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  • Perché “maschio” e “femmina” sono etichette a cui dovremmo dare meno peso

    Ti do 9 strategie pratiche da considerare per crescere i tuoi bambini un po’ più lontani dagli stereotipi di genere Pensa alla tua infanzia. Quali sono le etichette che ti si sono appiccicate addosso e che magari ancora oggi ti porti dietro? Le mie, così su due piedi, sono: brava intelligente stonata maschiaccio acida Ne ho dimenticata una. La più importante. femmina Questa mi è stata appiccicata ancor prima di nascere. “Ma non è un’etichetta”, mi dirai. È un dato di fatto. Sì e no. Te ne parlo meglio dopo l’indice, seguimi! Cosa trovi in questo articolo: Cosa si intende con etichette quando riferite ad una persona? Perché sarebbe meglio non etichettare? 4 risorse per approfondire il tema delle etichette nell’infanzia In che senso “maschio” e “femmina” sono delle etichette? Cosa implica essere etichettati come maschio o femmina? 9 modi per smussare le etichette di genere nell’infanzia Riflessioni finali Cosa si intende con etichette quando riferite ad una persona? Siamo molto bravi ad etichettare. È un meccanismo di risparmio energetico del nostro cervello. Serve a non dover ricominciare da capo a valutare la situazione ogni volta che si incontra qualcuno. Sono etichette tutte quelle parole, solitamente aggettivi, che riferiamo ad una persona. Possono essere dei pregiudizi , arrivare da luoghi comuni o da esperienze passate. “Mio figlio è diligente” “Mia figlia è brava ad arrampicare” “Sono una persona permalosa” A proposito di etichette mi viene in mente un aneddoto successo a mio marito. ​ Un pomeriggio io ero al lavoro e mio marito era in giro con il nostro bimbo, che dormiva nel passeggino. Mio marito si era sdraiato lì di fianco, sembrava dormisse. Quello che sembrava un nonno con un nipote passa di lì e dice “guarda, un disoccupato ”. Quella persona, sulla base di stereotipi e magari anche la sua esperienza aveva fatto un’ipotesi su mio marito completamente sbagliata . Magari non aveva mai visto un papà con suo figlio durante il giorno e in settimana. Magari non conosceva papà impiegati a tempo parziale . Ha ipotizzato che solo una persona disoccupata ha il tempo per sdraiarsi per terra. Il suo cervello ha fatto tutti questi ragionamenti in una frazione di secondo, per valutare in maniera veloce quello che stava vedendo. Ha fatto 1 + 1 e … ha sbagliato in pieno. Perché sarebbe meglio non etichettare? Etichettando riduci le possibilità di una persona di essere se stessa e di cambiare . È come se imponessi il carattere, i talenti e i difetti di una persona. A volte anche l’aspetto. Mettiamo caso che hai le caratteristiche di una persona pigra e io ti etichetto come tale. Vedo principalmente due possibilità. Oggettivamente: 1. Non sei una persona pigra In questo caso, esprimo un giudizio falso sul tuo conto e il mio rapporto con te sarà falsato da questo mio pensiero. Magari il tuo sembrare una persona pigra è dovuto ad altri motivi. Etichettandoti come persona pigra è come se il mio cervello tutto soddisfatto smettesse di lavorare. Non fa altre ipotesi, non cerca di capire perché tu in questo momento mi sembri una persona pigra. Questo succede anche solo se lo pensassi. Se te lo dicessi invece contribuirei a farti credere che sei una persona pigra. Potresti cominciare a comportarti per soddisfare questa aspettativa . Inizieresti a non metterti più in questione e la pigrizia diventerebbe uno scudo da usare in molte occasioni. Cominceresti a credere che quella, oramai, è la tua natura. Ho parlato di questo meccanismo anche nell’ articolo sul sul multitasking . 2. Sei una persona pigra… …in questo momento della tua vita. Niente, non ce la faccio proprio a scriverlo in maniera assoluta, nemmeno come ipotesi. Comunque mettiamo caso, per intenderci, che da molto tempo a questa parte sei una persona che adora stare sdraiata nel letto a pensare guardare la TV prendere l’ascensore anche per fare un piano di scale Lo fai per scelta, non perché hai una particolare disabilità che ti impedisce di essere una persona più attiva. Prima di tutto: una persona non è mai un’etichetta, nemmeno cinque etichette . “dire sei una persona davvero pigra!” è comunque falso. Perché anche se la pigrizia è una tua caratteristica, magari sei anche una persona molto rilassata perché non corri tutto il giorno tra mille impegni. Questo ti rende una persona molto affabile e comprensiva che si arrabbia di rado. Quindi dirti “sei una persona pigra” non ti renderebbe giustizia in ogni caso. E poi, chi mi dice che un giorno non cambierai? In questo caso il problema principale è quello di ridurre la possibilità che tu possa cambiare . Perché magari da molto tempo sei una persona oggettivamente pigra. Per questo motivo potrei non invitarti mai per una passeggiata. Quando sarò in tua compagnia chiamerò l’ascensore quasi in automatico. E ti sarà ancora più difficile uscire da questa etichetta. Tutto questo discorso vale anche per le etichette positive , come “ intelligente ”. Mette un peso addosso, una responsabilità che magari non vorresti sempre avere. Potresti soffrire di più e scoraggiarti appena fai un errore. Potresti diventare una persona perfezionista, che non esce volentieri dalla sua zona di comfort per paura di sbagliare. 4 risorse per approfondire il tema delle etichette nell’infanzia Se il tema delle etichette ti interessa ti consiglio di cominciare da queste risorse: Il racconto di Valeria da Pozzo intitolato “Siria e la luna” L’episodio del podcast Educare con Calma “Etichette: smettiamo di mettere le persone in scatola!” La risposta di Carlotta Cerri alla domanda di una mamma con una bimba molto timida L’episodio del podcast di mammasuperhero “Smettiamo di etichettare i bambini” In che senso “maschio” e “femmina” sono delle etichette? Quando si parla degli svantaggi di etichettare i propri figli , spesso si fanno esempi come: timido pigra diligente che sono etichette che hanno a che fare con il comportamento . A volte si citano anche le etichette che hanno a che fare con l’ aspetto : bello magra nero [ 1 ] In questi contesti di solito non si parla di “maschio” e “femmina” come di due etichette. Invece le etichette “maschio” e “femmina” sono potenti e insidiose. Perché insidiose? Perché sono invisibili. Perché ci nasciamo. Ci sembrano ovvie e naturali e non pensiamo a quanto influenzano la nostra vita. Ma non sono etichette! È un dato di fatto. Se mia figlia nasce con la vulva, è una femmina, almeno dal punto di vista biologico. Giusto. Però oggi la società ha aspettative e trattamenti diversi per uomini e donne. Quindi essere bollati come “maschi” o “femmine” ha delle implicazioni. Cosa implica essere etichettati come maschio o femmina? A chi nasce viene assegnato un sesso biologico . Sulla base di questo iniziano tutta una serie di automatismi: assegnamo un nome maschile/femminile ci riferiamo loro con pronomi diversi e correggiamo chi sbaglia associamo colori maschili/femminili per tutto: cartolina di benvenuto all’ospedale, vestiti, ciucci, biberon, peluches, triciclo, bicicletta, zaino, … li vestiamo in maniera diversa, non solo per i colori facciamo crescere i capelli o meno regaliamo loro cose diverse usiamo aggettivi diversi per descrivere i bambini e le bambine ci aspettiamo comportamenti diversi ci aspettiamo interessi diversi diamo la paghetta prima e più alta ai bambini [ 2 ] … Ognuna di queste pratiche rafforzano la linea di demarcazione tra il genere maschile e quello femminile . Ora. Concentriamoci un attimo sugli aggettivi , che sono proprio quelle parole che usiamo quando etichettiamo. Pensa all’aggettivo “muscoloso” che viene spesso rivolto ai bambini. Nota quanto suona strana l’espressione “sei muscolosa” riferita ad una bimba. È segno che ci troviamo di fronte ad un'espressione fortemente stereotipata per cui dovremmo evitarla. O cominciare ad associarla in egual misura anche alle bimbe. Etichette come: muscoloso femminuccia forte coraggioso terremoto bravo nel lavoro pratico amante delle macchine da costruzione dipendono dalla macro-etichetta “maschio”. Analogamente, dalla macro-etichetta “femmina” dipenderanno etichette come: gentile dolce diligente brava frivola isterica [ 3 ] maschiaccio 9 modi per smussare le etichette di genere nell’infanzia Voglio darti qualche idea per evitare di rafforzare questa linea di demarcazione tra il mondo maschile e quello femminile. I primi 5 sono consigli inediti e gli altri 4 sono ripresi dall’articolo 20 consigli pratici per educare alla parità di genere . Prendili come spunti di riflessione , non come prescrizioni. Devi fare ciò che ti senti e che è in linea con i suoi valori, solo così potrai fare dei cambiamenti nel lungo termine. Hai notato il titoletto qui sopra? Ho scritto “smussare” non “evitare”. Non ho le fette di tofu sugli occhi e mi rendo conto che non è possibile rimuovere completamente le etichette di genere. Nella nostra cultura e con la nostra lingua è ancora più difficile staccarsi da questo binarismo di genere. Ma sicuramente c’è qualcosa che puoi fare già da oggi. 1. Dai un nome “neutro” al tuo bimbo o alla tua bimba Un nome che non renda chiaro da subito se il bimbo che ti trovi di fronte è maschio o femmina. Questo se potessi tornare indietro lo farei con il mio bambino. Non costa molto e almeno le persone che incontrerete si approcceranno al bimbo o alla bimba in maniera meno stereotipata. O magari si approccerà anche in maniera stereotipata ma una volta come se fosse femmina e l’altra come se fosse maschio. Così il bimbo o la bimba sperimenterà le due facce della medaglia. A meno che ti chiedano esplicitamente il sesso, in quel caso passa al prossimo consiglio! 2. Non rivelare il sesso assegnato alla nascita del bambino o della bambina a meno che sia strettamente necessario. Questo è più facile se non è una persona che te lo chiede direttamente. Magari un formulario per il quale si può trovare una soluzione creativa tipo scrivere a chi ne è responsabile che nella vostra famiglia preferite non dare troppo peso al sesso assegnato alla nascita. Parlo di un formulario dove l'informazione legata al sesso non è strettamente necessaria. Generalmente non vogliamo essere persone scontrose con chi incontriamo al parco e ci chiede “È maschio o femmina?”. In passato ho sempre risposto. Ora che il mio bimbo ha poco più di due anni, se qualcuno lo fa rispondo “Si chiama ”. Così se dal nome è chiaro il sesso, siamo tutti a posto. In maniera pacata avrai messo l’accento sulla persona e non sul sesso. Se dal nome non si capisce e la persona insiste, si potrebbe dire: “È una persona” “Sono curiosa. Perché lo vuoi sapere?” “È nato con il pene/la vulva” “È un maschio, ma non diamo peso al sesso assegnato nella nostra famiglia” Confesso: non so se avrei fegato di rispondere così io stessa. ​ L’altro giorno c’erano due bambini di 5 anni al parco giochi che volevano sapere se il mio bimbo fosse un maschio o una femmina. Mio figlio credo non avesse capito la domanda perché non rispondeva e di solito la parola non gli manca. A questi due bimbi che insistevano ho risposto “Si chiama ”. Loro volevano però avere la conferma che fosse un maschio. Stavo per rispondere “È nato con il pene” ma mi sono fermata alla “p” perché avevo paura di usare la parola “pene” davanti a dei bambini che forse non avevano mai sentito questa parola. Comunque a posteriori ho pensato che avrei potuto rispondere “È una persona”. 3. Non dire al tuo bimbo che è un maschio o alla tua bimba che è una femmina Aspetta! Non è omertà! Semplicemente non gli ricordo quest'etichetta. Se me lo chiede gli rispondo: "Sei una persona nata con un pene" e se vuole saperne di più aggiungo "visto che hai un pene, il tuo sesso biologico è "maschio". Quello che conta però è quello che pensi tu." Aggiornamento: Ora che mio figlio ha 5 anni sa di essere un maschio e mi sembra in linea con il suo genere. 4. Se qualcuno scambia il tuo bimbo per una bimba e viceversa potresti: Non correggere Questo punto è sicuramente discutibile. Io ho smesso di correggere quando il mio bimbo viene preso per una bimba. Al momento preferisco dare il segnale a mio figlio che con lui si può usare qualsiasi tipo di pronome , che comunque spesso è in linea con il sesso assegnatogli alla nascita. Io stessa uso "lui". Quando sarà il momento e la sua identità di genere sarà formata sarà lui a correggere qualcuno che lo misgenderi [ 4 ], se la cosa gli importa. Così facendo le persone si approcciano a lui a volte come se fosse una femmina, a volte come se fosse un maschio. Aggiornamento: Ora che il mio bimbo ha 5 anni e i capelli piuttosto lunghi, viene quasi sempre scambiato per una bimba. E, come ipotizzavo qualche anno fa: ad un certo punto ha iniziato lui a correggere le persone che lo misgenderano. Al momento non mi sembra soffrire per essere scambiato per una bimba per cui non faccio nulla in particolare e aspetto sempre che sia lui a correggere. Non voglio essere io a decidere se e quale genere/sesso di mio figlio rilevare. Correggere usando formulazioni tipo “Lei è Giulia” invece di “È una femmina”, soprattutto se sei davanti ad altri bambini. In questo modo rendi chiaro alla persona che pronomi usare ma metti l’accento sulla persona, evidenziando il nome anziché il sesso assegnato alla nascita. 5. Se il tuo bimbo o la tua bimba misgendera un altro bambino Non vuoi correre il rischio di offendere qualcuno. Suggerisci di chiedere il nome del bimbo che sta misgenderando. 6. Evita il più possibile le parole: maschio femmina bambino bambina femminuccia maschiaccio uomo donna signore signora Eviterai automaticamente frasi tipo: ✖ Il calcio è uno sport da maschi ✖ Le bambine non〈attività o comportamento X〉 ✖ I maschi non〈attività o comportamento X〉 ✖ Sei un maschiaccio / femminuccia 7. Usa la parola “persona” anziché “uomo”, “donna” , “signore” o “signora” ✖ Guarda, un uomo che sta guidando una ruspa ✔ Guarda, una persona che sta guidando una ruspa 8. Giochi di ruolo: lasciali fare se tuo figlio vuole allattare una bambola se tua figlia dice che quel duplo con il rossetto e i capelli lunghi è un signore se tuo figlio vuole impersonare una bambina. D’altronde se lo lasci essere un gatto non puoi impedirgli di essere una persona di un genere diverso dal suo, giusto? 9. Libri e cartoni animati: non è facile ma sforzati di trovarne di non stereotipati e che parlino di temi come identità e espressione di genere Cerca tra quelli che recensisco nelle mie risorse per l’infanzia . È una lista in lento ma costante aggiornamento. Se non hai molto tempo per spulciare la pagina, vai a questo articolo con la mia classifica dei migliori libri per l'infanzia per educare oltre agli stereotipi . Riflessioni finali Non sto dicendo di fare finta che bambine e bambini siano uguali. Non sto nascondendo la biologia a mio figlio. Sa che ci sono persone con il pene e altre con la vulva; caratteristiche che ora che ha 5 anni associamo alle parole "maschio" e "femmina". Ma al di là delle nostre fattezze biologiche, siamo tutte persone una diversa dall’altra e dovremmo imparare a convivere con queste differenze. Per il mio bimbo desidero un mondo in cui abbia il 100% delle possibilità tra cui scegliere e non solo quelle associate al suo sesso/genere. E tu? Ah, e se hai letto fin qui e l’articolo ti è piaciuto mi aiuteresti molto anche solo cliccando sul cuoricino qui sotto. Te ne sono grata. Ciao e alla prossima, [1] Cito dal libro “ Scrivi e lascia vivere. Manuale pratico di scrittura inclusiva e accessibile ”: L’espressione di colore è un calco dall’anglo-americano coloured che inizia a diffondersi in Italia negli anni ‘70 ma si radica negli anni ‘90, quando abbiamo iniziato a considerarla più come un eufemismo di nero . Nel 2022 questo non è più valido, e la stessa comunità delle persone afrodiscendenti italiane rivendica l’uso dell’aggettivo nero . ⇧ [2] Ci sono diversi studi, a me è sembrato ben fatto per esempio questo di Credite Suisse del 2017 dove sono state interrogate 7200 famiglie con bambini tra i 5 e i 14 anni. ⇧ [3] Badiamo alle parole che utilizziamo. L’isteria è una malattia mentale, una forma di nevrosi che si manifesta con varie reazioni psicomotorie, sensoriali e vegetative, oggi meglio definita come disturbo da conversione. Ritenuta in passato esclusivamente femminile, in realtà è ugualmente diffusa nei due sessi. Fonte: dizionario Zanichelli. ⇧ [4] Viene dall’inglese. Lo uso perché mi permette di dire con una sola parola quello che dovrei dire con molte più parole in italiano “riferirsi ad una persona con dei pronomi non in linea con la sua identità di genere”. In realtà questo è possibile solo con bimbi più grandi, che hanno già sviluppato la loro identità di genere. Un bebè tecnicamente non è misgenderabile, si può giusto confonderne il sesso biologico. ⇧

  • Gli 8 migliori libri per l'infanzia per educare oltre agli stereotipi

    Non è facile trovare albi illustrati che mostrano il valore della diversità umana oltre agli stereotipi: inizia da questi! Prendiamo i libri per l’infanzia  in italiano: è facile per te trovarne di davvero belli e che vadano oltre agli stereotipi ? Che mostrino il valore della diversità ? Con protagonisti umani anziché animali? Per me non lo è; e se tu sei qui posso immaginare che nemmeno per te lo sia. Negli ultimi anni ho letto centinaia di libri per l’infanzia  e solo qualche decina è stata meritevole di finire nella sezione risorse del mio sito . Ma poi, nemmeno quelli che ho recensito sono sempre perfetti: su alcuni aspetti ho chiuso un occhio facendolo sapere nella recensione. Un esempio? Quando i protagonisti sono animali anziché esseri umani. Credo sia più facile immedesimarsi e riportare alla realtà le situazioni se i protagonisti sono umani. Oppure il libro che usa il termine presidentessa  come femminile professionale  di presidente , quando potrebbe rimanere invariato: la presidente. O il libro che spiega l’ identità di genere  in maniera un po’ troppo astratta. Per questo ho deciso di raccogliere in questo articolo i migliori libri per l’infanzia per educare oltre agli stereotipi di genere  e mostrare il valore della diversità. Avrei voluto elencarne 10, ma siccome volevo spaziare per gli argomenti trattati, al momento sono arrivata giusto a 8. Ma grazie a questi 8 libri la vostra libreria o biblioteca sarà già incredibilmente impreziosita. Ci sono almeno 5 buoni motivi per leggere oltre agli stereotipi  ma non è sempre facile trovare libri adatti allo scopo. Anche perché esistono libri nati con le migliori intenzioni che secondo me non sono validi. Ne parlavo anche nell’ articolo come leggere libri per bambini senza stereotipi e pregiudizi  e nella newsletter ti sconsiglio due albi illustrati consigliati . Cosa trovi in questo articolo Cosa guardo quando valuto un libro per l’infanzia? Gli 8 migliori libri che ho trovato  per educare oltre agli stereotipi Ruoli di genere Professioni Mascolinità Espressione di genere Protagonista bambina Protagonista bambino Rappresentazione positiva di persone grasse Disabilità Omosessualità Riflessioni finali Cosa guardo quando valuto un libro per l’infanzia? Per valutare un libro ideale per educare oltre agli stereotipi osservo se l’albo: Presenta qualche elemento fuori dagli stereotipi Presenta una storia realistica con protagonisti umani e non animali Rappresenta diversità Dove con diversità  intendo la varietà dell’essere umano  in base a: colore della pelle, forma del corpo, orientamento sessuale, identità di genere, disabilità; ma anche persone con hobbies e professioni fuori dagli schemi di genere, per esempio. Specifico il secondo punto: trovo che un albo realistico veicoli meglio i messaggi che voglio passare. Per me è più facile che la persona che legge si immedesimi nella storia di una bambina bullizzata per il modo in cui si veste anziché in una donnola presa in giro per lo stesso motivo.  Oltre al fatto che animali antropomorfizzati non sono il massimo dal punto di vista dell’ educazione al rispetto degli animali . Ma sui libri ecologicamente educativi rimando a questo podcast di Carlotta Cerri con l’etologa Chiara grasso . Se conosci il panorama libresco per l’infanzia in italiano, capirai che con questi tre criteri praticamente stiamo azzerando le nostre probabilità di trovare dei libri da leggere. Ma c’è una buona notizia: restringendo così tanto il campo, poi solitamente i libri che restano sono davvero validi perché trattano più o meno indirettamente diversi temi importanti. Seguimi e capirai! Gli 8 migliori libri che ho trovato per educare oltre agli stereotipi Qui trovi una lista degli 8 migliori libri che ho trovato in italiano che spaziano su diversi temi. Ruoli di genere Attualmente il mio libro preferito per mostrare una diversa ripartizione dei ruoli di genere tradizionali è Il trattore della nonna . L’albo racconta di una giornata tipo dei nonni in campagna con la nonna che ad esempio gira per i campi con il trattore mentre il nonno sta a casa a fare una crostata. Un altro tema che questo libro sfiora è quello dell’ espressione di genere , con il nonno che si stende i suoi boxer rosa a fiori gialli. Professioni Un libro valido sulle professioni che ho trovato è Cosa faremo da grandi , un prontuario dei mestieri per bambine e bambini. Due bambini, Diego e Marta, devono scrivere un tema intitolato “Cosa vorresti fare da grande?”. Il libro si svolge poi in doppie pagine in cui si vedono il bambino e la bambina nelle vesti di diverse professioni. Gli   stereotipi riguardo alle professioni si formano in età molto piccola  ma grazie a questo libro si smussano le rappresentazioni stereotipate dei mestieri. Marta sarà dunque una maestra di sci, una ballerina di breakdance o un’ingegnera informatica; mentre Diego un maestro d’asilo, un ballerino di flamenco o un ingegnere aerospaziale. Facci caso: quante volte nei libri per l’infanzia l’insegnante di scuola è una donna? Io stimo nel 99 su 100 dei casi. Anche l’esposizione a femminili professionali inusuali  è molto importante per inibire la formazione di stereotipi di genere nel campo delle professioni . Se vuoi approfondire il tema, ti consiglio anche la mia newsletter intitolata Di ingegnere, architette e muratrici . Se invece di una lista di mestieri cerchi proprio un racconto per l’infanzia che sgretoli stereotipi legati alle professioni (e ai ruoli di genere) con protagonisti umani: potrebbe piacerti il mio racconto che trovi su latela anche in forma di anteprima . Puoi anche dare un’occhiata all’episodio gratuito in cui presento i protagonisti del racconto . Mascolinità Un libro che mostra un modello di mascolinità alternativo rispetto a quello più comune è Ettore, l’uomo straordinariamente forte . Ettore è un uomo che da un lato corrisponde perfettamente ai canoni di “vero uomo” essendo estremamente muscoloso e forte. D’altra parte, ha dei lati di sé considerati tipicamente femminili: come la passione per il lavoro a maglia e l'uncinetto . Inizialmente tiene questa passione nascosta, ma poi per via di due colleghi bulli , la passione di Ettore per la lana e i gomitoli viene scoperta. A differenza dei bulli, le altre colleghe e colleghi di circo prendono bene questa notizia e anzi, vogliono imparare a loro volta a lavorare a maglia. Dal libro si capisce che Ettore è entusiasta di poter vivere la sua passione in libertà , senza più doversi nascondere. Espressione di genere Per questa categoria propongo due libri, uno in cui la persona protagonista è una bambina e uno dove è un bambino. Trovo che i due generi vivono delle esperienze diverse quando si vogliono allontanare dalle norme di genere. Protagonista bambina Un libro per l’infanzia che abbiamo adorato sul diritto di vestirsi come ci pare è Mary si veste come le pare . Il libro è ispirato alla storia di Mary Walker, una delle prime donne a portare i pantaloni nonostante il divieto . Il racconto riguarda una bambina che decide di indossare i pantaloni per comodità , in un’epoca dove questo era inusuale se non addirittura vietato. Inizialmente viene osteggiata e addirittura bullizzata  per questa sua scelta. Ma lei è convinta della sua scelta e va avanti a testa alta, anche sostenuta dal suo papà . Un altro tema toccato da questo libro è quello dei ruoli di genere: il papà di Mary è presente, accogliente e gentile . Si tratta di un raro caso di padre in ruolo di cura  che si trova in un libro per l’infanzia. Essendo la protagonista una bambina d’altri tempi, possiamo seguire la storia in maniera appassionata ed empatizzare , ma la si percepisce come una storia del passato, visto che oggi nessuno - spero - impedirebbe ad una bambina di mettere dei pantaloni.  Un bimbo che vuole indossare una gonna è invece ancora tanto contrastato o comunque temuto. Per questo ci ho tenuto a portare un libro su questo tema in cui il protagonista fosse invece un bambino. Protagonista bambino La storia che ho scelto è Julián è una sirena   perché affronta in maniera delicata il discorso dell’espressione di genere : un bambino può vestirsi da sirena se vuole e va supportato in questa sua scelta. Il libro racconta di un bimbo che in tempo di Carnevale improvvisa un vestito da sirena a casa della nonna. La nonna lo accoglie e sostiene. Il libro ha davvero poche parole, ma… non servono! Un’altra cosa bella del libro è la rappresentazione di un personaggio positivo grasso , cosa non scontata nei libri per l’infanzia. Ne parlo meglio nella recensione a questo libro nella sezione risorse del mio sito  e anche nella newsletter dedicata al tema della grassofobia . Inoltre i personaggi di questo libro hanno la pelle marrone e/o nera e quindi portano un po’ di diversità nelle librerie della nostra prole , che generalmente è davvero un tantino bianca. Rappresentazione positiva di persone grasse  Julián al matrimonio  è un libro molto carino sotto diversi aspetti. L’ho scelto per la categoria “Rappresentazione positiva di persone grasse” perché sono rari i libri per l’infanzia in italiano che rappresentino questi tipi di corpi . Di questo libro mi piace la figura della nonna di Julián, che si mostra a chi l’osserva tranquilla e sicura nel suo corpo grasso e con i suoi vistosi capelli bianchi . Il libro, come Julián è una sirena , presenta illustrazioni per me molto belle e poche parole. La trama è semplice: Julián e sua nonna si recano ad un matrimonio, Julián vi trova una persona amica e un cagnolino con cui giocare fino a che la stanchezza prende il sopravvento. Mi piace l’outfit fuori dagli stereotipi di genere  di Julián e il suo trasformarsi in uno stilista di moda quando all’amica si infanga completamente il vestito. Dettaglio che passa quasi in secondo piano ma molto rilevante per il discorso che stiamo facendo: le persone che si sposano sono due donne . Come per Julián è una sirena  apprezzo infine la rappresentazione di persone con la pelle nera e/o marrone , per aggiungere questo colore ad una libreria per l'infanzia che altrimenti è parecchio bianca. Disabilità Il libro Fuoriserie  è un albo illustrato con tre storie di campionesse paralimpiche   che ci aiuta a lasciare la prospettiva pietistica che abbiamo della disabilità . Ho anche apprezzato che in questo libro vengono presentati a bambini e bambine temi tabù come disabilità, malattia, incidenti o adozione . Per me è anche importante che l a protagonista di una delle tre storie sia iraniana , perché trovo che nei libri per l’infanzia in italiano si trovino ancora troppe poche storie ambientate in luoghi fuori da quello che vien detto Occidente .  Mi piace il fatto di dover pronunciare nomi che ad alcune orecchie potrebbero suonare un po’ più difficili per abituarci all’idea che  i nomi validi sono tanti e diversi . Chi ha scritto questo libro è Francesca Cavallo, autrice di libri per l’infanzia  come   Storie della buonanotte per bambine ribelli ,   Elfi al quinto piano  e Storie spaziali per maschi del futuro . Omosessualità Se vuoi un libro realistico che rappresenti una coppia omosessuale  consiglio Zia Lidia si sposa . Quello che mi piace molto di questo libro è che il focus non è sul fatto che zia Lidia si sposi con una donna , ma sulla preoccupazione della nipote Martina di essere messa in secondo piano dalla zia preferita. Un po’ come dicevo per Julián al matrimonio , la coppia omosessuale  c’è, si sposa, ma la storia non ruota attorno al fatto che la coppia sia omosessuale. La trama presenta dunque la zia preferita, la ricezione della notizia, il dialogo tra Martina e zia Lidia su come si trasformerà il loro rapporto dopo il matrimonio e la festa.  Semplice ma con il taglio giusto per dare ai nostri figli e figlie una rappresentazione di persone dello stesso genere che si amano e sposano . Questo tipo di rappresentazione nei libri per l’infanzia è utile soprattutto quando questo non sia già presente in famiglia o nella nostra cerchia di amici. Riflessioni finali Avrei voluto scrivere una Top Ten  spaziando attraverso temi diversi ma rispettando i miei criteri sono arrivata a una Top Eight. Per me è significativo che al momento la Top Ten  sia incompleta. In italiano, ad esempio, mi manca un libro per l’infanzia che presenti la storia di persone trans . In altre lingue ci sono libri per l’infanzia molto validi come Phoenix goes to School  o Calvin . Mi manca anche un libro che parli a bambini e bambine di neurodiversità  rispettando i miei criteri. Aggiornerò senz’altro quest’articolo quando mi capiteranno per le mani libri che possano completare questa classifica.  Se tu hai trovato altri libri validi  che rispettano tutti e tre criteri di cui ti parlavo nella sezione introduttiva : non esitare a farmelo sapere. Se hai letto fin qui e l’articolo ti è piaciuto, mi aiuteresti molto anche solo cliccando sul cuoricino qui sotto o ricondividendolo. Grazie! Ciao e alla prossima,

