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  • Gestione del tempo e produttività: come faccio a fare tutto?

    Ti do un punto di vista alternativo sul tema e condivido 7 tecniche che uso per gestire meglio il mio tempo. Facciamo un esperimento. Vai su un sito che vende molti libri e nella barra di ricerca digita “gestione del tempo”. Nota i nomi delle persone che hanno scritto quei libri: Luca, Brian, Fabrizio, Flavio. Sono quasi tutti uomini. Sarà perché gli uomini scrivono più libri? Fai lo stesso digitando “metodo montessori”, “autosvezzamento” o “disciplina dolce”: le donne sono molte di più. È interessante notare che la gestione del tempo è un settore di dominio maschile. Secondo me è un aspetto molto importante da tenere a mente quando si leggono contenuti su questo tema. Perché tanti concetti e consigli sono espressi da un punto di vista maschile. In questo articolo farò delle premesse importanti sul tema della gestione del tempo e della produttività. Una riflessione in particolare non l'ho ancora vista fare da nessuna parte. Penso di aver aggiunto un punto di vista diverso su questo settore. Cosa trovi in questo articolo Che cosa è la gestione del tempo? Gestione del tempo: il mio percorso 17 libri su gestione del tempo ed efficacia personale che ho letto Puoi gestire grandi cose grazie a chi? E io come faccio a fare tutto? Il tempo è la risorsa più democratica che ci sia? Il problema del se vuoi puoi I miei 7 migliori consigli sulla gestione del tempo Riflessioni finali Che cosa è la gestione del tempo? Con gestione del tempo intendiamo un insieme di tecniche e competenze per gestire meglio il tempo ed essere più efficienti. Serve a fare di più in meno tempo. È una disciplina nata in relazione al mondo del lavoro, dove ci si interroga sui modi per produrre di più. Credo che sia per questo che si tratta ancora di un settore di dominio maschile. È una cosa nata per l’industria e poi per i manager. Ma sempre più troviamo temi legati alla gestione del tempo anche nell’ambito della crescita personale, un ambito già più femminile. Oggi l’approccio prende in considerazione il fatto che siamo persone e non macchine. Quindi parlando di tecniche per essere più efficienti, si parla anche di equilibrio, gestione dello stress, salute mentale. Gestione del tempo: il mio percorso Ricordo che già da bambina mi facevo un sacco di to do list e applicavo intuitivamente la tecnica eat the frog first. Mangia prima la rana, ci torniamo dopo. Mi obbligavo a fare la cosa che mi annoiava di più per poi premiarmi con le cose più piacevoli da fare. È incredibile come certi aspetti di una persona siano ben presenti fin dall’infanzia. Ho iniziato a interessarmi davvero di gestione del tempo una decina di anni fa, quando ho avuto il privilegio di poter fare dei corsi di perfezionamento sul lavoro. Da allora ho seguito diversi corsi su gestione del tempo, tecniche di lavoro, gestione dei conflitti, di progetti, … 17 libri su gestione del tempo ed efficacia personale che ho letto Giusto per confermare quello che ci dicevamo qui sopra: nota i nomi degli autori, non c’è nemmeno una donna. Li elenco in ordine sparso e nella lingua in cui li ho letti: La dittatura delle abitudini. Come si formano, quanto ci condizionano, come cambiarle. Charles Duhigg Make Time: How to focus on what matters every day. Jake Knapp, John Zeratsky The 7 Habits of Highly Effective People. Stephen R. Covey La 25me Heure. Comment travailler 1 heure de moins chaque jour. Guillaume Declaire, Bao Dinh, Jérôme Dumont. Willpower. Rediscovering the Greatest Human Strength. Roy F. Baumeister, John Tierney Flow: The Psychology of Optimal Experience. Mihaly Csikszentmihalyi Getting Things Done. The Art of Stress-Free Productivity. David Allen. Focus. L’arte di concentrarsi. Leo Babauta Riconquista il tuo tempo. Vinci le distrazioni. Riprendi il controllo delle tue giornate. Cambia la tua vita. Andrea Giuliodori. The Distracted Mind: Ancient Brains in a High-Tech World. Adam Gazzaley, Larry D. Rosen The As if Principle. The Radically New Approach to Changing Your Life. Richard Wiseman Zen Habits. Handbook for life. Hundreds of tips for simplicity, happiness, productivity. Leo Babauta Il segreto nella vita è scegliere una cosa sola su cui concentrarsi per ottenere risultati eccezionali. Gary Keller e Jay Papasan Irresistible. The Rise of Addictive Technology and the Business of Keeping Us Hooked. Adam Alter Die 4-Stunden-Woche. Mehr Zeit, mehr Geld, mehr Leben. Timothy Ferriss 24/7 - Zeitmanagement. Tim Reichel Margin: Restoring Emotional, Physical, Financial, and Time Reserves to Overloaded Live. Richard Swenson Uao, sapevo che era un tema che mi appassionava ma non credevo che dal 2019 avessi letto o ascoltato così tanti libri sul tema 😳 Ne ho altri in lista d’attesa, terrò questa lista aggiornata. Puoi gestire grandi cose grazie a chi? Negli ultimi anni ho cominciato ad interessarmi anche di temi legati agli stereotipi di genere, pregiudizi, discriminazioni. Incrociando questi temi con quelli di gestione del tempo ho notato che chi parlava di questi temi era spesso un uomo, bianco, senza figli o con figli ma una compagna a gestirli. Qua e là una presenza fondamentale e dietro le quinte trapelava dai libri di uomini esperti di produttività. Googlando il nome di esperti di produttività e il termine “moglie” si trovano frasi come queste: “Mia moglie vuole il meglio per me e che abbia successo in quello che faccio” “Tornato dalle vacanze, ho ripreso in mano la mia lista di cose da fare, e complice l’assenza di moglie e figli ancora in vacanza, mi ci sono gettato a capofitto” “Mia moglie è fuori città. Mi sono appena reso conto che mio figlio ha mangiato pizza a tutti e tre i pasti oggi” Ho estrapolato dal contesto e non conosco personalmente queste persone. Sto facendo ipotesi e magari giungo a conclusioni ingiuste riguardo ai singoli casi. Credo però che in generale il mio pensiero sia valido. Comincia a crescere in me la consapevolezza che spesso gli esperti di gestione del tempo fanno grandi cose anche perché hanno qualcuno, di solito una donna, che li spalleggia. L’ultima frase mostra un esperto massimo di gestione del tempo che si occupa di un figlio mentre la moglie è fuori città. Tutto bene, mi dirai. Ma ti immagini lo stesso commento fatto da una donna? Una donna twitterebbe mai di aver dato al figlio tre volte la stessa cosa da mangiare in un giorno? Molto meno probabile. E se lo fa è perché si auto definisce una mamma di m---a. Fai un po’ te… Non è che questo esperto di gestione del tempo può permettersi questo tweet goliardico perché il resto dei giorni c’è qualcuno che si prende in carico la salute alimentare del figlio? Carico che, tra l’altro, prende del tempo? E io come faccio a fare tutto? Molte persone mi hanno scritto a seguito del mio articolo sul carico mentale interessate a capire cosa avessi studiato per poter gestire così bene tante cose. Come posso avere una carriera lavorando part-time? E allo stesso tempo mantenere un progetto come zairacconta? Sono sì una persona decisa, ho studiato e sono abbastanza disciplinata. Ma ho un sacco di privilegi, che non voglio siano dimenticati: Ho potuto studiare tecniche di efficacia e gestione del tempo anche in orario di lavoro Ho un superiore aperto di mente e fiducioso che ha accettato di promuovermi a quadro nonostante il part-time Ho nonni vicini che due giorni a settimana si occupano del bimbo Ho un marito che lavora al 50% Questa cosa succede a meno del 2.7% di famiglie con figli in Italia, capisci il privilegio? Mio marito si occupa del bimbo la notte e il mattino, così io mi posso alzare riposata alle 05:30 e scrivere le parole che stai leggendo. Puoi leggere più sul nostro modello familiare in questo articolo. Oltre al fatto che sono bianca, eterosessuale, cisgender, di ceto medio, vivo nell'Europa occidentale e sono temporaneamente senza disabilità. Il tempo è la risorsa più democratica che ci sia? Questa è una delle prime cose che ti viene detta se ti interessi di produttività e gestione del tempo. Cito Andrea Giuliodori in “Riconquista il tuo tempo”: “[...] il tempo è la risorsa più democratica che esista. Io, te o l’uomo più ricco e potente del mondo avremo sempre e comunque giornate della stessa durata.” Sorvolo sul maschile (generico?) di “uomo più ricco e potente del mondo” 🙄 Qual è il messaggio di fondo che si vuole trasmettere qui? Abbiamo tutti lo stesso tempo a disposizione. Se applichi i giusti metodi, con il giusto impegno riuscirai ad ottenere grandi risultati. Come Steve Jobs, Bill Gates, Elon Mask. Non proprio. Le giornate hanno la stessa durata per tutte le persone ma non tutte le persone hanno la stessa quantità di tempo a disposizione per fare grandi cose. C’è chi: ha qualcuno a cui badare ha un lavoro poco pagato e deve lavorare a tempo pieno (magari perché è donna, o straniera, o con disabilità) chi per avere un lavoro ben pagato fa un lungo tragitto per andare al lavoro (spendendo così ore della sua giornata per recarsi e tornare dal lavoro) chi può fare tutto più lentamente perché ha una disabilità, non per forza per colpa della disabilità ma per l’ambiente. Penso a quella volta che con un passeggino mi sono trovata di fronte a delle scale super ripide. Io ho potuto togliere mio figlio dal passeggino e scenderle ma se ero in sedia a ruote avrei dovuto fare un giro immenso per andare dove volevo chi deve spendere il suo tempo a imparare l’inglese o un’altra lingua importante per il luogo in cui abita … Il problema del se vuoi puoi Proprio ieri ascoltavo un podcast di un imprenditore digitale che parlava delle cose che hanno funzionato per portarlo al successo. Ad un certo punto parlava dell’attività fisica, perché mantenersi in forma è necessario a chi vuole essere produttivo. Fin qui nulla da dire: più sport fai, più sei in forma, meno acciacchi hai, più resisti allo stress, … Ma poco dopo il discorso ha virato sull’aspetto del corpo e sul fatto che se ci piacciamo siamo più sicuri di noi stessi e otteniamo più cose perché le persone lo percepiscono. Anche questo può senz’altro essere vero. Ma viene trascurato un dettaglio. Certe persone, con tutto lo sport del mondo, non avranno mai il corpo che piace secondo gli standard di bellezza odierni. Se una persona meno consapevole lo ascoltasse, potrebbe sentirsi un sacco sbagliata perché il messaggio è: “se vuoi un corpo che ti faccia sentire sicuro di te stesso puoi allenarti di più”. Ma non è sempre così. Inoltre, come ci dicevamo sopra, non tutti abbiamo lo stesso tempo a disposizione per allenarci. ⚠️ Non dico che devi cedere al vittimismo e arrenderti e pensare che non ce la farai mai. Ma credo che sia estremamente sano fare un check dei privilegi delle persone a cui ti stai confrontando. Le domande che dovresti porti sono: Quali sono le mie condizioni al contorno? Quali primi passi devo muovere per andare nella direzione che desidero? Cosa è realisticamente in mio potere in questa fase della mia vita? I miei 7 migliori consigli sulla gestione del tempo Una volta che hai ben calibrato le tue aspettative e le priorità in base alla fase della vita in cui ti trovi, se vuoi puoi applicare qualche trucco per gestire meglio il tuo tempo. Del tempo a disposizione che ti rimane, che è diverso dal mio e da quello della donna più ricca e potente del mondo, puoi trarre il massimo grazie ad alcuni accorgimenti. Ce ne sono a bizzeffe e ognuno deve trovare quello che funziona per sé. Ti lascio qui i miei migliori consigli pratici, sarò super felice di sapere quali sono i tuoi nei commenti qui sotto! 1) Il multitasking è una trappola Quando puoi: prediligi il fare una cosa alla volta. Una delle prime cose che impari quando studi la gestione del tempo è che il multitasking è da evitare il più possibile. Con multitasking si intende il fare due attività contemporaneamente. Si potrebbe intuitivamente pensare che così facendo produci di più, ma visto che non siamo computer in realtà non è così. È stato dimostrato scientificamente che fare del multitasking ti rende meno efficiente a causa del cosiddetto switching cost, ovvero il costo per saltare da un'attività all’altra. Perché il tuo cervello quando fai multitasking in realtà sta passando continuamente da un’attività all’altra, non le stai davvero eseguendo in contemporanea. Se vuoi approfondire il tema ho scritto un articolo sul tema del multitasking. Più sopra affermavo che la maggior parte degli esperti di gestione del tempo e produttività sono uomini… ...mentre si dice che le donne sono le più brave a rompere una delle regole fondamentali della gestione della produttività. 2) Il potere delle abitudini Per essere più efficiente mi è anche servito molto capire come funzionano le abitudini e sfruttare il meccanismo a mio vantaggio. Cito Duhigg da “La dittatura delle abitudini”: “Secondo gli scienziati [e le scienziate], le abitudini si formano perché il cervello è sempre alla ricerca di modi per risparmiare energia.” Quando agiamo secondo un’abitudine, il nostro cervello è in modalità risparmio energetico. L’energia che risparmiamo agendo secondo delle abitudini poi le possiamo impiegare in altre cose più importanti. Ad esempio, da appassionata di té verde quale sono, qualche anno fa avevo un cassetto pieno di té verdi e ogni mattina dovevo sceglierne uno tra mille. Ora ho preso l’abitudine di bere lo stesso tipo di té verde fino che finisco la confezione. E comunque non ho più così tanta scelta (e ordine) nel cassetto come nell'epoca pre-figlio: Inoltre, puoi sostituire cattive abitudini con buone abitudini dal punto di vista della gestione del tempo. Un esempio che mi riguarda potrebbe essere quello del telefono: mi sono imposta delle abitudini per non perdere tempo prezioso in armi di distrazione di massa come Instagram. Ad esempio decido di andare a letto ogni sera verso le 10 e non mi porto il telefono in stanza. E se mi dici che usi il telefono come sveglia io ti dico: procurati una sveglia. Lasciando il telefono in sala non mi faccio distrarre da schermi poco prima di andare a dormire e trovo solo un libro da leggere ad aspettarmi. Un’ultima categoria di abitudini che vale la pena instaurare sono quelle buone dal punto di vista della salute: come attività fisica regolare o passare il filo interdentale tutte le sere. Abitudini che mirano alla forza e salute del corpo e della mente, minimizzano il rischio di acciacchi, malattia e incidenti vari, evitando nel lungo periodo visite mediche d’urgenza e periodi di riposo forzati. 3) Minimizza le distrazioni Le distrazioni sono molte di più di quello che ti immagini. Provengono: dall’interno, quando il tuo cervello si mette a vagare dall’esterno, attraverso notifiche e interruzioni varie Ognuno deve trovare i propri modi per ovviare alle distrazioni che rubano tempo prezioso perché: improvvisamente ti ritrovi a fare qualcosa che non avevi previsto di fare anche se ripassi subito all’attività che stavi svolgendo, perdi tempo a rientrarci mentalmente Infine ci sono anche le distrazioni pericolose, come una persona che guarda il telefono mentre guida. Quelle sì che ti fan perder tempo se poi sfociano in un incidente! Ti lascio alcune tecniche che uso per ridurre le distrazioni: Dipende dal lavoro, ma credo che nella maggior parte dei casi ci si possa permettere di guardare le e-mail solo ogni qualche ora: tieni chiusa l’applicazione delle e-mail o se la devi usare, lasciala aperta ma disattiva le notifiche (il suono e il pop-up che appare) Se non puoi o vuoi disattivare le notifiche delle e-mail, disiscriviti almeno da ogni newsletter - sì, anche la mia - se non aggiunge valore ma solo casino nella tua casella di posta. Meno e-mail sono meno notifiche, meno interruzioni che ti arrivano. Se il programma e-mail che usi lo permette, programma delle regole per far finire automaticamente delle e-mail nel cestino in base all’oggetto. Dipende dal tipo di ufficio, noi abbiamo degli uffici da 1-3 persone con porta che danno su un corridoio. L’usanza è tenere la porta aperta ma io a volte la tengo chiusa per minimizzare le interruzioni da parte di colleghe e colleghi o per non sentire ciò che accade in corridoio. Se puoi, tieni il telefono fisicamente lontano, di sicuro non a portata di braccio. Qualche volta esco a fare una passeggiata breve vicino a casa e lascio di proposito il telefono a casa. Non lo porto più in stanza la sera. Metti il telefono in modalità non disturbare, lascia entrare solo le chiamate o le notifiche delle persone che davvero hanno il diritto di distrarti. Considera la possibilità di non avere un abbonamento ad internet sul telefono. Io ho trovato una perfetta via di mezzo: un internet così lento che mi permette solo di usare i messaggi di whatsapp e fare i biglietti per i mezzi pubblici. Ma non posso navigare in internet o scrollare sui social media. A casa poi ovviamente ho il wi-fi. Valuta bene l’uso che fai dei social media. Io ero senza social media (esclusi linkedin e whatsapp) dal 2014. Nel 2022 mi sono iscritta a Instagram per via di zairacconta e passo più tempo al telefono di prima, anche se cerco di farlo con cognizione di causa un po’ di tempo lo perdo. Ne hai davvero bisogno? Se la risposta è sì, considera di essere presente su meno piattaforme possibili. Disinstalla l’app dei social media, anche solo per un giorno. Io lo faccio a volte perché ho internet molto lento quando sono in giro e non posso nemmeno reinstallarla. La mia più grande distrazione resta il telefono. Ma sono l’unica che se non fa attenzione cade in tentazione col telefono o c’è chi riesce a gestirlo senza fatica? 4) La legge di Parkinson La legge di Parkinson in sostanza dice che un compito ti prende il tempo che decidi di dedicargli. Ovvio che c’è un limite, ma in larga misura lo vedo molto vero nella mia vita: se per rileggere un rapporto mi alloco un’ora, adatterò il mio modo di lavorare per metterci un’ora (velocità di lettura, dettaglio dei miei commenti, cura dell’ortografia). Se decido invece che gli voglio dedicare solo 30 minuti, farò lo stesso lavoro perdendo meno tempo in dettagli e magari anche aumentando i miei livelli di concentrazione perché so che in 30 minuti devo avere finito. Quando sono particolarmente sopraffatta dalle cose da fare, fantastico su come sarebbe tornare ad avere una vita senza figlio. Poi mi ricordo della legge di Parkinson e penso che non è detto che sarei tanto più produttiva. Mi spiego: se non avessi un figlio, per uscire di casa impiegherei un’ora tra colazione, trucco e parrucco. Ora esco di casa in 30 minuti se faccio colazione, altrimenti 15 minuti per le cose base mi bastano. Il risultato è simile ma impiego la metà del tempo. Se non avessi un figlio il weekend non starei a casa a fare tutte quelle cose per cui oggi ho poco tempo, ma andrei in montagna. Senza figlio sarei più riposata e avrei più tempo libero ma non è detto che produrrei molto di più. Lo vedo quando sono in albergo la sera quando viaggio per lavoro: ho tutta la sera per me, diciamo 4 ore, dalle 18:00 alle 22:00. Pensi che io sia lì a produrre in quelle ore? So di avere tutto quel tempo, mi rilasso e lascio che la legge di Parkinson prenda il sopravvento e impiego un’ora a fare la doccia. Sapere questa cosa è utile perché puoi sfruttarla a tuo favore. Esempio: se so che il mio termine ultimo per impacchettare le mie cose e lasciare l’ufficio sono le 17:00, faccio apposta a mettere una riunione che voglio liquidare in 30 minuti alle 16:30. In questo modo sono obbligata a mantenere il filo e il ritmo del discorso. 5) La tecnica pomodoro Ogni tanto uso la tecnica del pomodoro, inventata da Francesco Cirillo. La tecnica pomodoro consiste nel darti uno slot di tempo per lavorare ad una sola cosa senza distrazioni. Funziona così: Imposti il timer 25 minuti Lavori solo sulla tua cosa 25 minuti (non prendi in mano il telefono, non controlli le e-mail, non rispondi a chiamate, …) Allo scoccare del timer imposti un altro timer di 5 minuti dove idealmente fai qualcosa che ti liberi la mente (scendere a prendere la posta o vuotare la lavastoviglie se sei a casa, prepararti un tè, andare in bagno, …). Io ammetto che qui da quando ho Instagram purtroppo ho la tentazione di andare a guardare un attimo che succede lì e ti dico che è la cosa peggiore che potrei fare. Allo scadere della pausa, reimposti il timer di 25 minuti per continuare a lavorare sulla tua cosa. Solitamente si consigliano 3-4 pomodori intervallati da 5 minuti, alla fine dei quali ti puoi prendere una pausa di 15-30 minuti. Ah! Se te lo stessi chiedendo: il nome della tecnica viene da quei timer da cucina a forma di pomodoro. Io applico la tecnica del pomodoro principalmente in due casi: 1. Ho del lavoro da fare che non ho voglia di fare Io so che quando ho del lavoro da fare che non mi piace lo procrastino. Trovo di tutto da fare pur di non fare quella cosa lì. Allora combino la tecnica del pomodoro con quella dell’”ingoiare la rana come prima cosa al mattino”, ideata da Mark Twain. Mi dico: stamattina devo scrivere almeno 2 capitoli di questo rapporto. Setto il timer e mi ci fiondo. Spesso, una volta iniziato, il disgusto che provo per quell’attività sparisce. Ovviamente se hai un lavoro che ti forza troppo spesso ad abusare di questa tecnica due domande me le farei. 2. Ho tanto lavoro da fare Quando ho tanto da fare e voglio minimizzare le distrazioni uso la tecnica del pomodoro. Lo faccio anche per ricordarmi di fare una pausa ogni 25 minuti perché altrimenti rischio di esaurirmi. 6) Crea dei margini Creare dei margini è importante per non sentirsi in sopraffazione ancora prima di cominciare la giornata. Sembra banale ma ci vuole consapevolezza per crearsi dei margini così da non trascorrere la giornata a correre da un appuntamento all’altro con l’idea di essere sempre in ritardo. Al lavoro implemento questa cosa lasciandomi sempre un quarto d’ora tra una riunione e l’altra. Bada bene, non finisco per avere 15 minuti di libero tra un impegno e l’altro ma quei cuscinetti mi servono per rispondere all’e-mail importante, fare una piccola pausa, spostarmi da A a B, risolvere problemi tecnici. Da quando sono mamma cerco di avere margini di tempo anche nella mia vita privata. Passati i primi mesi in modalità sopravvivenza, dove l’obbiettivo era arrivare tutti vivi a sera, ho iniziato a settarmi quell’una cosa che era il mio obbiettivo della giornata. Una sorta di metodo MIT applicato alla vita di neo-genitrice. Dove MIT sta per Most Important Task, ovvero la cosa più importante, quella che ha più impatto, più priorità. Ad esempio, se un giorno c’era un appuntamento dal pediatra, per quel giorno non mettevo altri appuntamenti o aspettative. Magari oltre che andare dal pediatra riuscivo anche a fare una piccola spesa e a fermarmi in biblioteca, ma non mi mettevo pressione. Lo facevo anche per avere margine in caso di imprevisti e per andare al passo del mio bambino. Parlo al passato perché ora che il bimbo ha 3 anni mi posso permettere di mettere un paio di obbiettivi in più per la giornata ma comunque non più di 2 massimo 3 grandi obiettivi, il resto è in più. 7) Fai spazio per il tempo libero Devo ammettere che sono rimasta sorpresa dal numero di persone che mi hanno scritto a seguito del mio articolo sul carico mentale, che è anche diventato un episodio del podcast “Educare con calma” di Carlotta Cerri. Sono rimasta stupita dalle persone che mi chiedevano quali fossero i miei metodi per organizzarmi al punto da avere un lavoro di responsabilità lavorando a tempo parziale. Queste tecniche mi servono sì a prendermi responsabilità lavorando a tempo parziale o a portare avanti progetti personali a cui tengo. Non dimentico però che sono una persona e non una macchina, per cui anche il riposo è necessario se voglio produrre anche sul lungo periodo. Se si lavora sempre al massimo delle nostre capacità corriamo il rischio di bruciarci. Anche se sei un genitore con l’agenda che scoppia, ricalibra le tue priorità, semplifica la tua vita e fai spazio per del tempo libero. E facendolo, ricordati dei ruoli di genere in cui spesso ricadiamo se non ci facciamo attenzione: le donne, in genere, hanno meno tempo libero rispetto agli uomini. Inoltre gli uomini tendenzialmente prediligono lavori che si avvicinano al tempo libero come il giardinaggio o il fai da te. Sono due elementi importanti da tenere a mente, evidenziati per esempio da un rapporto dell’Istat del 2019 [1]. Riflessioni finali Hai notato quanti nomi di uomini in questo articolo? La gestione del tempo è un settore ancora molto maschile. Gli uomini che parlano di queste tecniche hanno una visione del mondo parziale e spesso privilegiata. Affermare che il tempo è la risorsa più democratica che ci sia, è ingiusto. Anche se tutte le persone hanno 24 ore, non tutte le persone hanno la stessa quantità di tempo a disposizione. Calibra le tue aspettative alla tua situazione. Impegnati ma ricordati che sei una persona e non una macchina. Non dimenticarti che il fine non è produrre ma stare bene, essere in salute. Quella per me è la priorità numero uno. Se hai letto fin qui e l’articolo ti è piaciuto mi aiuteresti molto anche solo cliccando sul cuoricino qui sotto. Te ne sono grata. Ciao e alla prossima, [1] I tempi della vita quotidiana. Lavoro, conciliazione, parità di genere e benessere soggettivo. ⇧

  • Le bimbe sono le principesse dei papà e i bimbi gli eroi delle mamme?

