto: va bene. Se scelgono un nome di persona di sesso opposto: va bene. Che poi non è nemmeno detto che facendolo intendano anche interpretare qualcuno con un sesso opposto, eh! I bambini sono pieni di risorse e naturalmente portati all’anticonvenzionalismo. Chi ha detto che un maschio non possa chiamarsi “Martina” 🤪 Se il tuo bambino cucina: va bene. Se il tuo bambino pulisce: va bene. Se il tuo bambino allatta i suoi peluche: va bene. Storia vera qui a casa tra l’altro… Uno spunto sui media per bambini Intendo libri, audiolibri, podcast, canzoni o cartoni animati. Non sono strettamente giocattoli per cui non approfondisco qui però un consiglio dal mio profondo dal cuore te lo devo dare fin d’ora: È una giungla là fuori. Comincia a mettere in dubbio alcuni contenuti indossando le lenti della parità di genere 🤓 Se vuoi degli spunti interessanti su libri non stereotipati puoi cominciare dalla lista a tema che ho fatto nel post 20 consigli pratici per educare alla parità di genere. Oppure leggi l'articolo su come leggere libri per bambini senza stereotipi e pregiudizi. Riflessioni finali E, in generale, soffoca tutti i pensieri sui giudizi che gli altri potrebbero avere su tuo figlio che sta allattando la sua bambola al parco, okay? Stiamo attuando una vera rivoluzione, non è che puoi pretendere occhi dolci da ogni dove 😎 Se hai consigli, esperienze o dubbi su questo tema ti prego di lasciarmeli qui sotto nei commenti! Ah, e se hai letto fin qui e l’articolo ti è piaciuto mi aiuteresti molto anche solo cliccando sul cuoricino qui sotto. Te ne sono grata. Ciao e alla prossima,