  • 6 buoni motivi per usare i femminili professionali quando parli con i tuoi bambini

    Cosa si intende per femminili professionali? Perché sarebbe una buona scelta usarli nel parlato? «Come si chiama una donna ingegnere?» «Ingegnera». Ti suona male, ti fa ridere? O addirittura pensi che «ingegnera» sia sbagliato, che «ingegnere» al femminile resta «ingegnere»? Perfino il correttore automatico mi chiede se son proprio sicura di voler scrivere «ingegnera» … Hai mai riflettuto su questa cosa? Se non lo hai mai fatto, non preoccuparti, io che sono un’ingegnera meccanica ho cominciato a rifletterci a 30 anni suonati 😁. E fino a quel punto mi dicevo un ingegnere meccanico senza troppi problemi. Di sicuro «ingegnere» mi suonava più rispettabile di «ingegnera» . Se invece ci hai già riflettuto, probabilmente avrai un’opinione al riguardo. La cosa che mi sorprende, è che su questa cosa tutti abbiano un’opinione. In realtà, è solo questione di applicare la grammatica italiana. In quanti altri casi abbiamo un’opinione sulla grammatica italiana? In questo articolo ti racconto dei femminili professionali e ti darò 6 buoni motivi per cominciare ad usarli oggi. Cosa trovi in questo articolo: Cosa si intende per femminili professionali L’importanza nella lingua nell’educazione La mia transizione da ingegnere a ingegnera 6 buoni motivi per usare i femminili professionali con i tuoi bambini Come declinare le professioni al femminile Femminili professionali: le mie riflessioni finali Cosa si intende per femminili professionali Con l’espressione femminili professionali intendo la declinazione al femminile delle professioni. Per esempio: agricoltore che al femminile fa agricoltrice architetto che fa architetta fisioterapista che resta fisioterapista Il discorso si può estendere alle cariche: presidente che al femminile resta presidente sindaco che diventa sindaca deputato che fa deputata Ti è già venuto il nervoso a sentire questi termini? Se così fosse, ti prego di tenere duro, okay? C’è dell’altro. L’importanza nella lingua nell’educazione Il linguaggio influenza il nostro modo di: vedere il mondo pensare comportarci E non lo dico io, ma una schiera di persone che studiano il nesso tra linguaggio e psicologia come per esempio lo psicolinguista Pascal Gygax. La lingua è uno degli strumenti più potenti che abbiamo a disposizione per educarci ed educare alla parità . C’è gente là fuori che pensa che piccoli gesti non bastano per abbattere le disparità di genere. Anche tu magari stai pensando che non cambierà nulla mettere una “a” al posto di una “e” per declinare al femminile «ingegnere». Io penso invece che usare la lingua italiana in maniera consapevole per sradicare stereotipi è come mettere in moto tante gocce d’acqua che a lungo andare solcheranno la roccia. Ci vuole sicuramente più tempo e pazienza ma sarà qualcosa che funzionerà a lungo termine e coinvolgerà più persone. “ Le parole che utilizziamo possono avere un impatto straordinario non solo sulle nostre vite individuali, ma anche su quelle collettive. ” Gianrico Carofiglio La mia transizione da «ingegnere» a «ingegnera» Che sia chiaro: non parlo di queste cose in quanto esperta dell’argomento. Sono un essere umano perfettibile che sta facendo un viaggio per riconoscere e lavorare sui propri stereotipi, raccolti lungo una vita. Ti racconto come è iniziata la mia transizione da «ingegnere» a «ingegnera»: Qualche anno fa stavo scrivendo un articolo sulla mia professione e mi sono ritrovata a scrivere qualcosa come “sono un ingegnere meccanico che lavora …” Lì, in quel preciso momento, mi sono resa conto per la prima volta che qualcosa in quella frase non mi tornava. “Sono un ingegnere meccanico”. “«Ingegnere» è un termine maschile? Neutro? D’altronde finisce con “e”, non con “o”...” “Io mi sento una donna.” “Ci dovrò mettere l’apostrofo dopo «un»?” Il potere della scrittura: nel parlato gli apostrofi non si vedono quindi non mi ero mai posta davvero il problema. Andavo ad orecchio e siccome non sentivo mai parlare di «ingegnera», «ingegnere» mi suonava nettamente meglio. Personalmente, penso che mi ha aiutato il fatto che «ingegnere» termina in “e” e non in “o” o in “ore” tipo “cuoco” o “professore”, rendendo «ingegnere» un maschile meno ingombrante da portare in quanto donna. Dopo una breve ricerca scopro che sì, «ingegnere» al femminile fa «ingegnera»: è tranquillamente declinabile in quanto sostantivo di genere mobile. Il semplice ragionare su un apostrofo mi ha aperto un mondo: dovrei dirmi «ingegnera» . Ovviamente mi suonava male, era un termine strano praticamente mai sentito prima. Non mi sentivo così dentro la grammatica italiana da metterla in dubbio e quindi per quanto mi potesse suonare strano e svilente ho titolato l’articolo “Sono un’ingegnera meccanica”. Il processo di metamorfosi era appena cominciato. Da lì in poi mi sono informata molto, leggendo libri come Femminili singolari della sociolinguista Vera Gheno. Non dico che sia stato facile, ancora di recente mi è capitato di rispondere «ingegnere meccanico» alla domanda «Qual è la tua professione?». Mi succede quando sono sotto stress o colta di sorpresa, quando devo rispondere in fretta. È una cosa super interessante se ci pensi. In psicologia, il tempo di risposta correla con la facilità che il cervello ha a dare una risposta: tanto più impieghi a rispondere, tanto più quella risposta ti è difficile. È un po’ come se ti chiedessi di dire «blu» tutte le volte che vedi qualcosa di rosso. Ce la puoi fare, ma il tuo cervello farà più fatica, e facendo più fatica impiegherà anche più tempo a rispondere. E se devi rispondere in fretta, è più probabile che “sbaglierai” dicendo «rosso» quando vedi qualcosa di rosso. Ancora adesso, nonostante la consapevolezza e alcuni anni di pratica, la risposta che mi viene più facile è «ingegnere». 6 buoni motivi per usare i femminili professionali con i tuoi bambini Ascoltando il mio bambino quando aveva 2.5 anni, ho notato quanto lui applicasse la grammatica in maniera intuitiva. Nei giochi di ruolo mi chiamava capacantiera , diceva di essere entusiato e una volta l’ho anche sentito dire maschia , ovvero «femmina». Per i bambini non è difficile o strano sentire «ingegnera», «architetta», «minatrice» o «meccanica d’auto». Quindi la buona notizia è che ai bambini viene naturale e non dovrai fare nessuna opera di convincimento. 6 buoni motivi per usare i femminili professionali quando parli con i tuoi bambini: 1. È grammaticalmente corretto I tuoi figli eviteranno così di trovarsi a dover riprogrammare il loro cervello in età adulta come stiamo facendo noi ora. Se ti preoccupa la decadenza della lingua italiana ti assicuro, i femminili professionali non sono dei neologismi. Sono previsti dalla lingua italiana, suonano strano al tuo orecchio solo e soltanto perché forse in vita tua non avevi ancora mai incontrato o sentito parlare di una «minatrice» o di un’«ingegnera meccanica», ok? 2. Eviti di confonderli La lingua italiana è già abbastanza complessa. Che ne dici di aiutare i tuoi bimbi evitando di aggiungere eccezioni? Se dici «cassiere» e «cassiera» potresti dire anche «ingegnere» e «ingegnera». 3. Dai più possibilità di scelta ai tuoi figli fornendogli una rappresentazione più variegata dei mestieri. Immagino che ci tieni che i tuoi figli e le tue figlie possano aspirare a diventare ciò che vogliono. Beh, sii consapevole che le tue figlie saranno meno portate a studiare ingegneria o i tuoi figli meno portati a diventare infermieri se vivono in una società che non declina al femminile o al maschile certe professioni. Ci sono studi scientifici che lo dimostrano descritti in questo libro . Dice bene Vera Gheno in Femminili singolari. “Succede che ciò che non viene nominato tende a essere meno visibile agli occhi delle persone.” Capisci? Non gli diciamo esplicitamente “non puoi fare l’ingegnera” ma trattando quella professione unicamente al maschile è come se non gli stessimo mettendo quella tra le possibili opzioni. Ad oggi, solo il 12-15% di chi studia ingegneria meccanica nei politecnici alle nostre latitudini è donna. Non è che le donne siano meno portate all'ingegneria meccanica, sono portate a crederlo. A partire dalla bambola regalata anziché la macchinina . Se cerchi un libro per l'infanzia che dia una rappresentazione non stereotipata dei mestieri, ti consiglio Cosa faremo da grandi , un prontuario dei mestieri per bambine e bambini. 4. Aiuterai a rendere il mondo più prospero e sostenibile. Come? Aumentando la probabilità che i tuoi figli scelgano un percorso professionale senza seguire lo stereotipo professionale corrente. Così facendo si ridurrà la carenza di manodopera nei settori segregati per genere. 5. L’unico modo per rimuovere il senso ridicolo o ironico di certe parole è usarle Ho già sentito di architette che non vogliono farsi chiamare «architetta» perché fa pensare alla tetta… ma nessuno mette in dubbio l’utilizzo della parola «cazzuola». Devo citare di nuovo Vera Gheno in Potere alle Parole : “Le forme femminili [delle professioni] sono definite da molti «cacofoniche», «abomini»[...]. Io dico: e se fossero soprattutto insolite? Linguisticamente non sono certo errate o non previste dal sistema. E la bruttezza non è un concetto linguistico.” Ripeto: la bruttezza non è un concetto linguistico . D’accordo? Per il mio bimbo ho inventato storie che parlano di un’ingegnera e per lui «ingegnera» è una parola come un’altra. 6. Eviti che i tuoi figli da adulti sprechino tempo ed energia discutendo di questi temi Come declinare le professioni al femminile Allora, se ci pensi, tanti femminili professionali riusciresti a formarli applicando la grammatica in maniera intuitiva, come fanno i bambini. Un altro strumento molto utile sono i dizionari, che riportano l’informazione riguardo alla declinazione femminile. Nel dubbio, ti lascio qui uno schema semplificato con il quale puoi cavartela nella maggior parte dei casi sostantivi di genere mobile ovvero quei nomi che al femminile cambiano attraverso una desinenza -o → -a: informatica, avvocata [ 1 ], architetta -aio → -aia: libraia, calzolaia, notaia -ario → -aria: bibliotecaria, segretaria, primaria -iere → -iera: cassiera, infermiera, ingegnera -sore → -sora: incisora, revisora, supervisora -tore → -trice: tatuatrice, agricoltrice, muratrice sostantivi di genere comune o epiceni ovvero quei nomi che al maschile e al femminile restano uguali, cambia solo l’articolo il docente → la docente il fisioterapista → la fisioterapista il presidente → la presidente Femminili professionali: le mie riflessioni finali Uao, se hai letto l’articolo fino qui volevo ringraziarti di cuore per l’impegno. Parliamoci chiaro, non è il tema più interessante del mondo. Ti ho mostrato come per mezza vita ho contribuito nel mio piccolo a rafforzare la disparità di genere. Il messaggio è che anche tu, da oggi, puoi contribuire a rendere più giusto questo mondo, evitando di rafforzare le differenze di genere a partire da quando i tuoi bimbi sono piccoli. Ogni piccolo passo nella giusta direzione conta, okay? La scelta è tua. Fammi sapere qui sotto in quale stadio della metamorfosi ti trovi, sono troppo curiosa di saperlo! Ah, e se hai letto fin qui e l’articolo ti è piaciuto mi aiuteresti molto anche solo cliccando sul cuoricino qui sotto. Te ne sono grata. Ciao e alla prossima, [1] Qui potrebbe venire il dubbio: «avvocata» o «avvocatessa»? In questo caso il consiglio è quello di mantenere in -essa le forme che si sono stabilite nel tempo, tipo «dottoressa» o «professoressa». Ma altrimenti di predilire la desinenza in -a anziché -essa, quindi meglio «l’avvocata» o «la presidente». ⇧