    Ti presento 6 punti critici di questa credenza per allenare il tuo spirito critico. “Si dice sempre che le bambine sono le principesse di papà ed i bambini gli eroi della mamma” L’altro giorno ho letto questa frase sotto ad un post su Instagram. Il mio cervello si aspettava di leggere poco sotto perché quella frase andrebbe evitata. Ho trovato solo degli hashtag: #love#cute#fashion#beautiful#disney#babygirl#family#newborn#babyphotography#mommyandkids#happy#photooftheday#instagood#friends#instalike#girl#nature#selfie#smile#kids#baby#food#fun#igers#life#picoftheday#repost#photography#instagram Ups, che ingenua. La didascalia finiva lì. Questa foto ha ricevuto 2500 like e 80 commenti, 1 solo a contraddire il messaggio di fondo. Questo articolo non ti spiegherà come impedire a tua figlia di amare le principesse. Ma ti farà ragionare su un modo di dire e di pensare che rafforza la disparità tra i generi. Perché lo spirito critico è una delle qualità fondamentali per educare alla parità di genere. Cosa trovi in questo articolo Cos’è il doppio standard e cosa c’entra Le parole contano Si dice sempre che le bambine sono le principesse dei papà e i bimbi gli eroi delle mamma: 6 punti critici E se mia figlia ama le principesse? Riflessioni finali Cos’è il doppio standard e cosa c’entra Una premessa prima di analizzare la frase incriminata. Mi chiedevo: ma la stessa foto con una mamma e una bimba o un bimbo addormentato sulle sue gambe, avrebbe suscitato la stessa acclamazione? Io penso di no. Il motivo è la meraviglia che ancora suscita l’immagine di un papà che fa il papà. Il famoso doppio standard. Non pensi? Secondo me l’ipotetica mamma sotto la foto si sarebbe beccata anche un sacco di consigli non richiesti: Ma come, la fai addormentare davanti alla tele? Non dovresti guardare la tele mentre la tua bambina dorme, dovresti fare… Guarda che quella posizione non è ergonomica! Avere una reazione diversa di fronte ad una situazione simile vissuta da due persone diverse è un doppio standard. Una mamma e un papà che fanno la stessa cosa ma vengono giudicati in maniera diversa. La prima incontrerà anche indifferenza o critica, il secondo perlopiù lodi e conferme. Le parole contano Le parole hanno un peso che spesso viene sottovalutato. La maniera in cui ci esprimiamo può modellare empatia, rispetto, spirito critico. Usare i femminili professionali aiuta a diminuire la segregazione formativa. I modi di dire e i proverbi rafforzano stereotipi e pregiudizi e sono la cartina di tornasole della nostra cultura, come dice bene Vera Gheno in Femminili singolari: “Come è noto, i proverbi e i modi di dire non nascono dal nulla, ma rappresentano una sorta di ‘precipitato’, di sedimentazione della saggezza popolare. Spesso sono così interiorizzati nella nostra cultura che non facciamo davvero caso a quanto enunciano” Queste credenze popolari sono del tutto insensate eppure continuiamo a sentirle. Io, sbagliando, sono rimasta allibita e non sono riuscita a controbattere. La prossima volta mi piacerebbe dire qualcosa come: “il comportamento di mio figlio non c’entra nulla con il colore dei suoi capelli” Mannaggia a me di non essere riuscita a rispondere sul momento 🤦‍♀️ Si dice sempre che le bambine sono le principesse dei papà e i bimbi gli eroi delle mamma: 6 punti critici 1. Il binarismo di genere Sono stufa di questa divisione in schiere tra figli maschi e figlie femmine, eroi e principesse, mamme e papà. Tutti i sostantivi di questa frase entrano in un binario: tre di qua e tre di là. Maschio e femmina sono etichette a cui dovremmo dare meno peso. Concentriamoci sul fatto che siamo persone. Lo so che pensare che uomini e donne vengono da due pianeti diversi sembra divertente. Ma pensarlo è davvero limitante, azzera la costruttività a suon di “siam fattə così” [1]. O, per dirla con le parole della psicologa sociale Pacilli: “I discorsi attorno alle differenze fra uomini e donne […] ci attraggono e ci affascinano, li facciamo nostri senza porci troppe domande in quanto semplificano e rassicurano” 2. Cosa vuol dire essere una principessa? Se hai una figlia che ama vestirsi da principessa, tutta rosa e a balze: non preoccuparti. È vero che anche nei media per l’infanzia troviamo sempre più principesse intraprendenti. Ma gli stereotipi sono duri a morire e la rappresentazione libera da stereotipi ancora di più. Potresti però verificare cosa intende la tua bambina con il termine “principessa”. Credo che i valori che il termine “principessa” si porta dietro da molti anni non siano ancora del tutto sradicati. Una principessa rimane strettamente legata a queste tre caratteristiche: bellezza eleganza gentilezza Sulla gentilezza non ho nulla da ridire, se non che vorrei che fosse un’etichetta sempre più associata anche al genere maschile. Sulla bellezza ed eleganza dovremmo fare un discorso a parte. Una bambina appassionata di principesse potrebbe pensare che essere belle e eleganti sia la cosa più importante. Il che può essere già un problema, ma lo è ancora di più se per esempio la bambina, ragazza, donna non ha la fortuna di avere un corpo conforme agli standard di bellezza correnti. La pressione estetica incombe soprattutto sulle donne, a partire dall’infanzia. Non è un caso se i disturbi del comportamento alimentare o gli interventi di chirurgia estetica riguardano soprattutto le donne. 3. Cosa vuol dire essere un eroe? A “principessa” si contrappone il termine “eroe”. Che, come raccontavo in questo già citato articolo sulle etichette, si porta dietro tutt’altro tipo di valori: forza coraggio bellezza Forza e coraggio sono sicuramente dei valori condivisibili. Quello che mi spiace è che queste qualità siano viste come tipiche di un solo genere. Inoltre, si tende a sottovalutare la pressione di doversi mostrare forti e coraggiosi sempre e comunque. Questa mentalità che tramandiamo alle nuove generazioni ha delle ripercussioni non da poco. Un semplice esempio è quello per cui gli uomini hanno la tendenza a chiedere meno aiuto, anche quando si tratta di andare dal medico per la propria salute. Ne parlava la sociologa Kyl Myers in questo suo discorso. Anche gli uomini sono sempre più sottoposti alla pressione estetica, vedi il termine “bello” che appare parecchie volte in relazione con il termine “eroe”. La pressione è comunque minore e spesso di un altro tipo: la mascolinità correla con il volume dei muscoli. 4. Quella tra uomini e donne è una relazione gerarchica La sociologa Kyl Myers in questo suo discorso dice una cosa molto vera: Il binario maschile e quello femminile non sono complementari. Piuttosto, sono gerarchici con uomini e bambini che vengono valorizzati e hanno più potere di bambine e donne. Quello che trovo assurdo nella frase che stiamo analizzando, è che addirittura la mamma è gerarchicamente inferiore al figlio. Siamo d’accordo che la relazione genitori-figli è una relazione di potere. Un potere che si può decidere di esercitare in diversi modi, ma pur sempre di potere si tratta. Affermare che il figlio è l’eroe della mamma sovverte i ruoli di potere e mette il genere maschile sopra a quello femminile. 5. Mancanza di spirito critico dichiarato Sono allergica ai “si dice sempre” pericolosamente simili ai “si è sempre fatto così” o ai “siam fattə così” di cui sopra. Ci sono dei proverbi e modi di dire che sono molto saggi, ma tanti, che è meglio abbandonare subito. Quando senti o leggi “si dice” prova a porti una semplice domanda: “Chi lo dice?” 6. Il complesso di Edipo Disclaimer grande come una casa: non sono del campo, non sono un’educatrice d’infanzia, non sono una psicologa. Sono un ingegnera meccanica. Quello che mi piace fare è mettere in dubbio lo status quo, basandomi sui miei ragionamenti e quello che leggo in fonti che ritengo plausibili. Se ne sai più di me e noti che scrivo cose sbagliate non esitare a scrivermi. Mi sorprende che spesso sia dato per scontato che i bimbi sono dei mammoni e le bimbe le cocche di papà. Secondo me questo è un lascito delle teorie di Freud e del cosiddetto complesso di Edipo. Riassumo: il complesso di Edipo è quell’idea per cui durante una certa fase dello sviluppo un figlio sarebbe più legato/attratto alla mamma e proverebbe astio nei confronti del papà. La stessa cosa per le figlie femmine è legata al complesso di Elettra. La cosa particolare è che in diversi siti che ho visitato si parla del complesso di Edipo come se fosse un dato di fatto. Senza nominare che questa idea ha davvero poche evidenze scientifiche. Quindi spesso finiamo per modellare le nostre relazioni su una teoria molto criticata e poco confermata. Per me il punto più critico [2] del dare per scontato il complesso di Edipo è quello della profezia che si auto-avvera. A furia di credere e ripetere che un figlio è più legato alla mamma e non al papà, convincerà tutti di questa cosa. Non ci sono magari altre ragioni oltre che il sesso bigologico? Magari il numero di ore trascorse dal bimbo con la mamma vs. le ore trascorse col papà? Carattere? Pensare che una cosa è “così per natura” è molto pericoloso perché poi si tende a pensare di non poterci fare niente. Un bambino è “mammone”? Risposta: “Eh, oramai è così… che ci vuoi fare”. Invece che lasciare che anche il papà abbia lo spazio di costruire una relazione con suo figlio. Io mi sento di lasciare da parte questa credenza e pensare che il mio bambino possa essere più o meno attaccato a me e a mio marito in base a delle ragioni che prescindono dal nostro sesso biologico. E se mia figlia ama le principesse? La libertà di tua figlia di essere e amare chi e cosa vuole deve venir rispettato. L’unico problemino, di cui ho scritto più approfonditamente in questo articolo, è: tua figlia sembra aver avuto la libertà di amare le principesse. Ok, ora le ama per davvero. Ma chi può dire se avrebbe amato i dinosauri, qualora la nostra società vedesse questi animali come “da bimbe” e dunque femminilizzanti? È un po’ come se ti portassero da mangiare sempre una crema di zucca e una di cavolfiore. Tu scegli quasi sempre quella di zucca e dici di amare la crema di zucca. Ma se sapessi che puoi anche mangiare altro, tipo pasta al ragù di lenticchie o sedano rapa impanato? Le bambine e i bambini hanno la libertà di scegliere tra le opzioni che gli diamo come società. Capisci? Per questo faccio notare il binarismo di genere e la poca fantasia che si trovano nell’industria per l'infanzia: o blu o rosa, o dinosauri o unicorni, o macchinine o bambole. Quindi, nel caso di una bambina-principessa quello che farei è: Informarsi, sempre e comunque. Ad esempio, sapere che ci sono studi che dimostrano che la passione per le principesse Disney può essere limitante specialmente per le bambine, che hanno una più alta probabilità di abbracciare stereotipi femminili tradizionali [3]. Provare ad ampliare il panorama della bambina e le sue opzioni. Casa troviamo oltre alle principesse? Sempre nel rispetto per le sue inclinazioni e passioni. Fornire rappresentazioni di principesse con altri valori oltre a quello della bellezza e dell’eleganza nei libri, nei cartoni animati, nei giochi. Portare esempi di principesse attive e non passive. Riflessioni finali Spesso non pensiamo al vero significato dietro ad alcune espressioni e modi di dire. Notarlo è il primo passo. Metterli in dubbio il secondo. Poi si prosegue sradicando l’espressione un pezzettino alla volta. Se hai letto fin qui e l’articolo ti è piaciuto mi aiuteresti molto anche solo cliccando sul cuoricino qui sotto. Te ne sono grata. Ciao e alla prossima, [1] Non capita spesso che nei miei articoli debba usare la lettera schwa “ə”, che si pronuncia tra una “a” e una “e”. Similmente alle altre soluzioni creative come l’asterisco, la chiocciolina o il 3, è un simbolo che va a togliere il genere da una parola, così che tutte le persone si possano sentire toccate dal mio discorso. Mi impegno ad utilizzare un linguaggio il più ampio possibile senza dover ricorrere a questo trucchetto. Non credo che ci avrai fatto caso, ma i miei articoli sono scritti in maniera che sia un uomo che una donna si possano sentire interpellati, nella maggior parte dei casi anche una persona non binaria. ⇧ [2] Ci sono poi diversi altri punti criticati delle teorie di Freud, come quello di dare per scontato che l’unico orientamento sessuale “normale” sia quello eterosessuale. Oppure il fatto che si tratta di una teoria che vede nella presenza di un padre e di una madre nei ruoli tradizionali il presupposto per uno sviluppo regolare dei figli. ⇧ [3] Sarah M. Coyne et al., Pretty as a Princess: Longitudinal Effects of Engagement With Disney Princesses on Gender Stereotypes, Body Esteem, and Prosocial Behavior in Children, Child Development, November/December 2016, Volume 87, Number 6, Pages 1909–1925 ⇧

  • Genitori e le mille cose da fare: il segreto è concentrarsi sul tempo libero

    Come tracciare il tempo libero e ripartirlo equamente nella coppia ti renderà più felice. Da quando è nato nostro figlio il tempo libero a nostra disposizione si è ridotto drasticamente. Ti suona famigliare? Lascia che ti racconti un aneddoto per farti rendere conto della situazione in cui ci trovavamo. Eravamo ad Amsterdam per un soggiorno ed eravamo senza i nonni che normalmente ci aiutano due giorni alla settimana. Così io e mio marito ci spartivamo la cura del bimbo duenne, della casa ed il lavoro da stipendiati. In quel periodo mio marito aveva meno da fare sul lavoro, così qualche pomeriggio riusciva a prenderselo per andare al mare del nord a volare col kite. E a me rodeva. Rodeva terribilmente. Mio marito si irritava del mio rosicamento e a me irritava la sua irritazione. Un circolo vizioso. Eravamo entrambi frustrati, ognuno con l’impressione che l’altro avesse più diritto ad avere tempo libero dell’altro. Cosa trovi in questo questo articolo: L’importanza del tempo libero per ognuno di noi Tempo libero: gli uomini ne hanno di più La nostra soluzione semplice ma non banale: tracciare il tempo libero e porselo come obiettivo I vantaggi di mettere al centro il tempo libero anziché le cose da fare Che cosa è tempo libero e cosa non lo è La migliore app per tracciare il tempo libero che abbiamo provato E le cose da fare? Essere d’accordo sulle priorità è il primo passo I 4 benefici più grandi che ho sperimentato tracciando il tempo libero Tempo libero: quanto ne abbiamo bisogno? L’importanza del tempo libero per ognuno di noi Avere tempo per sé è indispensabile. Lo è ancora di più per te, se hai bimbi piccini che per loro natura attingono costantemente al tuo bacino di forza di volontà e pazienza. La mancanza di tempo libero fra le altre cose è associato a maggiori livelli di: ansia stress infelicità esaurimento inattività fisica Che fare per uscire da questa situazione? Tra poco ti racconto come siamo arrivati ad una delle migliori idee che io abbia mai avuto! Ma prima diamo un’occhiatina alle statistiche. Tempo libero: gli uomini ne hanno di più A livello statistico, il fatto più rilevante è che le donne hanno meno tempo libero degli uomini a parità di condizioni. Te lo immaginavi? Addirittura circa un’ora in meno al giorno in Italia, come riportato in una pubblicazione del 2019 dell’Istat (dati 2013-2014) [1]. In Svizzera, dati del 2020 suggeriscono che le madri hanno circa 1.5 ore in meno alla settimana rispetto ai padri nella stessa situazione famigliare [2]. Se vuoi educare alla parità, prima devi educarti alla parità: “Non possiamo dare qualcosa che non abbiamo già in noi” come scrisse Maria Montessori. È quindi fondamentale cominciare a lavorare su di noi per appianare questa disparità di genere. La nostra soluzione semplice ma non banale: tracciare il tempo libero e porselo come obiettivo Ad un certo punto io e mio marito abbiamo discusso molto su come fare ad evitare problemi legati alla mancanza di tempo libero. Per me la strada era solo una: tracciarlo. Cosa intendo? Intendo dire che dobbiamo registrare il tempo libero: del genitore A del genitore B dei genitori A e B insieme L’ultimo punto elencato è fondamentale perché ho notato che in una coppia con figli piccoli è meno complicato ritagliarsi del tempo per sé che per la coppia: nei primi due casi si deve “solo” lasciare i figli all’altro genitore. Se si vuole avere del tempo libero di coppia ci vuole pianificazione e magari anche soldi per lasciare i figli con qualcuno che ce li guardi. Ti sembra una follia stare a contarsi le ore in coppia manco fossimo dei controllori delle finanze? Ti dico io cosa mi sembra assurdo: se la tua dolce metà avesse a disposizione anche solo un’ora in più di te alla settimana, questo risulterebbe in 54 ore in più all’anno che corrispondono a 7 giornate spese a fare ciò che vuole. Sette giornate a cui tu invece hai rinunciato. È un vantaggio competitivo enorme sulla sanità mentale e fisica che avrà in confronto a te! Viceversa, se sei tu che in genere riesci a prenderti quel tempo libero, ora potresti capire da dove arriva quel clima pesante in casa: la coppia è una squadra e funziona al meglio quando ognuno può prendersi i suoi spazi. Sono d’accordo che in tempi in cui la risorsa tempo libero abbonda contare le ore spese nel tempo libero non sia necessario ma finché non sarà così… I vantaggi di mettere al centro il tempo libero anziché le cose da fare Il primo vantaggio risulta già nell’affrontare il discorso con il tuo compagno o la tua compagna. Lascia che ti spieghi. Tante persone, per la maggioranza donne, hanno lo scomodo compito di dover dimostrare il valore del loro impiego principale: quello di mamma e casalinga altrimenti poco valorizzato. Ho usato il femminile per questioni statistiche, perdonami se sei un papà casalingo. Uno dei consigli che si danno in questo ambito è quello di una discussione a tavolino sul lavoro svolto in casa e con i figli. Il concetto sarebbe proprio quello di sedersi in coppia e discutere sulla base di liste infinite dei compiti svolti da chi è a casa per la maggior parte del tempo. Gli obiettivi sono principalmente due: veder riconosciuto il proprio lavoro a casa spartirsi i compiti più equamente Condivido gli obiettivi, ma questo non è il primo approccio che tenterei. Chi si trova dalla parte dell’imputato potrebbe percepire l’esercizio come: un far pesare la cosa un voler appioppare dei compiti che vanno ad aggiungersi alle molte ore di lavoro già svolte fuori casa Le discussioni non vanno molto lontano se una delle due parti si sente messa all’angolo. Ribaltare la discussione parlando di tempo libero anziché di cose da fare darà un tono molto più positivo alla discussione: siamo una squadra ed il nostro obiettivo è quello di massimizzare e parificare il nostro tempo libero. Gli altri vantaggi sono dati nella fase operativa. In primo luogo, avere il focus su un obiettivo positivo aiuta molto a rimanere motivati. La motivazione viene anche dal fatto che l’obiettivo risulta molto più specifico, misurabile e sfidante. Come? Beh, senti la differenza tra questi due obiettivi: Devo avere 4 ore di tempo libero alla settimana Devo lavorare 70 ore a settimana L’obiettivo 2 non ha senso per il fatto che l’obiettivo è banale e scontato: rappresenta il tuo lavoro quotidiano che devi fare in ogni caso (lavoro stipendiato, casa, figli). L’obiettivo “tempo libero” invece ti permette di ricordarti di prendere del tempo per te. È facile mettere in fondo alla lista delle cose da fare il tempo per te e per la coppia. Con questo approccio non succederà più, te lo garantisco. Io mi immagino un ruscello con delle rocce che affiorano: le rocce ben salde sono i nostri blocchi di tempo libero e l’acqua che trova spazio lì attorno è la nostra vita con mille mila cose da fare. Essendo poi il tempo libero più raro e prezioso delle cose da fare risulta davvero poco impegnativo tracciarlo 😅. Che cosa è tempo libero e cosa non lo è Il primo passo fondamentale è essere in chiaro su cosa sia tempo libero e cosa no. Una cosa che deve risultare assolutamente chiara a tutti è che lavoro stipendiato cura dei figli cura della casa sono lavoro. A questo punto potresti pensare: sì, ma non si può paragonare stare con i figli al parco con stare tutto il giorno in un ufficio a rispondere a chiamate di clienti arrabbiati. E invece sì. Seguimi, ancora per un attimo, che ti spiego meglio cosa intendo. Ecco la definizione di tempo libero: tempo a disposizione speso a fare ciò che si vuole. Okay? Tempo per fare ciò che faresti se magicamente per un giorno non avessi figli casa partner bollette … a cui dover pensare. Quindi sia il lavoro d’ufficio sia i figli al parco ti legano, non lasciandoti spendere il tempo esattamente come lo vorresti. Chiaro: avere un lavoro che ami e fare attività che ti piacciono con i figli potrebbe aiutarti a vivere bene anche gli obblighi e ad avere una vita appagante. Ciò non toglie che tutti hanno comunque bisogno del tempo da utilizzare a discrezione. La migliore app per tracciare il tempo libero che abbiamo provato Una volta che io e mio marito avevamo chiaro cosa fare abbiamo dovuto trovare un’applicazione che ci permettesse di registrare le ore con il minimo impegno. Noi abbiamo identificato l’app Toggl Track che uso per: registrare un’attività a posteriori visualizzare in un semplice grafico la situazione “tempo libero” in famiglia E le cose da fare? Essere d’accordo sulle priorità è il primo passo Se non si può fare affidamento sul buon senso bisognerà anche avere una discussione onesta sul tema delle priorità delle cose da fare. E in tutto questo cerchiamo di tenere conto di quanto scritto in questo rapporto Istat del 2019: nel lavoro domestico, le donne si fanno più carico degli uomini del lavoro routinario (cucinare, lavare, stirare, …), mentre gli uomini prediligono attività che si avvicinano molto al tempo libero (giardinaggio, bricolage, shopping, manutenzione veicoli, …). Per intenderci, pulire la macchina o curare il giardino nella nostra famiglia sono voci che rientrano sotto il cappello “cura della casa”. Sono attività che a qualcuno potrebbe piacere svolgere e va bene così. Non è che adesso fare giardinaggio debba essere catalogato come tempo libero ma le priorità devono essere chiare. Se c’è una casa da pulire, pasti da preparare e figli da scorrazzare in giro non passerò la mia giornata a piantare bulbi di tulipano o a lucidare la mia macchina. Chiaro? I 4 benefici più grandi che ho sperimentato tracciando il tempo libero Da quando io e mio marito abbiamo un sistema per tracciare il tempo libero, sono molto più serena perché: tutte le discussioni legate al tempo libero sono sparite. Da parte mia il cambio di mentalità è stato radicale: sono passata dal rinfacciare un pomeriggio speso a volare con il kite a dire frasi tipo “il giorno X potresti andare a sciare, devi recuperare”. Sicuramente la coppia ne giova: nonostante la consapevolezza dobbiamo ancora sforzarci per creare del tempo per la coppia senza bimbo. Ce lo ricorda la visualizzazione del tempo libero tracciato in Toggl. Il mio tempo libero è aumentato, non lo posso dire con certezza visto che in passato non lo tracciavo ma la sensazione è decisamente quella. Visto che gli stereotipi di genere nei bambini cominciano ad instaurarsi molto presto, in questo modo stiamo dando un messaggio molto chiaro a nostro figlio: il tempo di entrambi i genitori è prezioso allo stesso modo. Tempo libero: quanto ne abbiamo bisogno? Ognuno è diverso e avrà le sue soglie di sopportazione in base alle priorità del momento di vita in corso. La buona notizia è che studi dimostrano che anche troppo tempo libero fa male [3] 😅. In particolare nello studio citato, l’optimum sembra trovarsi tra le 2 e le 5 ore di tempo libero al giorno. Cosa?! Sì, anche a me sembra un’enormità di tempo che al momento non riesco ad avere ma ci sto lavorando. E comunque basterà meno tempo libero per ricaricarsi se lo si spenderà in maniera più utile per il corpo e per la mente. I miei numeri basati sui dati Toggl dell’anno scorso sono: in media circa 3 ore per me e 1.25 ore assieme a mio marito alla settimana per un totale di 4.25 ore a settimana senza figli o lavoro. A questo totale si aggiunge circa un’ora al giorno di “divano” che riesco a fare da che il mio bimbo si è addormentato a quando vado a letto… …se non la brucio addormentandomi a mia volta 😉. Quindi circa 11 ore alla settimana. Tanto o poco? È il massimo che riesco a fare in questo periodo di vita. Fammi sapere nei commenti qual'è la tua situazione in fatto di tempo libero, sono curiosa! Ah, e se hai letto fin qui e l’articolo ti è piaciuto mi aiuteresti molto anche solo cliccando sul cuoricino qui sotto. Te ne sono grata. Ciao e alla prossima, [1] I tempi della vita quotidiana. Lavoro, conciliazione, parità di genere e benessere soggettivo. ⇧ [2] Si veda questo comunicato stampa dell’ufficio federale di statistica. ⇧ [3] Having Too Little or Too Much Time Is Linked to Lower Subjective Well-Being con Marissa A. Sharif come prima autrice, Journal of Personality and Social Psychology, 2021. ⇧

  • Carico mentale: ti senti un genitore stanco, impaziente e inadeguato?