  • Stereotipi di genere nei bambini: notarli è il primo passo

    Ti racconto dello shock nello scoprire che mio figlio nemmeno duenne già associava il rosa al femminile. Eravamo ad Amsterdam per un soggiorno di tre settimane; io, mio marito e nostro figlio che a breve avrebbe compiuto due anni. Per convincere mio figlio a tornare a casa camminando avevo inventato un gioco. Ti suonan famigliari questi stratagemmi per convincere un duenne a camminare, eh? Eravamo in una strada-giardino in mezzo a delle case a schiera nel quartiere di Houthaven, dove ogni casa aveva diverse biciclette parcheggiate all’entrata. D’altronde eravamo ad Amsterdam, una delle città più adatte alla bicicletta al mondo. Ad ogni bicicletta dicevamo “no” se non era la nostra e così fino alla porta di casa, con la nostra bicicletta. Hai notato la finezza? Così lasciavo pure che mio figlio si potesse sfogare dicendo quanti più “no” possibile 😉 Mio figlio stava al gioco e ha cominciato a differenziare tra le bici grandi e quelle piccole additando quest’ultime esclamando “bimbo”. Quindi immaginati tutta questa serie di “no”, “bimbo”, “no, “no”, “bimbo”, “bimbo”, ... … e il mio shock quando lo vedo additare una bicicletta rosa ed esclamare “bimba!”. Gulp. Ed ecco che i miei pensieri cominciano a galoppare a briglia sciolta. Sta imparando solo ora a nominare i colori, e spesso ancora sbaglia, ma sa già che quel colore secondo lo stereotipo corrente è da femmina. Abbiamo pure cercato di normalizzare l’utilizzo del rosa. Non ha nemmeno due anni. Lo abbiamo già inscatolato. È già inscatolato. Se va avanti così già me lo vedo: diciottenne a chiedere alla sua ragazza di portargli una birra mentre sta sul divano a guardare la TV. Ahi! Sconcertante ed affascinante allo stesso tempo, vero? Con questa storia voglio farti riflettere su quanto i bambini, fin da piccolissimi, assorbono un’incredibile quantità di informazioni dall’ambiente che li circondano: Da frammenti di discussioni tra adulti Da ciò che vedono Dai libri che guardano Dai negozi che frequentano Da frasi che gli diciamo con leggerezza tipo: «Guarda, un giardiniere che sta tagliando l’erba»... … quando magari dalla nostra posizione nemmeno si capisce se quello che stiamo vedendo è un uomo, una donna, o magari nemmeno una di queste due cose. Ed ecco che con una semplice frase stiamo passando ai nostri figli lo stereotipo “giardiniere = lavoro da uomo”. A chi puoi dare la colpa in questo caso? Al tuo cervello, che per non soccombere alla mole di informazioni che riceve in ogni istante va di categorizzazioni. Lo fa in automatico, per semplificare; per risparmiare energia e tempo. Credimi, è un processo molto utile in diverse circostanze. Ora ti spiego in che senso. Pensa se attraversando la strada vedessi un oggetto grande e grosso avvicinarsi ed il tuo cervello si fermasse a pensare “che cos’è? Mmm… Potrebbe essere un cavallo? Aspetta, è un cervo? O forse una macchina? Ah no! È un camion, come ho fatto a non accorgermene prima!”. Ecco. In questo caso diciamo che ci sta che il tuo cervello lavori tirando conclusioni un po’ affrettate 😉 Però devi essere consapevole che in questo modo qualche volta il tuo cervello ti inganna. Il bello è andare a riconoscere quando lo fa. Ad esempio quando vedi un essere umano di tre anni con i capelli lunghi raccolti e il tuo cervello assume che si tratti di… Visualizzato? … una bambina. Il mio invito è quello di approcciare il tema con curiosità. Notare e stupirsi di quante volte tu stesso cadi nelle trappole degli stereotipi a colpi di d’oh! Accetta la sfida, senza fustigarti quando ti cogli in fallo. Rendersene conto è il primo enorme passo sulla via della parità di genere. Gli stereotipi che tengono in piedi il sistema vigente sono duri a morire. Devi riprogrammare il tuo cervello, non è roba da poco. Abbi pazienza. Io quando mi colgo in flagrante mi sento come se tutta fiera di aver raggiunto la cima di una montagna con tanta fatica, un attimo dopo vedessi qualcun altro scalare la montagna di fianco ancora più difficile con estrema facilità. Okay, va bene, il sistema corrente è più forte ma sono sulla strada giusta per raggiungerlo e superarlo. Esserne consapevole ed aggiustare il tiro quando ci puoi è un buon punto di partenza per il tuo viaggio in direzione di un mondo il più biodiverso e sostenibile possibile. Va bene, mi dirai, e adesso? Comincia a notarle, queste cose. Io stessa quella volta della bicicletta rosa non ho saputo reagire con prontezza. Sono stata colpita in silenzio da questo suo commento e ho cominciato a mettermi in dubbio e vedere quale fosse il mio contributo nel passargli certi stereotipi. Difatti poi, quella volta dellə giardinierə ero un filo più consapevole e ho saputo aggiungere con nonchalance: «O forse è una giardiniera? Chi lo sa…». Non è fantastico? Il notare una certa cosa mi sta permettendo di riprogrammare il mio cervello. Per concludere, voglio anticipare una tua possibile obiezione: Sì, okay, ma non mi sembra poi così grave se un bambino di malapena dueanni associa una bicicletta rosa ad una bambina, no? No. Viene facile minimizzare la questione “rosa versus blu” ma ti assicuro che è solo la punta di un iceberg particolarmente enorme. Credimi. E gioisci con me, perché c’è un vantaggio in tutto questo. Ora ti racconto quale. Non puoi cambiare il mondo da oggi a domani. Partire da queste cose che ti sembrano piccole, ti permetterà di aver davvero successo nell'instaurare nuove abitudini e contribuire al necessario cambiamento culturale. È facile dire: Eh ma va beh, che c’entra, non è così che si raggiungerà la parità. È più difficile, ma doveroso, dire: Ora mi rimbocco le maniche e comincio a riprogrammare il mio cervello per un mondo migliore. Un micro passettino alla volta. Gioisci delle tue minuscole conquiste quotidiane. È solo da lì che puoi partire. Sono curiosa di sapere se hai un qualche esempio di stereotipi che i tuoi bambini stanno assorbendo! Ah, e se hai letto fin qui e l’articolo ti è piaciuto mi aiuteresti molto anche solo cliccando sul cuoricino qui sotto. Te ne sono grata. Ciao e alla prossima,

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