  • 5 motivi per leggere oltre gli stereotipi

    Ma servirà davvero la diversità nei libri per l’infanzia? Vale la pena sforzarsi di scegliere libri non stereotipati? Una volta ho letto qualcuno che diceva che per crescere una figlia che sappia affrontare le ingiustizie di genere : “Non basta acquistare libri con personaggi emancipati e senza stereotipi sessisti.” Il messaggio continuava specificando che noi genitori... “[...] dovremmo rimboccarci le maniche e superare i nostri limiti del nostro contesto; combattere le ingiustizie delle nostre vite”. Dobbiamo vivere secondo i principi della parità di genere per dare l'esempio. Anche se vedo quello che si vuole dire con queste parole, non sono completamente d’accordo. Non sono d’accordo perché si sminuisce un piccolo primo passo concreto verso la parità di genere : leggere libri scelti intenzionalmente per educare oltre gli stereotipi . Per creare un mondo più giusto in cui possano convivere pacificamente tutte le differenze del genere umano. Un primo passo che è a disposizione di ogni famiglia . Perché non tutti possono superare i limiti del loro contesto oggi. In questo articolo ti spiego 5 motivi per cui secondo me invece è utile leggere libri per l'infanzia non stereotipati . Cosa trovi in questo articolo: È un gesto concreto e quasi sempre fattibile È un modo per esporre ed esporci alla diversità Permette di intavolare discussioni importanti in un contesto sicuro Abitua ad un certo tipo di linguaggio Fa bene anche a te, persona adulta Riflessioni finali È un gesto concreto e quasi sempre fattibile L'attitudine di sminuire un problema in favore di problemi più grandi è detto benaltrismo . Da Garzanti Linguistica la definizione di benaltrismo infatti è la: tendenza a spostare l’attenzione dal problema in discussione ad altro che si addita come più importante o più urgente. Chi sminuisce la lettura di libri per la parità perché "i problemi sono ben altri" non calcola alcune cose: Se ti metti obbiettivi troppo grandi, non fai nulla, non cominci nemmeno. Gli obbiettivi devono essere raggiungibili. Se il tuo obbiettivo è educare tua figlia alla parità, beh, forse non comincerai dicendo oggi al tuo cliente più importante che è sessista. Lo so che avremmo il diritto di farlo, ma a volte tenere un lavoro è pura necessità e le ingiustizie vanno scardinate nel lungo termine. Alcune persone non possono o non vogliono superare i limiti del loro contesto. Riformulo la frase della persona scettica riguardo all'utilità di libri per l'infanzia non stereotipati: "è inutile che leggi un libro a tua figlia con una protagonista forte ed emancipata se tu stessa non lo sei" o "è inutile che presenti libri con padri in ruoli di cura e poi tu sei sempre in giro per lavoro e deleghi tutto il carico mentale familiare alla tua compagna". Io dico che: Non è detto che tu voglia cambiare la tua situazione di impostazione tradizionale. Se tutte le parti stanno bene non dovete modificare il vostro assetto famigliare tradizionale per educare alla parità. Ma volete mostrare alternative alla vostra scelta ai vostri figli e figlie. Se invece ti piacerebbe cambiare qualcosa di questo assetto, diciamo che non è possibile vedere subito un risultato concreto. Bisognerà discuterne, trovare soluzioni, compromessi. Potrebbero volerci anni. Allora io ti dico: leggere un libro per sradicare stereotipi è qualcosa che puoi fare oggi; sopratutto se dai un'occhiata alla sezione delle risorse di questo sito , in lento ma costante aggiornamento. È un modo per esporre ed esporci alla diversità Ovviamente sarebbe meglio esporci alla diversità nel mondo reale e non attraverso i libri. Ma questo non è sempre fattibile nell'immediato. I libri ci vengono quindi in aiuto per mostrare diversi tipi di persone e realtà. Mi viene in mente un passaggio in "Ho un fuoco nel cassetto" di Francesca Cavallo: Spesso, i libri per bambini che contengono le storie di persone LGBTQIA+ vengono tacciati come 'propaganda'. È un argomento che non capisco. Noi esistiamo. Lavoriamo, viviamo, andiamo al supermercato, danziamo, ci innamoriamo, moriamo. E allora non fa forse propaganda chi sceglie di nascondere ai bambini la nostra presenza? Chi costruisce il mondo a propria immagine e somiglianza e sceglie ogni giorno di raccontare ai bambini una versione distorta della realtà in cui persone disabili, omosessuali, transgender, razializzate semplicemente non esistono? Capisco che ci possono essere dei timori, in quanto genitori, ad esporre i bambini alla diversità. Noto ad esempio un'ipersensibilità riguardo a temi come identità di genere o orientamento sessuale . A causa dell'ignoranza sul tema, molte persone credono che così facendo rischiamo di confondere i bambini. Di "deviarli", che è una specie di eufemismo per dire "ho paura che diventino gay o trans a loro volta". A questo proposito, ecco un altro passaggio dal libro di Francesca Cavallo: C'è chi dice che raccontando storie che includono personaggi LGBTQIA+ vogliamo far diventare i bambini gay. È assurdo perché se c'è qualcuno che sa che è impossibile 'diventare' diversi da quelli che si è, beh, siamo proprio noi. Nessuno vuole che bambini eterosessuali o cisgender diventino gay o transgender. Io voglio solo che tutti i bambini, e non solo quelli eterosessuali e cis, abbiano la possibilità di diventare adulti liberi, perfino felici. Se anche tu in un certo senso condividi questi timori, ti chiedo solo di restare con me. Continuare a leggere i miei contenuti e attingere dalle risorse che propongo , sono sicura che riusciremo a fare chiarezza. Si teme molto meno ciò che si conosce. Tra l'altro Francesca Cavallo è l'autrice di libri per l'infanzia come Storie della buonanotte per bambine ribelli , Elfi al quinto piano o Fuoriserie . La diversità può anche essere rappresentata da diversi tipi di corpi o di famiglie. La tua famiglia magari è di stampo "tradizionale" ma attraverso i libri mostriamo che questa non è l'unica possibilità . Questo tra l'altro è il motivo per cui ho scritto io stessa un racconto in cui un'ingegnera che è anche mamma parte in viaggio di lavoro . Mi mancavano libri che rappresentassero mamme che escono di casa per lavorare e papà che si occupano del resto. Alcuni esempi virtuosi che ho trovato in italiano finora è Arriva la mamma! ma anche Il trattore della nonna o,per bambini un po' più grandi, anche ne Gli occhiali da sogno c'è una mamma direttrice. Concludendo: esporre alla diversità contribuisce a sradicare stereotipi o comunque ne rallenta il processo di formazione . Permette di intavolare discussioni importanti in un contesto sicuro Ti racconto un mini aneddoto: ​Mio figlio di tre anni, o forse allora ne aveva anche solo due, stava guardando con me il libro di "George", la scimmietta. Ad un certo punto indica la pancia del cuoco Pisghetti e mi chiede: "Perché ha la pancia grossa?" La prima cosa da fare magari è cercare di non rispondere con una frase come "Perché mangia tanto". Non sempre è vero che una persona con la pancia grossa mangia molto. Comunque non escludo di aver risposto così la prima volta che mi è arrivata una domanda del genere... Ma il messaggio importante in questo caso potrebbe essere: "Ci sono corpi di diverse forme, colori e grandezze". Ed è proprio questo che intendo con "intavolare discussioni importanti in un contesto sicuro". Preferisco parlare con il mio bimbo di queste cose in un contesto positivo e riservato ; non tutta imbarazzata davanti ad una persona con la pancia grossa, per intenderci. Perché magari ad un certo punto potremmo aggiungere: "Sarebbe meglio non commentare i corpi delle persone. Non è facile, vero? Le persone ti dicono spesso che hai un bel colore di capelli e dei begli occhi". Poi mi è capitato comunque che mio figlio commentasse il corpo di una persona. Come mi ha insegnato Carlotta Cerri: i bambini devono imparare le stesse cose in contesti diversi . Ma penso che lo farebbe più spesso se non avessimo trattato l'argomento a casa grazie ad un libro. La consapevolezza di mio figlio in questo senso sta aumentando: ​Una decina di giorni fa, mio figlio aveva dunque 3.5 anni, stavamo tornando a casa in bicicletta, lui sul seggiolino dietro di me. Sorpassiamo una famiglia che invece era a piedi e dopo un po' mio figlio mi dice: "Quella persona con una maglietta grigia... aveva delle tettone." Io: "Hai notato che quella persona aveva delle tette molto più grandi delle mie? Sì, ci sono corpi di forme e colori diversi." Lui, risvegliato dalla mia frase-standard sui corpi: "Mamma, non ho commentato un corpo, vero?" "Sì", rispondo, "hai commentato un corpo, ma per fortuna non lo hai fatto davanti alla persona." "Perché?", mi incalza. "Perché non sappiamo se a quella persona fa piacere ricevere un commento sul suo corpo." E sicuramente ho aggiunto anche qualcosa sul fatto che al giorno d'oggi certi corpi sono discriminati e che dovremmo dare meno peso all'aspetto dei corpi . Diciamo che qui posso ancora lavorare perché non ho trovato una frase efficace adatta ad un bambino piccolo d'età. Se hai input non esitare a lasciare un commento qui sotto! Un altro argomento importante potrebbe essere quello dell' espressione di genere , ovvero come una persona decide di presentarsi al mondo. È un argomento trattato bene per esempio in Visto che vestiti? . Intavolare discussioni su temi come "ognuno può vestirsi come gli pare" è importante per due motivi: Dà più sicurezza alla tua bambina o al tuo bambino qualora volessero presentarsi al mondo in maniera anticonformista e/o venissero presi in giro per il loro modo di essere. Previene che la nostra bambina o bambino prendano in giro a loro volta. Non voglio solo che mio figlio sia libero di essere se stesso: io voglio che lui lasci anche gli altri liberi di essere se stessi! Abitua ad un certo tipo di linguaggio I libri fatti davvero bene modellano un linguaggio rispettoso ed empatico che tiene conto delle varie sfacettature dell'umanità. Penso ad un libro che abbiamo in tedesco e che mostra come si fa un bebè. Non parla mai "della mamma che partorisce" ma della "persona che partorisce" tenendo conto per esempio di persone transgender ma anche di persone che poi danno in adozione un figlio o magari che partoriscono per altre famiglie. Un'altra abitudine linguistica che si può acquisire leggendo dei buoni libri è quella di aggirare il maschile generico quando possibile. Ad esempio, sempre nel libro "Un bebè! Come si forma una famiglia", ad un certo punto a proposito di procreazione medicalmente assistita vien detto: "La dottoressa o il dottore mettono l'embrione nell'utero". Sdoppiare il maschile generico "dottore" in "dottoressa o dottore" è estremamente importante perché: ​Le rappresentazioni che le persone più giovani si fanno dei mestieri sono influenzate dagli stereotipi di genere e dalla forma grammaticale maschile. L’utilizzo dello sdoppiamento ad esempio “meccanico e meccanica d’auto” può limitare l’effetto degli stereotipi. Le donne si sentono più chiamate in causa e sono più visibili quando si accostano i termini al maschile e femminile anziché quando viene usato solo il maschile in forma generica [ 1 ] Un altro esempio è quello dei femminili professionali . Non vengono usati (correttamente) i tutti i libri. Per questo sono contenta di trovare libri come Cosa faremo da grandi? della pedagogista di genere Irene Biemmi. In questo libro si presentano diversi femminili professionali a cui sopratutto l'orecchio della persona adulta deve ancora abituarsi. Fa bene anche a te, persona adulta Voglio darti 3 motivi per cui leggere intenzionalmente libri oltre gi stereotip i fa bene anche a te: 1. Affina il tuo spirito critico. Come? Beh, dovendo valutare criticamente i libri che proponi alla prole devi per forza mettere in campo il tuo spirito critico, ponendoti alcune domande. Sopratutto perché alcuni libri pensati per abbattere stereotipi in realtà non sono perfetti, come scrivevo nella mia ultima newsletter ma anche in questo articolo . 2. È un esercizio di mindfulness . Cosa intendo? Quell'essere presenti nel momento, un tipo di meditazione che dà molti benefici. Se decidi di leggere con intenzione libri per l'infanzia, cerchi di stare sul pezzo e non vagare con la mente. Spesso questi libri trattano argomenti delicati e hanno delle parti da omettere perché le persone a cui leggi non sono pronte a sentire certe formulazioni. È il mio caso quando incontro una frase come: La mia ombra è ROSA! Va matta per fiori, unicorni e fatine, e tutti quei giochi che son "da bambine" . Una frase come questa io la modificherei conformemente alla mio primo consiglio pratico per educare alla parità di genere . Ovvero rimuovo la parte finale in cui si dice "da bambine". Anche e sopratutto perché mio figlio non ha ancora cominciato a dire cose come "quello è da bambina". 3. Educa anche te. Sì, anche che noi persone adulte possiamo imparare lezioni di diversità e empatia dai libri per l'infanzia. Penso al papà di Danny, la donnola che ama vestirsi nel libro Visto che vestiti? . O ai genitori di Florian (Calvin in inglese), accoglienti quando la fino ad allora bambina dice loro di essere un bambino. Se poi passiamo ai libri per (pre)adolescenti allora ecco che possiamo imparare davvero molto da un solo libro: penso ad esempio ad Io dico no agli stereotipi . Riflessioni finali Ora sai perché è utile scegliere ogni giorno di leggere libri diversi e non stereotipati alla prole. È uno sforzo, ma è fattibile e concreto e va nella giusta direzione. Un libro alla volta contribuiamo a crescere futuri adulti consapevoli e rispettosi delle differenze. E visto che voglio rendere accessibile questa pratica a quante più persone possibile , riassumo i miei sforzi nella sezione risorse del mio sito . Così eviti di prendere un libro che prometteva bene e invece era scarso e non perdi troppo tempo nella ricerca. Input e titoli che ti sono piaciuti sono i benvenuti nei commenti! E se hai letto fin qui e l’articolo ti è piaciuto mi aiuteresti molto anche solo cliccando sul cuoricino qui sotto o ricondividendolo. Te ne sono grata. Ciao e alla prossima, [1] Ho estratto queste conclusioni dal libro di psicolinguistica "Le cerveau pensa-t-il au masculin?" ⇧

  • 21 consigli pratici per educare alla parità di genere

    Cosa significa educare all’uguaglianza di genere? Da dove iniziare? Come fare? Te lo racconto in questo articolo! Visualizza una persona che gioca a calcio. Eh certo… nella tua vita non avrai visto molte calciatrici. E se ti chiedo di visualizzare una persona che fa balletto? Una persona che pilota un drone? Ecco, ci siamo capiti. È tutto normale: abbiamo tanti stereotipi interiorizzati in base al nostro vissuto. Gli stereotipi fanno parte di noi perché sono basati su un meccanismo di sopravvivenza del cervello: se vedo una sagoma in mezzo a una radura voglio capire subito se si tratta di una casa, un albero o un orso bruno. O no? È importante cercare di sradicare gli stereotipi, soprattutto quando siamo in compagnia di bambini, che sono delle spugne e fanno presto ad interiorizzarli. Ed era a spasso con il suo papà. Anche se lui è abituato a stare 2 giorni su 5 settimanali con il papà, la domanda più spontanea che gli esce è questa. Mio figlio di 2.5 anni ha già interiorizzato lo stereotipo secondo cui un bimbo piccolo viene accudito perlopiù da una madre. Lo avrà assorbito: da me, che in situazioni simili potrei chiedere la stessa cosa senza rendermi conto del cliché che vado a rinforzare. dalla società, ovvero stando in questo mondo in cui al parcogiochi le mamme sono molte più dei papà, perlomeno 5 giorni su 7; in particolare dalla signora di cui parlo nel aneddoto iniziale in questo post 😉. dai libri in cui spesso la figura unica di riferimento dei cuccioli sono le mamme, i papà non esistono. Ci hai mai fatto caso? 😱 Scervellandomi ho individuato 4 aree in cui possiamo fare qualcosa da subito per migliorare il mondo in cui viviamo grazie all’educazione alla parità: Linguaggio Vita quotidiana Giochi e attività Emozioni ⚠︎ Parlando di stereotipi di genere parlerò spesso di “uomini”, “donne”, “maschi”, “femmine”, “mamme”, “papà”: non dimentichiamoci che sarebbe ancor meglio vivere al di là del binarismo di genere e ricordarci che non tutte le famiglie hanno una mamma e un papà. Cosa trovi in questo questo articolo: I miei 5 migliori consigli riguardo all’utilizzo di un linguaggio a supporto della parità Le 9 cose che sto applicando nella mia vita quotidiana per educarci alla parità Giochi e attività nei bambini: le mie 3 dritte per promuovere la parità di genere Le 4 cose che devi assolutamente sapere in fatto di emozioni e parità I miei 5 migliori consigli riguardo all’utilizzo di un linguaggio a supporto della parità Il linguaggio influenza il nostro modo di vedere il mondo, di pensare e di comportarci [1]. Ti rendi conto dunque del potenziale che abbiamo già solo controllando quello che ci esce dalla bocca? L'obiettivo principale è slegarci dall’idea che ci sono: attività professioni emozioni comportamenti … più adatti ad un genere che all’altro. I miei 5 consigli più efficaci in fatto di linguaggio paritario sono: Evita il più possibile le parole “maschio”, “femmina”, “uomo”, “donna”, “signore”, “signora”, “bambino”, “bambina”, “femminuccia”, “maschiaccio”. Eviterai automaticamente frasi tipo: ✖ Il calcio è uno sport da maschi ✖ Le femmine non〈attività o comportamento X〉 ✖ I maschi non〈attività o comportamento X〉 ✖ Sei un maschiaccio / femminuccia 2. Usa la parola “persona” anziché “uomo”, “donna” , “signore” o “signora” ✖ Guarda, un uomo che sta guidando una ruspa ✔ Guarda, una persona che sta guidando una ruspa 3. Usa la parola “persone” anziché il maschile sovraesteso ✖ Guarda, degli operai ✔ Guarda, delle persone che lavorano nel cantiere 4. Usa i femminili professionali (rispettando la grammatica italiana, basta controllare su un vocabolario online) ✖ Cecilia è un ingegnere ✔ Cecilia è un’ingegnera 5. Parla di “genitori” anziché di “mamma” o “papà” ✖ Un bimbo solo, chissà dov’è la sua mamma? ✔ Un bimbo solo, chissà dove sono i suoi genitori? Come va? Lo so che ti può sembrare faticoso ma ti assicuro che è un processo e che dal momento che sei consapevole potrai solo migliorare, un micro passettino alla volta. E se hai ancora voglia di dirmi che i problemi sono ben altri e che la parità di genere non si raggiungerà mettendo una “a” al posto di una “e”, io ti dico: da qualche parte bisogna pur cominciare. Sai perchè la maggior parte dei buoni propositi falliscono? Perché ne facciamo troppi tutti assieme Perché sono irrealistici Non puoi diventare una persona che corre regolarmente se il tuo obiettivo è quello di iniziare a correre tutti i giorni almeno 10 km. Giusto? E poi, come dice la sociolinguista Vera Gheno in Femminili Singolari: “[...] è ovvio a tutti che i problemi delle donne sono ben altri [...]; ciononostante, è bene ribadire che noi esseri umani siamo capaci di occuparci di più questioni contemporaneamente." Le 9 cose che sto applicando nella mia vita quotidiana per educarci alla parità Anche la nostra vita quotidiana è una palestra in cui allenarci a sradicare stereotipi. A questo proposito, prima di passare alla lista, ti racconto un fatto divertente che mi riguarda: Mi sono sentita scomoda e giudicata (dal marito)? Sì! È assurdo come per una cosa oggettivamente piccola possiamo già sentirci fuori dalla nostra zona di comfort, vero? Ecco 9 spunti interessanti: 1. Se la situazione ve lo permette e se vi va: considerate un modello familiare in cui entrambi i genitori abbiano un lavoro stipendiato, anche part-time. 2. In casa, almeno qualche volta, invertite i ruoli dei genitori: se di solito cucina la mamma, che cucini il papà se la partita di calcio la segue il papà, che ogni tanto la segua la mamma il papà si stiri le sue camicie la mamma costruisca la casetta in giardino 3. Tra fratelli e sorelle: cerca di non fare distinzioni in base al genere e segui il più possibile le loro inclinazioni. Se la sorella ha la maglietta rosa e anche il fratello la vuole, va bene Se il fratello può infangarsi dalla testa e i piedi, anche la sorella può Entrambi possono aiutare in cucina o a cambiare le gomme della neve alla macchina 4. Non commentare il tuo corpo e quello altrui davanti ai tuoi figli. Il passo successivo sarà quello di smettere del tutto, anche nella tua testa😅 La pressione estetica è un tema enorme che colpisce soprattutto le donne. Non è un caso che a soffrire di disturbi alimentari è soprattutto il genere femminile. Quindi bando a frasi come: ✖ Devo dimagrire ✖ Devo mettermi a dieta ✖ Chissà quanti kg prenderò in vacanza ✖ Guarda che rotoli di ciccia ✖Non mi posso permettere una maglia così attillata Dalle mie parti si usavano anche espressioni davvero crudeli per nominare delle persone, facendo riferimento ad un aspetto del loro corpo ritenuto culturalmente poco carino. Oso sperare che da te la situazione sia migliore di questa 😅 Se senti la necessità di passare messaggi che riguardano l’educazione alimentare e la salute puoi sostituire le frasi sopra così: ✔ Sento la necessità di mangiare più verdure per trattare bene il mio corpo ✔ Vorrei ridurre il mio consumo di zuccheri perché ho letto degli effetti negativi che ha sul mio corpo ✔ Mi piace cucinare i dolci in casa così so cosa ci metto dentro Se vuoi approfondire il tema della grassofobia un primo passo sarebbe leggere Belle di Faccia di Chiara Meloni e Mara Mibelli. 5. Educa i bambini alla cura per il pianeta Terra, tenendo conto che: In particolare: Ho citato da “Uomini duri”, libro della psicologa sociale Pacilli. Che interessante! Io questa cosa non l’avevo mai notata. Tu? Magari l’educazione ambientale ti viene più naturale del far indossare una giacca rosa al tuo bimbo. E grazie al tuo lavoro in questo ambito: Educhi il tuo bambino alla cura: un’azione non ancora molto associata al genere maschile. Attraverso il concetto di cura, educhi anche al rispetto e all’empatia, due qualità necessarie per chi vuole educare alla parità. Aiuti a contrastare la crisi climatica e quindi le disparità tra le varie categorie di persone, anche quelle tra i generi. 6. Proponi una gran varietà di colori. A meno che tu li adori, minimizza l'uso di colori stereotipati in casa e quando lo fai, invertili: spazzolino blu alla mamma, rosa al papà. 7. Se conosci persone con un mestiere particolare in base al genere come un’ingegnera, una meccanica d’auto, una chirurga, un infermiere o un estetista: parlane con i vostri bimbi, faglieli conoscere. 8. Similmente, se per strada vedi una giardiniera o una camionista indaffarata a scaricare un carico con la sua autogru: fermati, accertati che vedano queste immagini con i loro occhi (non c’è bisogno di fare notare il genere). 9. Se non ne hai l’abitudine: almeno ogni tanto segui le squadre femminili o le professioniste sportive per quegli sport stereotipicamente maschili e viceversa. Sono sicura che hai mille altre idee, più pertinenti alla tua situazione. Condividi le tue chicche nei commenti! Giochi e attività nei bambini: le mie 3 dritte per promuovere la parità di genere In questo paragrafo farò un best of di quanto già elencato in questo post. Vuoi conoscere i miei 3 migliori consigli? Eccoli qui: Giocattoli: osserva attentamente i tuoi bimbi tutte le volte che hanno a disposizione giochi non loro: nei negozi, nelle ludoteche, nei parchi, a casa d’altri, ... Cosa li attrae davvero? Giochi di ruolo: lasciali fare se tuo figlio vuole allattare una bambola se tua figlia dice che quel duplo con il rossetto e i capelli lunghi è un signore se tuo figlio vuole impersonare una bambina. D’altronde se lo lasci essere un gatto non puoi impedirgli di essere un bambino di un altro genere, giusto? Libri e cartoni animati: non è per niente facile con l’offerta odierna ma sforzati di trovarne e richiederne di non stereotipati. Da tenere d’occhio: Il mio libro stampabile “La grandinata Misteriosa”. EDT: collana Giralangolo - Sottosopra Una collana, che raccoglie storie per bambini dedicate alla parità di genere settenove Una casa editrice per la prevenzione della violenza di genere, con un’attenzione particolare alla narrativa per l'infanzia e l'adolescenza undercats pubblica libri che celebrano la diversità ed ispirano famiglie ad agire per la parità …e più in generale i libri di Francesca Cavallo. E se ne conosci altri fammi sapere assolutamente che sarò felice di estendere la lista! Le 4 cose che devi assolutamente sapere in fatto di emozioni e parità Questo paragrafo mi fa sorridere perché se penso al pianto durante la mia infanzia mi vengono in mente due immagini: Mio papà che granitico mi dice “Non piangere” Mia mamma che accogliente mi dice “Piangere fa bene agli occhi” Io ho preso il meglio da entrambi, meno parole possibile e messaggio accogliente: “Piangere fa bene”. Punto. I miei migliori 4 consigli pratici sono: Accogliere tutte le emozioni dei bambini indipendentemente dal genere Le bambine possono arrabbiarsi I bambini possono avere paura I bambini possono piangere 2. Nominare le proprie emozioni con i figli, soprattutto quelle stereotipate Il papà può dire «Mi sento triste» o «Ho paura» La mamma può dire «Mi sento furiosa» 3. Esercitatevi al parco o alla fermata del bus osservando assieme ai vostri bimbi le persone attorno a voi e cercando di indovinare le emozioni che provano «A me quella persona sembra insicura, a te?» accennando ad un uomo che davvero sembra insicuro «Cavoli, quella persona sembra davvero arrabbiata, chissà cosa è successo» accennando ad una donna che davvero sembra arrabbiata 4. Stare attenti ai media che consumano i bambini: per esempio, libri e cartoni animati spesso rinforzano lo stereotipo per cui un uomo non deve avere paura o piangere Quello che mi piace davvero degli spunti che ti ho dato in questo articolo è che la maggior parte sono applicabili da subito. Non significa che dovrai fare immediatamente tutto giusto. Ehi, cambiare abitudini radicate nel nostro cervello da decenni non è semplice! Abbi pazienza. Hai altri consigli? Scrivimeli qui sotto! E se hai letto fin qui e l’articolo ti è piaciuto mi aiuteresti molto anche solo cliccando sul cuoricino qui sotto. Te ne sono grata. Ciao e alla prossima, Tra l’altro ho parlato di questi temi anche con Carlotta Cerri sul suo podcast Educare con calma, se vuoi ascoltarlo: E in quest'altro episodio Carlotta legge proprio questo articolo: [1] Ci sono diversi studi che supportano questa affermazione, un esempio è Sizing Up Objects: The Effect of Diminutive Forms on Positive Mood, Value, and Size Judgments di M. Parzuchowski, K. Bocian and P. Gygax su Frontiers in Psychology. ⇧