    Condivido con te 8 + 5 strategie che mi rendono una mamma lavoratrice serena e senza sensi di colpa. Se qualche volta ti senti un genitore inadeguato o sbagliato. Se sbotti con i bimbi e poi ti senti in colpa più spesso di quello che vorresti. Se sei un genitore sopraffatto e se ti senti in balia degli eventi. Se come genitore ti senti regolarmente impaziente, irritabile. Se sei in una coppia eterosessuale e ti senti così, dati statistici alla mano, è molto probabile che tu sia una donna. Questo articolo potrebbe aiutarti a far luce su un problema a cui forse non hai ancora dato un nome. Il carico mentale nella vita di un genitore è spesso un macigno che pesa il doppio proprio a causa della sua invisibilità. In questo articolo condivido con te 8 + 5 strategie che mi rendono una mamma serena e senza sensi di colpa. Seguimi! Cosa trovi in questo articolo: Che cos’è il carico mentale familiare? Il carico mentale familiare ricade ancora soprattutto sulle donne Il fatto che il carico mentale familiare ricada sulle donne è culturale Comincia a ridurre il carico mentale partendo da te I miei 8 consigli per ridurre il carico mentale partendo da te I miei 5 consigli per parlare di carico mentale in coppia Riflessioni finali Che cos’è il carico mentale familiare? Il carico mentale familiare è il peso della responsabilità di gestire casa e famiglia. Quindi la gestione di tutto ciò che serve a una famiglia per vivere, al netto del lavoro retribuito. Di cosa sto parlando? Da un lato, parlo di tutte le cose da fare come: lavoro domestico pulire cucinare fare la spesa fare il bucato pagare le bollette … lavoro di cura dei figli passare del tempo con loro seguirli nei loro compiti portarli a scuola educarli vestirli … Senza dimenticare la cura di parenti bisognosi o animali domestici. I compiti di questa lista prendono tempo ma sono più semplici da gestire. Dall’altro lato sto però parlando soprattutto delle cose a cui pensare: lavoro domestico pensare a cosa cucinare ricordarsi di pagare le bollette prenotare l'appuntamento in garage e farlo incastrare con tutti gli altri appuntamenti pensare a comprare i prodotti per pulire casa pensare a far vaccinare il gatto … lavoro di cura dei figli riorganizzarsi quando improvvisamente si ammalano ricordarsi delle riunioni e dei mercatini della scuola pensare ad un regalo per la festa di compleanno informarsi riguardo all’educazione dei figli ricordarsi di prendere gli appuntamenti dal o dalla pediatra … Tutto quello che è elencato in questa seconda lista è praticamente invisibile perché non è lavoro pratico. Sono compiti che spesso stanno nella mente come: organizzare anticipare ricordare pensare … Vedi come il carico mentale è doppiamente frustrante? Il carico mentale è pesante ma non lo si vede. E ciò che non vedi è difficile da riconoscere, sia che lo hai fatto tu o qualcun altro. Il carico mentale familiare ricade ancora soprattutto sulle donne Il carico mentale spesso ricade ancora solo su uno dei due genitori: la donna. Se parliamo di coppie eterosessuali, che statisticamente sono le più numerose. In questo rapporto Istat del 2019 ho trovato questi cinque punti interessanti: Quindi, anche se le donne decidono di lavorare dopo la maternità, in genere si fanno più carico del lavoro familiare rispetto agli uomini. La ragione principale è la difficoltà che abbiamo ancora oggi di uscire dai ruoli di genere. Il fatto che il carico mentale familiare ricade sulle donne è culturale Sfatiamo un mito. La credenza per cui una donna sia naturalmente portata per il lavoro domestico e di cura è falsa. Forse è stata la naturale conseguenza di certe condizioni quadro. Tanti anni fa, quando non c’erano i contraccettivi e il latte artificiale, le donne erano le principali figure ad occuparsi di casa e figli. Ovviamente. Ti sfido ad andare a lavorare quando sei incinta e/o allattante e hai 7 figli. Condizioni quadro che tra l’altro hanno contribuito a diffondere un altro stereotipo: il mito della donna multitasking. Una credenza che vede la donna come naturalmente predisposta alla gestione di mille cose contemporaneamente. I tempi sono cambiati, facciamo molti meno figli e se necessario ci sono le pompe per estrarre il latte e il latte artificiale. Volendo, una mamma può tornare al lavoro dopo la maternità. Rimane però lo stereotipo di genere intrinseco nella società per cui il posto più ovvio per una donna è la casa. Cosa ci dice questo aneddoto? Che il nostro cervello fatica ancora a vedere una mamma fuori dal suo contesto “naturale”. Analogamente, come raccontavo in questo articolo sul nostro modello familiare: mio marito è considerato fuori posto quando in orari d’ufficio si prende cura del nostro bimbo. Più di una volta gli è capitata una cosa molto strana: una persona vede mio figlio e spaventata si guarda intorno alla ricerca della mamma, credendolo perso. Capisci? Mio marito è lì nei paraggi ma queste persone non lo vedono. Non considerano nemmeno la possibilità che un papà si possa prendere cura del proprio bambino in settimana. È come se il nostro cervello non si fosse aggiornato. Veniamo cresciuti con l’idea che la cura sia faccenda da donne. Lo conferma anche questo rapporto Istat del 2019: “[…] i comportamenti dei ragazzi si differenziano nettamente da quelli delle ragazze con circa un quarto d’ora in più al giorno di lavoro domestico per le ragazze e ben 19 punti percentuali in più tra le quote di partecipanti alle attività.” Ripeto nel caso te lo fossi perso: molte più ragazze che ragazzi aiutano in casa e lo fanno per 15 minuti in più al giorno rispetto ai coetanei maschi. Ehi, ma forse quindi la mia sensazione di essere quella che aiutava più in casa da ragazza non era poi così sbagliata? Magari era un caso, ma ho seri dubbi che invece questo potesse essere lo standard. Questi sono ruoli di genere che vengono tramandati di generazione in generazione. Devi fare attenzione anche se a casa tua la situazione è più paritaria. Perché la realtà che circonda i bimbi differenzia ancora molto per genere. Come società non lasciamo i nostri figli davvero liberi di giocare con ciò che vogliono. Ci sono segnali ovunque ad indicare che ci sono cose da maschio e cose da femmina e gli stereotipi di genere si formano già nell'infanzia. Negozi, librerie, cartoni animati e libri: sono pieni di riferimenti ai ruoli di genere. Leggiamo libri dell’infanzia che spesso sono carichi di stereotipi e pregiudizi. Pensa ai libri che leggi alle tue bimbe. Quanti considerano il papà nelle loro storie? E in quanti il papà ha un ruolo di cura dei figli o della casa? Fuori a fumare la pipa. Se non è uno stereotipo di genere preso dai libri per l’infanzia questo non so… Almeno da noi dove nessuno fuma la pipa. Nei libri invece ogni tanto capita che qualcuno fumi la pipa e solitamente è un uomo. Fare caso a queste cose è il primo passo. Perché educarsi alla parità di genere è l’unica cosa da fare se si vuole educare alla parità di genere. Comincia a ridurre il carico mentale partendo da te Ammettiamo che tu voglia dare un esempio di genitore sano, che non si sacrifica per tutto e tutti. Ammettiamo che vuoi diventare un genitore più sereno e paziente, capace di prendersi i suoi spazi. Ora ti racconto cosa ha funzionato per me. Negli anni sono aumentate le mie responsabilità sia famigliari che lavorative e la mia giornata è rimasta di 24 ore. Ovviamente il mio tempo libero si è ridotto. Ma sono generalmente serena. Mi sento un essere umano felice e lo devo al lavoro che ho fatto su di me. Un genitore stanco e sopraffatto, che spesso perde la pazienza con figli e partner perché ha troppo sulle sue spalle spesso pensa di non poterci fare nulla. Magari proprio tu ti senti impotente perché non hai la forza o il potere di cambiare chi ti sta a fianco e non ti sostiene quanto vorresti. Ecco, in questi casi il mio consiglio è quello di cominciare da te, perché su quello invece hai potere. I miei 8 consigli per ridurre il carico mentale partendo da te Si tratta delle migliori strategie di gestione del tempo e crescita personale che applico da anni. Sono tecniche che possono aiutare davvero genitori sopraffatti a stare meglio. 1. Smetti di tenere le cose a mente Già solo questa pratica da sola ha ridotto di molto il mio carico mentale. Parto subito con un ricordo che risale al 2014: Studiando poi gestione del tempo e produttività mi sono resa conto di due cose: Il fatto che lui dimenticasse le informazioni che mi passava era dovuto all’effetto Zeigarnik. Si tratta di quell’effetto psicologico per cui si ricordano meglio le attività incomplete rispetto a quelle completate. Dicendomi “Ricordami che stasera devo preparare i vestiti di pilates per domani” il suo cervello considerava quel caso chiuso e la sua mente restava libera. Essere l’agenda vivente del mio partner non era nulla di cui andare fiera. Una delle prime cose da fare per alleggerire la mente è trascrivere tutte le pendenze, idealmente in un unico posto. In questo modo anche il tuo cervello le considererà come completate fino al momento che una lista o un dispositivo te le ricorderà. Avendo capito questa cosa ho gentilmente invitato il mio compagno a non usarmi come sua segretaria. Ho poi imparato da mio marito il vantaggio di usare Siri per mettere i promemoria sul telefono. E anche nostro figlio treenne ha cominciato a chiederci di mettergli delle cose nel promemoria 😉 Io uso: promemoria sul telefono calendario digitale agenda cartacea, organizzata più o meno come un bullet journal È uguale come ti organizzi, l’importante è che non hai troppi posti diversi in cui segnarti le cose. Il tuo cervello deve essere certo che le informazioni registrate potranno tornare da te al momento giusto in maniera affidabile. 2. Chiarisci i tuoi valori La seconda cosa necessaria per ridurre il tuo carico mentale è essere in chiaro sui tuoi valori. Zaira, dai! Anche tu con ‘sti valori… Ho bisogno di consigli pratici! Lo sai che questo consiglio anni fa mi sembrava proprio lasciare il tempo che trova? Invece no, fidati! Ti aiuterà davvero a definire le giuste priorità senza sensi di colpa, altro passo fondamentale che mi aiuta ogni giorno a ridurre il mio carico mentale. Agire secondo i miei valori mi aiuta ad essere una persona in pace con sé stessa. Un esempio forte è questo: mi sento raramente in colpa e quando mi sento in colpa so che è perché sto agendo in maniera non allineata ai miei valori. Quando per lavoro lascio la famiglia a casa per qualche giorno mi sento in colpa? Nemmeno un po’. Comincerei a sentirmi in colpa se fossi via più spesso di quello che mi sento di fare. Questo perché sia un lavoro in cui realizzarmi che la famiglia sono tra i miei valori fondamentali. Se vivo tenendo in equilibrio il mio impegno sulla famiglia e sul lavoro sto bene. Avere in chiaro i tuoi valori è come avere un faro che ti guida nella tua vita. Davvero liberatorio. Un metodo che uso per scoprire i miei valori è: Prendi una lista dei valori personali che trovi facilmente in internet, solitamente contengono 40-100 valori. Scorri la lista velocemente e elimina quelli che non risuonano con te. Diciamo che se non è un sì convinto lo cancelli. Te ne rimarranno ben più di 5. Elimina altri valori scartando i concetti più simili tipo scegliendo un solo valore tra “onestà”, “sincerità”, "trasparenza". Riduci ulteriormente il numero dei valori basandoti su ragionamenti tipo: “sarò serena se faccio della salute fisica e mentale un mio valore”. Quindi elimini il valore della serenità perché quello lo raggiungerai mettendo la salute al centro. Lo vedi il ragionamento? Di questi valori evidenziati, scegline poi 5. I valori non sono fissi per tutta la vita, ogni tanto ricordati di rivedere la lista e vedere se è aggiornata. 3. Metti le giuste priorità Che in altro parole significa: In caso di difficoltà o dubbio potrai pensare ai tuoi valori e dirti cose come: “Sono sull’orlo di un esaurimento a causa dei mille risvegli delle bimbe. Vado a dormire presto o guardo quella favolosa serie su Netflix?” oppure: “Che stress, al mattino ho poco tempo per prepararmi. Preferisco spendere del tempo a lisciarmi i capelli o usare quel tempo per fare una colazione in tutta tranquillità?” Infine: “Non ce la faccio più. Preferisco diminuire il mio benessere mentale insistendo perché mio figlio metta una maglia pulita o lasciare andare il giudizio altrui per avere un figlio che sembra uscito da un porcile?” Il regalo più grande che mi ha fatto la maternità sul piano dello sviluppo personale è quello di liberarmi dalla zavorra del perfezionismo. 4. Impara a dire di no Questa è stata molto dura da apprendere, anni fa ero una persona che si sentiva in colpa per tutto. Non osavo dire di no, mai. Nemmeno quando una persona sconosciuta mi chiedeva di darle il numero di telefono. Non vorremmo crescere le nostre figlie con questi esempi davvero poco saggi? Diamo loro l’esempio di una persona sicura di sé, che conosce le sue priorità e i suoi limiti e dice di no per non cadere in sopraffazione. Penso a qualche esempio dal mio passato recente come richieste di entrare in politica o in un comitato di una cooperativa. Sono cose persino in linea con alcuni dei miei valori, ma in conflitto con altri fondamentali come la salute mentale. Se mi carico di troppi impegni scoppio, non ce la faccio più. Riconosco i miei limiti in questa fase della mia vita. Una cosa che mi dico prima di accettare impegni è: “Se non è 100% sì, allora è no” Anche al lavoro faccio così, ti racconto un breve aneddoto. Impara a dire di no anche alle cose che non ti riguardano come: il regalo di compleanno il cognato ricordare gli appuntamenti di qualcun altro ricordare al partner di chiamare i propri genitori quanto e cosa mangia tuo figlio di quello che ha nel piatto (se è sano e non ha patologie particolari, ovvio) … Io per esempio dico di no a fare lavatrici se non ne ho bisogno così quando mio marito è a corto di mutande va semplicemente a farsi un bucato. Oppure a stirare le camicie: all’inizio se le stirava lui, poi ha trovato dei modelli molto belli che escono dalla lavatrice come stirati. Et voilà! Com’è che si dice? La necessità aguzza l’ingegno. 5. Semplifica la tua vita Se riesci ad applicare ciò che ti ho scritto fin qui, la tua vita è sicuramente più semplice di quello che era prima. Conosci i tuoi valori e sai prioritizzare. Ma ci sono altre cose che puoi fare per semplificare la tua vita. Quali? Beh, anche qui dipende da te e dai tuoi valori. Questo che ti elenco non è applicabile da tutte le persone perché dipende dai valori personali. Vedili come spunti di riflessione. Non mi trucco Non è stata una scelta premeditata: sono entrata in ospedale per partorire con i trucchi. Poi ho avuto un bambino ad alto bisogno che non riuscivo a lasciare giù nemmeno per due minuti e se ci riuscivo quei due minuti mi servivano per vestirmi, far pipì o mangiare. All’inizio non mi piacevo struccata, come spesso accade è una questione di abitudine. Dopo un po’ però mi sono abituata al mio viso in versione naturale e non ho sentito l’esigenza di riprendere a truccarmi. Mi fa sentire così bene poter uscire di casa in 10 minuti, dopo essermi lavata e vestita. Se penso che una volta usavo anche 20-30 minuti per piastrarmi capelli già lisci… Mi trucco forse una decina di volte l’anno e la cosa strana è che ora mi piaccio meno se truccata. Ahhhh il potere delle abitudini! Personalmente sto anche lavorando per trovare un taglio di capelli a bassa manutenzione (non sono ancora pronta ad avere un taglio corto corto anche se mi piacerebbe per la praticità). Voglio anche abituarmi all'idea di non tingere i capelli, anche se non sono ancora particolarmente entusiasta del numero di capelli bianchi in continuo aumento 😁 Infine, sto ragionando sul da farsi con i miei peli. È ovvio che mi depilo per l’idea che altri mi hanno inculcato riguardo ai peli su un corpo femminile. E un po’ mi rode, perché mi fa perdere tempo prezioso. Non guardo più la TV Anche questa non è stata una scelta premeditata: mi sono partite le doglie la sera sul divano mentre guardavo la TV. All’inizio ne abbiamo fatto a meno perché la sera andavo a dormire alle 20 per sopravvivere alle notti tormentate. Ci siamo abituati a stare senza TV. Sapendo anche che sarebbe stato più difficile impedire al nostro bimbo di guardare troppa TV con una TV in casa, abbiamo deciso di darla via. Così l’opzione TV non c’è di default e la sera sul divano tendo a fare attività che mi fanno stare meglio. Stile di vita minimalista Cosa vuol dire? Detto molto semplicemente vogliamo possedere solo il giusto necessario. Cose che servono o che ci piacciono davvero e ci fanno stare bene. Abbiamo ridotto di molto gli oggetti in casa nostra, il numero di scarpe e di vestiti. Questo processo mi ha anche sensibilizzato molto sugli acquisti e compro davvero pochissimo. Come ci semplifica la vita questa cosa? Beh, già solo pulire casa è molto più semplice con meno oggetti in giro. Non acquistare oggetti superflui mi fa stare bene perché è in linea con il mio voler impattare il meno possibile sull’ambiente. Oltretutto non spendo tempo a: gironzolare per negozi lavorare per poter permettermi quegli oggetti mantenerli eliminarli quando non funzionano o non mi piacciono più Armocromia Questo è un sottocapitolo del minimalismo. Quando ero incinta ho fatto un’analisi di armocromia. Armo che? L’armocromia è una scienza che studia l’armonia tra i colori. Ne hai già sentito parlare? Applicata ai vestiti, accessori e trucchi si tratta in sostanza di trovare la palette che si addice di più ai tuoi colori (occhi, capelli, incarnato). Conoscere questa cosa mi aiuta principalmente in due modi: visto che nella mia palette non c’è il nero o il bianco, mi riduce di molto la scelta quando faccio acquisti. Quindi ci mette meno e ho meno sovraccarico mentale dato dalle centinaia di scelte. Nel mio armadio ci sono sempre più vestiti che mi stanno bene e che stanno bene tra loro. Se compri in palette non ti devi più preoccupare dell’abbinamento dei colori. Il nostro cervello fatica a prendere decisioni e io cerco di ridurre al minimo le decisioni poco utili che devo prendere ogni giorno. Mi tengo la forza di volontà per le scelte che contano davvero. Applica un’educazione consapevole e rispettosa Sì, lo metto qui perché lo penso davvero. Se non avessi gli strumenti per educare in maniera rispettosa e consapevole la mia vita sarebbe molto più complicata. Perché vedo il circolo vizioso in cui cadono i genitori a furia di ricatti e punizioni. Perché i frutti saranno sempre più succosi man mano che i figli crescono. In internet troverai svariati libri sull’argomento, se vuoi sapere quelli che ho letto io scrivimi! Un corso online che ti posso consigliare perché l’ho fatto di persona è Educare a lungo termine di Carlotta Cerri. Hai altri metodi? Ti prego di farmeli sapere, sono sempre aperta a nuovi modi per semplificarmi la vita 😅 6. Batch processing È un termine che viene dall’informatica traducibile in “elaborazione in lotti”. Questo concetto viene riutilizzato nell’ambito della gestione del tempo. In sostanza consiste nel raggruppare le attività simili tra loro per essere più efficienti. Ti faccio alcuni esempi: Cucinare per più di un pasto alla volta Pagare tutte le bollette una volta al mese Fare una spesa grande alla settimana anziché diverse piccoline Leggere le email una sola volta al giorno anziché ogni volta che ne arriva una … 7. Impara a delegare Quando chiedi a qualcuno di fare qualcosa per te: consideralo fatto. Non controllare come e se questa cosa è stata fatta. Prima di intervenire chiediti: cosa può succedere nel peggiore dei casi se questa cosa non viene fatta entro la data ideale? Se capiterà un imprevisto perché la persona a cui hai delegato ha dimenticato qualcosa: non fa nulla, fa parte del processo di apprendimento. Si chiama responsabilizzazione. Ad esempio: chiedi al partner di fare la valigia della bimba e arrivate a destinazione con la metà delle cose necessarie. Chiediti: saremo in mezzo ad un deserto? Se la risposta è no nel peggiore dei casi andrete a comprare ciò che è stato dimenticato e la prossima volta la valigia verrà fatta con più cura. 8. Prenditi del tempo per te Quando siamo sovraccarichi di lavoro (retribuito e non) non siamo al massimo della nostra performance. Se vuoi essere una persona efficiente e rispettosa devi ricaricare le tue energie, fisiche e mentali. Un genitore spesso perde la pazienza perché è sopraffatto, non perché è cattivo. Questo vale anche per te. Per prevenire impazienza, nervosismo e sfuriate devi ricaricarti prendendoti del tempo per te. Chiaro, alla nascita dei figli questo tempo si riduce di molto ma cerca di mantenere il minimo sindacale, ok? È davvero impossibile trovare del tempo per te? Hai voglia di scrivermi perché? Sapendo che statisticamente gli uomini si prendono un’ora in più al giorno delle donne, potresti considerare di tenere traccia del vostro tempo libero, ne parlo in questo articolo. Così oltretutto potrai prenderti questo tempo libero senza sentirti in colpa verso l’altra componente della coppia. Fai giusto attenzione che ci sono attività che ricaricano più di altre. A volte scrollare le home infinite dei social può sembrare rilassante ma nel lungo periodo non è quello che ti farà stare meglio. Se riesci ad applicare queste linee guida, secondo me sarai già sulla buona strada per levarti una buona dose di carico mentale partendo da te. Avrai imparato a conoscerti meglio, ad ascoltarti e riconoscere i tuoi limiti Se hai la sensazione che questo non basta, allora sicuramente ne devi parlare in coppia. I miei 5 consigli per parlare di carico mentale in coppia 1. Parlane in un momento di calma Davvero. Sembra scontato ma non uscire con accuse in momenti di tensione. Ce la puoi fare? Magari un fine settimana riuscite a lasciare la bimba con qualcuno anche solo per un’ora? 2. Descrivi la situazione in maniera specifica partendo dalle tue sensazioni Ti faccio alcuni esempi: Sono frustrata ogni volta che esci a volare con il kite perché ho la sensazione di avere bisogno anche io di tempo per me Ultimamente sono molto più impaziente di come vorrei con i bimbi. Non riesco a stare dietro a questi ritmi. Quando rientro dal lavoro mi piacerebbe passare del tempo con i bimbi e non dover pensare alla cena o a fare il bucato. In questo periodo sono davvero esausta. Mi aiuterebbe un sacco se un paio di mattine potessi portare tu la bimba al nido. Le frasi sono formulate in prima persona singolare, sono specifiche e non contengono avverbi tipo mai o sempre. 3. Discutete dei valori e delle priorità della famiglia Magari potete cominciare facendo l’esercizio dei valori insieme, pensando alla vostra famiglia. Preparatevi a scendere a compromessi. Però dicamo che se avete deciso di avere una famiglia assieme uno si aspetterebbe che un buon numero di valori li abbiate in comune 😅 Sulla base di questi, vi sarà magari più semplice discutere le priorità: È più importante avere 14 pasti diversi tutte le settimane o possiamo accettare che alcuni pasti si ripetano per poter cucinare in lotti? È più importante guardare quella partita o dare la possibilità al genitore che ne ha più bisogno di fare una passeggiata? Davvero dobbiamo stare tutto il weekend tutti assieme o possiamo usare un giorno per dare qualche ora di svago ciascuno? 4. Cosa potete eliminare, delegare o condividere Discutete cosa siete disposti ad eliminare o ridurre. Davvero è escluso che chi dei due lavora al 100% possa considerare un 80%? Un 90%? Anche solo per un periodo? Che spese possiamo ridurre per poterci permettere questa riduzione? Lo so che quello che ti scrivo può sembrare detto dall’alto del privilegio. E da un parte lo siamo, privilegiati. Però un po’ della nostra fortuna siamo anche andata a prendercela. Come? Pensando fuori dagli schemi prestabiliti. Ti racconto un attimo la nostra situazione nei momenti più bui... Ma torniamo a noi. Cos’altro potete eliminare o ridurre? Potete evitare di andare ogni domenica a pranzo dai genitori e farlo solo una volta al mese? Solo se la cosa vi pesa e avete la sensazione che vi rubi del tempo prezioso, eh! Davvero i bimbi devono fare 2 attività sportive, non ne basta una? Se per esempio il doverli scorrazzare qua e là diventa un impegno insostenibile. Quali responsabilità possono essere condivise o ripartite? La lista della spesa? I risvegli notturni? La cura dei bimbi quando si ammalano? 5. Datevi l'obiettivo di avere più o meno la stessa quantità di tempo libero Il lavoro familiare vale tanto quanto quello retribuito. Anche se non è retribuito, genera enorme valore. Ne parla molto bene questo rapporto Istat del 2019. L’effetto psicologico che ha l’avere un lavoro non retribuito è grande: sembra che quello che fai non valga niente o che valga meno di quello retribuito. Quante volte sei sfinita ma comunque ti ritrovi a cucinare manicaretti perché “Eh ma lui poverino lavora già tutto il giorno”? Quante volte al weekend tendi a lasciarlo sul divano perché “Eh ma lui ha lavorato tutta la settimana”? È questa mentalità che deruba le donne ogni giorno di un’ora. Se la situazione a casa è tesa, se siete stanchi, nervosi e sopraffatti, magari potreste trovare utile questo metodo per gestire il tempo libero della coppia. Sembra esagerato ma ti assicuro che nel nostro caso registrare il nostro tempo libero è stato liberatorio. E poi registrare il tuo tempo libero non sarà un grande impegno, visto che è poco 😉 Riflessioni finali Dati statistici alla mano, le donne hanno più carico mentale e meno tempo libero. La cosa è più evidente per le mamme con figli piccoli e correla con il numero di figli. Queste 8+5 strategie mi aiutano ad essere una mamma serena e realizzata. Una cosa che ci ha aiutato enormemente a vivere in linea con i nostri valori è stata la riduzione della percentuale lavorativa di mio marito. Ci ha fatto così bene che ancora mi meraviglio a vedere quante poche famiglie si organizzino in questo modo. Quindi sono partita da me, ma poi l'evoluzione ha toccato tutte le componenti della famiglia. Proteggendoti dal carico mentale, dai ai tuoi bambini un esempio di qualcuno che mette dei confini per proteggersi. Dai un esempio di persona capace di dire di no e che non si sacrifica per tutto e tutti. A volte pensiamo che il nostro sacrificio sia una prova d'amore ma non è così. Per due motivi: Ah, e se hai letto fin qui e l’articolo ti è piaciuto mi aiuteresti molto anche solo cliccando sul cuoricino qui sotto. Te ne sono grata. Ciao e alla prossima,

  • Critiche nella coppia: come affrontarle?

    Ti svelo 5 buoni motivi per ridurre le critiche nella coppia e 3 strategie per criticare meno e meglio. “Devo sempre dirti cosa c’è da fare” “Non ti rilassi mai” “Smettila di paragonare i bimbi” Suonano famigliari? Quali sono le critiche che rivolgi più spesso alla persona con cui stai? E quelle che ti vengono rivolte? Con questo articolo ragiono sul perché critichiamo, come mai dovremmo ridurre le critiche al minimo e come fare. Come criticare meno e meglio fa bene anche alla causa della parità: Per raggiungere la parità, in casa e nella società, è necessario fare squadra. La critica continua non aiuta a remare verso questo obiettivo. Per educare i nostri bimbi alla parità dobbiamo modellare rispetto e empatia. Criticare continuamente non è esattamente una forma di rispetto ed empatia. Le critiche possono essere degli indizi riguardo a ruoli di genere, che magari ci vanno stretti. Analizzando le nostre critiche vedremo le nostre fatiche. Vedremo il carico mentale familiare. Un carico pesante, invisibile e non retribuito portato soprattutto dalle donne. Cosa trovi in questo articolo: Per raggiungere la parità di genere dobbiamo fare squadra Perché critichiamo l’altra componente della coppia Il privilegio del nostro modello famigliare Quando una componente della coppia lavora fuori casa e l’altra no 4 motivi per cui dovremmo criticare meno e meglio nella coppia 3 modi per criticare meno e meglio Riflessioni finali Per raggiungere la parità di genere dobbiamo fare squadra Parità di genere non significa che uomini e donne devono essere uguali, ma che devono avere pari diritti e opportunità. Al giorno d’oggi questa parità non c’è ancora. Pensa solo alla carriera lavorativa: a che genere appartiene solitamente la persona che mette da parte la carriera una volta diventata genitore? Esatto: solitamente si tratta della donna. Per raggiungere la parità sono chiaramente necessarie delle misure concrete, a partire dalle quote dei congedi parentali riservate ai papà, come succede in Norvegia o in Finlandia. O carriere pensate per essere svolte part-time per esempio seguendo il concetto di top-sharing [1]. Ma cosa possiamo fare noi nel nostro piccolo a partire da oggi? La parità di genere si può anche porre come obiettivo in casa. Dove parità non significa per forza io lavoro fuori casa 34.5 ore e tu pure. No. Parità significa che se lo volessimo, entrambi potremmo: lavorare e perseguire le nostre carriere conciliare vita lavorativa e privata continuare a mantenere le nostre amicizie o hobby prenderci del tempo esclusivo per noi fare sport ... Chiaro, non dobbiamo dimenticare i privilegi che alcune famiglie hanno su altre. Per certe famiglie non c’è scelta ed entrambi i genitori devono lavorare fuori casa al 100%. Altre si vedono obbligate a far sì che un genitore, solitamente la mamma, stia a casa perché il nido costa troppo. L'obiettivo è il massimo del benessere di ogni componente della famiglia, al netto delle condizioni al contorno e dei valori. Per fare ciò dobbiamo riuscire a fare squadra. Vederci come un team a me serve molto per superare le fatiche e qualche volta anche la voglia di gettare le mie frustrazioni addosso a mio marito. Uno dei segnali più evidenti di malessere nella nostra coppia è quando comincio a entrare in un loop di critiche. In quel momento mi rendo conto che c’è qualcosa che non va e cerco di correggere il tiro. Perché critichiamo l’altra componente della coppia Hai in mente la fase dell'innamoramento in cui vedi tutto bello e fantastico e perfetto? Ecco. È un periodo di durata determinata in cui il tuo cervello è inondato di ormoni di amore e felicità e vedi solo il bello nel mondo e soprattutto nella persona al tuo fianco. Dopo un po’, questo effetto sparisce e vediamo le cose come stanno: due persone con pregi e difetti che convivono sotto lo stesso tetto, magari con prole da accudire e un lavoro da mandare avanti. A volte siamo così sopraffatti dalla vita quotidiana o frustrati da una nostra situazione che entriamo in una spirale negativa. Spesso sfoghiamo le nostre frustrazioni proprio sulla persona con cui abbiamo deciso di formare una famiglia. Perché? Inannzitutto per la confidenza, l’ambiente informale della famiglia e forse perché vediamo il o la partner come un essere meno vulnerabile di un bambino, in grado di incassare le nostre critiche. Personalmente critico quando: Un mio bisogno fondamentale non è soddisfatto Qualcosa a cui tengo particolarmente non viene preso altrettanto in considerazione dal mio compagno Rientrano nel primo caso cose come: non riuscire a dedicarsi ad un progetto a cui si tiene non riuscire a prendersi del tempo per sé non poter star soli se ci si sente nervosi riposarsi se si sta male fisicamente dormire bene la notte … In questo caso io non sono serena, sono nervosa e irritabile e quindi anche più esigente e propensa alla critica. Rientrano nel secondo caso cose legate ai miei valori e alle mie priorità, che non sempre coincidono con quelle di mio marito: alcuni aspetti sul modo di educare nostro figlio l’ennesimo pasto fast food e/o senza verdure la mancata areazione della casa il risparmio energetico ... Come vedi in questa seconda lista ci sono argomenti superabili ma se i valori e le priorità della coppia sono troppo diverse, nascerebbe una bella sfida. Di solito fare un check dei valori prima di decidere di metter su famiglia non si fa ma ora è quello che consiglierei di fare 😉 Non hobby o interessi comuni: più valori in comune avete meglio è! Il privilegio del nostro modello famigliare Riconosco di avere un privilegio dato dal modello familiare che ci siamo scelti e potuti permettere. Attualmente io lavoro al 70% distribuito su 4 giorni a settimana mentre mio marito al 50% distribuito su 3 giorni. I due giorni che siamo scoperti abbiamo il privilegio di avere dei nonni e a volte anche uno zio a disposizione. Per me, alcuni vantaggi di questo modello sono: l’intercalare il lavoro con il ruolo di cura entrambi i genitori che possono trascorrere del tempo esclusivo con il bimbo il bimbo non è esposto in famiglia a ruoli di genere rigidi il bambino può assorbire, volendo, modi di fare o passioni da entrambi i genitori Ma c’è un altro enorme vantaggio che non balza all’occhio subito: Passando entrambi delle giornate esclusive con il bimbo tutti e due vediamo entrambe le facce della medaglia. Faccia positiva della medaglia: l’andare lento e notare cose che non avevi mai notato prima le avventure vissute assieme le coccole con il bimbo le frasi strampalate le letture i sorrisi i giochi … Faccia negativa della medaglia: la difficoltà di tenere la casa in ordine durante la giornata trascorsa col bimbo la difficoltà di cucinare con un figlio piccino appresso la noia all’ennesima proposta di un gioco di ruolo le crisi, le strappate di capelli, i morsi l'imprevedibilità delle tempistiche le figuracce … Emmm… mi rendo conto che mi esce molto più facile trovare i lati negativi 😅 Ovvio che io ho dato i miei esempi basati sulla cura di un bimbo piccolo e la casa da mandare avanti. Ma anche se i bimbi vanno al nido o a scuola, possono essere riconosciuti dei vantaggi e degli svantaggi sia nello stare a casa che nell’andare a lavorare, giusto? Questo modello familiare può aiutare ma non è una garanzia. In una società ancora molto maschilista anche in tante coppie in cui entrambi lavorano per un numero di ore simile, la donna è quella che finisce per lavorare di più perché da lei ci si aspetta che si annulli per casa e famiglia. Nel nostro caso avere un bilanciamento simile tra ore di lavoro e cura del figlio ci ha permesso di comprendere una cosa importante: la fatica dell’altrə [2]. Non del tutto, ma una gran parte sì. Ad esempio: mio marito passando alcuni giorni a settimana col bimbo sa che non è facile tenere la casa perfetta quando si è con lui e non mi recrimina il casino quando torna a casa la sera. Io ammetto di fare un po’ più fatica a volte, perché in effetti tra i due credo di essere la genitrice che nonostante la cura del figlio cerca di portare avanti più cose utili alla vita famigliare: tipo fare una spesa o cucinare qualcosa. Anche mio marito fa la sua parte, ma mi sembra che ha un approccio più rilassato: ad esempio riesce a passare una mattina intera giocando col bimbo perdendo la cognizione del tempo e quando rientro trovo il burro ancora sul tavolo dalla colazione. Quando una componente della coppia lavora fuori casa e l’altra no Il 22% delle coppie con figli in Italia si organizza in modo che solo uno dei due genitori lavori fuori casa [3]: nel 19.2% dei casi è l’uomo, nel 2.8% dei casi la donna. In questo caso credo che la situazione abbia un altro livello di complessità. La difficoltà sta nella mancanza del privilegio descritto sopra: quello per cui entrambi i partner vivono la situazione in casa con i figli. In questo caso sbilanciato a livello di presenza in casa, si riesce meno ad empatizzare e capire le fatiche dell’altra persona. In queste coppie possono nascere più discussioni sulle fatiche di gestire casa e figli: non mi siedo dalla mattina alla sera ma non percepisci la mia fatica io lavoro tutto il giorno almeno tu sei con la bambina e lavori solo 3 h sei una persona pigra che casino che c’è in casa (pronunciato al momento del rientro) L’altra cosa che può capitare quando è perlopiù una persona a lavorare fuori casa, è che l’altra persona diventa l’esperta della casa. E cosa succede se solo una persona è esperta della casa e dei figli? Una delle due persone ha in mano la situazione e l’altra tende a fare solo ciò che gli vien detto. Un po’ come quando sei in una situazione nuova che non è ancora di tua competenza e non sai bene cosa fare e aspetti solo che te lo si dica. Addirittura magari hai paura di sbagliare o di prenderti delle responsabilità. O anzi godi di questo privilegio per cui qualcun’altro ti deve dire cosa c’è da fare. E quindi via di: devo sempre dirti cosa fare non sai dove stanno le cose hai preparato i vestiti per i bimbi senza tener conto delle attività che sono programmate a scuola sei stressante nel ripetere le cose necessarie alla gestione della casa … La persona che è principalmente in controllo di casa e famiglia può venir percepita come una persona: pesante esagerata troppo apprensiva incapace di lasciare il controllo incapace di rilassarsi e prendersi del tempo per sé Questa situazione può succedere anche se entrambe le persone lavorano un numero di ore simile fuori casa. Trovo però che nel caso in cui solo uno dei due genitori lavori fuori casa è più facile incappare in questa situazione. 4 motivi per cui dovremmo criticare meno e meglio nella coppia Non sto dicendo che devi subire ciecamente situazioni che ti vanno strette senza dire nulla. No, no. Le critiche sono segnali importanti di un qualche nostro bisogno o problema irrisolto, che bisogna ascoltare. Ma dobbiamo affrontarlo in maniera costruttiva invece che entrare in un loop di critiche e lamentele verso il compagno o la compagna. 1. Criticare in maniera costruttiva è un esempio di rispetto ed empatia Rispetto ed empatia, che come descrivevo in questo articolo, sono tra gli elementi fondamentali se si vuole educare alla parità. Sarà già capitato anche a te di sentire la prole ripetere nel vostro stesso tono alcune critiche rivolte al o alla partner? Da noi quando capita è palese perché mio figlio inizia il rimprovero con un “Amooooreeee” rivolto a mio marito, che altrimenti non chiama “amore” 😅 La critica frequente e distruttiva non è un comportamento che voglio modellare per mio figlio. Se voglio educare al rispetto e all’empatia, non posso escludere mio marito dall’equazione. Anche se a volte è dura, anche se a volte mi fa arrabbiare. Ricordo una scena di diversi anni fa che mi è sempre rimasta impressa: 2. Le critiche nella coppia sono uno dei predittori di separazione secondo lo psicologo John Gottman. Okay, non è detto che stare insieme tutta la vita debba essere l'obbiettivo di tutti i genitori, ma se lo senti tuo puoi continuare a leggere questo paragrafo. Traduco liberamente dal libro “I sette principi per far funzionare un matrimonio”[4]: ”Avrai sempre di cui lamentarti riguardo alla persona con cui vivi. Ma c’è una bella differenza tra esprimere il proprio disappunto e una critica distruttiva” Le critiche distruttive [5] sono molto comuni nelle coppie. Gottmann ci rassicura dicendo che se pensi che voi siete molto critici l’un l'altrə, non devi pensare che siete destinati alla separazione. Il problema con la critica è che se diventa molto frequente, spiana la strada per un altro elemento che è presente con più frequenza nelle coppie che finiscono per separarsi: il disprezzo. 3. La persona criticata eccessivamente diventa più insicura, l’autostima peggiora e va sulla difensiva. Si entra così in un circolo vizioso. Ti critico perché “non mi aiuti mai” e: con, l’ego ferito, non è che ti venga voglia di aiutarmi di più. se, anche solo tra le righe, ti do dell’incapace, avrai voglia di mostrare le tue debolezze, mettendoti al lavoro su ciò in cui ti senti insicurə? rispondi alla mia critica andando sulla difensiva, che in pratica significa che sposti la colpa da te a me, peggiorando la situazione. Magari rispondendo la tanto amata “bastava chiedere”. La vedi la trappola dell’andare sulla difensiva? Il problema non sei tu, che non aiuti, sono io che non ti chiedo di aiutarmi. Et voilà, escalation servita. 4. La critica continua può indicare una mentalità che tende a dare la colpa ad altri per il proprio malessere. Una mentalità che ti rende poco in controllo della tua vita perché la tua felicità dipende (troppo) da fattori esterni. Un’attitudine che non voglio per forza tramandare al mio bambino. 3 modi per criticare meno e meglio 1. Prima di criticare: chiediti qual è il reale motivo del fastidio che provi e se c’è qualcosa che puoi fare tu prima. Io mi sono evoluta negli anni su una critica che rivolgevo molto spesso a mio marito e che ora non gli rivolgo più. Sono dovuta evolvere perché all’inizio anche se non lo criticavo più, la cosa mi rodeva comunque. Ho continuato a chiedermi perché la cosa mi rodeva e alla fine ho cambiato la mia reazione invece di voler cambiare mio marito. Oltretutto si trattava di una critica non strettamente necessaria. Arrivo al dunque: In questo caso, oggettivamente, ho dovuto lasciare una mia fissa e mania del controllo e della perfezione. Altre volte spesso le mie critiche sono date da una sorta di invidia. Ad esempio: criticare mio marito perché quando è con mio figlio “fa la bella vita” uscendo tutto il giorno e mangiando cibo da asporto mentre io quando sono con mio figlio tendo di più a portare avanti le faccende e cucinare. Mi chiedo: prima di criticare, posso io magari lasciare un po’ del mio controllo e avvicinarmi un po’ al modo di fare di mio marito? Posso concedermi una giornata fuori senza pensare a tutte le cose da fare? 2. Pensa alle critiche come ai “no” con i figli: devono essere pochi ma buoni. Quello che stai per criticare è paragonabile ad un “no fuoco” o “no rispetto” che rivolgeresti a tua figlia? Un “no” che assolutamente va detto per tenerla fuori pericolo o educarla al rispetto?[6] Riprendo l’esempio delle calze di mio marito: ha senso appesantire il clima nella coppia per un paio di calze al rovescio? 3. Passa dalla modalità “critica distruttiva” alla “critica costruttiva” Se vuoi esprimere il tuo dissenso riguardo ad un comportamento del o della partner, prova ad implementare poco a poco queste regole: a. Evita di dire “mai” e “sempre” Io spesso smusso già di molto la critica sostituendo il “sempre” con il “spesso”. Sembra poco ma già mi costa un bel po’ di fatica, segno che proprio non mi viene naturale. Ad esempio invece di dire: ✘ “Non ti rilassi mai” prova con: ✔︎ “Mi sembra che spesso fai fatica a rilassarti” b. Formula la frase in maniera tale che tu sia il soggetto Anche se c’è chi dice che non sono le regole della buona comunicazione a salvare una coppia, penso che questo modo di comunicare ci aiuti un sacco. Oltretutto modello questo modo di comunicare per nostro figlio, al quale risulterà più facile seguire le regole di una comunicazione pacifica. Ad esempio invece di dire: ✘ “Non sai mai dove stanno le cose” prova con: ✔︎ “Non mi piace dover dirti dove stanno le cose” c. Concentrati sul comportamento della persona e non sulla sua identità Ad esempio invece di dire: ✘ “Sei una persona disorganizzata” prova con: ✔ “Noto che spesso dimentichi gli appuntamenti” d. Esprimi i tuoi bisogni, offri alternative o soluzioni Ad esempio invece di dire: ✘ “Non sei mai proattivə nelle faccende domestiche” prova con: ✔ “Avrei bisogno che tu mi aiutassi in casa senza che io te lo debba chiedere, che ne dici se ci distribuiamo alcuni compiti?” Riflessioni finali Quello che mi preme sottolineare è che non sto sottovalutando la tua urgenza di criticare il tuo compagno o la tua compagna. Ti invito anzi ad accogliere questa urgenza e ad interrogarti sull’origine di questa tua insofferenza. C’è qualcosa che puoi fare tu prima di criticare? La critica nasconde un tuo bisogno inespresso? Dietro ad un “non mi aiuti mai” molto spesso c’è un “ho bisogno di aiuto”. La vedi la differenza incredibile di prospettiva? Molto utile anche nel caso in cui sia tu, la persona a cui la critica è rivolta. Le critiche nella coppia sono davvero un indizio importante per notare alcune situazioni sbilanciate. Situazioni che potrebbero essere legate a ruoli di genere acquisiti per default e che magari sentiamo di non voler più interpretare. Se hai letto fin qui: UAO, grazie per il tempo che hai dedicato a leggermi. Sono curiosa di sentire la tua su questo tema ☺️ Ah, e se hai letto fin qui e l’articolo ti è piaciuto mi aiuteresti molto anche solo cliccando sul cuoricino qui sotto. Te ne sono grata. Ciao e alla prossima, [1] Più in alto si va nella gerarchia aziendale, meno donne ci sono. Spesso perché le donne sono quelle che una volta avuti figli riducono il loro tempo di lavoro e si ha quest’idea che in posizioni alte si debba lavorare al 130%. Sono convinta che se tutti - uomini e donne - volessero ridurre il tempo lavorativo, le soluzioni alternative si troverebbero. Una di queste è il concetto di top-sharing. Ovvero una forma di job-sharing nelle posizioni alte. Job-sharing significa che due persone condividono la stessa posizione in un'azienda, a tempo parziale. Immaginati quindi una grande azienda guidata da due persone al 60% anziché da una sola al 120%. I vantaggi sono innumerevoli, io stessa sto co-gestendo un programma (un insieme di progetti) assieme ad un collega e devo dire che mi trovo molto bene. ⇧ [2] Non capita spesso che nei miei articoli debba usare la lettera schwa “ə”, che si pronuncia tra una “a” e una “e”. Similmente alle altre soluzioni creative come l’asterisco, la chiocciolina o il 3, è un simbolo che va a togliere il genere da una parola, così che tutte le persone si possano sentire toccate dal mio discorso. Mi impegno ad utilizzare un linguaggio il più ampio possibile senza dover ricorrere a questo trucchetto. Non credo che ci avrai fatto caso, ma i miei articoli sono scritti in maniera che sia un uomo che una donna si possano sentire interpellati, nella maggior parte dei casi anche una persona non binaria. ⇧ [3] Ho preso i dati questo rapporto Istat pubblicato nel 2019. ⇧ [4] Ho tradotto liberamente anche il titolo che in realtà sarebbe: “The seven principles for making marriage work” ⇧ [5] In realtà John Gottman parla di “criticism”, che è l’espressione di disapprovazione nei confronti di qualcuno sulla base dei difetti e degli errori percepiti. Una cosa molto simile al biasimo, direi. In italiano abbiamo la parola “criticismo” ma mi sembra che non viene usata nello stesso modo. ⇧ [6] I concetti di “no fuoco”, “no sofa” e “no rispetto” li ho ripresi dal corso Educare a lungo termine di Carlotta Cerri. Li trovo illuminanti nella loro semplicità. ⇧