  • Il nostro modello familiare: entrambi i genitori che lavorano part-time

    Ti racconto perché scegliamo questo modello e di alcune barriere culturali affrontate da quando entrambi siamo part-time. Immaginati questa scena osservata da un uomo sulla trentina. Questo fatto è realmente accaduto a mio marito. Io non c’ero perché al lavoro. E sì, signora mia! Ci sono anche donne che lasciano che i loro figli vengano accuditi dai mariti mentre lavorano… Magari anche tu, come noi, hai la reazione naturale di reagire con sgomento ma anche sdegno: Come può questa signora non aver pensato che l’uomo a pochi metri da lei potesse essere il padre del bimbo? In verità non bisogna prenderla sul personale e anzi dovremmo empatizzare con questa donna con delle convinzioni così forti da modificare la sua visione della realtà. A ben vedere è una cosa super affascinante, non pensi? La signora alla ricerca di una mamma percepiva la realtà in maniera selettiva, filtrando tutte le cose che non stava cercando. Lei voleva trovare una mamma e quindi mio marito proprio non lo vedeva a causa degli stereotipi sedimentati in anni e anni di vita vissuta nella nostra cultura. Una cultura in cui è considerato normale che un bimbo piccolo in settimana venga accudito da: una madre una baby sitter una maestra d’asilo una ragazza alla pari … Per aiutarti in questo esercizio di empatia verso questa signora: se ancora non lo conosci, ti invito a guardare il video che ti risulta googlando test attenzione selettiva; il video con diverse persone vestite di bianco e di nero, per intenderci. Cosa trovi in questo questo articolo: Il nostro modello famigliare: entrambi i partner che lavorano a tempo parziale Perché abbiamo scelto di lavorare entrambi part-time Le barriere culturali che dobbiamo affrontare Il nostro modello famigliare: entrambi i partner che lavorano a tempo parziale Ma torniamo a noi. Io e mio marito lavoriamo entrambi part time: io al 70% e lui al 50%. Sicuramente non è una soluzione ideale per tutte le famiglie. Mi stupisce comunque che poche famiglie scelgono un modello simile al nostro, visti i benefici che ci porta. Nel Canton Ticino, la regione svizzera in cui viviamo, entrambi i genitori lavorano part-time solo nel 3.4% dei casi; dati del 2021, per famiglie il cui figlio minore è tra i 0-3 anni [1]. In Italia scelgono questo modello meno del 2.7% delle coppie con figli [2]. I modelli in cui il padre lavora full-time sono scelti da: 82% delle coppie con i figli minori tra i 0 e i 12 anni nel Canton Ticino, Svizzera (2015-2019) [3] 83% delle coppie con figli in Italia (2018) [2] E il modello in cui lavora solo l'uomo full-time vien scelto da: 28% delle coppie con i figli minori tra i 0 e i 12 anni nel Canton Ticino, Svizzera (2015-2019) [3] 35% delle coppie con figli in Italia (2018) [2] Perché abbiamo scelto di lavorare entrambi part-time Già prima di avere figli ci era chiaro che non avremmo voluto lavorare al 100% ed il motivo principale è il valore che diamo al tempo libero. Alla vita vissuta stando a fare quello che ci va di fare, senza troppe costrizioni. Bada bene, mi rendo conto che questo sia un lusso che non tutti si possono permettere. È però importante dire che abbiamo impostato la nostra vita così da poter permetterci di poter lavorare un po’ meno (ma non meno di una famiglia in cui solo uno dei due partner è impiegato al 100%). Cosa intendo? Abbiamo adottato uno stile di vita minimalista/ambientalista. Con anche alcune “rinunce” dal punto di vista delle spese. Se vuoi avere alcuni esempi leggi la lista qui sotto, altrimenti saltala. Disclaimer: queste sono “rinunce” in linea con i nostri valori, non vanno bene per tutti, okay? Se tu avessi un interesse a proseguire su questa strada avrai bisogno di trovare le tue rinunce. Una sola macchina per la coppia (abbiamo due bici elettriche che rendono comodi tanti degli spostamenti che si farebbero in auto o con i mezzi pubblici) Pochi viaggi in aeroplano (per ora la media è di due in 7 anni) No televisione e quindi nessun abbonamento televisivo Poco hotel o AirBnB bensì scambi casa (homeexchange) Nessun abbonamento del telefono per me Biblioteca anziché libreria (per i bimbi) Kindle anziché libri cartacei (per noi) Il minimo di vestiti o scarpe Poche cene o pranzi al ristorante Pochissima carne No alcool … Può sembrare poco o banale ma sommati assieme tutti questi punti vanno sicuramente a regalarci un 10-20% a testa di riduzione del tempo di lavoro per persona. Poi è arrivato nostro figlio e… … BAM! Un altro super motivo per ridurre il nostro tempo lavorativo. Da un lato per poter stare con lui e dall’altro per farlo crescere con un modello famigliare in cui entrambi i genitori lavorano fuori e dentro casa. Sradichiamo così uno stereotipo che sappiamo metterebbe radici profonde in nostro figlio. Ora io lavoro al 70% e mio marito al 50%. Potremo andare avanti all’infinito così? Forse, al momento ci siamo stabilizzati e possiamo permetterci di andare avanti così per diversi anni. Le barriere culturali che dobbiamo affrontare Sono riuscita ad individuare due aree in cui ci sono delle difficoltà quando si vuole lavorare part-time: Fuori dal mondo del lavoro Nel mondo del lavoro Quindi sempre e comunque 😅 Riguardo al primo punto, ti racconto un ultimo aneddoto che riguarda le barriere culturali che soprattutto mio marito sta affrontando per essere un lavoratore part-time. Gulp. Fine della storia. Nel mondo del lavoro invece bisogna affrontare i pregiudizi di (potenziali) datori di lavoro, colleghi, capi. Se ti concedono il part-time, la pena più forte è la carriera mancata: meno lavori di gestione di squadre meno lavori di gestione di progetti meno responsabilità meno carriera Io ho un occhio aperto sui bandi di concorso e non ti dico la mia frustrazione nel vedere che ogni posto di lavoro libero è disponibile solo per chi è disposto a lavorare al 100%. Sono sicura che a me questo accade di più perché mi focalizzo su posti di lavoro nel campo dell'ingegneria meccanica. Di dominio maschile. Gli uomini lavorano al 100%. Un ultima cosa: sono fermamente convinta che tutti i lavori si possano svolgere part-time. Una soluzione si trova sempre. Tacciami pure di utopia. Sono pronta. Sono curiosissima di sentire le riflessioni che ti suscitano questi temi! Ah, e se hai letto fin qui e l’articolo ti è piaciuto mi aiuteresti molto anche solo cliccando sul cuoricino qui sotto. Te ne sono grata. Ciao e alla prossima, [1] Ho acceduto a questa pagina dell’Ufficio Federale di Statistica il 18.02.2023 ore 06:47. ⇧ [2] Mi riferisco a questo rapporto Istat consultato il 18.02.2023 ore 06:30. ⇧ [3] Ho acceduto a questa pagina dell’Ufficio Federale di Statistica il 18.02.2023 alle ore 06:38. ⇧

  • Un esempio di carico mentale domestico familiare

    Perché fare un album fotografico di famiglia? E chi ci pensa? Fare gli album fotografici di famiglia. O pensare a farli, il carico mentale è molto forte in questo ambito visto che molte persone si sentono indietro sul fronte "album delle foto". Forse anche tu ci pensi, ma non trovi il tempo per farli. C'è chi non ha ancora l'album del giorno del matrimonio. Chi non ha ancora l'album di nascita della figlia che il mese prossimo compie dieci anni. Chi del secondo figlio non ha nemmeno una foto stampata. E quando qualcuno dice di aver trovato una strategia per portarsi avanti con gli album delle foto, tante persone vogliono sapere qual è il trucco. Prima di arrivare alla pratica, lasciatemi però dire che questo degli album di famiglia è un perfetto esempio di carico mentale familiare. È un tema che pesa, ma è quasi invisibile. Ci rendiamo conto del carico quando qualcuno ce lo fa notare. Cosa trovi in questo articolo: Nell'era digitale facciamo davvero tante foto Il carico mentale degli album fotografici Quale genitore pensa agli album fotografici? Come mi sto rimettendo in pari con gli album fotografici Sapere perché voglio spendere tempo a fare gli album fotografici di famiglia Portare avanti il progetto fotografico in maniera costante e sostenibile Riflessioni finali Nell'era digitale facciamo davvero tante foto In internet si trovano diversi numeri su quante foto al giorno scattiamo. Puoi anche verificare nel tuo telefono. Ad esempio, per il 2022 io e mio marito assieme abbiamo 6000 foto il che corrisponde a 8 foto al giorno, che infatti è nell'ordine di grandezza che avrei stimato. Di sicuro al giorno d'oggi una foto costa molto meno in termini di fatica, tempo, soldi. Chiunque oggi abbia uno smartphone può scattare facilmente una foto. Una volta avresti dovuto portare un aggeggio ingombrante apposito; oppure magari era anche piuttosto maneggevole, ma avresti dovuto pensare a comprare la pellicola e poi mandarla a sviluppare. Se mia mamma ha un album delle foto da quando è nata a quando ha cominciato le elementari, mio figlio ha un album per il suo scambio casa di tre settimane ad Amsterdam. Impressionante. Il carico mentale degli album fotografici Nell'articolo sul carico mentale scrivevo che è come un macigno che pesa il doppio a causa della sua invisibilità. Trovo il pensiero dell'album fotografico di famiglia un perfetto esempio di carico mentale familiare. Credo che raramente prendiamo davvero coscienza di questo compito, che però sentiamo pesare in maniere sottili. Ad esempio attraverso quell'anisetta che si percepisce nel vedere il numero delle foto scattate sul telefono aumentare inesorabilmente. O quando non possiamo più scattare una foto perché non abbiamo più spazio sul telefono. O quando vediamo l'altra famiglia con i suoi 217 album perfetti in ordine cronologico e cromatico. Spesso non siamo nemmeno coscienti di quell'ansia o senso di colpa che si crea attorno a questo tema. Non ne parliamo in coppia. Sembra un argomento futile rispetto alle altre mille incombenze del quotidiano. Invece, le persone che fanno gli album fotografici di famiglia alla domanda "per chi o per cosa fai l'album" rispondono quasi all'unisono "per i figli". Quindi sembra una cosa futile ma a ben guardare non lo è: riteniamo importante fare gli album delle foto per la prole. È un altro dei tanti compiti di cura con la differenza di essere importante ma non urgente. Vedi la differenza? Un compito può essere importante perché ci teniamo, ma non è urgente perché nessuno ci obbliga, non abbiamo un limite di tempo per farlo. Un po' come il prendersi del tempo libero per sé 😅 Questo tipi di compiti rischiano di venir procrastinati all'infinito, sopratutto quando la quotidianità è già piena di impegni. Quale genitore pensa agli album fotografici? Chi se non il genitore di default? L'esperta della cura dei figli: la mamma. Perché in fondo fare un album fotografico fa parte dei compiti di cura, di cui in automatico si prendono carico le donne. Com'é che una mamma è il genitore di default? Scrive Annalisa Monfreda in "Ho scritto questo libro invece di divorziare": "Non c'è nessun istinto e nessun sapere innato che sgorghi dalla donna assieme alla vita del figlio. All'inizio si è entrambi principianti. Poi la madre, stando con il figlio ventiquattro ore al giorno, impara a prendersene cura e diventa esperta. Per di più, stando tutto il giorno a casa, stabilisce la nuova organizzazione e si fa carico delle faccende domestiche, mentre il padre si sente un apprendista con poco tempo a disposizione, un eterno principiante, che si inchina all'esperienza della compagna, faticando a trovare il proprio posto." Quello dell'album delle foto è spesso visto come un gesto di cura nei confronti della prole, ma è un po' diverso dagli altri compiti. Spesso nemmeno le mamme hanno tempo di lavorarci, lasciando loro solo il senso di colpa per non starci lavorando. Ho fatto un piccolo sondaggio via Instagram dove si è visto che le mamme hanno in carico questo compito 10 volte in più dei papà. Qualcuno ha provato a darmi delle spiegazioni che andassero al di là del genere per spiegare la ripartizione all'interno della coppia: "Ci penso io perché sono designer, non perché sono una donna." "Ci penso io perché a mio marito non interessano le foto." "Ci pensa lei, perché la sua famiglia le ha tramandato la tradizione degli albi delle foto, io ne ho avuti molti meno." Allora, queste spiegazioni possono anche essere vere per i casi singoli, ma non spiegano la statistica così schiacciante. Perché? Perché se fosse vero che il genere non c'entra con la ripartizione di questo compito, il risultato statistico lo rifletterebbe: statisticamente risulterebbe che nelle varie coppie eterosessuali uomo e donna si fanno carico di questo compito più o meno al 50%. Perché anche lui può essere un grafico, perché anche lei potrebbe disinteressarsi delle foto, perché anche lui potrebbe essere cresciuto con molti albi fotografici mentre lei no. La spiegazione generale, anche se è difficile ammetterlo, ha a che fare con il ruolo di genere: le mamme, molto più dei papà, pensano a fare gli album fotografici di famiglia. Perché è un atto di cura. Come mi sto rimettendo in pari con gli album fotografici Ho fatto sapere che ho trovato per me un modo che funziona per mettermi in pari con gli album delle foto. Molte persone mi han chiesto di svelare il mio trucco. Quello che ho fatto è stato applicare consapevolmente dei principi di gestione del tempo e produttività. Nessun trucco magico. Sapere perché voglio spendere tempo a fare gli album fotografici di famiglia Fare gli album delle foto per farli, non basta. O almeno, basta nei pochi casi in cui fare gli album sia una vera e propria passione. Quando ancora non dovevo lottare per il mio tempo libero, prima di diventare mamma, facevo con piacere gli album delle foto, magari in un giorno di pioggia. Allora mi bastava fare un album delle foto tanto per farlo, sì per avere un ricordo, ma non era strettamente necessario. Lo facevo perché avevo il tempo. Ora che il tempo libero me lo devo segnare su un app per non rischiare di annullarmi, beh sento di avere di meglio da fare. Lavoro da salariata gran parte della settimana e il weekend sto volentieri con il mio bimbo: stare a casa una giornata a fare album delle foto mi pareva ridicolo. Mi perdevo dei momenti presenti per documentare il passato... un controsenso. Ma in questo caso sentivo il peso: volevo fare gli album delle foto. Avevo tanti buoni motivi per volerli fare: Come ricordo per mio figlio in generale Per spiegare alcune cose, come la procreazione medicalmente assistita con cui è stato concepito di cui negli albi troviamo qualche traccia. Per sfogliarli assieme come degli albi illustrati dove i protagonisti siamo noi Per ridurre il tempo allo schermo, preferisco le foto stampate in un libro. Per non dipendere al 100% dai server gestiti da persone che non conosco, nel caso dovesse succedere qualcosa e le mie foto digitali sparissero o stoccarle diventasse economicamente insostenibile (non so quanto sia razionale questo scenario). Se spiegazioni come queste non sono sufficienti, prova con la tecnica dei tre perché. Poniti tre volte di seguito la domanda perché, così: Sapere perché vuoi fare un album fotografico è essenziale. Quando il tempo libero è poco devi sapere perché usi il tuo tempo in un dato modo. Potrebbe risultare che la tua ansia e senso di colpa sia totalmente dettata dall'esterno ovvero dalla pressione che "un buon genitore fa l'album". In quel caso, ti direi che fare gli album per te non ha una motivazione sufficientemente forte e puoi eliminarlo dalla tua testa. Stiamo parlando di un lavoro non retribuito che prende tempo, sopratutto oggi che scattiamo molte foto grazie ai rullini fotografici digitali pressoché infiniti. Portare avanti il progetto fotografico in maniera costante e sostenibile Ma allora perché non riuscivo a portare avanti questo progetto? Mi pesava immensamente perdemi del tempo assieme a mio figlio per organizzare gli attimi passati assieme. Ho dovuto trovare alcune regole e principi che funzionassero per me. Te li lascio come eventuali spunti di riflessione, consapevole del fatto che i miei ragionamenti sono estremamente soggettivi. Quello che funziona per me non deve funzionare per te ma può aiutarti a trovare la tua formula. 1. Definisci un momento ideale per lavorare agli album delle foto Nel mio caso doveva essere quando il figlio dormiva o non c'era. Perché altrimenti arrivavo in quel paradosso che mi frenava: perdere del tempo presente col figlio per fissare i momenti passati. Ma: quando mio figlio non c'è di solito ho il mio lavoro salariato. Altrimenti, se mio figlio non c'è mi dedico al lavoro casalingo, che reputo più urgente degli album fotografici. Qualche volta quando mio figlio non è con me riesco a prendermi del tempo libero senza sensi di colpa; anche questo è prioritario rispetto agli album fotografici. Quando dorme la sera ho anche cose più urgenti da fare come la doccia, riordinare, piegare i panni. Inoltre la sera sono molto stanca e non mi va di mettermi davanti allo schermo dopo giornate lavorative passate allo schermo. E quindi? Per me l'unica soluzione è il mattino prima che mio figlio si alzi dal letto. 2. Decidi con quale ritmo ti dedicherai a questo compito Per me non era sostenibile dedicarmi agli album delle foto di famiglia ogni giorno. Una volta al mese invece è quasi troppo poco per vedere un progresso reale e motivarmi. Una volta a settimana mi pare un buon ritmo. 3. Fissa il giorno in cui ti dedicherai a questo compito Così riesci a creare meglio l'abitudine. Quel giorno fai l'album e a meno di gravi eccezioni non si scappa. Potrebbe essere un giorno preciso della settimana, o l'ultimo lunedì del mese, se decidi che per te la cadenza mensile è l'unica sostenibile. Io ho scelto la domenica mattina e dunque il sabato sera vado a dormire in modo da potermi svegliare almeno 45-90 min prima dell'orario in cui si alza mio figlio. Ovviamente può essere che tu già ti alzi prima di tuo figlio e che proprio non riesci a liberare del tempo. In quel caso prova a vedere se è possibile rivedere le tue priorità, magari lasciando andare il perfezionismo; ne parlavo in questo articolo sul carico mentale. 4. Imposta un promemoria Se vuoi ridurre davvero al minimo il tuo carico mentale, imposta un promemoria per ricordarti questo appuntamento con l'album delle foto. Così non dovrai occupartene nemmeno mentalmente fino a poco prima del momento che hai fissato. 5. Fai l'album delle foto... Posto il fatto che sai con quale mezzo stampare le foto o direttamente l'album fotografico. Sono sicura che ci sono molte opzioni diverse, questo è un lavoro che dovrai fare prima. Ma una volta che sei davanti alle foto o all'album da stampare preparato interamente in digitale: procedi. Sai che hai 45-90 minuti. Se hai scelto la frequenza settimanale, il tuo obbiettivo minimo sarà quello di sistemare le foto di 2 settimane. Quello è il tuo obbiettivo minimo, raggiungibile, realistico. E che poco a poco ti farà recuperare il ritardo che senti! 6. ...mettendo da parte il perfezionismo Vedrai che se metti da parte il perfezionismo sarà possibile anche procedere di 2-3-4 settimane ogni settimana: il che significa che ti stai rimettendo in pari. Io quando ho realizzato questa cosa mi sono motivata un sacco! "Ehi! Ma se ogni settimana procedo di almeno 2 settimane, vuol dire che mi rimetterò in pari!" Non nego che ad un certo punto credevo fosse impossibile starci dietro... Invece avendo l'obbiettivo minimo di 2 settimane mi sono resa conto che avrei potuto recuperare. Cosa ho lasciato andare: Gli album sono fatti ma non sono perfetti: il layout della pagina è un po' a caso, non controllo se le foto non hanno tutte le stesse dimensioni perché ne sistemo le dimensioni "a occhio". Quando si sfoglia l'album quasi non si nota perché davvero noi guardiamo le foto (e non siamo grafici). Il fatto che ho l'obbiettivo minimo mi impone di scegliere in fretta tra le 10-foto-quasi-uguali-del-visino-così-carino-del-nostro-bimbo, ne scelgo veloce una, massimo due, e passo alla prossima. Avere un obbiettivo chiaro da raggiungere in un limite di tempo mi aiuta a decidere in fretta. Non mi preoccupo se perdo una qualche foto qua e là, si potranno sempre recuperare più in là e comunque quelle che sto provvedendo a far stampare in un libro sono meglio di niente. Non mi preoccupo se ho buchi temporali tra un album e l'altro. Ad esempio, da quando mi sono messa con mio marito nel 2014 facevo degli album in ordine cronologico senza "saltare nel futuro". Una volta che il ritardo era troppo grande ero demotivata a fare l'album della nostra vita senza bimbo e allora sono "saltata nel futuro" facendo un album del nostro scambio casa a Amsterdam, poi sono di nuovo saltata nel passato per fare l'album della gravidanza e primi mesi di vita del bimbo. Anche perché mi andava di affrontare il tema della gravidanza attraverso un album fotografico. Per il prossimo salterò allo scambio casa di Parigi come mi ha chiesto di fare il bimbo. Seguo quello che ho voglia di fare o che mi chiede il bimbo così almeno sono più motivata e non mi preoccupo se qualcosa manca. Riflessioni finali Abbiamo visto che quello dell'album delle foto è un compito che spesso pesa più di quello che immaginiamo. È un compito che sentiamo di voler fare per la prole, dunque si può vedere come un compito di cura. Per questo motivo ancora oggi è la mamma a sentirne di più la responsabilità, quasi di default e senza discuterne con il partner. Sono i ruoli di genere a decidere per noi. La peculiarità di questo compito è quella di non essere urgente ma sentiamo comunque essere importante. Dobbiamo quindi trovare un modo per poterlo portare avanti in maniera sostenibile. Sono contenta perché io dopo la sessione settimanale di album delle foto non vedo l'ora della prossima sessione! Sono motivata dal vedere un progresso costante e capire che a questo ritmo sto al pari e anzi sto recuperando poco a poco! Dopo aver fatto un bagno nei bei momenti passati assieme, mi sento anche più amorevole e bendisposta nei confronti della mia famiglia e motivata a continuare a ricercare belle esperienze per vivere la vita come piace a noi. Spunto di riflessione bonus: scatta meno foto! Se hai letto fin qui e l’articolo ti è piaciuto, mi aiuteresti molto anche solo cliccando sul cuoricino qui sotto o ricondividendolo. Te ne sono grata. Ciao e alla prossima,