  • Genitorialità gender-creative: il discorso della sociologa Myers

    Ho tradotto liberamente il TEDx di Kyl Myers che riassume bene il suo pensiero. Il discorso originale lo trovi sul sito di Kyl Myers, in cui vengono anche citate tutte le fonti. Vorrei che ti sintonizzassi con lə te stessə [1] di nove anni. Ora ti faccio una domanda molto importante. “Ehi tu, novenne… Cosa vorresti fare da grande?” Ti ricordi? Si è avverato? Io a nove anni volevo essere una Spice Girl. Sarei stata la Spice con i capelli ricci a caschetto. Il piano di diventare una Spice Girl non ha funzionato e invece sono diventata una sociologa e nel corso dell’ultimo decennio ho studiato Il tema delle disparità di genere. Ce n’è un sacco. Pensa cosa succederebbe se quando ai bambini chiediamo cosa vogliono fare da grandi, ci rispondessero con le altre possibilità che li attendono: Come sarebbe se i bambini rispondessero: “Avrò un rischio più alto di prendere un cancro alla pelle” “Verrò trattato come un genitore meno competente” “Avrò un rischio più alto di venire incarcerato” Come sarebbe se le bambine rispondessero: “Potrei lottare con un disturbo alimentare” “Non avrò molti modelli di riferimento in politica” “Verrò pagata meno solo perché sono una bambina” Come sarebbe se ə bimbə [2] non conformi per genere rispondessero: “Verrò probabilmente bullizzatə dai miei pari” “Potrei venir scacciatə di casa” “Non mi sentirò al sicuro ad andare in bagno quando sono in pubblico” Queste sono realtà che dovranno affrontare i bambini, perché queste sono le realtà che affrontano gli adulti. Ho tre messaggi per te oggi: Il primo è che gli adulti fanno esperienza di disparità di genere reali e dannose. Il secondo è che queste disparità sono radicate nell’infanzia. Il terzo è che possiamo farci qualcosa. Ci sono disparità di genere in praticamente ogni aspetto della vita adulta: nelle relazioni, a casa, al lavoro, in politica, in chiesa, nella sanità, addirittura alle olimpiadi. Tutte queste disparità nascono dagli stereotipi; dall’idea che ci sia un solo modo di essere donna e un solo modo di essere uomo e che uomini e donne potrebbero anche provenire da pianeti diversi. La ragione per cui gli uomini hanno più probabilità di prendere un cancro alla pelle è perché hanno la pelle più fine delle donne, giusto? No… in gran parte è perché gli uomini sono socializzati ad avere lavori e hobby “maschili”, come l’edilizia, l'agricoltura e sport che tendono ad essere all’aria aperta, esposti al sole. Le creme, inclusa quella solare, sono pubblicizzate come un prodotto femminile e sono quindi in conflitto con gli stereotipi legati alla mascolinità. Questi stereotipi valorizzano il rischio, il pericolo e la forza piuttosto che un comportamento prudente. Sono gli stessi stereotipi che portano a tassi più bassi di utilizzo delle cinture di sicurezza e del casco tra gli uomini e a tassi più alti di lesioni e decessi dovuti a incidenti. Una volta che gli uomini hanno il cancro alla pelle, hanno anche una probabilità più alta di morirne. Una pietra miliare della mascolinità è "Non mostrare che hai paura o che stai soffrendo". Prendere un appuntamento medico mostra proprio questo. Le donne in America guadagnano circa 0.79 dollari per ogni dollaro guadagnato dagli uomini. Anche se le donne si laureano di più, ricevono salari iniziali più bassi e hanno una più bassa probabilità di negoziare per un salario più alto, e donne con figli vengono promosse meno di uomini con figli. Le donne perdono così quasi mezzo milione di dollari nel corso della loro vita. Una pietra miliare della femminilità è “Non mostrare che sei assertiva, sii grata di ciò che ti viene offerto, e stai al tuo posto”. Lavorare con una donna non deve risultare difficile. Gli stereotipi di genere non appaiono magicamente dopo il diploma di scuola superiore. La socializzazione per genere e la vigilanza dei generi [3] comincia molto prima, molto prima della fine dell’asilo. Gli stereotipi di genere si perpetuano nell’infanzia e con l’avvento della tecnologia a ultrasuoni, comincia in utero. Dalla nascita, ai bimbi vengono insegnate le norme sociali e culturali che ci si aspetta da loro in base alla loro anatomia. Ma queste norme sociali e culturali variano nel tempo e in base al luogo. I bambini sono condizionati a prendere più rischi e ad essere competitivi ed atletici. Le bambine sono condizionate a dare più importanza all’apparenza che alle ambizioni e a mettere gli altri al primo posto. Se parliamo di bambini non conformi per genere, le bambine che si allontanano dal binario sono spesso celebrate e le si dice “maschiacci”, mentre i bimbi che si allontanano dal loro binario vengono spesso umiliati e chiamati “femminucce”. Il binario maschile e quello femminile non sono complementari. Piuttosto, sono gerarchici con uomini e bambini che vengono valorizzati e hanno più potere di bambine e donne. I bambini imparano presto che ferirsi fa parte dell’essere un bambino: datti una spazzata, non piangere, sii un uomo. E metti giù quella bambola, è per le bambine, ma tra 30 anni assicurati di essere un buon padre. Poco fa dicevo che le donne nel corso della loro vita perdono circa mezzo milione di dollari… questo non include la paghetta persa durante l’infanzia e l’adolescenza. I ragazzi aiutano in casa 45 minuti per ogni ora di aiuto in casa da parte delle ragazze, eppure i ragazzi hanno il 15% di probabilità in più di essere pagati rispetto alle ragazze per il lavoro svolto. E se alle ragazze vien data la paghetta, ricevono circa 73 centesimi per ogni dollaro ricevuto dai ragazzi. Ti suona familiare? Le disparità di genere nell’infanzia crescono e diventano le disparità di genere nella vita adulta. Stiamo cercando di aggiustare un problema quando è troppo tardi. Ma come potremmo eliminare un problema ancor prima che si presenti? Prima di tutto, dobbiamo porci delle domande. Perché alle persone incinta chiediamo “sarà un bimbo o una bimba?” Perché pensiamo che bambini e bambine abbiano bisogno di cose differenti? Conoscere le fattezze dei genitali di una persona è la base per come la trattiamo? La ragione per cui i genitori devono aspettare fino alla sedicesima settimana per conoscere “cosa” arriverà, è che fino a quel momento i feti sono tutti uguali. Nell’utero, tutti iniziano allo stesso modo. Attorno alla decima settimana di gravidanza, un feto con un cromosoma sessuale Y, normalmente comincia a produrre testosterone e i suoi genitali si differenzieranno in testicoli e pene anziché in ovaie e vagina. Circa la metà dei bebè hanno cromosomi sessuali XX e sono etichettati come femmine, circa metà dei bebè hanno i cromosomi XY e sono etichettati come maschi. Altri bebè nascono con delle varianti intersessuali. I bimbi nati con tratti interrsex nascono con genitali interni e/o esterni che potrebbero essere diversi da come ci aspetteremmo. Il sesso biologico è uno spettro, non un binario. Maschi e femmine non sono un granché differenti. In realtà, c'è più variazione tra le neonate e tra i neonati che tra i bebè di sesso maschile e quelli di sesso femminile. In uno studio illuminante, i ricercatori hanno messo dei bimbi di 11 mesi su una rampa e li hanno osservati gattonare. Maschi e femmine avevano lo stesso livello di capacità motorie; ciò che hanno visto essere diversa era la valutazione delle mamme delle capacità di gattonamento dei loro bebè. Le mamme di femmine sottostimavano l’abilità delle loro figlie, mentre le madri dei maschi sovrastimavano le capacità dei loro figli. Le differenze fisiche, emotive e verbali che riscontriamo tra i bambini e le bambine sono in gran parte costruite e rafforzate attraverso gli stereotipi. Cosa succederebbe se avessimo lo stesso approccio che abbiamo nei confronti dei cromosomi sessuali con qualsiasi altro aspetto del DNA, come il colore dei capelli o degli occhi, che non sono davvero così determinanti. Non è che le persone con gli occhi verdi vengono spedite verso carriere completamente diverse rispetto alle persone con gli occhi marroni. Non ci sono mensole di vestiti diversi per persone bionde o brune. Non vengono organizzati dei reveal party per scommettere se il feto ha i lobi liberi o attaccati. E se invece di trattare bambini e bambine in maniera estremamente diversa, cercassimo di insegnare loro tratti positivi a tutto tondo come la gentilezza, il senso dell’avventura, la compassione, il pensiero critico, il tempismo comico [4]? Non è che pensiamo che le persone siano più o meno predisposte a queste qualità in base alla loro altezza. Molti di noi vogliono un mondo senza disparità di genere - ma dobbiamo essere onesti con noi stessi e notare quanto le rinforziamo. Se vogliamo la parità, dobbiamo crearla. Non molto tempo fa, qualcosa dentro di me è cambiato. Letteralmente. Ero incinta; la gravidanza e l’imminente genitorialità mi hanno fatto pensare diversamente al mondo che avevo studiato, al mondo in cui stava per entrare lə miə bambinə. Ho considerato tutte le informazioni che avevo sugli effetti negativi delle disparità di genere e ho capito che l’identità di genere dipendeva da miə figliə, non da me. Non riuscivo a digerire l’idea che miə figliə venisse messo nella scatola delle bambine o dei bambini e spedito per una strada che sapevo poteva risultare vincolante. Mi dicevo: “non sarebbe fantastico se potessimo togliere i nostri bambini dagli stereotipi di genere?”. Più ci pensavo, più quella fantasia diventava una possibilità e poi quella possibilità è diventata realtà. Ora sono la mamma orgogliosa e innamorata di Zoomer Coyote. Mio marito ed io abbiamo deciso di crescere Zoomer gender creative [5]. Non abbiamo assegnato un genere a Zoomer, non riveliamo il suo sesso a meno che non sia necessario e per riferirci a ləi usiamo i pronomi neutri [6]. Come tutti i bebè, Zoomer ha bisogno di nutrimento, di dormire, di vestiti, di amore, attenzione e di un sacco di pannolini! Stiamo dando a Zoomer la libertà e l’incoraggiamento ad esplorare i suoi interessi e alla fine di auto-identificarsi come una bambina o un bambino, o ogni altra etichetta che glə si addica. Confidiamo nel fatto che Zoomer saprà chi è. Esattamente come ogni persona in questa sala ora sa chi è. Nel frattempo, Zoomer non subisce l’attacco degli stereotipi, delle aspettative sociali o restrizioni in base alla sua anatomia. Zoomer non è trattatə come un bambino o una bambina, è trattatə come un bambinə. Unə bambinə che merita di non sentire mai parole come “questo non è per bambini” o “questo non è per bambine”. A Zoomer viene insegnato che tutto è per tutti. Ci sono poche regole ferree riguardo al mondo in cui viviamo. I bambini sono creature accoglienti, curiose, che si fidano di noi per rispondere alle loro domande. Capisci… possiamo dire ai bimbi qualsiasi cosa e loro probabilmente ci crederanno. Il che significa che possiamo insegnargli il mondo che desideriamo per loro. Le disparità di genere non possono esistere se non vengono tramandate. Quindi, la prossima volta che ti approcci a una bambina, rinuncia al complimento riguardo al suo aspetto. Invece, chiedile qual è stato l’ultimo libro che ha letto, o chiedile qual è il suo pianeta preferito; permettile di correre dei rischi e di sbucciarsi le ginocchia. La prossima volta che interagisci con un bambino, accogli le sue paure, dagli l’opportunità di condividere le sue emozioni e coinvolgilo in attività di cura. Mostragli modelli di riferimento femminili; chiedigli se vorrebbe anche lui pitturarsi le unghie. Possiamo creare un mondo in cui l’individualità sia più importante del conformismo e in cui tutti crescano per essere alla pari. Grazie. ​ [1] Non capita spesso che nei miei articoli debba usare la lettera schwa “ə”, che si pronuncia tra una “a” e una “e”. Io mi impegno ad utilizzare un linguaggio il più ampio possibile senza dover ricorrere a questo trucchetto. Non credo che ci avrai fatto caso, ma i miei articoli sono scritti in maniera che sia un uomo che una donna si possano sentire interpellati, nella maggior parte dei casi anche una persona non binaria. Uno dei pochi casi dove non riesco a fare a meno della schwa è proprio quando devo dire “te stesso*, o “te stessa” appunto. Spesso rinuncio al “stesso”, dicendo per esempio “devi riflettere su di te* anziché” devi riflettere su “te stesso”. In questo caso non ho potuto farne a meno. ⇧ [2] gender non-conforming kids sono ə bambinə che o si identificano con il genere diverso da quello assegnato alla nascita o che non si identificano con un genere in particolare, per esempio le persone trangender o non binarie. ⇧ [3] Gender policy, che ho tradotto con vigilanza dei generi, sono tutte quelle azioni che mirano a controllare e/o correggere un comportamento di una persona in base al suo genere. Un esempio potrebbe essere “ma tu non puoi giocare con le bambole, sei un maschietto”. ⇧ [4] Si sta facendo riferimento al fatto che i comici sono per la maggior parte uomini. Come ogni settore segregato per genere, questo fatto può portare alla falsa credenza che le donne non siano portate per questo genere di cose. ⇧ [5] Da che io so, non esiste un’espressione simile in italiano se non “non conforme al genere”, che però non amo perché implica che ci sia una norma a cui dover confomarsi. Quello che si intende, è un bambino che vive fuori dalle scatole di genere. ⇧ [6] In lingua inglese esistono e sono they, them e their. ⇧ ​ ​ ​ ​ ​ ​

  • Quali sono le tre qualità necessarie per educare alla parità?