  • 24 idee per educare al consenso nel quotidiano

    Per crescere persone emotivamente intelligenti e liberare il mondo dalla violenza di genere. Siamo in tema consenso. Ora immagina tuo figlio o tua figlia a 16-20-30 anni. Come vorresti che fosse? È probabile che quello che desideriamo per una figlia sia diverso da quello che desideriamo per un figlio. Per il figlio magari desideri una persona che: rispetti le persone non le tocchi senza esplicito consenso non agisca violenza di genere Per la figlia invece potresti desiderare che: venga rispettata sappia fare valere la sua voce se non le va di fare qualcosa nessuno agisca della violenza su di lei I desideri possono essere diversi perché ad oggi uomini e donne sono anche il risultato di due diversi tipi di educazione. Una differenza che porta ad un'asimmetria anche in ambito di violenza di genere. I comportamenti prevaricanti sono solitamente agiti da uomini nei confronti delle donne. Figli e figlie vanno sì educati con lo stesso obbiettivo come renderli individui liberi di essere sé stessi nel rispetto delle altre persone. Ma può darsi che l'educazione di figli e figlie in questa società dovrà essere diversa per controbilanciare quello che la società tutta tende ancora a fare. Con un figlio maschio starò più attenta ad educare alle emozioni, all'empatia e al rispetto. Mentre con una figlia magari dovrò lavorare di più sul prendere spazio, dire di no, imporsi. Non significa che avrò una figlia senza emozioni e un figlio che non sarà capace di imporsi. Ma sapendo che la tendenza della società è quella di rendere più semplice ad un uomo di imporsi ed ad una donna di essere sensibile, io darò peso diverso a diverse aree anche in base al genere. Chiaramente dipende anche dalla personalità ma questa sarà più o meno la tendenza generale. Cosa trovi in questo articolo: 24 mondi per educare al consenso Il corpo e la privacy I sentimenti La proprietà di oggetti e spazi Altre cose che aiutano ad educare al consenso Riflessioni finali 24 modi per educare al consenso Ho individuato tre aree su cui lavoro per educare mio figlio al consenso. Tra l'altro, io stessa devo educarmi al consenso perché a volte magari mi capita di dargli un bacio non richiesto, di prendergli delle cose di mano senza chiedere o di buttare via qualcosa di suo senza chiedergli. Le tre aree che ho individuato sono: Il corpo e la privacy I sentimenti La proprietà di oggetti e spazi Il bello di questa lista, secondo me, è che contiene tanti gesti semplici. Questo mostra che educare al consenso può essere meno complesso di quello che credi, anche se serve una grande consapevolezza. Vediamo! Il corpo e la privacy 1. Chiedo il permesso per togliergli il pannolino o svestirlo Mi rendo conto che c'è un età, attorno ai 2 anni, dove la persona ti dirà quasi sicuramente "no"😅 Io a volte ho lasciato mio figlio con il pannolino pieno fino a che la pipì arrivava ai pantaloni. Alla fine era lui a chiedermi di cambiarlo. Altre volte funzionava metterlo sul "Quando sei pronto a cambiare il pannolino, io ci sono". O passargli delle responsabilità, come chiedergli di andare a prendere lui stesso il pannolino. Ora che è più grande chiedo e quasi sempre la risposta è sì. Anzi, succede più spesso che va a prendersi il pannolino da solo e arriva da me con quello per farselo cambiare, non ci penso quasi più (e infatti lo sta lasciando pian piano). Idem per i vestiti: mi capita di lasciargli una maglietta, che io avrei tolto, se non vuole toglierla. Chiaramente questo funziona solo per un paio di volte, ad un certo la maglietta va tolta, ma sento di potergli lasciare un po' di margine per decidere del suo corpo. 2. Chiedo se vuole un bacio o un abbraccio prima di darglielo Qui ci sto ancora lavorando. Spesso mi capita di dargli un bacio senza permesso, quando mi rendo conto gli dico: "Scusa, ti ho dato un bacio senza chiederti se lo volevi". So che può sembrare esagerato. Ma è importante insegnare che per dare un bacio o un abbraccio serve il consenso. Sia per la sua sicurezza, del tipo "Il tuo corpo è tuo e non lo si tocca senza il tuo permesso" che per quella degli altri "Non puoi toccare il corpo altrui senza il consenso". 3. Riformulo la richiesta quando qualcuno pretende un bacio o abbraccio Ovviamente capita che delle persone gli dicano "Dammi un bacio". Io in quelle situazioni semplicemente riformulo: "Vuoi dare un bacio a...?" a volte aggiungo un motivo "per ringraziare" o "per mostrare affetto". Se la risposta è "No" allora spesso, se mi va, dico: "Allora glielo do io!". 4. Gli dico che il mio corpo è mio e decido io chi, come e cosa può toccare Capita che a volte mi tocchi dove non mi va di essere toccata, almeno in un dato momento. Ad esempio, se siamo sul divano a leggere spesso mi infila la mano nella maglietta. Lo può fare solo se mi chiede e solo se mi va. A volte insite e la mia risposta è "No" oppure gli dico quale è il mio limite "Sì, però stai fermo" oppure "Puoi toccarmi solo il collo". 5. Se capita che mi tocca dove non voglio senza il mio consenso glielo ricordo Ammettiamo che cucinando mi tocchi il sedere. Gli dico con fermezza che può toccarmi il sedere solo con il mio consenso. Quasi sempre dopo lui mi chiede: "Posso?" e io rispondo "No". A volte insiste, e gli dico che "No è no". Ovviamente non intendo lo sfioramento casuale ma quando viene lì a toccarmi il sedere proprio per testare il limite sapendo che mi dà fastidio. 6. Gli insegno che "no è no" Spesso con mio figlio ho notato che funzionano molto bene "gli slogan". Una frase breve ad effetto. Ad esempio "non si commentano i corpi", ora lentamente trasformato in un "prima di commentare un corpo si chiede il permesso". Nel campo del consenso una frase che funziona molto bene è "No è no". Se io ti dico che non puoi toccarmi il corpo, tu non lo fai. 7. Dovrò lavorare anche sul "Solo sì è sì" Trovo che la frase "No è no" per persone piccole d'età è più facile da comprendere e da pronunciare. In realtà un concetto ancora più importante da passare è quello del "Solo sì è sì". Che differenza fa? In ambito della prevenzione della violenza di genere c'è una bella differenza. Ti riesci a immaginare quale? Con il "No è no" si presuppone che qualcuno possa fare qualcosa ad una persona anche se questa non dice nulla. Del tipo: "Io ho continuato a baciarla perché non dicendo nulla pensavo fosse d'accordo". In realtà ci sono molti motivi per cui una persona in una certa situazione non riesce dire "No": paura soggezione timidezza insicurezza ... In realtà dovremmo sforzarci di insegnare che solo con un consenso esplicito si possono fare determinate cose. Il consenso implicito non è consenso perché soggetto a malintesi. Figuriamoci poi crescere con quell'idea del "Dice no ma in realtà lo vuole". Pericolosissimo. In generale, evita le dinamiche dove dici qualcosa che non è in linea con il tuo pensiero. Ad esempio rispondendo "No" a chi chiede se sei arrabbiatə [1] quando lo sei. 8. Gli chiedo il permesso di pubblicare sue foto Questo punto è cruciale in questa epoca di social. Sembra una banalità ma non lo è affatto. Pubblicare foto e video dei nostri figli è diventata un'abitudine, lo fanno tutti. E le abitudini spesso spengono lo spirito critico, una delle qualità fondamentali per educare alla parità. Io non pubblico foto senza il consenso della persona riconoscibile in viso. Anche se la persona non è riconoscibile spesso chiedo il consenso. Per minimizzare il rischio di forme di bullismo o violenza agite dalla nostra prole, dobbiamo fungere da modello. Non possiamo pretendere che nostro figlio a 14 anni non pubblicherà la foto di un suo coetaneo in una posa ridicola se noi per una vita abbiamo postato video senza chiedergli il consenso di lui che fa la pipì nel vasino o che piange disperato. Quindi sempre più spesso ho cominciato a chiedere a mio figlio: "Tesoro, vorrei pubblicare questa tua foto su Instagram, la vedranno circa 1000 persone, ma c'è la possibilità che la vedano molte più persone. Ti va bene?". Ovviamente dovremo guidare le persone più piccole in questo processo. Mio figlio quattrenne mi ha detto ad esempio che non vuole che si veda il suo sedere e la sua pelle, però dice che va bene se pubblico il suo nome e il suo indirizzo 😅 Al momento quello che faccio è fargli scegliere tra 5-6 foto quella che si sentirebbe di pubblicare. E se non ce n'è nessuna aspetto o trovo alternative. 9. Gli insegno che le parti intime andrebbero toccate quando si è in intimità Combinando il fatto che i bimbi e le bimbe sono in continua esplorazione e scoperta del loro corpo con la novità del stare senza pannolino, spesso i bimbi si toccano e mostrano le parti intime senza alcun tipo di pudore. Qui bisogna evitare di creare un tabù e/o far provare vergogna ma con pazienza indicare loro che il momento migliore per scoprire il loro corpo è nell'intimità. Perché forse le altre persone sono meno affascinate del bimbo in questione nel vedere di che colore è il suo glande. Magari si può partire con l'insegnare a chiedere se la persona ha voglia di vedere questa cosa. E per cercare di soddisfare la loro curiosità riguardo al loro corpo e parti intime, possiamo guidarli nel processo. Spieghiamo bene come funziona il nostro corpo, senza omettere nulla. Rispondiamo con onestà alle loro domande. Diamo loro uno specchio per guardare anche le parti un po' più nascoste. 10. Chiedere il permesso di commentare il corpo altrui (se proprio non se ne può fare a meno) In generale, sto cercando di insegnare a mio figlio che spesso non è necessario commentare i corpi altrui. Non è facile: perché molte persone commentano il suo o altri corpi farlo in una maniera che non crei tabù. Ad ogni modo al momento ho trovato un compromesso: se il bisogno di commentare il corpo di una persona è impellente, allora andrebbe chiesto prima il consenso. Un aneddoto recente: 11. Gli chiedo di rispettare la mia privacy quando sono in bagno Questa è dura da far passare, almeno qui. Devo dire che al momento è così anche perché sì, glielo dico, ma spesso non mi dà fastidio se lui gironzola in bagno mentre faccio i miei bisogni. È però importante definire i propri limiti laddove comincia il disagio. Ad esempio, sono riuscita a fargli capire che se faccio la cacca pretendo che la porta del bagno sia chiusa. Senza se e senza ma. I sentimenti 12. Chiedo prima di condividere aneddoti e fatiche di mio figlio Quando incontriamo una persona che gli chiede come mai non va ancora all'asilo, gli chiedo se gli va di raccontare il motivo. Generalmente, non condivido i suoi pensieri più intimi senza il suo consenso. Ad esempio in questo periodo ha tante paure. Abbiamo cominciato a scriverle su un foglietto per prenderne coscienza, per tirarle fuori. Saremo arrivati ad una cinquantina di paure e mi ha dato il permesso di condividerne 12 😅 Ho però deciso di non condividerle perché alla fine non l'ho trovato indispensabile e ho trovato un'alternativa: 13. Gli insegno l'empatia Dicevo in questo articolo che secondo me una delle tre qualità per educare alla parità è l'empatia e davo 3 esempi su come lavoriamo noi per praticarla. Perché in effetti l'empatia è una questione di pratica e non una qualità innata tipica del genere femminile. Traduco liberamente dal libro "Thrivers" di Michelle Borba. Un libro che presenta 7 caratteristiche da coltivare e promuovere per permettere alla prole di prosperare: "[...] "Davvero si può insegnare l'empatia? La maggior parte dei genitori e educatori credono che l'empatia dei bambini sia rinchiusa in un qualche codice genetico inaccessibile e sono sorpresi di sapere che questo segno di umanità può venir coltivato. Genitori ed educatori assumono anche che le loro figlie saranno più empatiche dei loro figli; assumono che se i loro figli non piangono guardando La tela di Carlotta significa che non provano empatia e dopo una certa età (dicamo l'adolescenza), è troppo tardi per coltivare empatia. Ma la scienza smentisce queste credenze dei genitori." Questo capitolo del libro di Borba è stato riassunto da Carlotta Cerri in questo suo episodio del podcast. L'empatia è utile in molti campi ma nel contesto del consenso serve ad esempio a leggere i sentimenti di una persona. Grazie a questa capacità si eviterebbero malintesi tipo "Credevo che le piacesse". 14. Spesso gli dico di fare qualcosa solo quando "Si sente pronto" Cerco di non forzarlo a fare le cose, se riesco a impostare la giornata in maniera da potermelo permettere. Altre volte è più una questione di rispettare le sue emozioni. Tipo una sua timidezza in una data situazione o la sua paura a fare qualcosa. Quindi in molti contesti uso la frase "Quando sei pronto". La cosa più bella è vedere lui usare questa frase con gli altri. Ad esempio capita che proponga un gioco che la persona con lui non ha voglia di fare. In alcune occasioni ho sentito mio figlio dire cose come "Quando sei pronto a giocare a prendersi, io sono qui". Mi immagino una situazione simile nella sua adolescenza detta ad una sua o un suo eventuale partner... Lo trovo davvero potente. 15. Rispetto le sue emozioni e gli dico di rispettare le sue e quelle degli altri Se ha paura di qualcosa lo rispetto e a volte gli ricordo di rispettare la sua paura. In che senso? Nel senso di insegnargli a ascoltarsi e se qualcosa gli fa paura, di affrontarla pian piano. Sapendo che poi le persone di genere maschile vengono educate al rischio, io preferisco controbilanciare. Forse con una bimba il mio approccio sarebbe leggermente diverso, sapendo che il mondo tenderà invece a tenerla al suo posto. Se mio figlio si arrabbia e non mi vuole vedere, lo rispetto. La proprietà di oggetti e spazi 16. Gli chiedo prima di prestare le sue cose Prima di prestare le sue cose, gli chiedo. Di recente è successo con i suoi libri. Inizialmente mi ha detto di no e ho rispettato il suo sentire. Gli ho richiesto in un altro momento e ha accettato. A volte gli serve solo un po' di tempo per abituarsi all'idea. 17. Lo informo prima di regalare le sue cose Ti racconto un aneddoto: È capitato anche a me che mio figlio non volesse separarsi da delle cose, anche se non gli andavano più bene o non ci giocava più. Con pazienza e trasparenza ha però capito che le cose funzionano così e ora si è abituato all'idea che ciò che non usiamo più viene dato via. 18. Vorrei informarlo prima di eliminare le sue cose È vero che in passato mi è capitato di eliminare cose senza chiederglielo e a volte lo faccio ancora ad esempio con le tante cose che raccoglie in giro in natura o giochini di poco valore a volte persino mezzi rotti. Se si accorge chiedo scusa. Ora cerco di non farlo ma so che lui accumulerebbe molto più di quello che io mi sento di fare. Sto così tenendo da parte diverse cose e sto decidendo cosa fare: le elimino se non me le chiede per un anno o dovrei essere trasparente? Lui ora dice che vuole fare come Rosie Revere l'ingegnera, che tiene tutto per fare le sue invenzioni 😅 Forse lo asseconderò con una scatola in cui mettere queste cose... 19. Non lo obbligo a condividere le sue cose È difficile, perché come società riteniamo antipatico un bambino che non condivida subito le sue cose. Se ci pensi però persino noi persone adulte non siamo sempre così generose e pronte alla condivisione. Se qualcuno desidera un gioco di mio figlio, io lo aiuto a mediare dicendo cose come "Ora lo sta usando, ma puoi prendere quest'altra cosa se vuoi" oppure "Ora lo sta usando lui, ma quando ha finito te lo presta volentieri, vero?". Questo non significa che non educo all'empatia e alla generosità, ma lo faccio cercando di essere io empatica e generosa. Modello per lui i comportamenti che vorrei avesse, convinta che servano di più di tante parole. 20. Rispetto una persona che non voglia prestargli una cosa Allo stesso modo, insegno a mio figlio di rispettare una persona che non gli vuole prestare qualcosa. Gli dico "Ora lo sta usando" o "Ora non gli va ma magari più tardi se la sente". Questo è molto importante perché insegna a rispettare la proprietà e gli spazi di una persona. Se la persona dice no, è no. O ancora meglio, solo se dice sì, allora possiamo prender le sue cose. Altre cose che aiutano ad educare al consenso 21. Scusarsi se si fa qualcosa senza consenso A volte mi capita di dargli un bacio senza chiedergli. Lui in verità non si accorge ma spesso se capita gli dico "Oh scusa, non ti ho chiesto se volevi un bacio!". Una mattina è stato lui a dirmi che gli avevo spostato i ciucci senza il suo consenso e che non potevo farlo. Anziché ridergli in faccia, gli ho detto in tono molto serio che aveva ragione e che non lo avrei più fatto. 22. Conoscere e rispettare i cartelli di divieto A mio figlio piace molto leggere i cartelli di divieto. Di conseguenza, poi ci impegnamo a rispettarli o notiamo le persone che non li rispettano dicendoci che o hanno "rotto una regola" o non hanno visto il cartello. Anche questo è un esercizio interessante per bambini e bambine utile a prendere coscienza dei limiti e rispettarli. 23. Coltivare la pazienza Attendere che una persona sia pronta, che ti dia il permesso di fare qualcosa, implica avere una certa dose di pazienza. Per questo trovo che coltivare la pazienza possa essere utile anche in questo senso. Esistono diversi articoli e podcast che ne parlano. Io coltivo la pazienza di mio figlio (e la mia😅) in diversi modi, ti lascio qualche esempio: La modello cercando di non mettergli fretta quando stiamo camminando da un posto all'altro se non c'è un motivo reale. Lo lascio guardare 2 minuti la formica, osservare i sassolini nell'asfalto o raccogliere delle foglie. Se in un negozio desidera un gioco, 90% delle volte dico no e gli dico che se vuole possiamo fare una foto. Se tra tanto tempo desidererà ancora quella cosa, allora potremo comprarla. Spesso se ne dimentica. A volte invece mi chiede una cosa per dei mesi e poi allora gliela compro, ma è raro. Ci spostiamo a piedi, in bici, con i mezzi pubblici. Ci vuole più tempo ma impariamo a "stare". Se vuole qualcosa per cui la coda è lunghissima e il tempo c'è, allora mi metto in coda con lui. Io ovviamente non lo farei mai di mia iniziativa ma così sia io che lui impariamo a pazientare (lui per qualcosa che desidera davvero, tipo un gelato o una giostra). 24. Spesso lo coinvolgiamo nelle decisioni famigliari Ad esempio riguardo al programma della giornata. Vogliamo fargli sapere che la sua voce conta e che la ascoltiamo. Se non vuole fare una cosa lo prendiamo in seria considerazione. Capita di rado di doverlo forzare a fare qualcosa. È un esercizio che lo aiuta a capire che ci sono diversi pareri anche contrastanti che vanno ascoltati e che a volte bisogna fare dei compromessi. Anche questo in ottica di consenso quando sarà più grande è molto importante. Immagina una persona che gli dica "Non me la sento di fare X, però se vuoi potremmo fare Y". Che potenza. Riflessioni finali Molte situazioni del quotidiano sono davvero utili per educare al consenso. Ma è un processo e bisogna praticare un passo alla volta. Io stessa magari ho scritto "Gli chiedo prima di condividere suoi aneddoti o fatiche" ma non lo faccio sempre. O perché non ci penso, o perché reputo che in certe situazioni (dove magari lui non è presente) è meglio condividerle anche senza un consenso. Penso ad esempio se dobbiamo riferire di alcune "sfide" ad una persona che si prende cura di lui. Se lui è presente cerco però di ricordarmi che magari lui non ha voglia di condividere le sue cose e gli chiedo il permesso. Quello che mi aiuta a capire cosa è opportuno o meno è pensare se una cosa simile o uguale venisse fatta a me, mi andrebbe bene? Sono sicura che una persona educata al consenso e al rispetto delle altre persone aiuterà questo mondo a liberarsi da certi comportamenti ingiusti e violenti. Lavoriamo alla base per far sì che i nostri figli e figlie sappiano riconoscere la violenza di genere e agire di conseguenza. Per un mondo migliore, un passo alla volta. Ciao e alla prossima, [1] La schwa, “ə”, è una lettera che si pronuncia tra una “a” e una “e” e che si può usare per evitare il maschile sovraesteso e per uscire dal binarismo di genere. Seppure venga usata già anche in alcuni libri, la uso con parsimonia dove davvero ci sta o non riesco a parafrasare. Essendo ancora sconosciuta a molte persone mi sembra di mettere un ostacolo in più tra chi legge e il contenuto del mio articolo. ⇧

  • Come ripartire il carico mentale nella coppia

    Qualche riflessione e 8 idee per una coppia più bilanciata e serena. Immagina le tensioni che alcuni genitori vivono: "Devo sempre dirti tutto", "Ma io ho lavorato tutta la settimana!", "Non sei capace a organizzarti, i bimbi sono a scuola dovresti riuscire a fare le pulizie", "Dove sono le mie calze?", "Non potresti uscire un po' prima dal lavoro? Non ce la faccio più", "È grazie al mio lavoro che possiamo permetterci questo stile di vita". Spesso le discussioni nascono per ingiustizie percepite e situazioni sbilanciate dal punto di vista della ripartizione del carico mentale. Un genitore è sopraffatto al punto da pensare di non riuscire a fare tutto, di non essere capace ad organizzarsi. L'altro invece si sente forse così sul lavoro, ma quando finisce si sente legittimato a prendersi del tempo per sé perché ha lavorato tutto il giorno e si merita un po' di svago. Immaginati ora una coppia di genitori in cui nessuno debba più dire continuamente all'altro tutto quello che c'è da fare in casa. Due genitori che co-gestiscono la famiglia e la casa come una squadra, indipendentemente da chi ha più lavoro retribuito sul piatto. Immaginati una coppia in cui davvero il lavoro casalingo è riconosciuto e valorizzato. Una famiglia in cui ci sono alti e bassi ma dove in generale il benessere e la serenità di entrambi i genitori è garantito. In questo articolo ti do qualche spunto per un cambio di prospettiva e magari anche di organizzazione familiare. Cosa trovi in questo articolo: Ripartizione equa non significa 50-50 Il lavoro domestico è lavoro Gli svantaggi del lavoro domestico Il lavoro domestico è invisibile Il lavoro domestico non è riconosciuto Perché cerco di evitare l'espressione "madre lavoratrice" Perché non dico "mammo" 8 idee per ripartire il carico mentale nella coppia Riflessioni finali Ripartizione equa non significa 50-50 Con ripartizione equa non intendo che dobbiamo essere interscambiabili in tutto o che ogni attività va divisa al 50%. Anche perché in molte famiglie i due genitori hanno percentuali lavorative diverse. Spesso nelle famiglie con figli l'uomo lavora ad una percentuale maggiore della donna, che si occupa di più di casa e figli. Modelli familiari nelle coppie con figli in Italia, dati del 2018. In almeno il 56% delle famiglie con figli l'uomo lavora ad una percentuale maggiore rispetto alla donna. Fonte: questo rapporto Istat. In Svizzera nel 2022, l'uomo lavorava ad una percentuale maggiore della donna in almeno il 60% delle famiglie con figli. Fonte: questa pagina dell'ufficio federale di statistica. E sono davvero rare le famiglie con figli in cui entrambi i genitori lavorano part-time. Faccio un esempio attinente al lavoro per spiegare cosa intendo con co-gestione: Trovo che l'analogia con la gestione famigliare sia incredibile. Si può essere ugualmente coinvolti e responsabili nel progetto anche se ci si lavora a percentuali differenti. Un tipo di gestione molto simile lo abbiamo io e mio marito in casa: ognuno ha le sue aree di competenza, alcune tacite altre discusse, quando c'è un imprevisto si trova una soluzione assieme. Non ci dividiamo tutto al 50% anche perché io ho un lavoro salariato al 70% e lui al 50%. Ci sentiamo entrambi responsabili di casa e prole cosicché dal pediatra ci va chi può e così anche per il cucinare o fare il bucato. Nel caso del bucato ammetto che è quasi sempre mio marito a prendere l'iniziativa... penso perché ha meno vestiti di me e sente prima l'esigenza di lavare. Il lavoro domestico è lavoro Ho avuto un cambio di prospettiva importante quando ho realizzato che il lavoro domestico, il fare la casalinga o il casalingo, è un lavoro. Lo avrei dovuto capire prima ma il fatto che una mamma si occupasse di casa e figli era per me... scontato. Forse ho percepito il doversi giustificare di mia mamma quando era casalinga con chi poneva domande come: "Ma tu non lavori?" "Ma cosa fai tutto il giorno a casa?" Sono cresciuta con l'idea che mio papà ci mantenesse e che sì, mia mamma si occupava della casa e di noi figli, ma vedevo più il valore del lavoro di mio papà che di quello di mia mamma. Un valore che era legato allo stipendio, probabilmente, e al vederlo uscire di casa per ottenerlo. Ma ha a che fare anche col fatto che, come dicevo prima, il lavoro di casalinga è socialmente sminuito. Non ragionavo sul fatto che mio papà poteva essere al lavoro solo perché mia mamma invece era perlopiù a casa con noi. Dico perlopiù perché per diversi anni mia mamma ha comunque avuto un lavoro salariato a tempo parziale. Avevo anche questa impressione che mia mamma dovesse in qualche modo ringraziare mio papà per i suoi acquisti personali. Il lavoro domestico e di cura è dato per scontato, spesso invisibile e gratuito. Immagine tratta dal libro “Bastava chiedere” di Emma. Capire questa cosa è importante. Bisogna capire che dietro ogni uomo in carriera probabilmente c'è (stata) una donna a pensare a tutto il resto. Ne scrivevo anche in questo articolo sulla produttività: un ambito di dominio maschile in cui ho l'impressione che il lavoro delle compagne venga spesso dato per scontato. Gli svantaggi del lavoro domestico Annalisa Monfreda ne "Ho scritto questo libro invece di divorziare" cita Eve Rodsky: Nel mio nuovo ruolo di CEO, task manager e ape operaia al servizio dell'infinita lista di cose da fare della nostra famiglia, mi sono ritrovata ad accumulare ore su ore di lavoro che mio marito non solo non riconosceva, ma di cui nemmeno si accorgeva. Anzi, a volte non me ne accorgevo nemmeno io. Il lavoro domestico è invisibile Spesso si sottovaluta il lavoro fisico e mentale necessario per mandare avanti casa e famiglia. La bambina si ammala? Chiama Pinco per disdire e ripianificare l'appuntamento Chiama la pediatra 2-3 volte prima che risponda Vesti la bimba Prepara la borsa con spuntini e cambio pannolino Trasportala dalla pediatra Aspetta 30 minuti in sala d'attesa Gestisci le emozioni e la sofferenza della bimba Tranquillizzala mentre la pediatra fa i controlli Prendi le ricette mediche Vai in farmacia Trova un modo per farle ingurgitare alla bimba Richiama la pediatra per aggiornamenti Aggiorna anche marito e nonni Valuta chi il giorno dopo debba restare a casa con la bimba nel caso fosse ancora malata ed eventualmente sposta altri appuntamenti … E così per tutte le altre attività come anche avere un pranzo pronto in tavola ad una certa ora. A proposito di pranzo, Annalisa Monfreda nel suo libro racconta degli aneddoti molto eloquenti riguardo alla disparità che viveva in casa ai tempi del lock down. Ne riporto solo un pezzetto: [Mio marito] viene da me [...] e mi chiede: "Posso fare qualcosa?" Come se davvero il pranzo iniziasse e finisse nell'ora in cui si consuma. Come se anche il semplice gesto di riscaldare una lasagna pronta non sia il frutto di una programmazione, di un complesso algoritmo brevettato inconsapevolmente che tiene conto dei gusti e dei bisogni nutritivi di ciascuno, che tiene in memoria quanto già cucinato nei giorni prima, per garantire un minimo di varietà, e che calcola quanti cibi pronti possiamo permetterci in una settimana per non far sballare il budget familiare. ...e che tiene in conto di cosa rischia di andare a male nel frigo, aggiungerei. A me e mio marito succede spesso questa cosa: quando uno dei due torna dal lavoro, quello che è stato a casa comincia a fare la lista di quello che ha fatto per mandare avanti l'economia domestica. È come se la persona che sta a casa deve giustificarsi. Del tipo: ok, la casa è in disordine ma ho fatto questo, quello,... Credo di aver innescato io questa dinamica poco sana perché avevo l'impressione che mio marito quando era con mio figlio faceva meno di me per mandare avanti la casa. Questo mio sospetto potrebbe anche avere un fondo di verità, come vedremo più avanti... Ad ogni modo questo prova che il lavoro domestico è invisibile; perché altrimenti sentiremmo l'esigenza di giustificarci e fare la lista di ciò che è stato fatto? Tra l'altro vedi che anche avere un modello familiare in cui i due genitori lavorano a percentuali simili non ti libera da eventuali disparità (percepite) e discussioni. L'importante è sapere come affrontare le critiche nella coppia😅 Il lavoro domestico non è riconosciuto […] il ruolo di manager familiare è poco riconosciuto e questa mancanza è essa stessa fonte di stress. Continua poi Monneret in "Devo sempre dirti tutto": […] all'origine dello stress vi è lo squilibrio percepito tra le energie spese nel lavoro e ciò che se ne riceve in cambio. Il lavoro non è salariato e spesso nemmeno riconosciuto anche per quello che ci dicevamo prima: è dato per scontato ed invisibile. Se non fai la lista di quello che hai fatto, difficilmente chi è fuori casa si rende conto di quello che è successo nel frattempo. Per assurdo, la persona esce con una casa in ordine e torna con una casa in ordine ma non vede i 10 riordini che sono capitati durante la giornata. Per non parlare di tutto il lavoro che non si vede perché succede nella testa. Non credo di avere le competenze o abbastanza informazioni per poter affermare oggi se sarebbe il caso di dare un salario alle persone che fanno del lavoro domestico. Se ne parla dagli anni settanta con la fondazione del movimento internazionale per il salario al lavoro domestico. Penso che mi starebbe bene continuare a lavorare gratuitamente in quanto casalinga ma almeno la percezione sociale di questo lavoro deve cambiare. Ma ricordo che sto affermando questa cosa dall'alto del mio privilegio di persona che può decidere (più o meno) quanto lavoro domestico gratuito svolgere. Non escludo che dare un salario a chi svolge questo tipo di lavoro sia davvero l'unico modo per dargli un riconoscimento sociale. Ma per certe persone sarebbe anche motivo di bloccare le donne in casa "perché tanto ricevono un salario". Il cambio culturale riguardo ai ruoli di genere legati alla famiglia deve continuare. Un padre può occuparsi dei figli se gli va, una donna può uscire di casa a lavorare se le va. Perché cerco di evitare l'espressione "madre lavoratrice" Un'espressione che è entrata nel parlato è quella di "madre lavoratrice". Anche io l'ho usata in passato, sopratutto se mi dovevo spiegare in poche parole come in un titolo di un articolo. Quello che si intende dire con questa espressione è "una mamma che ha anche un lavoro salariato". Sto però cercando di evitare il più possibile quest'espressione per due ragioni principali: 1) È asimmetrico rispetto al genere, dato che non si dice allo stesso modo "padre lavoratore". Mostra un doppio standard basato sui ruoli di genere tradizionali: che un padre abbia un lavoro salariato è dato per scontato, ma che anche una madre lo abbia non lo è e bisogna specificarlo con l'aggiunta di "lavoratrice". 2) Anche se indirettamente, l'espressione "madre lavoratrice" tende a sminuire una madre che si occupi di casa e prole senza avere un lavoro salariato. Se solo le madri che hanno un salario sono definite "lavoratrici" chi porta tutto il carico mentale e fisico per mandare avanti casa e famiglia cosa fa? Vien mantenuta? Non fa nulla? Immagine tratta dal libro “Bastava chiedere” di Emma. Perché non dico "mammo" Definizione di "mammo" dal dizionario online Treccani: s. m. [masch. di mamma], fam. – Uomo che, nella cura dei figli e nella gestione della casa, svolge le funzioni che sono state tradizionalmente proprie di una mamma; anche con usi scherz. Viviamo in una società che rifiuta di usare certi femminili professionali secondo la grammatica italiana, ma che inventa parole quando un uomo ricopre un ruolo tradizionalmente percepito come femminile. Questi sono modi indiretti per mantenere i generi al loro posto. Non dico "mammo" perché questo neologismo rinforza l'idea per cui la cura dei figli e della gestione della casa sarebbero di responsabilità di una mamma. Questa ripartizione dei ruoli può invece venir messa in discussione, anche se uscire dagli stereotipi non è facile. Gli uomini possono venir sminuiti e penalizzati se si occupano della famiglia e le donne possono sentirsi in colpa quando si allontanano da casa e famiglia per lavoro. Proprio giorno fa Laura mi scriveva per e-mail: Sono una mamma che lavora al 100% nel mondo della comunicazione. Il mio compagno invece si sta dedicando ad un progetto personale così da avere anche il tempo di occuparsi di nostra figlia nella quotidianità. Io sono felice di questo modello familiare, mi capita però di sentirmi in colpa per lavorare "tanto". Come se il contesto sociale bussasse al mio cervello dicendomi "Sei la mamma, devi stare di più con tua figlia!". Questa settimana ho la prima trasferta di due giorni, mi sento già la peggiore del mondo. Prova a leggere lo stesso messaggio come se lo avesse scritto un uomo, ti sembrerà surreale. 8 idee per ripartire il carico mentale nella coppia Riprendiamo le premesse: ripartizione equa non significa 50-50 il lavoro domestico è lavoro Mentre l'obbiettivo è la serenità di entrambi i genitori, laddove i genitori siano due. Se la situazione è pesante ma hai la sensazione che sia recuperabile, si può anche alleggerire il carico mentale partendo da sé lavorando su temi come imparare a dire di no, a settare le priorità o a delegare. In combinazione, potrebbe aiutare conoscere alcune tecniche di produttività. Se nonostante questo, uno di due genitori soffre il carico mentale familiare, per ridargli serenità dovremmo mirare proattivamente ad alleggerirne il carico, permettendogli anche di staccare ogni tanto. Una delle ragioni per le quali il carico mentale domestico è fonte di uno stress particolarmente difficile da gestire è che non ci sono mai pause, al contrario dello stress professionale che, almeno nei weekend e durante le vacanze, si mette in stand-by. È risaputo, tuttavia, che la pressione è sopportabile sul lungo termine solo a condizione che vi siano dei momenti di recupero […]. scrive Marie-Laure Monneret in "Devo sempre dirti tutto". Ti propongo 8 idee, ma sappi che non si tratta di una lista da spuntare per essere la coppia perfettamente equilibrata. Sono solo idee e alcuni punti potrebbero fare più al caso vostro di altri. Come al solito, prendi quello che ti risuona e lascia andare il resto! 1. Mirate ad avere entrambi una quantità di tempo libero adeguata Ne ho scritto in maniera dettagliata in questo articolo sul tempo libero nella coppia. Siamo tutti diversi e in alcuni periodi per qualcuno sarà più necessario o facile prendere del tempo libero. Sul lungo periodo stimo però che tutte le persone necessitino più o meno della stessa quantità di tempo libero. Nell'articolo che ti ho citato poco fa, racconto di come da qualche anno tracciamo il nostro tempo libero. Avere i dati sott'occhio mi aiuta molto. Questo anche a causa del diverso modo in cui vengono cresciuti bambini e bambine: gli uomini sono generalmente più abituati a prendersi dello spazio e lasciare per qualche momento la prole per dedicarsi a sé. Lo stesso non vale sempre per le donne, che molto più spesso si sentono in colpa se si prendono del tempo libero. Oltre al fatto che molti uomini hanno più lavoro salariato delle donne e le donne più lavoro domestico degli uomini. Il lavoro salariato è più visibile e riconosciuto il che rende più facile sentirsi in diritto di prendersi del tempo per sé rispetto a chi si occupa di lavoro domestico. In conclusione, senza tenerne traccia, gli uomini potrebbero sottostimare il tempo che si prendono e le donne sovrastimarlo. 2. Sfruttate entrambi e in maniera equa i benefit aziendali per genitori Se le vostre finanze, lo stato e l'azienda in cui lavorate lo permettono: usate entrambi i congedi parentali o la possibilità temporanea di ridurre la percentuale lavorativa. Ad esempio nell'azienda per cui lavoro i genitori alla nascita di un figlio hanno il diritto di ridurre la loro percentuale lavorativa del 20% fino ad un minimo del 60% per un paio di anni, per poi riaumentarla se lo si desidera alla fine del periodo. Ma anche se questo non fosse un diritto potreste chiederlo comunque. Già solo il fatto di chiederlo è importante. Le aziende in genere mirano ad essere dei datori di lavoro attrattivi per i loro dipendenti. Se vedono che sempre più genitori, papà compresi, chiedono delle agevolazioni creeranno delle misure per renderlo possibile. Leggevo ad esempio in un articolo che grandi aziende in Svizzera hanno congedi pagati di 5 settimane per i padri (+3 settimane non pagate), quando lo standard in Svizzera dal 2021 è un congedo di due settimane. Nulla rispetto ad altri paesi, ma comunque un benefit aziendale per i padri che secondo me andrebbe sfruttato. Il problema è che spesso i padri non sfruttano queste possibilità, non solo per questioni economiche ma per questioni di mentalità all'interno dell'azienda e nella società. Per un padre è il lavoro che deve contare, per un madre la famiglia. Emma nel libro "Bastava chiedere" mostra in un'immagine cosa si intende per ruolo di genere. Queste diverse scale di valori ci vengono inculcate fin dall'infanzia. Noi abbiamo la possibilità di interrompere questa catena educando(ci) alla parità di genere. Finché saranno solo le donne a sfruttare le agevolazioni aziendali per i genitori, le donne manterranno il carico familiare e verranno svantaggiate sul lavoro. Mentre gli uomini continueranno ad essere visti come degli aiutanti in casa anziché dei papà. 3. Date più importanza al tempo dei genitori rispetto al tempo in famiglia A dipendenza di chi sei, questo consiglio ti potrà sembrare o banale o assurdo. Non è per tutte le persone. So che molte persone tengono molto al tempo passato in famiglia tutti assieme. Io per questioni di sopravvivenza i primi 3-4 anni da mamma ho dato precedenza al tempo per me sola (o in coppia) rispetto al tempo tutti assieme. Così facendo il weekend tenevamo il nostro bimbo a turni in modo da avere del tempo o per noi, o comunque per mandare avanti la casa, dedicarci agli album delle foto, il giardino, … E se fatichi con il senso di colpa durante il tempo libero, ne scrivevo in questo articolo. 4. Se sei il genitore che più spesso è fuori casa per lavoro, trova modi per rientrare prima Chiaramente hai meno margine se per esempio lavori su turni o hai obblighi di presenza. Comunque: impegnati per rientrare prima possibile dal lavoro. Non sarà per sempre, ma se questo è un periodo duro a casa anche mezz'ora potrebbe aiutare molto. Non aspettare che venga chiesto esplicitamente, se percepisci fatica, nervosismo e irritabilità, pensaci tu. Come fare? Per esempio potresti considerare di accorciare la pausa pranzo se il tuo lavoro te lo permette. A volte perché pranziamo con colleghi, magari anche al ristorante o nella mensa a 15 minuti a piedi, finiamo per fare pause pranzo da 1.5 ore o più quando basterebbero 30-45 minuti. Perdite di tempo in una giornata lavorativa dal libro "Bastava chiedere" di Emma. Se la pausa pranzo avesse una durata fissa, considera allora di sfruttarla per fare sport, che poi non sentiresti più l'esigenza di fare la sera dopo il lavoro. Quel tempo dedicato a fare sport o una passeggiata è tempo libero di cui io terrei traccia. Oppure potresti immaginare di combinare il viaggio per recarti al lavoro allo sport. Ultima considerazione sul part-time. Anche tu sei di quelle persone che economicamente potrebbero lavorare a tempo parziale ma non lo fanno perché "avrei le stesse cose da fare ma sarei meno pagatə"? Magari farai le stesse cose, ma in modo diverso e riuscirai comunque perché sarai più efficiente. In compenso, tornerai a casa mezz'ora prima dal lavoro ogni giorno oppure avrai mezza giornata "libera" ogni settimana. Chiamalo poco! Usciamo dalla mentalità di stare in ufficio per marcare presenza, perché non sta bene uscire prima del o della superiore. 5. Sfrutta i viaggi per recarti al lavoro per informarti su temi come l'educazione dei figli Come scrivevo nell'articolo sul carico mentale, trovo che applicare approcci educativi rispettosi sia un investimento che riduce la fatica della famiglia nel medio-lungo termine semplificandoti la vita. Oltre che a cambiare il mondo: crescere i figli con rispetto anziché minacce e punizioni è un passo verso una società migliore ed un pianeta meno sofferente. Io ci credo. Se sei in auto in luoghi non troppo trafficati o sui mezzi pubblici considera di ascoltare podcast di educazione infantile. Quello che mi sento consigliare assolutamente è quello di Carlotta Cerri, Educare con calma. Tra l'altro sono stata ospite nel podcast di Carlotta in questi episodi: 86. Stereotipi di genere: facciamo piccole rivoluzioni / con Zaira 115. 20 idee pratiche per educare alla parità di genere / con Zaira 120. Carico mentale: che cos'è e 8 strategie per ridurlo / con Zaira Anche se i partner hanno percentuali di lavoro molto simili, il loro interesse nell'ascoltare podcast sono generalmente diversi. Anche se consciamente pensiamo di essere in una relazione paritaria, ad un livello inconscio, i bambini e la loro educazione sono ancora percepiti come "faccenda da mamme". Lo vedo anche nella mia famiglia: se io ascolto diversi episodi sul tema dell'educazione rispettosa, mio marito preferisce i podcast che parlano di digitalizzazione. Gli devo chiedere e ricordare di ascoltare il tal episodio sul tema di educazione particolarmente rilevante. Perché lo faccio? Perché siamo d'accordo sul principio e non ho voglia di usare il mio tempo e le mie energie per educare anche mio marito. Anche per le sfide che affrontano le nostre bambine e bambini: chi si informa su come aiutare la figlia a lasciare il pannolino? Chi cerca di capire come fare a crescere il figlio multilingue? Chi parla con il figlio di educazione emotiva e sessuale? I figli sono di entrambi e trovo ingiusto che sia solo un genitore ad informarsi. A questo proposto mi sono rimaste in testa due interviste a due genitori di una bambina trans [1]. Il papà, dice di non capire fino in fondo la questione della identità di genere non allineata con il sesso assegnato alla nascita. Poi la persona che intervista gli chiede se allora in questi anni si è documentato per comprendere meglio sua figlia. Ti riporto parte della sua risposta: No, io no. Non mi sono documentato più di quel tanto. È più mia moglie che in maniera molto attiva è andata a cercare documentazione, ha letto libri e cose di questo tipo. Io sono più dell'idea di improvvisare. Come se fossi un padre qualsiasi, non è che devo fare qualcosa di speciale. Non penso neanche che leggere libri sulle esperienze personali di qualcun altro possa aiutarmi. Quindi in maniera un po' napoleonica mi son detto "iniziamo e vediamo da che parte va". Coerente la testimonianza della compagna, madre di una bambina trans: Non è una cosa per cui ero pronta, per cui ero informata e ho dovuto farlo. Informarmi, riflettere e diventare molto più consapevole di molte cose. Nel corso del podcast mi ha colpito anche questa frase, riferita al momento in cui si rende conto che suo figlio poteva in realtà essere una figlia trans: Mi ha fatto una paura boia. Ed ero sola, completamente sola. Non c'era un medico che mi desse una risposta, mio marito non ne voleva nemmeno parlare. È chiaramente possibile che questi due approcci siano diversi per questione di carattere. Ma sospetto che questo sia un modello che si ripete spesso nelle coppie eterosessuali in base al genere. Al di là delle dimensioni della sfida legata alla prole, credo che spesso sia ancora la donna a farsene carico. E se i podcast non sono il tuo media preferito, leggi un libro o degli articoli, magari la sera invece di fare altro. 6. Compi più attività del quotidiano assieme ai tuoi bambini Cosa intendo? I bambini amano passare del tempo con i genitori. Da quello che so, almeno da più piccini adorano anche essere coinvolti nelle faccende quotidiane e prendersi responsabilità commisurate alla loro età. Quando sei con i bambini, oltre a fare attività incentrate solo su di loro, considera di coinvolgerli in attività quotidiane come: Cucinare Fare la spesa Fare giardinaggio Fare i compiti con loro Andare in posta a spedire dei pacchi Qui potresti dirmi: ma sei matta? Con la coda che c'è sempre alla posta! Non è un'attività da fare con i bambini! Io ti dico che invece è un'ottima occasione per praticare la pazienza o il rispetto del proprio turno. Portare i rifiuti riciclabili ai punti di raccolta Andare a comprargli vestiti o scarpe quando servono …Così possono anche scegliere da sé! Andare a comprare ciò di cui ha bisogno lo zio ammalato e portarglielo Portare l'auto in garage per il servizio e tornare con i mezzi pubblici … Ci metterai più tempo a fare queste attività rispetto a quando non hai i bambini con te? Molto probabile. Ma avrai comunque fatto una o due attività in più utili a all'economia domestica, molto educative peraltro. Il gioco va bene ma non deve essere l'unica attività da compiere con i bambini. L'affermazione di Monneret in "devo dirti sempre tutto" va proprio in questa direzione: Da una decina d'anni, gli uomini si occupano maggiormente dei figli […] ma, anche in questo caso, prediligono attività gradevoli come il gioco, la conversazione o l'apprendimento. La cura dei figli, i compiti a casa, o accompagnarli alle varie attività restano appannaggio del 65% delle madri: tutto ciò che deve essere fatto rimane di competenza della donna. Purtroppo non so da dove esca quel 65%, spesso nel libro vien citato l'Insee, l'istituto nazionale francese di statistica e studi economici. 7. Progetta delle mini vacanze genitore-prole Credo fossimo in un periodo in cui sentivo la fatica di mio marito, forse perché io lavoravo molto ed ero partita diverse volte nelle ultime settimane per lavoro. Mio marito per lavoro viaggia meno di me quindi ha meno possibilità di staccare dalla quotidianità con un treenne. Io lavorando molto sentivo invece l'esigenza di passare del tempo con il bimbo. È stato davvero bello, mio figlio parla ancora adesso di quelle 36 ore come di un'avventura meravigliosa che vorrebbe rifare. Ora, questo che abbiamo fatto è sicuramente qualcosa di economicamente impegnativo. Stiamo comunque parlando dell'ambiente delle piste da sci in Svizzera [2]. Si può pensare ad alternative molto più economiche come al campeggio o l'andare a trovare i nonni che abitano a 2 ore di auto o di treno, per esempio. Il genitore che rimarrà a casa ne verrà giovato ma anche quello che parte, anche se in maniera diversa. 8. Rendete più semplice delegare Molti genitori, direi specialmente genitrici, fanno fatica a delegare la cura dei figli al partner perché "fa peggio" o "addirittura non ce la fa proprio". Questo succede perché spesso le mamme sono il genitore di default. Lo diventano a partire dei primi mesi di vita dei figli a causa delle politiche statali e aziendali molto asimmetriche per padri e madri. Penso ai congedi maternità e paternità di durata molto diversa. Quest'essere esperte dei figli, che in realtà significa solo aver avuto più tempo per praticare, si insidia e contribuisce a far sì che se un genitore deve ridurre la percentuale lavorativa, questo sarà più probabilmente la donna. Altri fattori determinanti sono: i ruoli di genere tradizionali: ad esempio la pressione sociale della donna ad accudire i figli pena il senso di colpa e quella del padre di guadagnare soldi per la famiglia la differenza salariale tra uomo e donna che spesso rende più economicamente vantaggioso che l'uomo lavori più della donna anche a parità di professione o ruolo il fatto che le professioni segregate per genere spesso siano più prestigiose e ben pagate per gli uomini e meno per le donne. Rendete più semplice la delega, dicevo. Quindi per tutti questi motivi spesso la madre passa più tempo con i figli e ne diventa l'esperta. Cercate attivamente di spezzare questo circolo vizioso. Riconoscete che sì, un genitore magari ha bisogno di più pratica e più tempo. Ma se questo tempo non viene lasciato e se non si ha la volontà di praticare, continuerà ad esserci il genitore di default e il carico della cura dei figli non avrà modo di essere condiviso. Non cadiamo nella trappola del "la mamma è sempre la mamma", come scrivevo in una delle mie ultime newsletter. Riflessioni finali La parità tra donne e uomini, la cosiddetta uguaglianza di genere, si misura anche in casa. Una situazione può essere paritaria anche se la donna è una casalinga a tempo pieno, o quasi. Così come le statistiche mostrano che molte situazioni sono squilibrate anche quando i genitori hanno percentuali lavorative uguali. Un rapporto di coppia paritario si misura in termini di serenità e dignità di tutte le persone coinvolte, di tempo libero dei genitori e di coinvolgimento dei padri nella crescita dei figli. Purtroppo vedo come sotto molti aspetti la genitorialità è ancora un "mestiere" segregato per genere… di dominio femminile. Questa differente interpretazione del ruolo genitoriale in base al genere rende difficile ripartire equamente il carico mentale familiare all'interno della coppia. Se hai letto fin qui e l’articolo ti è piaciuto, mi aiuteresti molto anche solo cliccando sul cuoricino qui sotto o ricondividendolo. Te ne sono grata. Ciao e alla prossima, [1] Questo bel podcast si chiama The deep NEsT. E il loro motto è: "La diversità è il nostro punto di partenza. L'arrivo lo scopriamo insieme". ⇧ [2] Il costo maggiore è dato dalla notte in albergo, costata circa 180 CHF (circa 180 Euro) e il viaggio in treno (fino ai 6 anni si viaggia gratis, io ho pagato forse 80 CHF per andata e ritorno, avendo il metà prezzo. Ma alcuni orari costano meno e si può arrivare a pagare solo 50 CHF per la stessa tratta, con il metà prezzo.). Pranzo e cena del primo giorno li abbiamo fatti a mo' di spuntini comprati in un supermercato. Pranzo al ristorante circa 30-50 CHF, risalita in teleferica fino a 3000 m 10 CHF. Un'altra teleferica era invece compresa nel pernottamento in albergo. L'affitto per sci e slitta ce l'hanno regalato visto che era bassa stagione e sono abituati ad affittare per una settimana o almeno una giornata e non solo per qualche ora. Il totale di quest'esperienza piuttosto cara rispetto alle alternative è stato di circa 340 CHF (340 euro). ⇧