    In questo articolo ti svelo 10 esercizi pratici per coltivare il rispetto, l’empatia e uno spirito critico nei bambini. Immaginati questa scena: tua figlia al parco picchia un bimbo e lo fa piangere. Cosa faresti? Te lo immaginavi che per educarla al rispetto e all’empatia in quella situazione sarebbe meglio non sgridarla? Rispetto, empatia e spirito critico sono le tre componenti chiave per educare la tua famiglia alla parità di diritti e opportunità di tutte le persone. Per crescere persone libere da stereotipi e pregiudizi. La capacità di concentrarsi su poche cose importanti è la via per il successo. Per ognuna di queste qualità, ho voluto darti 3-4 esercizi che puoi mettere in pratica già da oggi. Cosa trovi in questo articolo: Per educare alla parità parti da te Viviamo in un mondo di relazioni Rispetto Che cos’è il rispetto Comincia a rispettarti 3 pratiche per sviluppare il rispetto Empatia Che cos’è l’empatia Sospendere il giudizio 3 pratiche per sviluppare l’empatia Spirito critico Che cos’è lo spirito critico 4 pratiche per sviluppare uno spirito critico Se vuoi saperne di più Riflessioni finali Per educare alla parità parti da te Per educare alla parità, puoi anche non concentrarti sulla tua bambina. Non sto dicendo che devi trascurala, eh! Sto dicendo che non devi preoccuparti di educare tua figlia alla parità. Devi preoccuparti di educare te stessə [1]: sradicare i tuoi stereotipi e pregiudizi. Mettere in dubbio il tuo status quo. Credimi, è già tanto se riesci a non passarle i tuoi stereotipi e pregiudizi. Secondo me sapere che puoi concentrarti su di te può aiutarti: per certi versi è più semplice dover insegnare qualcosa a se stessi che ad altre persone. Se pensi a te, non devi leggere un articolo, tradurlo in parole semplici o adattarlo alla vostra situazione, passare il messaggio alla tua bambina che forse lo assorbirà o forse no. Invece, leggi l’articolo e metti in pratica quello che hai letto, per te. Quindi evolvi tu e poi per osmosi tutto il resto evolverà attorno a te. Magari anche le persone. Penso a mia mamma, che fino a qualche anno fa non capiva perché facessi tante storie per chiamarmi “ingegnera” e ora usa la schwa [1]. O a mio figlio che quando uso il maschile sovraesteso “i bambini” mi corregge e dice “...o le bambine” 😉 Viviamo in un mondo di relazioni Tutti questi discorsi non sarebbero necessari se fossi l’unico essere umano sulla Terra. E invece il nostro è un mondo di relazioni. La coppia, la famiglia, la società. Tutti questi discorsi non sarebbero necessari se non fosse che alcuni esseri umani pensano di essere migliori di altri sulla base di: colore o forma del corpo, orientamento sessuale, sesso biologico, una disabilità, … Se razionalmente riusciamo a comprendere che tutte le persone sono valide, che ognuna ha il diritto di autodeterminarsi, spesso nella pratica facciamo fatica. Ci vien difficile abbracciare il diverso, comprendere l’altra, essere in disaccordo. Ma allora, qual è la prima caratteristica a cui educarti per educare tua figlia? Rispetto Tu parti dal principio che ogni persona, a prescindere, merita rispetto. Che cos’è il rispetto La definizione più corta che ho trovato [2] e che rispecchia il messaggio che voglio passare è: Il rispetto è il riconoscimento dei diritti di qualcuno o di qualcosa Che diritti? Beh, se parliamo di una persona, allora parlo del diritto di: essere trattata con dignità non venir discriminata, ovvero trattata diversamente, in base a forma, colore e abilità del corpo, religione, identità di genere, orientamento sessuale, paese di origine, … esprimere le proprie idee anche se diverse dalle tue apparire al mondo come preferisce … Comincia con il rispettarti Sembra assurdo ma io ti consiglio di cominciare a rispettare te stessə [1] . Spesso come genitori abbiamo la tendenza a sacrificarci per i figli. Certo, i bimbi sono delle creature con più bisogni di noi persone adulte. Quindi ci sta, tanto più che sono piccoli, avere un riguardo particolare per loro. Ma. Ci sono dei limiti. Ad un certo punto il genitore deve essere in grado di mettere i suoi bisogni prima di quelli dei figli. Ne parlavo in questo articolo sul carico mentale. Aver riguardo di sé è indispensabile anche per essere il genitore rispettoso che vuoi essere. Pensiamo che sacrificarci per loro sia un modo di dimostrargli il nostro amore. Non sono d’accordo. Un amore più sostenibile è mostrargli che per essere delle belle persone bisogna ascoltare anche i propri bisogni. Ti faccio un esempio. Mettere sempre i tuoi figli davanti ai tuoi bisogni è davvero controproducente sul lungo periodo. 3 pratiche per sviluppare il rispetto Ti elenco tre pratiche per educare al rispetto. In questo caso sono pratiche che consiglio proprio a te, genitore. Mi dirai: ma io voglio una pratica per educare mio figlio! Educare con l’esempio è la cosa più sensata da fare. Ho notato che dopo se stessi, spesso è proprio verso i figli che i genitori mancano di rispetto. È buffo, per questione di decoro, facciamo più fatica a mancare di rispetto agli altri faccia a faccia. Non è un caso che da dentro una macchina o da dietro uno schermo il rispetto per gli altri cala drasticamente. Ma con i figli è diverso. Un po’ perché abbiamo confidenza e un po’ perché pensiamo che tanto sono piccoli e non capiscono. Non pensi? Sempre più genitori hanno capito che usare violenza fisica o psicologica sui figli non va bene. Sempre più mamme e papà hanno lasciato pratiche come la punizione o il ricatto. Ma ci sono ancora un paio di modi di fare irrispettosi che resistono nel tempo. Niente bugie Come genitori spesso per facilitare una vita oggettivamente complessa ricorriamo a dei trucchetti. Se non fai il bravo arriva [riempi con la figura che più si addice al vostro caso: lupo, polizia, …] Se non ti comporti come si deve, non riceverai regali a Natale Dai, se continui a camminare nel bosco forse vediamo un [riempi con la figura che si addice di più al vostro caso: orso, gnomo, …] Se non ti lavi i denti non ti comprerò mai più un gelato! Questa sono io una volta che ero esasperata da un 30 minuti di convincimento di lavaggio denti. È un ricatto ed è falso, perché è ovvio che gli comprerò ancora gelati nella sua vita. Hai altri esempi? 😅 Mentire è una mancanza di rispetto. Manipolare il comportamento di un bambino con delle bugie è mancanza di rispetto. Non sono nemmeno sicura che si possano chiamare “bugie bianche”. Perché evidentemente abbiamo un vantaggio se le diciamo. Ma anche le bugie bianche per far star meglio un bambino nel corto termine, per proteggerlo da grandi delusioni, non lo aiutano. Vedere un bambino soffrire può essere doloroso per un genitore. Aiutandolo ad affrontare questi sentimenti così forti, gli darai gli strumenti per affrontare la vita a testa alta. Accogli le sue emozioni Se tuo figlio cade e si mette a piangere, invece di dire “va tutto bene” o, peggio, “tu sei forte, i maschi non piangono” prova a dire “mi dispiace, deve farti un gran male”. Se tua figlia si arrabbia e urla invece di dire cose come “non fare l’isterica [3], calmati” prova a dire “vedo che sei molto arrabbiata, posso aiutarti?” Non interrompere tuo figlio quando parla Quando i bimbi ci parlano spesso abbiamo la tendenza ad interromperli. Perché… … andiamo di fretta … capiamo dove vogliono arrivare … sono lenti nel formulare i loro pensieri … Ecco. Prova a non interromperli più, dagli il tempo di finire la frase. Non sai quante volte mi sono dovuta mordere la lingua. Noi persone adulte andiamo di fretta, tra l’altro anche quando non ci sarebbe bisogno, siamo impazienti. Fai questo sforzo e adattati al ritmo dei tuoi bimbi. È una forma di rispetto che molte persone adulte non dimostrano nemmeno nel confronto ad altri adulti. Per ottenere il posto da capa team qualche anno fa ero stata esaminata per vedere se ero una persona idonea al ruolo. La critica che mi era stata mossa era appunto la mia tendenza a interrompere a causa della mia mente esplosiva ed entusiasta. Andare di pari passo con i tempi di mio figlio mi sta aiutando a calmarmi e ad ascoltare più attivamente anche i miei colleghi. Il rispetto, dunque, è la prima caratteristica su cui concentrarsi per educare alla parità. Qual è l’altra caratteristica su cui lavorare? Seguimi! Empatia Con l’empatia puoi fare un passo oltre nel percorso della tua famiglia verso un mondo più giusto. Che cos’è l’empatia L’empatia è la capacità di mettersi nei panni degli altri. Empatia è trasformare un “mi provoca” rivolto a tuo figlio duenne che ti da sui nervi con un “poverino in questo momento non ce la può proprio fare, devo aiutarlo a stare meglio”. Empatia è la base per molte altre qualità come: pazienza gentilezza compassione Essere empatici non è sempre facile e non ci viene bene per esempio quando sentiamo il (pre)giudizio affiorare. Ti faccio un esempio. I miei pensieri erano intrisi di giudizio, non riuscivo proprio a mettermi nei panni della mia interlocutrice. Probabilmente erano anche alimentati da tutta una serie di stereotipi che avevo sulla maternità. Del tipo: l’amore di una mamma per un figlio è così potente da vincere su un mese di notti insonni e ragadi. Che poi, l’amore non c’entra proprio nulla con il modo di allattare un figlio. Ora ne sono consapevole. Specifico che non avevo figli e che anzi ne desideravo uno con tutta me stessa. Infatti in quel periodo facevo molta fatica ad empatizzare con chi in generale mi raccontava delle difficoltà della genitorialità. Mi è capitato che me ne parlassero il giorno in cui ho ricevuto l’ennesimo risultato di gravidanza negativo e anziché empatizzare ho pianto per la mia situazione. Minimizzando così i problemi altrui a causa della mia esperienza personale. Avrei senz’altro potuto empatizzare con questa persona se avessi cercato attivamente di capire la situazione. Ponendo una semplice domanda: “Come ti senti?”. Davvero. Quando senti il giudizio affiorare la cosa migliore che puoi fare è porre una domanda per capire meglio. Sospendere il giudizio Le persone sono come degli iceberg, di cui vedi solo una minima parte. Non conosci del tutto i suoi valori, le sue emozioni, il modo in cui è stata cresciuta, eventuali difficoltà che sta passando, ... Mi viene in mente un aneddoto preso da un libro di S. Covey [4] Te lo avrei potuto riassumere, ma trovo che merita di essere raccontato per intero. Traduco liberamente dall’inglese: Ricordo un mini cambio di prospettiva che ho esperito una domenica mattina su una metro a New York. Le persone erano sedute tranquille - alcune leggevano il giornale, alcune erano perse nei propri pensieri, altre riposavano con gli occhi chiusi. Era una scena calma, quieta. Improvvisamente, un uomo con i suoi bambini entra nel vagone della metro. I bimbi urlavano e facevano così tanto casino che in un istante il clima è cambiato. L’uomo si sedette di fianco a me e chiuse gli occhi, apparentemente noncurante della situazione. I bimbi urlavano, tiravano delle cose, addirittura afferravano i giornali delle persone. Era davvero fastidioso. E, ciononostante, l’uomo seduto di fianco a me non faceva nulla. Era difficile non sentirsi irritati. Non potevo credere che potesse essere così insensibile da lasciare i suoi bambini correre liberi in quel modo, non prendendosi alcuna responsabilità. Era facile vedere che anche le altre persone erano irritate. Così, alla fine, con una pazienza e moderazione a me inusuali, mi girai verso l’uomo e dissi “Signore, i suoi bambini stanno disturbando un sacco di persone. Mi chiedevo se potesse tenerli un po’ più a bada?” L’uomo sollevò lo sguardo come se stesse prendendo coscienza della situazione per la prima volta e disse a bassa voce: “Oh, ha ragione. Immagino che dovrei fare qualcosa. Siamo appena usciti dall’ospedale in cui la loro madre è morta circa un’ora fa. Non so cosa pensare, e immagino che anche loro non sappiano come gestire la situazione”. Puoi immaginare come mi sono sentito in quel momento? La mia prospettiva cambiò. Improvvisamente vedevo le cose differentemente, e siccome le vedevo in maniera diversa, pensavo diversamente, mi sentivo diverso, mi comportavo in maniera diversa. La mia irritazione sparì. Non mi dovevo preoccupare di controllare la mia attitudine e il mio comportamento, il mio cuore era pieno del dolore di quell’uomo. Sentimenti di simpatia e compassione mi pervadevano. “Sua moglie è appena morta? Oh, come mi dispiace. Mi vuole raccontare di più? Posso fare qualcosa per aiutarla?”. Tutto cambiò in un istante. UAO. Le persone sono come degli iceberg. Ricordalo sempre. 3 pratiche per sviluppare l’empatia Ora ti do 3 esercizi efficaci che puoi praticare in famiglia già a partire da oggi. Fare un sacco di ipotesi Ti racconto una situazione che spesso capita da noi: mio figlio vede delle cartacce a terra e dice “che maleducati”. Penso l’abbia preso da una storia di una scimmia definita maleducata perché buttava cartacce a terra. Cosa c’è di male, mi dirai? Ha ragione! Beh, anche se può aver ragione al 90%, mio figlio in quel momento sta dando un giudizio senza aver nemmeno visto una persona. Tra l’altro così si abitua anche a dare la colpa “ad altri che non si vedono” e a non prendersi le proprie responsabilità. Allora di solito io faccio un sacco di ipotesi: Magari è caduta dalla tasca Magari la cartaccia è volata via per sbaglio Magari la persona non è consapevole del male che una cartaccia buttata a terra può fare Magari l’ha punta un ape e dallo spavento ha mollato tutto ed è corsa a casa a medicarsi … A volte lui aggiunge delle ipotesi e così alleniamo la creatività e a dare il beneficio del dubbio. Funziona bene anche con i libri con tante immagini e poco o niente testo, ne parlavo per esempio nella recensione dei libri delle stagioni. Vivo meglio non continuando a pensare male del prossimo. Indovinare le emozioni Un altro gioco che qualche volta facciamo è quello di indovinare le emozioni altrui. Si può fare sia osservando i libri, che nella vita reale. Osserviamo le altre persone è cerchiamo di indovinare le loro emozioni: quella bambina mi sembra euforica quel bambino mi sembra intimorito quella persona mi sembra tranquilla Non so te, ma personalmente mi sento abbastanza “analfabeta” in fatto di emozioni. Se ci penso me ne vengono in mente di più, ma nell’uso quotidiano faccio fatica a nominarne più di 10. Per questo qualche tempo fa ho stampato la ruota delle emozioni e l’ho appesa sul frigo. La trovi facilmente googlando. Per me è utile averla sott'occhio ed osservarla ogni tanto, anche insieme al mio bimbo, quando dobbiamo cercare di capire cosa stiamo provando. Quando tua figlia aggredisce un bimbo, concentrati sulla vittima Concentrarci sulla vittima non ci viene naturale. Solitamente in una situazione simile lasciamo perdere il bimbo aggredito e andiamo a sgridare nostra figlia. Col rischio di mancarle di rispetto facendola vergognare o sentire in colpa per quello che ha fatto. Se invece subito dopo il misfatto ti inginocchi verso la vittima e le chiedi come sta e se puoi aiutarla: farai subito stare meglio il bimbo aggredito sarai un modello di empatia eviterai di mancare di rispetto a tua figlia dicendo parole che non si merita Le darai il beneficio del dubbio, evitando di giudicarla ingiustamente. Picchiare è sbagliato in ogni caso, ma magari in quel momento aveva perlomeno un buon motivo per perdere le staffe. Potrai parlare con la tua bimba di rispetto per i corpi e empatia più tardi, in un momento di calma. Magari nella sua testa di bambina picchiare in quel momento era davvero l’unica cosa che riusciva a fare. Ciò non significa che devi giustificare un comportamento del genere, ma almeno capisci il suo punto di vista e la prossima volta potrai aiutarla a non ripetere un gesto simile. Come? Visualizzando soluzioni alternative all’aggressione. O evitando di lasciarla sola con altri bimbi quando è stanca o affamata. E se sei il genitore del bimbo aggredito evita fulminate giudicanti verso il genitore della bimba che ha aggredito. Sarebbe un giudizio e probabilmente anche ingiusto. Magari la persona che stai giudicando con i tuoi sguardi è un genitore molto rispettoso e consapevole, che da mesi sta cercando come fare per evitare che la sua bimba in date situazioni picchi. Spirito critico Lo spirito critico è indispensabile per una persona che abbia a cuore la parità di diritti e opportunità di tutte le persone del mondo. Che cos’è lo spirito critico Lo spirito critico è quell’attitudine a credere a qualcosa solo dopo averne verificato la validità. A non prendere per oro colato tutto quello che ci vien detto. A pensare con la propria testa. Sono sempre stata una persona con uno spirito critico. Non mi piace fare o dire qualcosa se non lo capisco. Credo che uno spirito critico dia più fastidio in una donna che in un uomo. Perché la donna “bella e gentile” resta al suo posto, mentre una dotata di spirito critico no. Lo spirito critico è qualcosa che va di pari passo con la curiosità. Tra l’altro la curiosità viene in alcuni contesti additata come negativa. In realtà è una qualità meravigliosa che dovremo coltivare nei nostri bambini. 4 pratiche per sviluppare uno spirito critico 4 pratiche per aiutare i tuoi bambini a mantenere viva la curiosità e la voglia di esplorare e capire il mondo. Accogli tutte le sue domande Aspetta, aspetta! Non sono impazzita, non sto dicendo che devi assecondare ogni sua richiesta. Te lo immagini? “Papi, posso mangiare 10 lecca-lecca?” “Ma certo caro, fai pure” No, non questo tipo di domande. Intendo le domande per capire come funziona il mondo, come quelle che si fa Ada la scienziata in questo bel libro. “Dov’è il sole adesso?” Ma anche quelle più pratiche come: “Perché devo mettere la giacca?” “Tutti abbiamo il sangue?” Mio figlio ha tre anni e fa tipo 100 domande del genere al giorno. Può essere davvero estenuante, lo capisco. Trovo che però sia di estrema importanza dare il messaggio che farsi domande sia una cosa fantastica. Invece che rispondere “Perché sì” “Perché lo dico io” “Perché si fa così” Se sei alla fine delle tue risorse mentali, prova a dire: “Mmmm… bella domanda. Non lo so” “Domanda davvero interessante, al momento mi sento poco paziente, ti rispondo quando starò meglio”. Se invece stai bene e riesci a rispondere con la logica o il tuo sapere e un filo di entusiasmo sarebbe perfetto! Infine, potresti provare ad aiutare il bambino a trovare la risposta da solo. Spesso come genitori ci vediamo come coloro che devono rispondere alle domande dei figli. Aiutarli a rispondersi da soli va un passo oltre e ricalca questa frase di Montessori che adoro: Aiutami a fare da solo Dosa molto bene i “no” che dici a tua figlia Come genitori, credo che la tendenza generale sia quella di abusare di “no” e “non”. Davvero. Un concetto che mi ha aiutato molto e che ho preso dal corso Educare a lungo termine di Carlotta Cerri è quello di “No fuoco”. Prima di dire “no” o di imporre una cosa a mio figlio mi chiedo: “È un “no” fuoco?”. Ovvero un “no” davvero necessario per evitare un pericolo come il mettere la mano su qualcosa di bollente? Ci sono anche i “no rispetto”, che riservo per l’incolumità altrui e delle cose. Tipo non rompere oggetti o picchiare altre persone, ecco. Però se vuole uscire nudo sotto la pioggia lo assecondo. Se vuole entrare in una mega pozza ma non abbiamo le scarpe adatte, gli levo le scarpe e lo lascio fare. Se tua figlia volesse un paio di scarpe dell’incredibile hulk. Se tuo figlio vuole uscire di casa con le unghie pitturate di rosa. Dare ai bimbi la possibilità di autodeterminarsi e di scegliere cosa è meglio per sé è qualcosa di prezioso per coltivare uno spirito critico. Ne parlo anche in questo articolo sulla libertà nel gioco dei bambini. Un bambino abituato a pensare con la sua testa magari un giorno sarà quello che si alza a difendere il compagno bullizzato. Una bambina abituata a pensare con la sua testa ed ascoltarsi sarà in grado di ribellarsi a chi le dirà di non dire niente di quello che è successo. Chiedi regolarmente la sua opinione I bambini capiscono molto più di quello che ci aspettiamo, davvero. Spesso abbiamo la tendenza a trattare i bambini come delle persone ingenue che non sanno nulla della vita. Con questo pensiero, anche solo a livello inconscio, spesso ci mettiamo in cattedra. Non pensiamo a chiedere la loro opinione. A chiedere a tuo figlio: “cosa ne pensi?” Anche dopo una domanda delle 100 al giorno che ti fa: prova a dire “Tu cosa pensi?”. Non sempre avrà voglia di pensarci ma magari qualche volta ti va bene e ti risparmi una risposta. Accogli l’errore Spesso i genitori hanno la tendenza a voler sottolineare o addirittura punire l’errore. Anche la scuola lo fa: con il pennarello rosso si marca l’errore e l’errore toglie punti. Dovremmo trovare un modo per smussare questa logica. L’errore, se non mette in pericolo, è utile. Dov’è finito il famoso “sbagliando si impara”? Magari tu non sgridi tuo figlio che sbaglia, ma comunque con il tuo corpo comunichi qualcos’altro: ti irrigidisci, cambi tono, dici “ohhh nooo!”. Prova ad essere il più accogliente possibile verso l’errore. Perché se un bimbo teme l’errore smetterà di esplorare e lo spirito critico si smorzerà un po’ alla volta. Se vuoi saperne di più C’è un articolo che contiene molti consigli pratici per educare alla parità di genere, suddivisi in 4 aree principali: linguaggio quotidianità giochi e media per l’infanzia emozioni è un articolo che si focalizza sulla parità di genere ma che comunque getta le basi contro altri tipi di discriminazioni. Tra l’altro, si basa sulle riflessioni che ho fatto per prepararmi ad un episodio del podcast “Educare con calma” di Carlotta Cerri. Riflessioni finali Abbiamo visto che per educare persone per un mondo più paritario, dobbiamo essere ed insegnare ad essere persone dotate di: rispetto empatia spirito critico Non è facile, ma con la consapevolezza riusciremo un passo alla volta ad avvicinarci un po’ di più a queste qualità. Ho cercato di darti degli esercizi pratici per coltivare queste qualità in te e nei tuoi bimbi. Sono curiosa di vedere quale di questi ti riesce più difficile mettere in pratica. Ah, e se hai letto fin qui e l’articolo ti è piaciuto mi aiuteresti molto anche solo cliccando sul cuoricino qui sotto. Te ne sono grata. Ciao e alla prossima, [1] La schwa, “ə”, è una lettera che si pronuncia tra una “a” e una “e” e che si può usare per evitare il maschile sovraesteso e per uscire dal binarismo di genere. Seppure venga usata già anche in alcuni libri, la uso con parsimonia dove davvero ci sta o non riesco a parafrasare. Essendo ancora sconosciuta a molte persone mi sembra di mettere un ostacolo in più tra chi legge e il contenuto del mio articolo. Tra l’altro il mio cervello poco fa ha fatto quasi in automatico un giro di parole, volevo scrivere “tra il lettore e il contenuto” ma in un microsecondo ho girato la frase usando “chi legge” per evitare il maschile sovraesteso e la schwa. ⇧ [2] Nel dizionario di La Repubblica. ⇧ [3] Badiamo alle parole che utilizziamo. L’isteria è una malattia mentale, una forma di nevrosi che si manifesta con varie reazioni psicomotorie, sensoriali e vegetative, oggi meglio definita come disturbo da conversione. Ritenuta in passato esclusivamente femminile, in realtà è ugualmente diffusa nei due sessi. Fonte: dizionario Zanichelli. ⇧ [4] Seven habits of highly effective people ovvero le sette abitudini delle persone altamente efficaci, tradotto malamente in “Le 7 regole del successo”. ⇧

  • Gioco nei bambini: perché lasciarli liberi di esprimere la loro personalità

    Ti racconto di come la libertà ricevuta da bambina nel gioco sia una delle ragioni che mi hanno portata a diventare un’ingegnera. Credo fermamente di essere diventata un’ingegnera meccanica anche perché da bambina ho potuto svolgere diverse attività ritenute maschili: infinite arrampicate sul lauro ceraso da parte a casa lego, trenini di legno e cubetti a non finire capanne nei boschi pallacanestro skateboard snowboard judo … Calcio no, era troppo anche per mia mamma. Penso che occasionalmente i miei genitori mi abbiano dato del maschiaccio. E non solo loro. Ancora mi stupisce la frase che qualche anno fa, incinta, mi rivolse mio cugino riferendosi alla creatura che tenevo in grembo: «Se esce come te sarà un maschio.» Già. Per fortuna non mi sono fatta turbare troppo dalla cosa e sono andata avanti sulla mia strada. Quello che penso sia stato vincente da parte dei miei genitori è l’assecondare queste mie inclinazioni senza preoccuparsi (troppo) se queste fossero cose da maschio o meno. Sicuramente ha aiutato il fatto di avere un fratello, così se anche i miei genitori avessero fatto differenze tra me e lui nei tipi di giochi che avevamo a disposizione, io avevo comunque per casa giochi tipicamente maschili e ho avuto modo di esserne esposta. Questa cosa è davvero interessante se ci fai caso. L’esposizione è fondamentale. Non è che ora io a mio figlio compro solo bambole, passeggini in miniatura, coroncine, unicorni e set da trucco. Però lo porto in luoghi e situazioni dove ha la possibilità di vedere anche questo tipo di giochi restando in osservazione, curiosa di vedere dove andranno a posarsi i suoi occhi e/o le sue manine. Cosa trovi in questo questo articolo: Ma a mia figlia piace giocare con le bambole Le 6 domande che devi porti 7 idee per lasciar fiorire le inclinazioni dei bambini L'importanza di lasciare fare nei giochi di ruolo Uno spunto sui media per bambini Riflessioni finali Ma a mia figlia piace giocare con le bambole Quando parlo di queste cose con altri genitori spesso vedo che tendono a giustificarsi del fatto che alla loro bimba piace davvero giocare con: bambole e passeggini aspirapolvere set da trucco cucina … o che al loro bimbo piacciono davvero: schiacciasassi palloni ruspe gru … Anzi, te lo confesso. Anche io tendo a giustificare mio figlio che al momento sembra un aspirante capocantiere. Bene, abbiamo fatto questa osservazione. Ora interroghiamoci sul perché. Gli interessi dei tuoi bimbi sono tendenzialmente dovuti a: ❍ una sua inclinazione naturale ❍ alla cultura/ambiente in cui vive Sì, okay. Ammetto che non è per nulla facile crociare una delle due caselle qui sopra. Vi sono infinite sfumature lì in mezzo. Però tu comincia a farci caso. Per esempio, proprio mentre scrivo, ho ripensato ai regali ricevuti da mio figlio nel corso dell’ultimo anno da persone che ci conoscono ma non così bene da fare dei regali mirati: due macchine dei paw patrol (ovviamente le figure maschili) autocollanti a forma di dinosauro una macchina da formula uno un monster truck otto macchinine Non conoscendoci così bene, coloro che hanno fornito nostro figlio di un parco macchine di tale spessore hanno dovuto mettere in gioco, senza accorgersene, le categorizzazioni fornite dai loro cervelli: bambino = macchinine bambina = bambole Et voilà, mio figlio si ritrova ad essere esposto a molte più macchine che bambole. Molte più persone vedendolo giocare avranno modo di chiedergli: «Da grande farai il meccanico / pilota / ingegnere?» anziché «Da grande farai il papà / il baby sitter / il maestro d’asilo?» A onor del vero abbiamo ricevuto anche dei peluche non genderizzati e bolle di sapone. Ahhh i buoni vecchi giochi neutrali! Comunque, il succo è che: I bambini iniziano prestissimo ad essere influenzati dall’ambiente che li circonda e a interiorizzare stereotipi di genere. Accertati dunque che i tuoi bambini siano davvero esposti a tutti i tipi di giocattoli e attività, dall’inizio e senza distinzioni. Presta attenzione a questo concetto perché è davvero molto importante: È facile credere che la tua bambina giochi alle bambole per inclinazione naturale senza notare che è la cultura in cui vivi a ingigantire le differenze tra bambini e bambine da subito. A questo punto puoi mettere in dubbio lo status quo. Le 6 domande che devi porti Le domande che ti devi porre e a cui devi dare delle risposte sincere per una bambina sono (per bambino vedi sotto): La tua bambina gioca alle bambole, a fare le pulizie o a cucinare perché ha solo questo genere di opzioni nel suo ambiente? È lei che le ha chieste? O le sono state regalate assumendo che le sarebbero potute piacere? È la pubblicità che le ha fatto credere che sono per le bambine? Qualcuno le ha mai detto o fatto capire che le altre opzioni (ruspe, palla da calcio, lego) sono da maschio? Qualcuno le ha mai regalato ruspe, palla da calcio, lego o simili? analogamente per un bambino: Il tuo bambino gioca alle macchinine, alle costruzioni o a pallone perché ha solo questo genere di opzioni? È lui che le ha chieste? O gli sono state regalate assumendo che gli sarebbero potute piacere? È la pubblicità che gli ha fatto credere che sono per i bambini? Qualcuno gli ha mai detto o fatto capire che le altre opzioni (bambole, utensili da cucina, coroncine) sono da femmina? Qualcuno gli ha mai regalato bambole, passeggini, set per fare muffin o simili? A questo proposito ho un mini-aneddoto molto carino da raccontarti. C’era una bimba che stava giocando con il bastone da unihockey del fratello e la nonna le disse: «Che brava, stai pulendo per terra!» Ecco una futura giocatrice di unihockey rimessa al suo posto. Basta così poco. 7 idee per lasciar fiorire le inclinazioni dei bambini Quando vai in un negozio di giocattoli con loro, lasciali esplorare tutto, ogni angolo del negozio e osserva da cosa sono attratti. Per andare sul sicuro, quando sei in un negozio banna direttamente le parole “maschi, femmine, bambini, bambine, maschiaccio, femminuccia” 🤐. È il primo dei miei 20 consigli per educare alla parità 😉 Con ciò non voglio dire che devi comprargli tutto quello che desiderano, tieni a mente anche i tuoi valori in fatto di acquisto giocattoli. Se, per dire, tua figlia è attratta dalla sezione rosa e glitterata del negozio come un’ape da un fiore, soffermati con fare estremamente interessato nella sezione pensata per i maschi. Livello avanzato: se c’è una persona che lavora nel negozio a tiro, fai notare quanto sia dannosa questa divisione per genere. Se sei al parco e tuo figlio è di fianco a te in osservazione, descrivi con fare interessato le attività dei bambini di genere diverso dal suo. Se hai la fortuna di averne una vicino a casa, portali in una ludoteca o in un centro di socializzazione per bambini e osserva cosa li attrae, senza fare commenti giudicanti sulle loro scelte. Sfrutta anche le occasioni in cui ti trovi con i tuoi bambini a casa di altri, cugini o amici che siano. Regala il meno possibile di tua spontanea volontà, discutine con i tuoi bambini prima di fare acquisti compulsivi o perlomeno cerca di assecondare minuziosamente i loro interessi sulla base di un’attenta osservazione. A questo punto avrai capito la mia fissa per l’osservazione 🧐 L'importanza di lasciare fare nei giochi di ruolo Qui faccio solo un commento generale: lascia fare ai tuoi bambini! Se vogliono interpretare un personaggio di sesso opposto: va bene. Se scelgono un nome di persona di sesso opposto: va bene. Che poi non è nemmeno detto che facendolo intendano anche interpretare qualcuno con un sesso opposto, eh! I bambini sono pieni di risorse e naturalmente portati all’anticonvenzionalismo. Chi ha detto che un maschio non possa chiamarsi “Martina” 🤪 Se il tuo bambino cucina: va bene. Se il tuo bambino pulisce: va bene. Se il tuo bambino allatta i suoi peluche: va bene. Storia vera qui a casa tra l’altro… Uno spunto sui media per bambini Intendo libri, audiolibri, podcast, canzoni o cartoni animati. Non sono strettamente giocattoli per cui non approfondisco qui però un consiglio dal mio profondo dal cuore te lo devo dare fin d’ora: È una giungla là fuori. Comincia a mettere in dubbio alcuni contenuti indossando le lenti della parità di genere 🤓 Se vuoi degli spunti interessanti su libri non stereotipati puoi cominciare dalla lista a tema che ho fatto nel post 20 consigli pratici per educare alla parità di genere. Oppure leggi l'articolo su come leggere libri per bambini senza stereotipi e pregiudizi. Riflessioni finali E, in generale, soffoca tutti i pensieri sui giudizi che gli altri potrebbero avere su tuo figlio che sta allattando la sua bambola al parco, okay? Stiamo attuando una vera rivoluzione, non è che puoi pretendere occhi dolci da ogni dove 😎 Se hai consigli, esperienze o dubbi su questo tema ti prego di lasciarmeli qui sotto nei commenti! Ah, e se hai letto fin qui e l’articolo ti è piaciuto mi aiuteresti molto anche solo cliccando sul cuoricino qui sotto. Te ne sono grata. Ciao e alla prossima,