  • Come leggere libri per bambini senza stereotipi e pregiudizi

    Attraverso un caso studio ti aiuto a sviluppare il tuo spirito critico applicandolo alla letteratura per l’infanzia. Sono molto selettiva in fatto di libri per bambini. Quello che mi fa disperare è che nonostante l’enorme quantità di libri in circolazione solo pochi sopravvivono davvero alla mia selezione. Il risultato del mio lavoro di selezione è la sezione risorse del mio sito, in lento ma costante aggiornamento 🐌 In questo articolo ti voglio raccontare come scelgo un libro per decidere se proporlo al mio bambino. Ma inizio con un aneddoto: … questo aneddoto è troppo lungo per un’introduzione🤦‍♀️ Vuoi sapere come va a finire? Allora seguimi all’interno dell’articolo! Cosa trovi in questo articolo: C’è già un libro che parla di un’ingegnera Il mio processo di scelta di un libro in 3 semplici step Andare in una biblioteca o in una libreria Selezionare i libri che sembrano adatti Leggere i libri scelti con spirito critico Il caso studio di Eugenia l’ingegnosa Rafforza lo stereotipo per cui il fai-da-te sia un lavoro da uomini Non accoglie le emozioni Non usa i femminili professionali Ridicolizza le persone grasse Riflessioni finali C’è già un libro per bambini che parla di un’ingegnera Questa è stata la risposta della persona della casa editrice a cui ho raccontato la mia idea. È ovvio che non mi aspettavo di riuscire a trovare interesse al primo colpo ma questa risposta mi ha fatto davvero pensare ma soprattutto ridere 😂 Un libro. Un libro parla di un’ingegnera su quanti che parlano di Giuglio il coniglio? Della pimpa? Di principesse? Di pompieri? C’è bisogno di molti più libri che parlino di ingegnere, di muratrici, di surfiste. Le nostre bambine e i nostri bambini hanno bisogno di qualcosa di diverso dalle realtà standardizzate degli albi illustrati. Certo, ci sono sempre più libri validi. Ma la letteratura per l'infanzia tradizionale non si intacca con un libro qua e là. Il mio processo di scelta di un libro in 3 semplici step 1. Andare in una biblioteca o in una libreria Da quando nostro figlio è diventato un lettore seriale abbiamo cominciato a frequentare una biblioteca. Anzi due 😅 I motivi per cui ci servono due biblioteche sono tre: Evitiamo di spendere una fetta consistente del nostro salario in libri È più ecologico Partiamo da un set enorme di libri per l'infanzia, sono molto selettiva e faccio fatica a trovarne di idonei Anche le librerie vanno molto bene, eh! ⛔ Lo svantaggio è che in una libreria mi sento più a disagio a sfogliare 10-20 libri a volta e a far scorrazzare in giro un duenne. ✅ Il vantaggio di una libreria è che la proporzione di libri nuovi è molto più elevata e quindi anche la probabilità di trovare libri che rispecchino i miei criteri di selezione. 2. Selezionare i libri che sembrano adatti I miei criteri di selezione in realtà non sono molti: Niente discriminazioni Il minimo di stereotipi di genere Tanta realtà fino ai 5-6 anni Non devi seguirli alla lettera e puoi aggiungerne altri in base ai tuoi valori. Direi però che se sei qui dovresti prendere sul serio almeno le condizioni 1 e 2 😆 Ma come? Niente più principesse sul pisello? Niente più pompieri impavidi? È chiaro che puoi presentare anche i libri che rappresentano ruoli di genere stereotipati… Sì, l’ho scritto davvero 😅 L’importante è però intercalare con libri che presentino realtà diverse. Io stessa accetto i libri che “seleziona” il mio bambino… poi magari salto alcune parti se sono critiche o glieli leggo 1-3 volte anziché 10-30. Se la scelta è proprio scandalosa gli dico chiaramente che quel libro non mi piace e lo si riporta in biblioteca. 3. Leggere i libri scelti con spirito critico Devo ammettere che questa parte non è sempre banale, ma la maggior parte delle volte è semplice se: Sei presente mentre leggi Usi il tuo buon senso Hai uno spirito critico L’ideale sarebbe leggere i libri prima di presentarli a tua figlia. Ma se come me sei altamente carente di tempo libero, va bene anche se li leggi direttamente con lei. Riguardo all’essere presente, intendo non vagare con la mente mentre leggi. Tra l’altro… ... non trovi affascinante riuscire a leggere ad alta voce mentre si pensa a tutt’altro? O succede solo a me? 😳 Io cado spesso in questo tipo di multitasking ma cerco di migliorare. Ora uso la lettura di un libro a mio figlio anche come un esercizio di meditazione. Obbligo la mia mente a tornare sulla storia non appena mi accorgo che si è messa a vagare. Il buon senso ti aiuta a filtrare soprattutto i libri scandalosi, che per fortuna mi sembra siano sempre meno. A volte però il buon senso non basta, perché tante pratiche che discriminano sono davvero subdole e bisogna allenarsi per vederle. Qui l’unico antidoto è informarsi: ascoltare podcast leggere articoli, libri (magari puoi cominciare da Io dico no agli stereotipi) seguire sui social persone che parlano di questi temi guardare trasmissioni, film o serie TV che parlino di questi temi Lo scopo è aprire la mente e vedere queste discriminazioni che purtroppo sono ancora invisibili a tante persone, me compresa. Svilupperai sempre più il tuo spirito critico. Qui sotto ti do un esempio di come ho letto un libro che sembrava davvero perfetto. Il caso studio di Eugenia l’ingegnosa Lo leggo eh sì okay, rompe la mia condizione C. Tanta realtà fino ai 5-6 anni. Perché? Per via degli animali parlanti, ma perlomeno non sono vestiti. In casi come questo chiudo volentieri un occhio e continuo a leggere. La trama è davvero carina: una bimba che con il fratellino si mette in testa di voler raggiungere un’isola vicina, che per via della nebbia è quasi sempre invisibile. La protagonista è una bambina forte, proattiva, con spirito critico. Purtroppo però non posso consigliare questo libro nelle mie risorse 😢 Il libro sarebbe quasi perfetto, se non fosse per un paio di dettagli. Adesso ti racconto quali! Rafforza lo stereotipo per cui il fai-da-te sia un lavoro da uomini L’intento delle promotrici del libro è davvero ottimo perché il libro è pensato per combattere questo stereotipo. Ma lo fa ledendo il primo dei miei 20 consigli per educare alla parità: Senza spiegazioni da parte dell’autrice o dei genitori, è pericoloso scrivere in un libro per bambini cose come: ⛔ “Di solito il papà non presta mai i suoi attrezzi né a Nicola, perché troppo piccolo, e nemmeno a Eugenia, perché è una femmina!” Non importa se il papà alla fine cambia idea, una frase così rafforza un messaggio sbagliato. Quindi invece di leggere la frase sopra, potresti dire: ✅ “Di solito il papà non presta mai i suoi attrezzi né a Nicola né a Eugenia” Non accoglie le emozioni Lede così il sedicesimo dei miei 20 consigli per educare alla parità: Quando il fratellino si mette a piangere, Eugenia gli dice: ⛔ "Quando c’è un problema, non ci si mette a piangere: bisogna riflettere invece” Non sono d’accordo. Si può benissimo piangere e poi pensare ad una soluzione. Si va anche a rafforzare lo stereotipo per cui gli ingegneri siano delle persone sempre sul pezzo, razionali e senza emozioni. Quindi invece di leggere la frase alla lettera, potresti dire: ✅ “Quando c’è un problema bisogna riflettere” Non usa i femminili professionali È un libro su iniziativa di ingegnere e architette. Pensato proprio per mostrare che la loro professione è per tutte le persone. E non usa i femminili professionali? Ma così lede il mio quarto dei 20 consigli per educare alla parità! Eugenia nel libro dice infatti: ⛔ “Io pure ne ho uno, di segreto: voglio diventare ingegnere! [...]” Qui la modifica è fin troppo facile: ✅ “Io pure ne ho uno, di segreto: voglio diventare ingegnera! [...]” Purtroppo però l’ultimo punto che ti voglio citare non è facilmente censurabile… Ridicolizza le persone grasse Non ho ancora studiato abbastanza questo tema ma sono certa che presto farà parte della lista dei miei consigli per educare alla parità. Ho ancora molto da imparare e i miei articoli sono in costante aggiornamento. Okay, torniamo al personaggio del libro: Giangrosso “un tizio gigantesco”. Va bene, Giangrosso è un brillante inventore ed oltre che grasso è anche alto, una sorta di gigante intelligente. L’immagine qui sopra però somiglia pericolosamente ad una ridicolizzazione di un corpo grasso. A conferma di ciò che scrivono Chiara Meloni e Mara Mibelli in Belle di faccia. Tecniche per ribellarsi ad un mondo grassofobico: “Il corpo grasso, quando non viene cancellato completamente [...], è quasi sempre qualcosa di comico e ridicolo [...].” Ed è così vero. Facci caso. Che eroi grassi ti vengono in mente? Eroine poi, figuriamoci… Se fino a qui il libro con pochi accorgimenti era migliorabile, dall'apparizione di Giangrosso in avanti non c’è modo di salvare la situazione. Da un libro che tra i suoi obiettivi ha quello di far vedere che l’ingegneria e l’architettura sono dei mestieri bellissimi, che aiutano le persone ad incontrarsi… … beh, mi sarei aspettata di meglio. Puoi decidere di presentarlo comunque, il libro. Ma ti prego, da ora in avanti fai attenzione alla rappresentazione delle persone grasse nei media della tua bimba. La persona grassa c’è? È sempre quella cattiva o divertente? ... se vuoi aggiornarti riguardo alle storie per l'infanzia a cui sto lavorando! Riflessioni finali Il caso studio di Eugenia l’ingegnosa lo conferma: non è tutto oro ciò che luccica 🌟 Continua ad informarti su questi temi e coltiva il tuo spirito critico: hai la possibilità, oggi, di rendere il mondo un posto migliore da lasciare alla tua bimba. Un libro alla volta. Ah, e se hai letto fin qui e l’articolo ti è piaciuto mi aiuteresti molto anche solo cliccando sul cuoricino qui sotto. Te ne sono grata. Ciao e alla prossima,

  • 5 passi per sradicare stereotipi di genere in famiglia

    Ti svelo 5 cose che come genitore puoi fare oggi per una società più paritaria domani. Raggiungere l’uguaglianza di genere e l’autodeterminazione di tutte le donne e ragazze. Questo è uno dei 17 obiettivi dell’agenda 2030 condivisa dai governi dell’Organizzazione delle Nazioni Unite per uno sviluppo sostenibile. E io sono qui per dirti che mentre i governi fanno la loro parte, anche tu puoi fare la tua a partire da oggi. E il tuo impatto sarà maggiore se stai educando dei bambini e delle bambine. Perché se per noi persone adulte è difficile sradicare stereotipi e pregiudizi, i bambini nemmeno ce li avrebbero se non glieli passassimo. Crescere un figlio alla parità di genere è per me anche un atto politico. Qualcosa di concreto che possono fare tutte le famiglie per cambiare il mondo. Come? Condivido con te 5 passi per sradicare gli stereotipi di genere che puoi applicare oggi. Cosa trovi in questo articolo: Primo passo: informati Secondo passo: dai valore alla libertà Terzo passo: nota con curiosità i tuoi stereotipi e pregiudizi Quarto passo: sii consapevole dell’uso che fai della lingua Il maschile generico o maschile sovraesteso I femminili professionali Quinto passo: esponetevi alla diversità Riflessioni finali Primo passo: informati Lo so, questo è quasi sempre il mio primo consiglio. È un continuo informarsi anche dopo che hai iniziato il tuo percorso sulla via della parità di genere. In particolare, comincia a leggere o ascoltare contenuti che riportano dati sulla disparità di genere. Che ti mettano di fronte alla realtà. E potremmo andare avanti così per ore. Per ogni punto dovremmo chiederci perché. Perché mia figlia dovrebbe avere meno probabilità di mio figlio di diventare capa di un team, di un’azienda, di un governo? Perché è più probabile che mio figlio scelga una materia STEM rispetto a mia figlia? E nel cercare le risposte, diffida di chi la vuole fare semplice rispondendo a suon di natura e ormoni. Pacilli in “Uomini duri”: “Le ricerche, inoltre, ci dicono che le donne che descrivono le differenze tra uomini e donne come biologicamente determinate sono inclini ad assumere comportamenti più stereotipicamente femminili e gli uomini che hanno la stessa convinzione dedicano meno tempo alla cura dei figli […].” Parti dal presupposto che generalmente sopravvalutiamo la biologia. E se anche la biologia avesse un influsso…non ti sembrerebbe un approccio alla vita un po’ passivo? Del tipo: “Ormai sono una donna/uomo, sono fattə così”. Risposte più articolate le puoi trovare: leggendo libri, articoli, post ascoltando podcast guardando documentari o film seguendo corsi che parlino di questi temi. Quasi tutto quello che ascolto e ritengo valido lo riporto nelle stories di Instagram. Mentre i libri che vale la pena leggere sono recensiti nella sezione risorse del mio sito. Di solito riporto dei libri che mi sono risultati scorrevoli. Mi rendo conto infatti che raramente questi temi vengono presentati in maniera attraente: blocchi di testo scritti in un font minuscolo con frasi lunghe mezza pagina piene di parole che ho già sentito nominare ma che non so esattamente cosa significano. Questo è anche il motivo per cui ho deciso di aprire un blog che trattasse di stereotipi di genere in maniera più accessibile. Che io stessa poi a tratti mi sento un filino pesante però ti assicuro che almeno ci provo ad essere il più chiara e leggera possibile. Secondo passo: dai valore alla libertà Dai valore alla libertà di scelta, di espressione, di seguire i propri interessi. Una volta avevo sentito questa metafora: i genitori dovrebbero essere come dei giardinieri per i propri figli. Il nostro compito è quello di creare delle condizioni al contorno ottimali, dando acqua, luce e nutrienti nelle giuste quantità. Ma il tipo di fiore che ne verrà fuori è già lì, è la persona che stiamo crescendo e che dovremmo osservare fiorire per come è. Acqua, luce e nutrienti potremmo dire che sono ingredienti come accoglienza, valori e limiti che vogliamo dare. Al di là di questi ci sarà la nostra bambina, con i suoi gusti, interessi e personalità. Ti racconto un aneddoto per mostrarti come ho cercato di seguire mio figlio oltre gli stereotipi di genere. All’inizio anche io ero intimorita da questa faccenda. Però mi ha aiutata un sacco. Mi ha aiutata vedere mio figlio in gonna perché forse nell’inconscio pensavo che il mio bimbo sarebbe cambiato per un pezzo di stoffa di una certa forma e colore. È invece molto interessante osservare come una persona rimanga la stessa, indipendentemente dai vestiti che indossa. C’è un punto che viene sollevato spesso, riporto un messaggio che ho ricevuto: “Ciao Zaira, vorrei sapere la tua opinione. Figlio di 4 anni che vorrebbe comprare e vestirsi con la gonna perché è bella e può fare le giravolte ad effetto. Gli ho detto di sì ma ho paura che gli altri bimbi all’asilo gli dicano che è una femmina. Cosa suggerisci, ne parlo con le maestre?” La paura delle prese in giro. Come dicevo in una newsletter, abbiamo due possibilità: Plasmare le inclinazioni delle nostre bambine e dei nostri bambini, in buona fede, per evitare loro sofferenze come prese in giro. Lasciare che le nostre bambine e i nostri bambini siano loro stessi, facendo ciò che è in nostro ragionevole potere per attutire o evitare il colpo, quando si presenteranno al mondo in maniera anticonvenzionale. In ogni caso, non potremo evitare loro ogni sofferenza. Dobbiamo piuttosto impegnarci a fornir loro degli strumenti per superare attimi di sofferenza che inevitabilmente la vita porterà. Renderli sicuri di sé onorando la loro libertà di scelta è un primo passo importante nella giusta direzione. Terzo passo: nota con curiosità i tuoi stereotipi e pregiudizi Ragionare per stereotipi è un meccanismo naturale del nostro cervello. Il cervello fa letteralmente di tutta l’erba un fascio per non soccombere alla mole di informazioni che ci circonda. Quello che devi sapere, però, è che categorizzando commettiamo “degli errori di approssimazione”. Cosa intendo? Ad esempio puoi pensare che i bambini sono più agitati delle bambine. È uno stereotipo, una credenza, una generalizzazione. A causa della profezia che si autoavvera può essere che questo stereotipo finisca per avere un fondo di verità nella tua esperienza. Perché come società rafforziamo comportamenti in linea con gli stereotipi di genere. Ma non tutte le bambine sono calme e non tutti i bambini sono agitati. Prova a notare queste tue credenze, e vedere quando arriva addirittura ad essere un pregiudizio. Come quello di valutare una donna inadatta a dei ruoli dirigenziali. A questo proposito riporto un aneddoto che mi hanno raccontato perché molto eloquente. Credo sia una cosa che succede a tutte le persone, anche se in maniera inconsapevole: Una cosa che aiuta è notare quello che pensi delle persone attorno a te. Come nell’esempio sopra, in un locale, negozio o ufficio, chiediti: “Perché assumo che il capo sia lui? Non potrebbe essere lei?” Stereotipi e pregiudizi affiorano anche quando si giudicano altre persone. Succede spesso quando si spettegola, attività che sto cercando di evitare quanto più possibile nella mia vita. Idealmente poi si può parlare di questi pregiudizi, come ha fatto la persona raccontandomi l’aneddoto qui sopra. Non c’è nulla di cui vergognarsi, è naturale che il nostro cervello ci giochi questi scherzi. Allenarsi a notare i nostri stereotipi e pregiudizi è un passo fondamentale. Quarto passo: sii consapevole dell’uso che fai della lingua Spesso la lingua viene usata in maniera sessista, nel senso che discrimina le donne. E non parlo solo di modi di dire e proverbi come: “Donne al volante, pericolo costante” “Non fare la femminuccia” “Sei una donna con le palle” O di insulti, che anche quando sono rivolti a uomini, in realtà colpevolizzano una donna. Pensa a insulti ancora in voga come “Figlio di ”, “Cornuto”, “bastardo”, “sfigato”. Nel mio articolo sui consigli pratici per educare alla parità di genere do 5 consigli pratici per usare la lingua in maniera più paritaria. Riprendo due temi molto importanti. Il maschile generico o maschile sovraesteso In molti contesti si ha la tendenza ad usare il maschile generico. Anche chiamato maschile sovraesteso, universale, addirittura inclusivo. È una regola grammaticale. Ad esempio dico che gli scrittori sono persone che scrivono libri e implicitamente intendo sia scrittori che scrittrici. Sempre più ho cominciato con mio figlio a “sdoppiare integralmente” alcune parole per evitare il maschile generico e lo faccio soprattutto per quei ruoli o mestieri stereotipati. Riprendo qui, traducendo liberamente dal francese, le conclusioni di studi recenti riguardo all’interpretazione del maschile generico [1]: Quindi se ad esempio in un libro si parla degli “ingegneri aerospaziali” io dico “ingegneri e ingegnere aerospaziali”. È vero che oggi le ingegnere aerospaziali sono in minoranza e che il maschile sovraesteso è una convenzione linguistica. Ma penso che in questo periodo storico sia necessario supportare il cambiamento rendendo esplicite delle possibilità che sono ancora implicite. I femminili professionali Come anticipato qui sopra, l’utilizzo dei femminili professionali è particolarmente importante. Molti mestieri sono ancora segregati per genere a causa di stereotipi radicati nella nostra società. Potremmo aiutare le giovani persone a scegliere un percorso in base ai loro interessi e talenti anziché in base al loro genere grazie all’uso dei femminili professionali. Se ci fate caso a molte persone non piacciono i termini femminili di professioni ritenute prestigiose e cariche importanti. Si pensi al termine molto legato al potere: “capo”. La sociolinguista Vera Gheno ha affermato [2]: “Se andate nello Zingarelli trovate scritto che capo nel senso di persona che sta a capo di qualcosa ha il suo femminile pacifico capa.” Invece, ad esempio la guida della Confederazione Svizzera per un linguaggio inclusivo di genere dice: “Un caso particolare è costituito dal termine «capo». Questo termine è di genere maschile ma viene comunemente usato anche in riferimento alle donne: malgrado si stia sempre più diffondendo, la forma femminile «capa» continua ad avere per i più una connotazione scherzosa e a essere sentita comunque come colloquiale.” E poi: “Per ovviare a eventuali ambiguità [...] nei testi informativi è opportuno esplicitare il nome dell’interessata ed evitare formulazioni che obbligano a declinare al maschile participi e aggettivi.” Lo vedi il paradosso? Non applicare la grammatica italiana usando “capo” anche per le donne, porta a situazioni di ambiguità. A chi di fronte all’argomento della lingua pensa che i problemi sono ben altri dico: Da qualche parte si deve pur cominciare, questo è un passo concreto che tutte le persone possono fare a partire da oggi. Studi dimostrano che un uso più consapevole della lingua ha un effetto positivo sulla riduzione degli stereotipi di genere. Se invece di stare qui a discutere applicassi la grammatica italiana non perderemmo altro tempo e potremmo concentrarci sulle questioni più importanti. Mi viene il dubbio che se non accetti certi femminili professionali oggi, farai ancora più fatica ad accettare altre misure, più incisive, a favore della parità di genere. Penso ad esempio alle quote di genere, anche conosciute come quote rosa. Quinto passo: esponetevi alla diversità Può essere che la nostra famiglia viva bene all’interno di una famiglia “standard”: siamo tutti bianchi, eterosessuali, cisgender, abili. Il marito è il principale responsabile di portare soldi a casa, la donna di mandare avanti casa e figli. È anche probabile che la maggior parte delle famiglie nel nostro ambiente rispecchino molto questo standard. Allora mi sento di consigliarti un’ultima cosa: esponi i tuoi bambini alla diversità. Come? Per iniziare magari attraverso: libri audiolibri cartoni animati o documentari … Mi rendo conto che non è sempre un compito facile, per questo ho una sezione risorse sul sito in costante aggiornamento, dove recensisco libri per l’infanzia che vale davvero la pena leggere in famiglia. Altri modi di esporre i bambini e le bambine alla diversità sono: Visitare, se puoi, esposizioni particolari nei musei. Spesso sono gratis almeno per le persone più piccole d’età. Visitare altre regioni e paesi con differenti usanze. A volte basta prendere un treno per 2 o 3 ore. Noi per spendere meno e permetterci un modello familiare in cui entrambi i genitori lavorano part-time, viaggiamo con HomeExchange. Una piattaforma che permette di viaggiare gratis, se te la senti di mettere la tua casa a disposizione in cambio. C’è giusto una tassa annuale di 149 euro, applicata solo se decidete di fare uno scambio. Frequentare famiglie con caratteristiche diverse dalle tue Perché è importante esporre i bambini alla diversità? Per rendere la diversità normale. In che senso? Per abituare ed abituarci che il mondo è vario. Per mostrare che ci sono altri modi di vivere oltre al nostro. Questo aiuterà a far sì che: Il tuo bambino o la tua bambina non si senta sbagliata se non volesse seguire l’esempio che avete in famiglia. Magari non vorrà sposarsi, magari il bimbo avrà desiderio di restare a casa con i bimbi, magari la figlia è lesbica. Se invece tua figlia o figlio si sentirà a suo agio seguendo il vostro modello, è più probabile che apprezzerà la diversità anziché discriminarla. Sapendo che il nostro modello non è l’unico o il migliore, saprà che ci sono molti diversi modi di stare al mondo e che tutti sono validi. Riflessioni finali Questo è stato un articolo un po’ pesante, mi rendo conto. Ho cercato di alleggerirlo il più possibile😅 Se hai bisogno di consigli più pratici per educare alla parità di genere ti consiglio questo articolo che ne contiene una ventina. I passi consigliati in questo articolo sono più da integrare un pezzettino alla volta nella nostra vita, rappresentano uno stile di vita. Uno stile di vita consapevole che prende atto di stereotipi e pregiudizi e cerca, come meglio può, di sradicarli. Grazie per il tuo impegno. Se hai letto fin qui e l’articolo ti è piaciuto mi aiuteresti molto anche solo cliccando sul cuoricino qui sotto. Te ne sono grata. Ciao e alla prossima, [1] Pascal Gygax, Sandine Zufferey e Ute Gabriel in Le cerveau pense-t-il au masculine?. Cerveau, langage et représentations sexistes. Edito LeRobert. ⇧ [2] Nell’episodio #34 di Palinsesto femminista ”Linguaggio inclusivo (con Vera Gheno)”. ⇧

  • Gestione del tempo e produttività: come faccio a fare tutto?