  • La mia critica costruttiva ai gender-reveal party

    Offro riflessioni e 4 alternative per chi vuole organizzare una festa che non rafforzi (troppo) gli stereotipi di genere. Okay, oggi scriverò di un tema che mai avrei pensato di voler affrontare. Le feste non sono il mio forte, parola di una al cui matrimonio si era in 19. Sposi compresi. Ho due obbiettivi: Approfondire concetti legati alla parità di genere basandoci su un esempio concreto Mostrarti come si può argomentare contro una tesi in maniera rispettosa. Ma andiamo con ordine. Cosa trovi in questo articolo: Cosa sono i gender-reveal party “Non capisco perché la gente è contro i gender-reveal party” Cosa sono gli stereotipi di genere Come i gender-reveal party nuocciono alla parità Creano confusione su temi importanti Rafforzano gli stereotipi di genere La potenza delle vie di mezzo 4 consigli pratici per dare una festa che non rafforzi (troppo) gli stereotipi di genere Riflessioni finali Cosa sono i gender-reveal party? Un gender-reveal party è una festa data durante la gravidanza con l’intento di rivelare il sesso biologico del feto. In italiano, una traduzione letterale sarebbe “festa della rivelazione del genere”... … quindi per semplicità continuerò ad utilizzare il termine inglese 😅 A detta di Wikipedia, è un usanza che si è diffusa a partire dagli Stati Uniti dal 2010 circa. Usanza che ha preso piede grazie ai social. La scenografia di queste feste è estremamente binarizzata e stereotipata. Questa modalità serve anche per rafforzare la suspense e rendere più immediato il messaggio al culmine dei festeggiamenti. Infatti il sesso viene rivelato ai futuri genitori e agli invitati attraverso il colore: di coriandoli all’interno di un palloncino che scoppia all’interno di una torta di fuochi d’artificio … Quindi se si scegliessero dei colori neutri… beh, capire il sesso biologico del nascituro o della nascitura sarebbe impossibile. Ti immagini la scena? Il palloncino scoppia e…. coriandoli gialli da tutte le parti🔸💥✨ La gente così 😳 Con il rosa e con il blu si va sul sicuro: tutti sapranno immediatamente se nella pancia c’è un bambino o una bambina. “Non capisco perché la gente è contro i gender-reveal party” Aspetta non chiudere la pagina! Non sono impazzita. Ora ti spiego. La frase sopra non è mia, è la tesi che voglio confutare in maniera rispettosa e costruttiva. La tesi di questa persona è: "non vedo perché qualcuno debba essere contro i gender-reveal party, a meno che sia una coppia con un approccio radicale". In che senso? Beh, per esempio una coppia che decide di crescere unə bambinə senza usare i pronomi finché non sia lui o lei a decidere in quale categoria piazzarsi (maschio, femmina o nessuna delle due) [1]. La persona con cui ho fatto questa discussione mi diceva anche: "la libertà dagli stereotipi è una cosa, l’educazione senza tenere conto del genere assegnato alla nascita è un altra; a meno che non si scelga quest’ultimo approccio non capisco perché si critichino i gender-reveal party". Come se si potessero slegare gli stereotipi di genere dai gender-reveal party. Credo che l’idea dietro a questo pensiero sia vedere una sorta di ipocrisia tra l’essere contro un gender-reveal party e poi crescere un bimbo “da maschio” o una bimba “da femmina”. Del tipo: perché sei contro a dare una festa per rivelare il sesso di tuo figlio ancora in utero se poi tanto al più tardi alla nascita lo rileverai comunque? Se poi lo crescerai usando il pronome LUI per un bimbo e LEI per una bimba? Se gli darai un nome da maschio o da femmina in base a quello che vedrai in mezzo alle sue gambe? Questo pensiero ha una certa logica, non pensi? Nonostante ciò non sono d’accordo e ti voglio spiegare perché. Ma facciamo un passo indietro. Cosa sono gli stereotipi di genere Se sei qui è perché ti interessa educare bambini liberi da stereotipi. In particolare, qui parliamo di stereotipi di genere, che sono il focus di questo progetto. Sono stereotipi tutte quelle credenze che riguardano una determinata categoria. Sono degli assunti che derivano da una generalizzazione più che da esperienza diretta. Sono tutte quelle lampadine nel cervello che ti si accendono se pensi alla parola “bambina”, che probabilmente sono differenti dalle lampadine che si accendono se pensi alla parola “bambino”. La sfida di educare alla parità di genere è proprio quella di crescere i bambini il più possibile liberi da stereotipi. Non andare per assunto. Non regalare una macchina ad un bambino perché crediamo che gli piacerà di più di una bambola. Non vogliamo contribuire a diffondere luoghi comuni come: le bambine sono più diligenti dei bambini i bambini oramai si sa che sono dei terremoti le bambine non sono portate per la matematica i bambini sono meno attenti alla cura del corpo rispetto alle bambine … Ok, ma cosa c’entra tutto questo con i gender-reveal party? Come i gender-reveal party nuocciono alla parità 1. Creano confusione su temi importanti Innanzitutto di sbagliato un gender-reveal party ha il nome. Perché tecnicamente quello che si va a rivelare è il sesso biologico e non il genere della persona in grembo. Il genere dipende da come questa persona si svilupperà fuori dalla pancia. Probabilmente il nome sex-reveal party sarebbe suonato male a livello di marketing e non oso immaginare cosa mi possa proporre google se cerco “sex reveal party” 😅 2. Rafforzano gli stereotipi di genere Okay, sarò meno diplomatica del solito. Ma tutto il business che gira attorno alle decorazioni per un gender-reveal party mi lascia sconcertata. Sono un tripudio di stereotipi di genere. Ho scandagliato un po’ il panorama e gli stereotipi che vengono rafforzati dalle decorazioni e sono molti. Ho setacciato le decorazioni sul mercato per un gender-reveal party e questi sono i simboli che sono saltati fuori: un tripudio di luoghi comuni 😬 Hai notato quante (seppur limitate) attività in più caratterizzano un bimbo rispetto ad una bimba? La potenza delle vie di mezzo Riprendiamo la tesi che voglio confutare: Non capisco perché qualcuno debba essere contro i gender-reveal party se prima o poi il sesso biologico del figlio lo rilvelerai comunque, al più tardi alla nascita. Il motivo principale del mio disaccordo è che se tutti ragionassimo per estremi non andremo da nessuna parte. Perché? Perché secondo me questa è la logica del “o tutto o niente”. O fai tutto alla perfezione o non lo fai. Quando si parla di educazione alla parità di genere vedo persone fare a gara per chi educa meglio alla parità, del tipo: "Guarda la Zaira, parla tanto di parità di genere e suo figlio è vestito di blu e tiene in mano un camion betoniera”. Calma. Ogni passo nella giusta direzione conta. Ogni piccolo gesto: Già solo leggere questo articolo O modificare una “E” con una “A” in un libro che stai leggendo ai bambini per usare i femminili professionali. Anche mettere un body rosa al tuo bimbo O lasciargli crescere i capelli se lo desidera Far cucinare una volta a settimana chi nella vostra coppia non è solito farlo Spiegare ai bimbi cos’è uno stereotipo, un pregiudizio, una discriminazione Quindi evitare di incentivare la logica binaria del maschio/femmina attraverso un gender-reveal party è estremamente utile, anche se non sei tra coloro che vogliono crescere figli senza pronomi. Perché gli stereotipi di genere sono i precursori di problemi molto più grandi come i ruoli di genere o la segregazione formativa. Segregazione che per esempio porta ad avere poche ingegnere e un mondo progettato da uomini per uomini. Segregazione che è tra i motivi per cui le donne guadagnano generalmente meno degli uomini a parità di ruolo. 4 consigli pratici per dare una festa che non rafforzi (troppo) gli stereotipi di genere Però magari tu sei una persona che adora le feste e le scenografie spettacolari. Come fare? Adoro trovare compromessi e soluzioni alternative. È troppo facile dire “i gender-reveal party sono sbagliati, discorso chiuso!” Dunque mi sono chiesta: ma se volessi fare una festa il più simile possibile ad un gender-reveal party, come farei per renderla il più inclusiva e rispettosa possibile? Ecco qui i miei 4 consigli pratici in ordine decrescente di efficacia: 1. Per prima cosa, non incentrare la festa sul genere del bambino, dai una festa per celebrare l’essere incinti e basta. Da una che è rimasta incinta solo dopo svariati tentativi di fecondazioni in laboratorio ti assicuro che già solo essere incinti è un ottimo motivo per dare una super festa 😅 Se invece ti piace proprio l’idea di rivelare il sesso biologico durante una festa, passa ai prossimi consigli. 2. Tramuta il gender-reveal party in un name-reveal party. Indirettamente riveli anche il sesso biologico ma al centro dei festeggiamenti c’è una persona e non un bimbo o una bimba. Le scommesse si possono fare anche in questo caso: ogni invitato pensa ad un possibile nome, o l’iniziale del nome, o il numero di lettere, … 3. Evita di incentrare le decorazioni sulla dicotomia rosa/blu. Se conosci il sesso biologico attraverso un test del DNA allora magari puoi usare XX o XY come tema della festa. Se conosci il sesso biologico attraverso la morfologia potresti semplicemente usare un pene o una vulva. In fondo è quello che stai rivelando a tutti: cosa ha in mezzo le gambe il feto 😅 4. Per le decorazioni, evita quelle che rafforzano stereotipi di genere legati all’aspetto fisico e attività “da maschio” o “da femmina”. Il consiglio pratico qui è: non googlare “decorazioni gender-reveal party” e magari optare per un “decorazioni party giallo” o “decorazioni party nature”. Riflessioni finali È vero che probabilmente non sarai tra quei genitori che scelgono la via più estrema del crescere un figlio libero da pronomi oltre che da stereotipi di genere. Dal fuori, mi sembra molto difficile scegliere e mantenere quella linea. Però, tra un estremo e l’altro ci sono infinite soluzioni intermedie perfette per la tua famiglia e la tua situazione. Non farti prendere dalla logica del “o tutto o niente”. Perché la tua soluzione sarà molto più sostenibile nel tempo. E molte più persone, guardando i tuoi piccoli gesti, semplici ma non banali, potrà esserne ispirata e pensare: “Ehi, ma posso farlo anche io!” E se tutti assieme remiamo nella stessa direzione, raggiungeremo un mondo migliore da lasciare alle future generazioni. Un mondo in cui tutte le persone hanno uguali diritti, non solo sulla carta, e dove ogni differenza sarà davvero un valore aggiunto. Grazie per ogni tua remata nella giusta direzione 🛶 Ah, e se hai letto fin qui e l’articolo ti è piaciuto mi aiuteresti molto anche solo cliccando sul cuoricino qui sotto. Te ne sono grata. Ciao e alla prossima, [1] Questo modo di crescere ə bambinə si chiama gender-creative parenting o gender-neutral parenting. Scrivimi o lascia un commento se l’argomento ti incuriosisce, potrei scriverne un articolo. ⇧

  • Non voglio impedire a mia figlia di amare ballerine e principesse

    Ti racconto di questo malinteso e di come educare alla parità significhi educare alla libertà «Non posso e non voglio impedirle di amare ballerine e principesse» «Non vestirò mai mia figlia di rosa» «Vogliono educare alla parità, ma poi loro figlio è vestito di blu da capo a piedi» Hai mai sentito o detto frasi simili? Io diverse volte. Ci vedo soprattutto malinteso. Con questo articolo vorrei chiarire la faccenda. Ma prima di cominciare, fammi una promessa. Se leggi qualcosa che non ti piace, dimmi cosa non ti convince. È solo così che potremo iniziare delle conversazioni interessanti su questi temi. Cosa trovi in questo articolo: Educare alla parità significa educare alla libertà 7 modi in cui gli stereotipi di genere limitano la nostra libertà Ruoli di genere prestabiliti Professioni Emozioni Tratti del carattere Vestiti e accessori Interessi Sport Le forzature necessarie per raggiungere la parità Il caso delle quote di genere o quote rosa Come fare per sradicare stereotipi e raggiungere la parità? 5 consigli per prendere consapevolezza riguardo a stereotipi e pregiudizi Riflessioni finali Educare alla parità significa educare alla libertà Il grande malinteso riguardo all’educare i propri figli alla parità è questo: pensare che significhi non lasciare liberi i propri figli di seguire le loro inclinazioni. Perché magari tuo figlio è perfettamente in linea con lo stereotipo corrente, che tu vorresti tanto sradicare. Perché se vede una bicicletta rosa la addita e dice «bimba». E difatti alcune persone la interpretano così, la parità di genere. «Non vestirò mai mia figlia di rosa», dicono. Anche io ogni tanto mi chiedo se sto sbagliando qualcosa quando vedo mio figlio beato tra ruspe e betoniere. Poi mi fermo e mi ripeto il mantra: Educare alla parità significa educare alla libertà. Perché educando alla parità si rimuovono etichette, abbandonano scatole, scardinano gabbie. Il punto non è dunque «impedire di amare ballerine e principesse» alla tua bambina. Obbligare tuo figlio a lasciare vestiti blu in favore di quelli rosa. Sì, il mio nono di 20 consigli pratici per educare alla parità di genere riguarda proprio i colori e dice: Ma questo non significa che io obblighi mio figlio: semplicemente metto il rosa tra le sue opzioni. Il secondo malinteso è pensare che educare alla parità significhi voler annullare le differenze. Affermare che le donne sono uguali agli uomini. Perché non lo sono. Come non sono uguali nemmeno tuo fratello e il tuo capo, per dire. Educare alla parità è rendersi conto che al giorno d’oggi vi sono disparità di trattamento, che non hanno senso di esistere. Educare alla parità è anche valorizzare le differenze di ogni persona. Se ti interessano questi temi ti consiglio il racconto Principessa Fiordaliso nel rifugio dei fiori erranti di Valeria da Pozzo. Valeria si immagina un mondo in cui le bambine non possono più vestire di rosa, provare il desiderio di accudire il prossimo, immaginare di essere principesse. 7 modi in cui gli stereotipi di genere limitano la nostra libertà Quindi, se vuoi educare alla parità non parti dal principio di limitare la libertà del tuo bambino. È proprio il contrario. Perché educando alla parità sradichi stereotipi. E sono proprio gli stereotipi di genere che ci limitano, sia che siamo una bambina, un bambino, una donna, un uomo o una persona non binaria. Come? Ti faccio qualche esempio. 1. Ruoli di genere prestabiliti In base al nostro genere gli stereotipi correnti ci danno dei ruoli prestabiliti, limitando le nostre possibilità. Se sono una donna che lavora e ho dei figli, è molto più probabile che avrò una percentuale lavorativa più bassa di mio marito e che sarò la principale responsabile della cura dei figli e della casa. È meno probabile che diventerò una gestrice di progetto, una direttrice d’azienda. 2. Professioni Esistono delle professioni particolarmente segregate per genere. A causa degli stereotipi, in base al nostro genere alcune professioni non vengono nemmeno considerate. In alcuni casi si è addirittura scoraggiati a seguire determinati percorsi. Pensa a quante meccaniche d’auto o quanti estetisti conosci. 3. Emozioni Alcune emozioni sono più tollerate di altre in base al genere: una bambina può piangere, un bambino no. Una bambina può avere paura, un bambino no. Nel bambino la rabbia viene tollerata più che in una bambina. 4. Tratti del carattere Similmente, alcuni tratti del carattere sono più tollerati in un genere se in linea con lo stereotipo. Un bambino molto sensibile diventa facilmente additato come ipersensibile o, peggio, “una femminuccia”. Una bambina, ma direi anche una donna, che urla è isterica [1] o lunatica. O come si diceva a me, “tarantola” 🕷 Ora che ci penso, mio fratello non ha ricevuto soprannomi simili, anche se pure lui ha avuto le sue crisi. Decisamente a lui veniva fatto notare l’essere sensibile o timoroso. Gli si chiedeva “sei un uomo e una farfalla?” 😲 Ma solo da noi si usava questa frase? Googlando non ho trovato nulla 🤷‍♀️ Chiaramente, questo si è fatto in passato e si ripropone oggi non perché siamo pessimi genitori. È difficile staccarsi dall’educazione ricevuta, quindi ce la portiamo dietro da “altri tempi”. Ora però abbiamo i mezzi per informarci e studi che mostrano gli effetti che le parole hanno sull’educazione dei nostri figli. 5. Vestiti e accessori Devo davvero scrivere qualcosa qui? È chiaro che tutta la società e l’industria ha delle idee ben chiare su come io mi debba vestire in base al mio genere. I colori, gli accessori, i trucchi. Ricordo che qui a casa si era fieri del fatto che mia nonna, classe 1933, fosse una delle poche donne a portare i pantaloni da queste parti. Ho pensato tanto alla questione dei vestiti. Cerco di prepararmi al giorno in cui ipoteticamente mio figlio potrebbe chiedermi di uscire di casa indossando una gonna. Ma questo è materiale per un altro articolo. 6. Interessi Anche qui, vi sono interessi più o meno legittimati, più o meno incoraggiati in base al genere. Già solo il fatto che solitamente le bambine in regalo ricevono bambole anziché macchinine è significativo. Mio figlio essendo maschio in tre anni ha ricevuto in regalo una decina di macchine contro una sola bambola perché l’abbiamo chiesta noi. Che sia chiaro: non impedire alla tua bambina di giocare con le bambole, se è questo che vuole fare. Ma come dicevo in questo articolo, sarebbe interessante porsi alcune domande. Non è che questa predisposizione è data dall’osservare l’ambiente in cui vive? Le confezioni delle bambole che raffigurano bambine, le cugine più grandi che giocano alle bambole, la mamma con il fratellino, la pubblicità, le immagini nei libri. È la tua bimba che è naturalmente predisposta o da subito è stata messa in un ambiente da cui lei ha appreso quali debbono essere i suoi interessi? Che guarda caso coincidono con i ruoli di cui sopra 😅 7. Sport Come per le professioni, anche molti sport sono segregati per genere. Se dico calcio e ciclismo ti viene in mente un genere diverso che se ti dicessi danza e pallavolo. Pure a me da ragazza era stato impedito di andare a giocare a calcio. Ora ti chiedo: davvero questo mondo ti lascia la libertà di fare, sentire e essere ciò che vuoi? Oggi ci sono tratti del carattere professioni sentimenti scuole sport ruoli … più associati ad un genere che all’altro. Questa è una grandissima limitazione che bisogna sradicare per lasciare ai nostri figli un mondo migliore di come lo abbiamo trovato. Il cambio di mentalità che dobbiamo fare è questo: Le forzature necessarie per raggiungere la parità Non sono impazzita, giuro. Seguimi e capirai 😉 Ma scusa, educare alla parità significa educare alla libertà. Sì, l’ho detto. Rimuovere stereotipi per permettere ai nostri bimbi di seguire le loro inclinazioni. Sì, confermo. Quindi “vivi e lascia vivere, no?” NO. È questo il punto. La risposta corretta non è “vivi e lascia vivere”, questa tecnica funzionerà quando la parità sarà raggiunta. In questa fase di transizione dal mondo A (impari) al mondo B (paritario), bisogna sforzarsi per uscire dagli stereotipi. E mettere in atto delle forzature, appunto. Perché ti assicuro che qualche anno fa comprare il primo body rosa a mio figlio è stato decisamente una forzatura. Ho dovuto sforzarmi per uscire dallo stereotipo. Ora che è passato tanto tempo e mi ci sono abituata, la cosa non mi pare più una forzatura. Rimane un minimo di sforzo, come mettere il filtro “bimba” quando cerco vestiti online o quello di andare nella parte dedicata alle bambine del negozio. È come quando vai in bicicletta: lo sforzo per mettersi in moto è maggiore ma una volta che hai acquisito velocità va molto meglio! Il caso delle quote di genere o quote rosa Ecco, il caso delle quote di genere è utile per spiegare le forzature necessarie per raggiungere la parità. Le quote di genere, anche dette quote rosa, sono quelle misure che impongono un certo numero di presenze femminili in un’azienda, in una direzione, in un gruppo politico. Le quote di genere, diciamocelo, hanno quel retrogusto di ingiusto. Vien da dire: “Sono contro le quote rosa perché ritengo che per raggiungere la vera parità bisogna valutare per competenze e qualità” oppure “Sono per le pari opportunità non per la parità di genere” Ecco, questa sono io qualche anno fa 😁 Le quote di genere sembrano ingiuste perché in effetti in un certo senso lo sono. Di nuovo: non sono impazzita. Seguimi 👇 Se a parità di competenze devo scegliere una donna anziché un uomo, sto discriminando l’uomo, giusto? Ecco, se ci fermiamo al minuto in cui viene effettuata questa scelta sì, non si può negare che è una discriminazione. Oltretutto, c’è anche la donna scelta che si sente sminuita intuendo che è stata scelta “perché donna”. Mi è capitato tra l’altro 🙋‍♀️ Sarebbe più giusto tirare a sorte uno dei due nomi. Il problema è che le quote di genere non sono una soluzione ma una misura temporanea, una pezza. Sono esattamente una di quelle forzature di cui ti parlavo e che ci porteranno dal mondo A (impari) al mondo B (paritario). Non possiamo aspettare che la parità arrivi, così, dal nulla. Il bias di genere c’è. E se andiamo avanti come abbiamo sempre fatto basandoci su competenza e qualità, la parità di genere non sarà realtà ancora per molto tempo. Perché in questo mondo, a parità di competenze e qualità sceglierò un uomo anziché una donna. Per praticità: eventuali gravidanze e assenze una volta diventata madre, paura di casi di molestie o casini causati da una presenza femminile in un ambiente di soli uomini [2] A causa di pregiudizi più o meno inconsci sulle donne Questo è ancora più vero negli ambiti professionali segregati per genere, cioè quegli ambiti di dominanza maschile/femminile. In quel caso la discriminazione sarà ancora più forte perché inconsciamente si andrà a preferire il genere più usuale per l’ambito. Ci sono infatti studi che dimostrano come una persona che esercita un’attività o un mestiere considerato inusuale per il suo genere sarà probabilmente sottovalutata. Analogamente, se l’attività o la professione esercitata sono in linea con ciò che ci si aspetta da quel genere, la persona verrà probabilmente sopravvalutata. Le quote di genere servono a bilanciare questa situazione. Come fare per sradicare stereotipi e raggiungere la parità? Il primo passo è sicuramente informarsi per acquisire consapevolezza, perché: Le gabbie di genere sono spesso invisibili e ci condizionano in maniera più invasiva proprio quando non riusciamo a percepirle. Come scrive Irene Biemmi in Gabbie di genere. Il problema di stereotipi è pregiudizi è dunque che per la maggior parte sono invisibili o perlomeno ben mimetizzati nelle nostre vite. Passare da “non sapere di non sapere” a “sapere di non sapere” è un già un passo enorme. Come fare? 5 consigli per prendere consapevolezza riguardo a stereotipi e pregiudizi ⚠ Lo ammetto, i miei consigli sono un tantino autoreferenziali. Il motivo per cui lo sono è che tanti contenuti sul tema sono noiosi e difficili da leggere. Uno dei motivi per cui ho iniziato questo progetto è proprio quello di rendere questi argomenti più piacevoli da studiare. 1. Leggi i miei articoli, in particolare: 20 consigli pratici per educare alla parità di genere Gioco nei bambini: perché lasciarli liberi di esprimere la loro personalità Come leggere libri per bambini senza stereotipi e pregiudizi 2. Leggi parità in pillole di Irene Facheris. 3. Ascolta questi podcast: Stereotipi di genere: facciamo piccole rivoluzioni / Con Zaira su Educare con calma il podcast di Carlotta Cerri. Educare oltre gli stereotipi con Ylenia Parma su Cara, sei Maschilista il podcast di Karen Ricci. Educazione Emotiva, con Silvia Pasqualini su Crescere Con Tuo Figlio, il podcast di Giovanni Aricò. 4. Sui social, in particolare instagram, segui profili come: il mio 😁. @lateladicarlottablog, il focus di Carlotta non è la parità di genere ma il suo mindset è decisamente quello giusto ed è molto sensibile al tema. @educareoltre_dr.ssayleniaparma @insiemeperledonne 5. Parla di questi temi con altre persone e vedi dove vi portano le discussioni. Riflessioni finali Cambiare è difficile. Ma come disse Einstein: La follia sta nel fare sempre la stessa cosa aspettandosi risultati diversi. Si può deviare dal percorso prestabilito, io ne sono un esempio 😁 Ma farlo costa più fatica. Costa fatica nuotare contro corrente per uscire dagli stereotipi. Se hai letto fin qui, hai già fatto un ottimo lavoro! Se l’articolo ti è piaciuto mi aiuteresti molto anche solo cliccando sul cuoricino qui sotto. Te ne sono grata. Ciao e alla prossima, [1] Badiamo alle parole che utilizziamo. L’isteria è una malattia mentale, una forma di nevrosi che si manifesta con varie reazioni psicomotorie, sensoriali e vegetative, oggi meglio definita come disturbo da conversione. Ritenuta in passato esclusivamente femminile, in realtà è ugualmente diffusa nei due sessi. Fonte: dizionario Zanichelli. ⇧ [2] Quest’ultimo caso sembra assurdo ma l’ho sentito dire con le mie orecchie. ⇧