    Ti do un punto di vista alternativo sul tema e condivido 7 tecniche che uso per gestire meglio il mio tempo. Facciamo un esperimento. Vai su un sito che vende molti libri e nella barra di ricerca digita “gestione del tempo”. Nota i nomi delle persone che hanno scritto quei libri: Luca, Brian, Fabrizio, Flavio. Sono quasi tutti uomini. Sarà perché gli uomini scrivono più libri? Fai lo stesso digitando “metodo montessori”, “autosvezzamento” o “disciplina dolce”: le donne sono molte di più. È interessante notare che la gestione del tempo è un settore di dominio maschile. Secondo me è un aspetto molto importante da tenere a mente quando si leggono contenuti su questo tema. Perché tanti concetti e consigli sono espressi da un punto di vista maschile. In questo articolo farò delle premesse importanti sul tema della gestione del tempo e della produttività. Una riflessione in particolare non l'ho ancora vista fare da nessuna parte. Penso di aver aggiunto un punto di vista diverso su questo settore. Cosa trovi in questo articolo Che cosa è la gestione del tempo? Gestione del tempo: il mio percorso 17 libri su gestione del tempo ed efficacia personale che ho letto Puoi gestire grandi cose grazie a chi? E io come faccio a fare tutto? Il tempo è la risorsa più democratica che ci sia? Il problema del se vuoi puoi I miei 7 migliori consigli sulla gestione del tempo Riflessioni finali Che cosa è la gestione del tempo? Con gestione del tempo intendiamo un insieme di tecniche e competenze per gestire meglio il tempo ed essere più efficienti. Serve a fare di più in meno tempo. È una disciplina nata in relazione al mondo del lavoro, dove ci si interroga sui modi per produrre di più. Credo che sia per questo che si tratta ancora di un settore di dominio maschile. È una cosa nata per l’industria e poi per i manager. Ma sempre più troviamo temi legati alla gestione del tempo anche nell’ambito della crescita personale, un ambito già più femminile. Oggi l’approccio prende in considerazione il fatto che siamo persone e non macchine. Quindi parlando di tecniche per essere più efficienti, si parla anche di equilibrio, gestione dello stress, salute mentale. Gestione del tempo: il mio percorso Ricordo che già da bambina mi facevo un sacco di to do list e applicavo intuitivamente la tecnica eat the frog first. Mangia prima la rana, ci torniamo dopo. Mi obbligavo a fare la cosa che mi annoiava di più per poi premiarmi con le cose più piacevoli da fare. È incredibile come certi aspetti di una persona siano ben presenti fin dall’infanzia. Ho iniziato a interessarmi davvero di gestione del tempo una decina di anni fa, quando ho avuto il privilegio di poter fare dei corsi di perfezionamento sul lavoro. Da allora ho seguito diversi corsi su gestione del tempo, tecniche di lavoro, gestione dei conflitti, di progetti, … 17 libri su gestione del tempo ed efficacia personale che ho letto Giusto per confermare quello che ci dicevamo qui sopra: nota i nomi degli autori, non c’è nemmeno una donna. Li elenco in ordine sparso e nella lingua in cui li ho letti: La dittatura delle abitudini. Come si formano, quanto ci condizionano, come cambiarle. Charles Duhigg Make Time: How to focus on what matters every day. Jake Knapp, John Zeratsky The 7 Habits of Highly Effective People. Stephen R. Covey La 25me Heure. Comment travailler 1 heure de moins chaque jour. Guillaume Declaire, Bao Dinh, Jérôme Dumont. Willpower. Rediscovering the Greatest Human Strength. Roy F. Baumeister, John Tierney Flow: The Psychology of Optimal Experience. Mihaly Csikszentmihalyi Getting Things Done. The Art of Stress-Free Productivity. David Allen. Focus. L’arte di concentrarsi. Leo Babauta Riconquista il tuo tempo. Vinci le distrazioni. Riprendi il controllo delle tue giornate. Cambia la tua vita. Andrea Giuliodori. The Distracted Mind: Ancient Brains in a High-Tech World. Adam Gazzaley, Larry D. Rosen The As if Principle. The Radically New Approach to Changing Your Life. Richard Wiseman Zen Habits. Handbook for life. Hundreds of tips for simplicity, happiness, productivity. Leo Babauta Il segreto nella vita è scegliere una cosa sola su cui concentrarsi per ottenere risultati eccezionali. Gary Keller e Jay Papasan Irresistible. The Rise of Addictive Technology and the Business of Keeping Us Hooked. Adam Alter Die 4-Stunden-Woche. Mehr Zeit, mehr Geld, mehr Leben. Timothy Ferriss 24/7 - Zeitmanagement. Tim Reichel Margin: Restoring Emotional, Physical, Financial, and Time Reserves to Overloaded Live. Richard Swenson Uao, sapevo che era un tema che mi appassionava ma non credevo che dal 2019 avessi letto o ascoltato così tanti libri sul tema 😳 Ne ho altri in lista d’attesa, terrò questa lista aggiornata. Puoi gestire grandi cose grazie a chi? Negli ultimi anni ho cominciato ad interessarmi anche di temi legati agli stereotipi di genere, pregiudizi, discriminazioni. Incrociando questi temi con quelli di gestione del tempo ho notato che chi parlava di questi temi era spesso un uomo, bianco, senza figli o con figli ma una compagna a gestirli. Qua e là una presenza fondamentale e dietro le quinte trapelava dai libri di uomini esperti di produttività. Googlando il nome di esperti di produttività e il termine “moglie” si trovano frasi come queste: “Mia moglie vuole il meglio per me e che abbia successo in quello che faccio” “Tornato dalle vacanze, ho ripreso in mano la mia lista di cose da fare, e complice l’assenza di moglie e figli ancora in vacanza, mi ci sono gettato a capofitto” “Mia moglie è fuori città. Mi sono appena reso conto che mio figlio ha mangiato pizza a tutti e tre i pasti oggi” Ho estrapolato dal contesto e non conosco personalmente queste persone. Sto facendo ipotesi e magari giungo a conclusioni ingiuste riguardo ai singoli casi. Credo però che in generale il mio pensiero sia valido. Comincia a crescere in me la consapevolezza che spesso gli esperti di gestione del tempo fanno grandi cose anche perché hanno qualcuno, di solito una donna, che li spalleggia. L’ultima frase mostra un esperto massimo di gestione del tempo che si occupa di un figlio mentre la moglie è fuori città. Tutto bene, mi dirai. Ma ti immagini lo stesso commento fatto da una donna? Una donna twitterebbe mai di aver dato al figlio tre volte la stessa cosa da mangiare in un giorno? Molto meno probabile. E se lo fa è perché si auto definisce una mamma di m---a. Fai un po’ te… Non è che questo esperto di gestione del tempo può permettersi questo tweet goliardico perché il resto dei giorni c’è qualcuno che si prende in carico la salute alimentare del figlio? Carico che, tra l’altro, prende del tempo? E io come faccio a fare tutto? Molte persone mi hanno scritto a seguito del mio articolo sul carico mentale interessate a capire cosa avessi studiato per poter gestire così bene tante cose. Come posso avere una carriera lavorando part-time? E allo stesso tempo mantenere un progetto come zairacconta? Sono sì una persona decisa, ho studiato e sono abbastanza disciplinata. Ma ho un sacco di privilegi, che non voglio siano dimenticati: Ho potuto studiare tecniche di efficacia e gestione del tempo anche in orario di lavoro Ho un superiore aperto di mente e fiducioso che ha accettato di promuovermi a quadro nonostante il part-time Ho nonni vicini che due giorni a settimana si occupano del bimbo Ho un marito che lavora al 50% Questa cosa succede a meno del 2.7% di famiglie con figli in Italia, capisci il privilegio? Mio marito si occupa del bimbo la notte e il mattino, così io mi posso alzare riposata alle 05:30 e scrivere le parole che stai leggendo. Puoi leggere più sul nostro modello familiare in questo articolo. Oltre al fatto che sono bianca, eterosessuale, cisgender, di ceto medio, vivo nell'Europa occidentale e sono temporaneamente senza disabilità. Il tempo è la risorsa più democratica che ci sia? Questa è una delle prime cose che ti viene detta se ti interessi di produttività e gestione del tempo. Cito Andrea Giuliodori in “Riconquista il tuo tempo”: “[...] il tempo è la risorsa più democratica che esista. Io, te o l’uomo più ricco e potente del mondo avremo sempre e comunque giornate della stessa durata.” Sorvolo sul maschile (generico?) di “uomo più ricco e potente del mondo” 🙄 Qual è il messaggio di fondo che si vuole trasmettere qui? Abbiamo tutti lo stesso tempo a disposizione. Se applichi i giusti metodi, con il giusto impegno riuscirai ad ottenere grandi risultati. Come Steve Jobs, Bill Gates, Elon Mask. Non proprio. Le giornate hanno la stessa durata per tutte le persone ma non tutte le persone hanno la stessa quantità di tempo a disposizione per fare grandi cose. C’è chi: ha qualcuno a cui badare ha un lavoro poco pagato e deve lavorare a tempo pieno (magari perché è donna, o straniera, o con disabilità) chi per avere un lavoro ben pagato fa un lungo tragitto per andare al lavoro (spendendo così ore della sua giornata per recarsi e tornare dal lavoro) chi può fare tutto più lentamente perché ha una disabilità, non per forza per colpa della disabilità ma per l’ambiente. Penso a quella volta che con un passeggino mi sono trovata di fronte a delle scale super ripide. Io ho potuto togliere mio figlio dal passeggino e scenderle ma se ero in sedia a ruote avrei dovuto fare un giro immenso per andare dove volevo chi deve spendere il suo tempo a imparare l’inglese o un’altra lingua importante per il luogo in cui abita … Il problema del se vuoi puoi Proprio ieri ascoltavo un podcast di un imprenditore digitale che parlava delle cose che hanno funzionato per portarlo al successo. Ad un certo punto parlava dell’attività fisica, perché mantenersi in forma è necessario a chi vuole essere produttivo. Fin qui nulla da dire: più sport fai, più sei in forma, meno acciacchi hai, più resisti allo stress, … Ma poco dopo il discorso ha virato sull’aspetto del corpo e sul fatto che se ci piacciamo siamo più sicuri di noi stessi e otteniamo più cose perché le persone lo percepiscono. Anche questo può senz’altro essere vero. Ma viene trascurato un dettaglio. Certe persone, con tutto lo sport del mondo, non avranno mai il corpo che piace secondo gli standard di bellezza odierni. Se una persona meno consapevole lo ascoltasse, potrebbe sentirsi un sacco sbagliata perché il messaggio è: “se vuoi un corpo che ti faccia sentire sicuro di te stesso puoi allenarti di più”. Ma non è sempre così. Inoltre, come ci dicevamo sopra, non tutti abbiamo lo stesso tempo a disposizione per allenarci. ⚠️ Non dico che devi cedere al vittimismo e arrenderti e pensare che non ce la farai mai. Ma credo che sia estremamente sano fare un check dei privilegi delle persone a cui ti stai confrontando. Le domande che dovresti porti sono: Quali sono le mie condizioni al contorno? Quali primi passi devo muovere per andare nella direzione che desidero? Cosa è realisticamente in mio potere in questa fase della mia vita? I miei 7 migliori consigli sulla gestione del tempo Una volta che hai ben calibrato le tue aspettative e le priorità in base alla fase della vita in cui ti trovi, se vuoi puoi applicare qualche trucco per gestire meglio il tuo tempo. Del tempo a disposizione che ti rimane, che è diverso dal mio e da quello della donna più ricca e potente del mondo, puoi trarre il massimo grazie ad alcuni accorgimenti. Ce ne sono a bizzeffe e ognuno deve trovare quello che funziona per sé. Ti lascio qui i miei migliori consigli pratici, sarò super felice di sapere quali sono i tuoi nei commenti qui sotto! 1) Il multitasking è una trappola Quando puoi: prediligi il fare una cosa alla volta. Una delle prime cose che impari quando studi la gestione del tempo è che il multitasking è da evitare il più possibile. Con multitasking si intende il fare due attività contemporaneamente. Si potrebbe intuitivamente pensare che così facendo produci di più, ma visto che non siamo computer in realtà non è così. È stato dimostrato scientificamente che fare del multitasking ti rende meno efficiente a causa del cosiddetto switching cost, ovvero il costo per saltare da un'attività all’altra. Perché il tuo cervello quando fai multitasking in realtà sta passando continuamente da un’attività all’altra, non le stai davvero eseguendo in contemporanea. Se vuoi approfondire il tema ho scritto un articolo sul tema del multitasking. Più sopra affermavo che la maggior parte degli esperti di gestione del tempo e produttività sono uomini… ...mentre si dice che le donne sono le più brave a rompere una delle regole fondamentali della gestione della produttività. 2) Il potere delle abitudini Per essere più efficiente mi è anche servito molto capire come funzionano le abitudini e sfruttare il meccanismo a mio vantaggio. Cito Duhigg da “La dittatura delle abitudini”: “Secondo gli scienziati [e le scienziate], le abitudini si formano perché il cervello è sempre alla ricerca di modi per risparmiare energia.” Quando agiamo secondo un’abitudine, il nostro cervello è in modalità risparmio energetico. L’energia che risparmiamo agendo secondo delle abitudini poi le possiamo impiegare in altre cose più importanti. Ad esempio, da appassionata di té verde quale sono, qualche anno fa avevo un cassetto pieno di té verdi e ogni mattina dovevo sceglierne uno tra mille. Ora ho preso l’abitudine di bere lo stesso tipo di té verde fino che finisco la confezione. E comunque non ho più così tanta scelta (e ordine) nel cassetto come nell'epoca pre-figlio: Inoltre, puoi sostituire cattive abitudini con buone abitudini dal punto di vista della gestione del tempo. Un esempio che mi riguarda potrebbe essere quello del telefono: mi sono imposta delle abitudini per non perdere tempo prezioso in armi di distrazione di massa come Instagram. Ad esempio decido di andare a letto ogni sera verso le 10 e non mi porto il telefono in stanza. E se mi dici che usi il telefono come sveglia io ti dico: procurati una sveglia. Lasciando il telefono in sala non mi faccio distrarre da schermi poco prima di andare a dormire e trovo solo un libro da leggere ad aspettarmi. Un’ultima categoria di abitudini che vale la pena instaurare sono quelle buone dal punto di vista della salute: come attività fisica regolare o passare il filo interdentale tutte le sere. Abitudini che mirano alla forza e salute del corpo e della mente, minimizzano il rischio di acciacchi, malattia e incidenti vari, evitando nel lungo periodo visite mediche d’urgenza e periodi di riposo forzati. 3) Minimizza le distrazioni Le distrazioni sono molte di più di quello che ti immagini. Provengono: dall’interno, quando il tuo cervello si mette a vagare dall’esterno, attraverso notifiche e interruzioni varie Ognuno deve trovare i propri modi per ovviare alle distrazioni che rubano tempo prezioso perché: improvvisamente ti ritrovi a fare qualcosa che non avevi previsto di fare anche se ripassi subito all’attività che stavi svolgendo, perdi tempo a rientrarci mentalmente Infine ci sono anche le distrazioni pericolose, come una persona che guarda il telefono mentre guida. Quelle sì che ti fan perder tempo se poi sfociano in un incidente! Ti lascio alcune tecniche che uso per ridurre le distrazioni: Dipende dal lavoro, ma credo che nella maggior parte dei casi ci si possa permettere di guardare le e-mail solo ogni qualche ora: tieni chiusa l’applicazione delle e-mail o se la devi usare, lasciala aperta ma disattiva le notifiche (il suono e il pop-up che appare) Se non puoi o vuoi disattivare le notifiche delle e-mail, disiscriviti almeno da ogni newsletter - sì, anche la mia - se non aggiunge valore ma solo casino nella tua casella di posta. Meno e-mail sono meno notifiche, meno interruzioni che ti arrivano. Se il programma e-mail che usi lo permette, programma delle regole per far finire automaticamente delle e-mail nel cestino in base all’oggetto. Dipende dal tipo di ufficio, noi abbiamo degli uffici da 1-3 persone con porta che danno su un corridoio. L’usanza è tenere la porta aperta ma io a volte la tengo chiusa per minimizzare le interruzioni da parte di colleghe e colleghi o per non sentire ciò che accade in corridoio. Se puoi, tieni il telefono fisicamente lontano, di sicuro non a portata di braccio. Qualche volta esco a fare una passeggiata breve vicino a casa e lascio di proposito il telefono a casa. Non lo porto più in stanza la sera. Metti il telefono in modalità non disturbare, lascia entrare solo le chiamate o le notifiche delle persone che davvero hanno il diritto di distrarti. Considera la possibilità di non avere un abbonamento ad internet sul telefono. Io ho trovato una perfetta via di mezzo: un internet così lento che mi permette solo di usare i messaggi di whatsapp e fare i biglietti per i mezzi pubblici. Ma non posso navigare in internet o scrollare sui social media. A casa poi ovviamente ho il wi-fi. Valuta bene l’uso che fai dei social media. Io ero senza social media (esclusi linkedin e whatsapp) dal 2014. Nel 2022 mi sono iscritta a Instagram per via di zairacconta e passo più tempo al telefono di prima, anche se cerco di farlo con cognizione di causa un po’ di tempo lo perdo. Ne hai davvero bisogno? Se la risposta è sì, considera di essere presente su meno piattaforme possibili. Disinstalla l’app dei social media, anche solo per un giorno. Io lo faccio a volte perché ho internet molto lento quando sono in giro e non posso nemmeno reinstallarla. La mia più grande distrazione resta il telefono. Ma sono l’unica che se non fa attenzione cade in tentazione col telefono o c’è chi riesce a gestirlo senza fatica? 4) La legge di Parkinson La legge di Parkinson in sostanza dice che un compito ti prende il tempo che decidi di dedicargli. Ovvio che c’è un limite, ma in larga misura lo vedo molto vero nella mia vita: se per rileggere un rapporto mi alloco un’ora, adatterò il mio modo di lavorare per metterci un’ora (velocità di lettura, dettaglio dei miei commenti, cura dell’ortografia). Se decido invece che gli voglio dedicare solo 30 minuti, farò lo stesso lavoro perdendo meno tempo in dettagli e magari anche aumentando i miei livelli di concentrazione perché so che in 30 minuti devo avere finito. Quando sono particolarmente sopraffatta dalle cose da fare, fantastico su come sarebbe tornare ad avere una vita senza figlio. Poi mi ricordo della legge di Parkinson e penso che non è detto che sarei tanto più produttiva. Mi spiego: se non avessi un figlio, per uscire di casa impiegherei un’ora tra colazione, trucco e parrucco. Ora esco di casa in 30 minuti se faccio colazione, altrimenti 15 minuti per le cose base mi bastano. Il risultato è simile ma impiego la metà del tempo. Se non avessi un figlio il weekend non starei a casa a fare tutte quelle cose per cui oggi ho poco tempo, ma andrei in montagna. Senza figlio sarei più riposata e avrei più tempo libero ma non è detto che produrrei molto di più. Lo vedo quando sono in albergo la sera quando viaggio per lavoro: ho tutta la sera per me, diciamo 4 ore, dalle 18:00 alle 22:00. Pensi che io sia lì a produrre in quelle ore? So di avere tutto quel tempo, mi rilasso e lascio che la legge di Parkinson prenda il sopravvento e impiego un’ora a fare la doccia. Sapere questa cosa è utile perché puoi sfruttarla a tuo favore. Esempio: se so che il mio termine ultimo per impacchettare le mie cose e lasciare l’ufficio sono le 17:00, faccio apposta a mettere una riunione che voglio liquidare in 30 minuti alle 16:30. In questo modo sono obbligata a mantenere il filo e il ritmo del discorso. 5) La tecnica pomodoro Ogni tanto uso la tecnica del pomodoro, inventata da Francesco Cirillo. La tecnica pomodoro consiste nel darti uno slot di tempo per lavorare ad una sola cosa senza distrazioni. Funziona così: Imposti il timer 25 minuti Lavori solo sulla tua cosa 25 minuti (non prendi in mano il telefono, non controlli le e-mail, non rispondi a chiamate, …) Allo scoccare del timer imposti un altro timer di 5 minuti dove idealmente fai qualcosa che ti liberi la mente (scendere a prendere la posta o vuotare la lavastoviglie se sei a casa, prepararti un tè, andare in bagno, …). Io ammetto che qui da quando ho Instagram purtroppo ho la tentazione di andare a guardare un attimo che succede lì e ti dico che è la cosa peggiore che potrei fare. Allo scadere della pausa, reimposti il timer di 25 minuti per continuare a lavorare sulla tua cosa. Solitamente si consigliano 3-4 pomodori intervallati da 5 minuti, alla fine dei quali ti puoi prendere una pausa di 15-30 minuti. Ah! Se te lo stessi chiedendo: il nome della tecnica viene da quei timer da cucina a forma di pomodoro. Io applico la tecnica del pomodoro principalmente in due casi: 1. Ho del lavoro da fare che non ho voglia di fare Io so che quando ho del lavoro da fare che non mi piace lo procrastino. Trovo di tutto da fare pur di non fare quella cosa lì. Allora combino la tecnica del pomodoro con quella dell’”ingoiare la rana come prima cosa al mattino”, ideata da Mark Twain. Mi dico: stamattina devo scrivere almeno 2 capitoli di questo rapporto. Setto il timer e mi ci fiondo. Spesso, una volta iniziato, il disgusto che provo per quell’attività sparisce. Ovviamente se hai un lavoro che ti forza troppo spesso ad abusare di questa tecnica due domande me le farei. 2. Ho tanto lavoro da fare Quando ho tanto da fare e voglio minimizzare le distrazioni uso la tecnica del pomodoro. Lo faccio anche per ricordarmi di fare una pausa ogni 25 minuti perché altrimenti rischio di esaurirmi. 6) Crea dei margini Creare dei margini è importante per non sentirsi in sopraffazione ancora prima di cominciare la giornata. Sembra banale ma ci vuole consapevolezza per crearsi dei margini così da non trascorrere la giornata a correre da un appuntamento all’altro con l’idea di essere sempre in ritardo. Al lavoro implemento questa cosa lasciandomi sempre un quarto d’ora tra una riunione e l’altra. Bada bene, non finisco per avere 15 minuti di libero tra un impegno e l’altro ma quei cuscinetti mi servono per rispondere all’e-mail importante, fare una piccola pausa, spostarmi da A a B, risolvere problemi tecnici. Da quando sono mamma cerco di avere margini di tempo anche nella mia vita privata. Passati i primi mesi in modalità sopravvivenza, dove l’obbiettivo era arrivare tutti vivi a sera, ho iniziato a settarmi quell’una cosa che era il mio obbiettivo della giornata. Una sorta di metodo MIT applicato alla vita di neo-genitrice. Dove MIT sta per Most Important Task, ovvero la cosa più importante, quella che ha più impatto, più priorità. Ad esempio, se un giorno c’era un appuntamento dal pediatra, per quel giorno non mettevo altri appuntamenti o aspettative. Magari oltre che andare dal pediatra riuscivo anche a fare una piccola spesa e a fermarmi in biblioteca, ma non mi mettevo pressione. Lo facevo anche per avere margine in caso di imprevisti e per andare al passo del mio bambino. Parlo al passato perché ora che il bimbo ha 3 anni mi posso permettere di mettere un paio di obbiettivi in più per la giornata ma comunque non più di 2 massimo 3 grandi obiettivi, il resto è in più. 7) Fai spazio per il tempo libero Devo ammettere che sono rimasta sorpresa dal numero di persone che mi hanno scritto a seguito del mio articolo sul carico mentale, che è anche diventato un episodio del podcast “Educare con calma” di Carlotta Cerri. Sono rimasta stupita dalle persone che mi chiedevano quali fossero i miei metodi per organizzarmi al punto da avere un lavoro di responsabilità lavorando a tempo parziale. Queste tecniche mi servono sì a prendermi responsabilità lavorando a tempo parziale o a portare avanti progetti personali a cui tengo. Non dimentico però che sono una persona e non una macchina, per cui anche il riposo è necessario se voglio produrre anche sul lungo periodo. Se si lavora sempre al massimo delle nostre capacità corriamo il rischio di bruciarci. Anche se sei un genitore con l’agenda che scoppia, ricalibra le tue priorità, semplifica la tua vita e fai spazio per del tempo libero. E facendolo, ricordati dei ruoli di genere in cui spesso ricadiamo se non ci facciamo attenzione: le donne, in genere, hanno meno tempo libero rispetto agli uomini. Inoltre gli uomini tendenzialmente prediligono lavori che si avvicinano al tempo libero come il giardinaggio o il fai da te. Sono due elementi importanti da tenere a mente, evidenziati per esempio da un rapporto dell’Istat del 2019 [1]. Riflessioni finali Hai notato quanti nomi di uomini in questo articolo? La gestione del tempo è un settore ancora molto maschile. Gli uomini che parlano di queste tecniche hanno una visione del mondo parziale e spesso privilegiata. Affermare che il tempo è la risorsa più democratica che ci sia, è ingiusto. Anche se tutte le persone hanno 24 ore, non tutte le persone hanno la stessa quantità di tempo a disposizione. Calibra le tue aspettative alla tua situazione. Impegnati ma ricordati che sei una persona e non una macchina. Non dimenticarti che il fine non è produrre ma stare bene, essere in salute. Quella per me è la priorità numero uno. Se hai letto fin qui e l’articolo ti è piaciuto mi aiuteresti molto anche solo cliccando sul cuoricino qui sotto. Te ne sono grata. Ciao e alla prossima, [1] I tempi della vita quotidiana. Lavoro, conciliazione, parità di genere e benessere soggettivo. ⇧

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