  • Le donne non sono più portate degli uomini nel multitasking

    Ti aiuto a sradicare un altro stereotipo di genere e ti ripeto la regola numero uno per educarsi ed educare alla parità. L’altro giorno stavo seguendo un mini corso sulla gestione del tempo dove il relatore affermava: “Le donne in particolar modo, sono molto brave a fare multitasking perché riescono a fare più cose contemporaneamente. In realtà, non riescono a farle, semplicemente sono molto più brave di noi maschi a passare da un’attività all’altra.” Non so a te, ma a me una frase del genere non piace per più motivi, che ti racconterò in questo articolo. Era da tempo che pensavo di voler sfatare il mito delle donne come persone particolarmente predisposte al multitasking. Questo video mi ha spronato a farlo: ti va di smontare questo stereotipo assieme a me? Andiamo! Cosa trovi in questo articolo: Cosa vuol dire multitasking Che cosa si intende per multitasking quando si parla di gestione del tempo Perché le persone fanno del multitasking Perché non conviene fare del multitasking Il mito delle donne multitasker L’instaurarsi dei ruoli di genere La profezia che si autoavvera o effetto Pigmalione Una regola pratica per evitare di rafforzare gli stereotipi di genere quando si parla Riflessioni finali Cosa vuol dire multitasking Il termine informatico multitasking è traducibile in multiprocessualità. Okay, ricomincio. Il termine informatico multitasking significa “svolgere più attività contemporaneamente”. Va meglio? Quindi, il multitasking è l’apparente capacità dei computer di svolgere più processi contemporaneamente. Perché apparente? Perché sembra che il computer sia in grado di fare più cose contemporaneamente, in realtà le attività vengono svolte una alla volta. Il computer è capace di passare così velocemente da un'attività all’altra che sembra eseguire più attività contemporaneamente, come fare girare Word, Chrome e aggiornare la tua casella e-mail. Cosa c'entra tutto questo con la gestione del tempo e soprattutto con la parità di genere? Okay, facciamo un passo oltre. Che cosa si intende per multitasking quando si parla di gestione del tempo Una persona fa del multitasking quando fa più attività contemporaneamente. Chiudi un attimo gli occhi e immaginati qualcuno che fa multitasking. Io mi immagino una donna in cucina al telefono con un bebé in braccio… eh già nemmeno io sono immune agli stereotipi 😁 Beh, stereotipi o meno, quest’immagine si avvicina molto ad una scena che ho vissuto realmente: la mia amica del cuore che mentre mi parlava, allattava un neonato e imboccava un duenne. In quel frangente ho provato ammirazione per la mia amica; ho ammirato la scioltezza con cui stava gestendo quella situazione, che proprio io non ho. A pensarci bene, anche i miei picchi più elevati di multitasking sono stati raggiunti da neomamma, ma erano di un livello più base: tipo camminare mentre mio figlio dormiva ascoltando un audiolibro. Era un livello base perché il bimbo dormiva e camminare risulta abbastanza semplice anche se sto ascoltando un audiolibro 😅 Perché le persone fanno del multitasking In questo paragrafo ti racconto i due motivi principali per cui le persone tendono a fare del multitasking. 1. Si crede che facendo del multitasking si possa completare più cose nel tempo a disposizione. L’informazione dovrebbe essere finalmente arrivata a tanti: fare multitasking non è più produttivo. Se ti interessa sapere perché te ne parlo più giù. Si tratta comunque di una credenza dura a morire, ti racconto un breve aneddoto. 2. La tecnologia rende il multitasking più semplice e attraente. Questo punto è ancora più subdolo. Anche se sai che non dovresti fare del multitasking, hai la tentazione di farlo a causa della tecnologia. E allora capita che guardi Netflix controllando le E-mail. Lavori e ogni 7 min controlli il telefono. Oppure parli con tuo papà al telefono mentre svuoti la lavastoviglie o cucini. Se ci pensi già quest’ultimo esempio apparentemente innocuo non era possibile qualche decennio fa, quando i telefoni stavano in un posto fisso della casa e per giunta con la cornetta attaccata con un filo 😅 Io stessa qualche volta mi obbligo a lasciare il telefono o le cuffiette a casa quando vado a passeggio perché la tentazione di ascoltare un podcast mentre cammino è molto forte. Perché non conviene fare del multitasking Il motivo principale per cui dovresti cercare di ridurre al minimo i tuoi momenti di multitasking sono gli effetti negativi in termini di produttività e salute mentale. Siccome nessun cervello riesce a fare più cose alla volta, quando fai del multitasking in realtà stai continuamente passando da un’attività all’altra. Questo continuo saltare da un’attività all’altra ha un costo in termini di tempo e di energia mentale [1]. Mentre un computer riesce a ricominciare un’attività esattamente dove l’aveva lasciata senza perdere un secondo, noi esseri umani perdiamo sempre un po’ di tempo ed energia mentale per tornare a dove eravamo rimasti. Altri effetti negativi del multitasking te li lascio immaginare, lasciandoti questo aneddoto come spunto. Il mito delle donne multitasker Non è il primo uomo a sostenere che una donna è più capace nel multitasking. È una credenza davvero molto comune e la frase detta durante il corso dal formatore ne è una dimostrazione. Se te la fossi persa, te la riporto qui: “Le donne in particolar modo, sono molto brave a fare multitasking” Te la faccio breve. È stato dimostrato che le donne non sono più portate per il multitasking [2]. Ma allora perché generalmente crediamo che le donne siano meglio nel multitasking degli uomini? Secondo me, le ragioni principali sono due e te le racconto nei prossimi paragrafi. L’instaurarsi dei ruoli di genere Da sempre, le donne hanno generalmente avuto ruoli più diversificati rispetto agli uomini. Con l’entrare delle donne nel mondo del lavoro questa diversificazione è aumentata, aggiungendo il lavoro stipendiato al lavoro di cura di figli, di parenti bisognosi e della casa. Il compito degli uomini invece è sempre stato quello di “portatore di pagnotta”. Una grande responsabilità ma che per sua natura risulta essere più “uniforme”. La profezia che si autoavvera o effetto Pigmalione È difficile uscire dai ruoli di genere a causa del cosiddetto effetto Pigmalione. Pigma che? Aspetta, ti spiego. L’effetto Pigmalione è un meccanismo del nostro cervello per cui se io penso che tu abbia una certa caratteristica, ti tratterò secondo questa mia credenza e tu ti comporterai in maniera da soddisfarla. È un po’ contorto, lo so. Se ti interessi di genitorialità l’effetto Pigmalione è anche il motivo per cui è fortemente sconsigliato etichettare i propri bambini. È anche uno dei meccanismi per cui meno ragazze intraprendono percorsi scientifici. Le bambine spesso vengono meno stimolate su questo fronte perché si crede che non siano portate per le materie scientifiche. Quindi le bambine credono a loro volta di non essere brave e alla fine questo circolo vizioso le induce ad essere effettivamente meno forti. Quindi meno ragazze intraprendono percorsi scientifici. E il fatto che ci siano poche donne in certi ambiti rafforza lo stereotipo. Non se ne esce più 😱 Non è un caso se per esempio nei nostri politecnici ancora oggi le ingegnere meccaniche sono solo il 10-15%. È proprio a causa di questi meccanismi che gli stereotipi sono difficili da sradicare. Un po’ come quelle maledette erbacce che quando le strappi lasciano giù la radice 😣 Lo stereotipo della donna come un’eccellente multitasker non fa eccezione. Una regola pratica per evitare di rafforzare gli stereotipi di genere quando si parla Una frase come “Le donne in particolar modo, sono molto brave a fare multitasking” non va bene. Non va bene perché oltre che a sostenere il falso, va a rafforzare uno stereotipo di genere. Uno stereotipo che fa male alle donne aumentandone il carico mentale. È la prima di 20 regole che utilizzo per evitare di passare stereotipi a mio figlio: Sono pochissime le volte in cui è necessario usare queste parole. Vuoi un esempio fresco fresco? Ecco, a parte in casi come questo, evita frasi che attribuiscano delle caratteristiche ad un genere. Ti stai chiedendo se questa mia pratica sia una sorta di censura? Perché non puoi dire che il meccanico d’auto è un mestiere da uomini se questa è la verità? Perché non affermare che gli uomini non piangono se è vero che la maggior parte degli uomini non si vedono piangere? È vero, questa è la realtà in questo momento storico. Ma è la conseguenza di stereotipi di genere portati avanti di generazione in generazione. Se vuoi una società più libera e serena, se desideri il meglio per i tuoi figli, per favore, lasciali liberi di esprimere la loro personalità. Non inscatolarli appiccicandoci su delle etichette in base al loro genere. Non è facile, ma un passettino alla volta è fattibile. Riflessioni finali Se c’è qualcosa di fondamentale che devi ritenere da questo articolo è: Come ti sembra questa regola? Devi impegnarti molto per applicarla? Fammelo sapere con un commento o un messaggio 😊 Ah, e se hai letto fin qui e l’articolo ti è piaciuto mi aiuteresti molto anche solo cliccando sul cuoricino qui sotto. Te ne sono grata. Ciao e alla prossima, [1] Se vuoi saperne di più, nel libro Riconquista il tuo tempo Andrea Giuliodori dedica un intero capitolo al multitasking. Descrive il problema in maniera molto diretta e senza troppi giri di parole. ⇧ [2] Se vuoi saperne di più, lo studio di cui parlo è questo Hirsch P, Koch I, Karbach J (2019) Putting a stereotype to the test: The case of gender differences in multitasking costs in task-switching and dual-task situations. ⇧

  • Senso di colpa nei genitori durante il tempo libero

    Godersi del tempo per sé è possibile: ti racconto le strategie che mi tengono libera dai sensi di colpa Facciamo che dopo aver letto il mio articolo sulla ripartizione equa del tempo libero nella coppia hai capito quanto è importante dedicarsi del tempo libero in modo equo. Il problema è che non riesci a goderti quel tempo libero a causa dei tuoi sensi di colpa. Anzi il problema è che tu ti senti in colpa ancora prima di prenderti del tempo libero: ti senti in colpa solo all’idea di farlo. Cosa ne dici di ragionare un attimo assieme a me così da arrivare al momento in cui tu ti prenderai del tempo libero e te lo gusterai? Ti assicuro che è possibile. Cerchiamo di sbrogliare un po’ la matassa assieme? Cosa trovi in questo articolo: Che cos’è il senso di colpa Cosa provi quando prendi del tempo per te? Puoi vivere senza sentirti costantemente in colpa 8 semplici azioni per ridurre il senso di colpa quando prendi del tempo per te Da dove vengono i tuoi sensi di colpa? Riflessioni finali Che cos’è il senso di colpa Il senso di colpa lo percepisci quando pensi di star causando sofferenza a qualcuno. La provi quando agisci contro i tuoi valori e pensi che un tuo pensiero o una tua azione siano sbagliati. Ti faccio due esempi, giusto per capirci. Qualcuno ti invita per una cena stasera, a cui proprio non hai voglia di partecipare perché già ti immaginavi una serata tranquilla sul divano. Inventi una scusa per non andare alla cena e poi ti senti in colpa perché uno dei tuoi valori è l’onestà. Oppure finalmente decidi di spalmarti sul divano inerme a guardarti un paio di episodi della tua serie preferita su Netflix e ti senti in colpa perché pensi a tutte le cose che hai da fare. È chiaro che a volte il senso di colpa può essere utile perché ti impedisce di ripetere alcuni errori o perlomeno di correggere il tiro. Nel primo esempio, il senso di colpa potrebbe anche avere un senso: credo che molte persone abbiano l’onestà tra i propri valori e il senso di colpa per aver mentito a persone amiche potrebbe aiutarci ad imparare a dire di no con sincerità la prossima volta. Nel secondo esempio, ti direi che non c’è nulla di male nel godersi un po’ di svago ogni tanto. Ma se questo senso di colpa affiora in questa situazione quotidianamente, potrebbe essere un indizio da ascoltare. Magari dentro di te sai che quello non è il modo più utile per ricaricarti? Personalmente, mi è stato utile il senso di colpa che ho provato quando mio figlio aveva imparato improvvisamente a rotolare sulla pancia. Aveva oltrepassato la barriera di cuscini che gli avevo preparato ed era caduto a faccia in giù dal letto. Mi è servito a fare meglio ed evitare che qualcosa del genere potesse ricapitare 😬 Quindi, una certa dose di senso di colpa in determinate situazioni è utile e devi imparare ad ascoltarlo. Ma cosa succede quando il senso di colpa è un sentimento costante nella tua genitorialità? Quando solo l’idea di prenderti del tempo per te ti dilania? Cosa provi quando prendi del tempo per te? Anzi, cosa provi all’idea di prendere tempo libero per te? Ecco le risposte tipiche che ottengo quando parlo di pareggiare il tempo libero in famiglia. ♀︎ Da parte di donne: “Ti sfido a trovare del tempo libero per me” “Non mi godo il tempo libero quando me lo prendo” “Non mi sento legittimata a prendere del tempo libero perché non ho hobby” ♂︎ Da parte di uomini: “Ma se vado a fare una corsa sulla pausa di mezzogiorno quando sono al lavoro conta come tempo libero?” “Magari anche uscire a correre o fare sport è un bisogno primario, perché distende a beneficio della coppia…” La vedi la differenza? Sto generalizzando, non vale per tutte le persone del mondo. Quello che noto nella mia esperienza però è che: le donne tendono ad avere dei pensieri limitanti riguardo a prendersi del tempo per sé gli uomini non mettono in dubbio il loro spazio e anzi lo giustificano Rileggetevi questo articolo perché è fondamentale, vi farà fare un cambio di mentalità: è nel vostro interesse avere la stessa quantità di tempo libero, indipendentemente dalle vostre percentuali lavorative o dai vostri hobby. Puoi vivere senza sentirti costantemente in colpa Perché ti parlo di queste cose? Cosa mi legittima a farlo? Dopotutto non sono una psicologa, sono un’ingegnera meccanica con una passione per la crescita personale e i temi legati alla parità. Ci tengo a condividere la mia esperienza perché la trovo diversa rispetto a quella di molte persone nella mia situazione. Mentre ci sono un sacco di mamme lavoratrici dilaniate dai sensi di colpa, io sono qui, lavoro e sono mamma, e non sento un briciolo di colpa. Nemmeno se devo lasciare figlio e marito per andare via qualche notte per lavoro. Nemmeno quel sabato ogni tanto in cui lascio mio figlio ai nonni “solo” per andare a farmi un giro in montagna con mio marito. Ho riflettuto su cosa mi aiuta a vivere così serenamente questa situazione e lo condivido con te. Non perché devi vivere facendo le mie stesse cose; i tuoi valori e la tua situazione sono sicuramente diversi dalla mia. Ma voglio mostrarti che un’altra realtà è possibile, perchè non è vero che l’essere genitore debba per forza essere accompagnato da sensi di colpa. Specialmente l’essere madre. Vivere il tempo libero da genitori senza sentirsi in colpa si può. Credimi, se ce l’ho fatta io… La mia situazione di partenza riguardo ai sensi di colpa non era delle migliori, sono migliorata negli anni 😅 Quindi come vedi c’è modo di uscirne 😀 8 passi per ridurre il senso di colpa quando prendi del tempo per te Okay, bello mi dirai. Ma ora? Nella vita vera? Come faccio? È facile dire “non sentirti in colpa, prendersi del tempo per se è un diritto fondamentale”... ma i sensi di colpa, mica spariscono così, eh! Ti capisco. È un processo, ma un micro-passettino alla volta nella giusta direzione ci arriverai. Prendi consapevolezza che statisticamente le donne hanno meno tempo libero degli uomini. Vai a leggere i numeri [1]. È nel vostro interesse di famiglia che mira alla serenità bilanciare il tempo libero. Interiorizza il concetto che il tempo libero fa bene sotto molti aspetti: lo scrivono ovunque. Leggi ascolta, ascolta, rileggi. A furia di sentirlo rafforzerai la connessione cerebrale tra “benessere” e “tempo per me”. Questo paper è più adatto se vuoi leggere qualcosa di scientifico [2] altrimenti puoi ascoltati alcuni podcast a tema [3]. Implementa il metodo di tracciamento del tempo libero che ti descrivo in questo articolo. Da quando tracciamo il nostro tempo libero faccio molto più spesso una passeggiatina serale nel bosco perché so che tanto la traccerò. Non mi sento in colpa nei confronti di mio marito che in quel momento magari sta lavorando, cucinando o giocando con il nostro bimbo. Lui recupererà un’altra volta. Come effetto collaterale positivo per entrambi, ho smesso di portare rancore se lui si prende una giornata per andare a fare canyoning. Il problema sorge però, quando mi dici che non puoi implementare il metodo perché ti senti in colpa già solo all’idea di prenderti del tempo per te. Mi dici che non ti godrai il tempo libero per via del senso di colpa verso i tuoi affetti e/o tutte le cose che hai da fare a casa. Allora, facciamo qualche passo indietro. Parlane in coppia. Poni questa semplice domanda: ma tu ti senti in colpa quando ti prendi del tempo libero? Già questo scambio potrebbe esorcizzare un po’ il senso di colpa. Se così non fosse… …programma comunque del tempo per te 😁 Una quantità sostenibile. Anche io che parlo di tempo libero come se fosse la soluzione a tutti i mali in questo periodo della mia vita riesco ad avere al massimo circa 10 ore a settimana, 1.5 ore al giorno. Quindi, non partire organizzando il weekend alla spa. Spesso falliamo quando gli obiettivi fissati sono irrealistici. Parti in piccolo. Quando dico “tempo libero” io magari penso ad una passeggiatina nel bosco di 30-45 minuti a fine giornata. Mentre tu ti stai già immaginando un weekend al mare. Se aspetti il momento in cui potrai prendere e andartene al mare non va bene. Tu devi pensare a te adesso, ma più in piccolo. Prendersi del tempo senza sensi di colpa parte da più lontano, ovvero dal godersi una passeggiata fuori casa. Perché se pensi troppo in grande rischi di invischiarti nella mentalità del tutto o niente, del tipo: “eh ma 30 minuti non mi cambiano la vita non mi vale nemmeno la pena cambiarmi e uscire di casa” Invece sì. Ogni 30 minuti spesi così contano e ti faranno un bene enorme. Se vuoi essere efficiente al massimo io ti consiglio di programmare 30-45 min per te 2-3 volte a settimana per i prossimi tre mesi. Consideralo un periodo di prova, un esperimento. Ora, mantieni la promessa e prenditi il tempo che hai programmato per te. È fondamentale passare all’azione. Non puoi più venirmi a dire “eh ma io non mi prendo il tempo libero perché mi sento in colpa” senza aver preso 60 minuti per te almeno una volta nell’ultima settimana, ok? Se invece hai agito, ma ti senti comunque in colpa, allora potremo riparlarne 😉. Potrebbe però essere che tu a questo punto ti senta benissimo, senza sensi di colpa perchè quelli li senti solo prima dell’azione. Come la paura di tuffarsi in acqua da un po’ in alto. Esiti. Esiti. Esiti. Poi finalmente raccimoli un po’ di coraggio e… vai! Ti accorgi che non era poi chissà cosa e lo rifai altre 10 volte senza un minimo di paura. Se te lo stai chiedendo, questa sono io all’inizio del mio primo canyon. Ammetto che in questo caso è anche stato l’ultimo, forse l’asticella l’avevo piazzata un po’ troppo in alto 🤣 I sensi di colpa potrebbero essere spariti per due motivi: La difficoltà stava nel salto nell’ignoto, ora che ci sei stai bene. I passi preparatori 1-5 ti aiutano a elaborare la cosa, a prepararti sbarazzandoti dei pensieri limitanti. 7. Se invece ti sembra di non stare bene ragiona su cosa senti Soffermati su quella sensazione sgradevole che senti: cos’è? A volte quello che sembra senso di colpa magari è stress, per le mille cose da fare. Allora questo è un indizio che ti porta a migliorare questo aspetto, a cercare una soluzione per ridurre il carico. Oppure magari è ansia, per esempio che capiti qualcosa di brutto a te o ai tuoi bimbi mentre sei via. Questo ti indicherebbe che c’è da lavorare sulla tua ansia. O invece quello che senti è proprio senso di colpa? “Per i bambini coi quali non stai passando del tempo per scelta” “Per tua moglie che poverina sta tutto il giorno in casa con i bambini” “Per tuo marito che a causa di questa passeggiata si deve smazzare i bimbi dopo la sua giornata di lavoro” “Nei confronti della tua famiglia per aver lasciato la casa incasinata prima di uscire” “Per non stare usando il tempo come dovresti” … La lista sarebbe lunghissima, condividi i tuoi sensi di colpa lasciando un commento qui sotto in fondo al post 👇 8. Complimenti! Hai speso del tempo per te. E hai scoperto che sì, quello che provi è proprio senso di colpa. Visto che sei un osso duro, per te c’è il prossimo livello, che ti svelo nel prossimo paragrafo. Da dove vengono i tuoi sensi di colpa? Allora, se hai fatto tutti gli 8 passi descritti nel paragrafo precedente, è possibile che tu ti senta già meno in colpa. In più come ti dicevo, un po’ di senso di colpa qui e là non è nocivo, anzi. Ma se questa sensazione emerge ogni volta che ti prendi del tempo per te potrebbe essere che devi cercare l’origine del tuo senso di colpa. Puoi farti aiutare da delle figure professionali in questo esercizio, ma mettiamo caso che a questo punto vuoi ancora provare a tirartene fuori per conto tuo. Io ti consiglio di prendere carta e penna e fare una lista dei sensi di colpa che affiorano prima o mentre ti stai svagando. Probabilmente dovrai usare i prossimi 30 minuti di tempo libero in programma per fare questo esercizio. Ora che hai la lista, per ogni senso di colpa chiediti perché almeno tre volte di seguito con tutta la sincerità di cui sei capace. Ecco un esempio reale che mi riguarda: Ed ecco i perché che potrei pormi: Vedi quello che succede? Cominciano ad affiorare i dovrei e quelle che sono le aspettative sociali: I genitori ideali dovrebbero stare con il loro figlio il giorno del suo compleanno I genitori dovrebbero festeggiare un giorno felice come quello del compleanno del loro figlio L’amore dei genitori è proporzionale al numero di decorazioni messe in scena quel giorno … Può essere che questa immagine di genitore ideale sia in linea con i tuoi valori. Ma nel mio caso no, non combaciavano. I valori erano quelli esterni imposti dalla società e inoltre non corrispondevano con i nostri bisogni del momento. Cosa è meglio per il bambino il giorno del suo compleanno? Due genitori esausti e nervosetti che gonfiano palloncini e applaudono ogni due per tre o due genitori felici per essersi dedicati del tempo con tanta voglia di riabbracciarlo in serata? Sia chiaro: era anche una situazione di emergenza. Necessitavamo proprio di avere un po’ di svago di coppia e non avevo scelto apposta il giorno del compleanno. Comunque ricordo che quel sabato non avevamo lasciato il bimbo con la suocera ma avevamo poi chiesto per la domenica ai miei genitori. Non per i sensi di colpa ma per evitare discussioni con la suocera 😉 Quindi, dalle mie risposte risulta chiaro che il senso di colpa era legato a delle motivazioni che non sentivo mie. Mettiamo invece che le tue risposte sono qualcosa come “un genitore dovrebbe voler passare il più tempo possibile con i propri cari”. Ci credi proprio in questa frase, perché è in linea con i tuoi valori e le tue priorità. Questo potrebbe essere un indizio che devi scendere a compromessi, abbassare l’asticella. La figura di genitore ideale che hai in testa non è sostenibile nel lungo periodo. Riflessioni finali Se hai letto fino qui io ti sono grata per il tempo che mi hai dedicato. Probabilmente si tratta di un argomento che risuona in te. Se c’è qualcosa di fondamentale che devi ritenere da questo articolo è: Magari ti stai chiedendo cosa c'entra tutto questo con l’educare alla parità di genere? Statisticamente le donne hanno meno tempo libero degli uomini. Inoltre, le donne provano più senso di colpa degli uomini. Non penso che sia un caso. Ha molto a che fare con le aspettative riposte nel ruolo della donna come madre accudente sempre disponibile per tutti e responsabile unica della cura della casa. Altrimenti perché sarebbero le donne a sacrificare di più il loro tempo e a sentirsi in colpa se lo fanno? Anche per un uomo è molto importante essere consapevole di queste dinamiche per evitare di prendersi troppo spazio calpestando i bisogni altrui. Il clima negativo in casa correla con i bisogni non soddisfatti dei suoi membri. L’hai notato? Educare alla parità di genere passa prima di tutto dall’educarsi alla parità di genere. È importante bilanciare la questione del tempo libero in casa, capire che i genitori sono una squadra che funziona al meglio solo se tutti stanno bene. Anche questo ti aiuta a sradicare stereotipi ed evitare che mettano radici nei tuoi bambini. Ah, e se hai letto fin qui e l’articolo ti è piaciuto mi aiuteresti molto anche solo cliccando sul cuoricino qui sotto. Te ne sono grata. Ciao e alla prossima, [1] Produzione editoriale Istat: i tempi della vita quotidiana. Lavoro, conciliazione, parità di genere e benessere soggettivo. Per dati in Svizzera leggi questo comunicato stampa dell’ufficio federale di statistica per quel che riguarda la realtà Svizzera. ⇧ [2] Having Too Little or Too Much Time Is Linked to Lower Subjective Well-Being con Marissa A. Sharif come prima autrice, Journal of Personality and Social Psychology, 2021. ⇧ [3] Podcast L’una e l’altra de Il Messaggero: Mamme liberatevi dai sensi di colpa, pensare a sé stesse fa bene. Podcast Healthy Busy Life di Francesca Dean: Ep.10 Ecco perché il self care non è egoista. Podcast Mamma Superhero di Silvia D’amico: Ep. 74 Mamma, non scordarti di te - intervista a Francesca Dean. ⇧

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